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Autore: eat_sleep_read    13/10/2013    5 recensioni
Hope potrebbe passare per una comune ragazza se non fosse per il suo passato misterioso.
*dal testo*
Avevo molte domande in testa ma una certezza: il mio genitore divino era potente, talmente potente da essere temuto persino dagli dei.
Questa è la storia della ragazza dagli occhi ametista.
*NON TENGO CONTO DEGLI EVENTI DELLA SECONDA SERIE E BLA BLA BLA ALCUNI PERSONAGGI NON MI APPARTENGONO BLA BLA BLA NON È STATA FATTA A SCOPO DI LUCRO ECCETERA ECCETER*
TUTTO CIÒ PROVIENE DALLA MIA TESTOLINA GUAI A CHI PLAGIA O SARA PUNITO CON LA MORTE.
Ragazzi storia sospesa, causa: assorbimento totale da parte dell'altra ff.
Ma non vi preoccupate appena la terminerò ritornerò a Hope e Nico.
:) abbiamo imparato che io non sono in grado di aggiornare due storie in contemporaneamente.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gli Dèi, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IDRA
 
Solo gli dei sapevano quanto Nico fosse turbato, vederla piangere non gli piaceva per niente, decise, ma proprio per niente.
Nico era molto curioso di sapere il motivo di quelle lacrime, forse un po' TROPPO curioso. Si, prima lo aveva intuito ma solo in quella notte aveva capito veramente QUANTO fosse forte Hope. Era una ragazza fatta d'acciaio, ma prima o poi anche l'acciaio si spezza no?
Ma dopotutto loro erano diversi ma simili.
Diversi perché lui aveva perdonato un po' il mondo, aveva accettato la morte di Bianca, certo faceva ancora troppo male parlarne, ma era più felice di prima... o almeno cercava di autoconvincersi.
Uguali perché alla fine tutti e due indossavano una maschera, tutti e due erano fatti d'acciaio, tutti e due erano vicini al punto di rottura, e quando un oggetto si rompe va in mille pezzi, no? E quando va in mille pezzi i cocci fanno male, molto male.
Ma tutto sarebbe cambiato, il problema è che ancora non lo sapevano e non lo avrebbero saputo ancora per un bel po' di tempo.

Mi svegliai abbracciata a Nico, e non era per niente una buona cosa quella. I ricordi di quella notte affiorarono nella mia mente confusionari, mi ci vollero un paio di minuti per realizzare quello che era effettivamente accaduto.
Ora Nico sarebbe voluto venire a conoscenza delle cose che mi turbavano, e non potevo liquidarlo con un semplice "era un incubo nulla di grave" perchè non ci avrebbe creduto. Il problema non era cosa raccontargli, il problema era un'altro: ero veramente pronta a confidare a qualcuno il mio passato? I miei segreti? Ad aprirmi con lui?
Con qualunque altra persona la risposta sarebbe stata un secco e determinato no, ma con Nico era diverso, mi ricordava talmente tanto lui... Forse in futuro, mi dissi, gli avrei confessato tutto. 
Ero talmente immersa nei miei pensieri che non notai nemmeno che Nico si era svegliato e mi stava fissando con quei suoi bellissimi occhi neri come la pece.
Guardai l'ora: 6.45
"Nico credo sia ora di cominciare a prepararci."
"Vai prima tu?"
"Okay."
Entrai in bagno, mi feci una doccia abbastanza breve e mi preparai. Come al solito mi vestii di nero, dopotutto amavo quel colore, e mi misi un paio di anfibi neri.
Uscii e lasciai il bagno a Nico.
Cercai di rilassare un po' i nervi, ancora non aveva chiesto né menzionato nulla di quella notte e di questo gli ero grata, ma prima o poi avrei dovuto raccontarlo a qualcuno.

