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Autore: Kysaw    13/10/2013    0 recensioni
Isobel scappa da un passato che vuole nascondere a tutti i costi. Lavora in un pub ed è sempre gentile con tutti, le piace leggere i libri ma soprattutto le persone, e quando conoscerà un ragazzo di nome Louis il suo mondo che ha ricreato sarà costretto a crollare. Dovrà fare i conti con la paura di riaprire le ferite che sembravano essere scomparse e ferirsi ancora con i fantasmi del passato che pensava fossero rimasti a Yuma, il paese da cui lei proviene.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Coincidenze.


Il mattino dopo saltai giù dal letto, guardai al posto di Cath ma lei non c’era più. Forse si era svegliata prima di me e aveva deciso di non disturbarmi. Corsi in cucina per iniziare a farmi un tè, ma trovai la tavola bandita di roba che sembrava squisita. Ai fornelli c’era Cath che non appena si accorse della presenza di qualcuno si girò. Mi guardò, prese una tazza di caffè e me la porse.
“Scusa, ieri sera mi sono addormentata. Così per farmi perdonare sono andata a comprare della roba e ti ho preparato una colazione con i fiocchi” disse con i suoi occhioni celesti.
“Non bevo caffè, lo sai. E non c’era bisogno di fare tutto questo. So quanto eri stanca dopo il viaggio.” le dissi sorridendo. “hai preparato anche un tè per caso?” guardai sul tavolo, ma non ce n’era traccia.
“Lo preparo subito” disse correndo verso la cucina.
Risi “me lo vedo io dai, Cath” mi avvicinai al mobiletto per prendere la teiera.
“No! Lo faccio con piacere. Tu piuttosto perché non vai a vestirti che sei in ritardo?”
Guardai l’orologio appeso sulla porta e vidi che tra un quarto d’ora dovevo essere al lavoro. “cazzo!” mi precipitai in bagno e cercai di lavarmi il più in fretta possibile, corsi in camera mia e presi i primi vestiti puliti che trovai. Arrivai in cucina e il tè era già sulla tavola. “Grazie Cath, sei un angelo!” lo bevvi a piccoli sorsi, era bollente. Poi le diedi un bacio sulla guancia, afferrai la borsa e la giacca e corsi via come un razzo. “Ci sentiamo quando esco. Ti voglio bene Cath!” non feci in tempo a sentire la sua risposta.
Quasi corsi per tutto il tragitto e quando arrivai fuori al pub notai che anche Will aveva fatto tardi e stava appena aprendo la serranda.
“Hey Bells! Hai fatto tardi anche tu, buongiorno!” disse sorridendomi. Aveva l’aria stanca e grandi occhiaie sotto gli occhi.
“Non deve essere un buongiorno per te, Will. Che hai fatto stanotte? Sei distrutto!” esclamai quando entrammo.
“Mia nipote è rimasta a dormire a casa con me e mia moglie. Per tutta la notte si è agitata nel letto e si è addormentata solo verso le tre” disse con aria stanca.
“Beh guarda che se vuoi tornare a casa e andare a riposarti non ci sono problemi. Bado anche oggi io al pub.” Dissi guardandolo bene.
“Non voglio che ti appesantisca ancora di più il lavoro. Sei già troppo gentile per la miseria che ti pago.” Disse con tono paterno.
“Che mi paghi una miseria è vero” dissi ridendo “ma non mi appesantisci affatto il lavoro. Sai che lo faccio con piacere, per cui fila a casa e vai a dormire. E manda un bacione anche a Marie da parte mia” sua moglie era sempre tanto gentile quando entrava nel pub e mi abbracciava affettuosamente.
Lui ebbe un attimo di esitazione e poi prese le chiavi e si incamminò verso la porta ringraziandomi e sorridendo come un bambino felice.
Adoravo vederlo sorridere così.
Quando uscì presi la situazione in mano e mi preparai ad aprire il pub. Di sicuro Cath e Fill sarebbero venuti a farmi visita dopo le lezioni all’università e quindi cercai di anticiparmi qualcosa per avere un po’ di tempo libero da dedicargli.
Quando ebbi finito girai il cartello alla porta, come sempre e mi misi a chiacchierare con Tom che era già pronto dietro la cucina.
Era preoccupato che la sua ragazza lo tradisse mentre lui si spaccava la schiena a lavorare per riuscire a portarla al cinema ogni sabato.
“Scusa, ma perché dici che