La scuola pubblica era un'imponente e massiccio edificio di cemento, sembrava più un carcere.
Aveva un cancello grigio, le pareti grigie, le finestre grigie, il pavimento di piastrelle grigie, il cortile era cementato e grigio, senza una pianta, grigio era esattamente l'aggettivo giusto per descrivere il palazzo.
La campanella era già suonata ma noi entrammo comunque, c'era una strana atmosfera calma, con qualche brusio di sottofondo proveniente dalle aule occupate. Si riuscivano a sentire quasi i passi dei bidelli che giravano per la scuola, lo sfogliare annoiato degli studenti il libro di testo. Grazie a questo strano silenzio riuscimmo a sentire dei tacchi a spillo dirigersi verso di noi.
"Ragazzini!?" Disse con voce acida una vecchia megera rinsecchita. Era magrissima, quasi uno scheletro e altissima, indossava una gonna elegante e una camicia di seta bianca troppo formali, dei tacchi a spillo, ci avrei giurato, tacco 8 cm, essendo evidentemente non ancora informata dell'esistenza delle scarpe da ginnastica o delle ballerine "che ci fate qui!?"
Balbettai delle parole sconnesse, non avevo pensato a questo tipo di domanda, mi diedi della stupida mentalmente e mi preparai a essere cacciata fuori a pedate ma evidentemente Nico aveva pensato a tutto. Scosse la mano e mi parve che una leggera corrente d'aria si diffondesse per tutta la scuola, facendo cigolare leggermente le ante degli armadietti e passandomi fra i capelli.
"Ma come sign. Kerply, non si ricorda di noi? Siamo Nico di Angelo e Hope Yale: i nuovi studenti, quelli per lo scambio culturale. Si ricorda?"
La megera ci fissò un'attimo dubbiosa, come per ricordare dove co aveva visto, io mi preparai ad essere buttata fuori dalla scuola ma...
"Ah si, mi ricordo, Hope, Nico perché non siete già in classe? Sbrigatevi sù!"
Ero a dir poco sbalordita: come aveva fatto Nico?
Appena la megera si fu allontanata sussurrai curiosa all'orecchio di Nico
"Come tartaro hai fatto?"
"La foschia."
Più o meno sapevo cosa fosse, una specie di nebbia che faceva vedere agli umani cose diverse, a loro comprensibili, per tutelare il mondo divino: certe volte confondeva anche noi semidei se non eravamo sufficientemente concentrati.
Ma non capivo ancora come avesse potuto crearla.
"Dopo un po' che stai al campo ti insegnano a piegarla al tuo volere, si può fare."
Disse con un sorriso, e che sorriso...
"Un giorno mi insegni?"
Gli chiesi spontaneamente, poi mi diedi dell'idiota: aveva sicuramente di meglio da fare che starmi a insegnare come padroneggiare la nebbia.
Contro ogni mia aspettativa invece accolse l'idea con un caloroso sorriso.
Ogni volta che lo guardavo sorridere sentivo una stretta allo stomaco, ogni volta che gli parlavo avevo paura di essere inappropriata o insistente.
Non aveva ancora chiesto di quella notte, il che per me era probabilmente un grandissimo sollievo. La scuola era relativamente piccola per essere un liceo e per ogni anno aveva una sola classe, sarebbe stato facile trovare il semidio, secondo la descrizione "accurata" del Signor D aveva sui sedici/diciassette anni ed era un maschio...
"Allora, io vado nel quarto anno tu nel terzo. Sarà facile riconoscerlo, è l'unico che non ha subito la foschia e quindi non si ricorderà di nessuno scambio culturale."
"Okay, non deve essere difficile."
Bussai alla porta dell'aula per quelli del terzo anno, mi aprì una signora abbastanza giovane, sui trentacinque, con delle forme morbide, capelli biondo miele, occhi color nocciola.
"Buongiorno"
Borbottai mentre entravo
"Oh, buongiorno! Lei dev'essere la studentessa venuta dalla Norvegia per lo scambio culturale di cui si parla da un sacco di tempo. Non so se da voi è abitudine ma la prego di levarsi gli occhiali da sole in classe, qui non è abitudine."
Mi levai titubante gli occhiali, come al solito tutti reagirono allo stesso modo davanti ai miei occhi ametista: un coro di "ohhh" bisbigli e battutine varie.
"Prego" disse la professoressa sedendosi composta alla cattedra e cercando di rimanere indifferente ai miei occhi che le scrutavano il corpo come a volerla scannerizzare "si sieda vicino a Gray."
E mi indicò un ragazzo magro e alto, sui diciassette anni appena compiuti, un leggerissimo principio di barba, dei capelli castani, folti e arruffati e un paio di occhi che parevano finti, di un blu, talmente blu, che sembravano racchiudere dentro di loro il cielo stellato di notte.
Era bello, molto bello "ma mai quanto Nico" pensai.
Si guardava intorno spaesato come se gli sfuggisse una cosa, poi alzò la mano e senza aspettare il permesso di parlare cominciò
"Ma quale scambio culturale? Non c'era nessuno scambio"
"signorino Gray, lei sta tutto il giorno a disegnare sul banco capisco che lei non segua nulla, ma non lo dimostri a tutta la classe."
Lui continuò a mugugnare qualcosa e tornò a disegnare. Appena notò che lo stavo fissando alzò gli occhi verso di me.

Lui non si ricordava nessuno scambio culturale, era sicuro di non averne sentito parlare fino a quel giorno. Pensò che probabilmente gli stavano giocando un brutto scherzo, che a fine ora l'intera classe sarebbe saltata sù con un "ah-ah! Ci sei cascato!".
"Io sono Hope."
La ragazza interruppe i suoi pensieri. Si soffermò un'attimo a guardarla, lunghi capelli neri con dei grandi ricci che le si posavano sulle spalle, un naso un po' all'insù, la pelle bianca come il latte, e un paio di inquietanti occhi viola lucenti. Ma lui sapeva cosa voleva dire avere degli occhi abbastanza particolari, certo, i suoi erano blu scuro, meno strani di quelli della ragazza ma non erano comunque normali.
"Io sono Jack Ray, piacere. Tu devi venire dalla Norvegia giusto?"
"Più o meno Jack, più o meno."
"Sei strana, e lo sai che non c'era nessuno scambio culturale?"
"Oh, eccome se lo so"
Disse Hope con un sorriso misterioso.
In quel momento Hope fu sicura di avere trovato colui che cercava.
In quel momento Jack fu sicuro di aver trovato una ragazza anche più strana di lui.

Ovviamente non ascoltai nulla della lezione, non avevo abbandonato le vecchie abitudini. Appena suonò la campanella mi fiondai da Nico, dovevamo agire.
Sentii una mano posarsi sulla mia bocca e portarmi all'interno di uno stanzino, feci per urlare ma quando mi girai per dare un calcio al mio aggressore notai che era semplicemente Nico.
"Mi hai fatto prendere un colpo!"
Sibilai un po' irritata.
Lui mi fece un sorriso di scuse
"C'è un mostro, parecchio pericoloso e non possiamo farci vedere anche se mi sa che ci ha trovato."
Allora mi aveva salvata... Solo allora mi resi conto della distanza minima che ci separava. Mi scostai imbarazzata.
"Comunque io non ho trovato nessun semidio, tu?"
"Io..."
Proprio in quel momento sentimmo un'urlo terrificante diffondersi nell'aria. 
Il mostro lo aveva trovato prima di noi.

Jack stava camminando nei corridoi, come al solito da solo, quando sentì un rumore strano provenire dai bagni maschili, probabilmente avrebbe fatto meglio a lasciar stare e andarsene, ma era sempre stato un tipo estremamente curioso, forse troppo.
Entrò con cautela nei bagni e quello che vide non gli piacque per niente:
Il bagno era totalmente allagato e il muro dei lavandini totalmente crollato, ma non era questa la parte spiacevole, dal muro crollato usciva una specie di serpente gigante.
Il corpo era a dir poco enorme, con orripilanti squame ramate marce e piene di residui di... qualsiasi cosa, ma la testa era la parte più terrificante, o forse avrebbe dovuto dire le teste? Dal collo partivano una decina di teste di serpente, con occhi gialli, piccoli e malvagi. Sibilavano e fiutavano l'aria.
Jack strizzò un paio di volte gli occhi, per cercare di scacciare quell'immagine terrificante credendo fosse solo un'allucinazione provocata magari da dei funghi all'interno della sua colazione. Una delle teste lentamente, sempre fiutando e sibilando, si girò verso di lui che restò immobile con il viso ad un palmo da quello della bestia.
"È solo un sogno, solo un sogno, solo un sogno..."
Si ripeteva mentalmente, provò a pizzicarsi il braccio tentando di svegliarsi, o semplicemente sperando di svegliarsi.
Le sue speranze andarono letteralmente a farsi fottere quando la testa aprì la bocca con uno scatto e gli soffiò in faccia, facendogli passare un vento fetido fra i capelli.
In quel momento si riscosse, in un battito di ciglia si ritrovò tutte le teste che lo fissavano sibilanti ed evidentemente non con le migliori intenzioni.
La prima testa partì e lui la scansò per un pelo, stupendosi lui stesso per primo delle sue abilità.
In quel momento si decise a cacciare forse l'urlo più acuto e potente della sua vita.

"Lo hanno trovato."
Mormorò Nico. Uscimmo di corsa dal ripostiglio dove ci eravamo nascosti per sfuggire al mostro che ora, per ironia della sorte, andavamo a cercare.
"L'urlo proveniva da qua."
Dissi io sicura della mia affermazione.
Cominciammo a correre a perdifiato per i corridoi della scuola fino a quando non sentimmo dei rumori provenienti da un corridoio alla nostra destra, girammo e...
"Oh cazzo..."
Lì, davanti a noi, c'era l'idra più grande che avessi mai visto che attaccava Jack, il quale schivava con sorprendente agilità i morsi indirizzati a lui.
Senza pensare presi il mio pugnale dalla cintura e lo lanciai facendolo conficcare in uno dei tanti occhi delle varie teste.
Jack guardò prima me poi il pugnale un tantino confuso.
"Spostati Jack! Nico, tu e lui scappate lo tengo occupato! Ci vediamo al motel!"
Urlai prendendo in mano la situazione.
Non so perché ma Nico fece come avevo detto, prese per il braccio Jack e corsero via.
Okay, non dovevo fare molto, solo tenere occupato un enorme mostro per una decina di minuti e poi scappare al motel.
Una roba da tutti i giorni no?
 
#SPAZIO DELL'AUTRICE CHE È IN RITARDO TREMENDO

LO SO, SONO IN RITARDO ESTREMO
E QUESTO CAPITOLO NON è NEMMENO DEGNO DI ESSERE CHIAMATO CAPITOLO,
è CORTO E NON AVEVO UNA CIPPA DI ISPIRAZIONE.

 
PERò AVETE VISTO? ORA METTO I TITOLI!

QUESTO CAPITOLO PER ME è STATO UN PARTO, VE LO GIURO, NON SAPEVO CHE SCRIVERE.
COMUNQUE HO VISTO CHE PROPRIO NON RIESCO A METTERE UN CAPITOLO ALLA SETTIMANA. FARò OGNI 2/3 PERDONATEMI.


POI... NON PRENDIAMOCI IN GIRO, NON HA SENSO CONTINUARE LA STORIA SE NESSUNO ME LA RACENSICE (A PROPOSITO, RINGRAZIO TANTISSIMO L'ANIMA PIA CHE LO HA FATTO NELLO SCORSO CAPITOLO), LE VISUALIZZAZIONI CI SONO QUINDI NON CONTINUO PRIMA DELLE 3 RECENSIONI, CHIEDO TROPPO?

ORA MI DILEGUO

BACI BACI. FLAVIA FIGLIA DI ADE
  
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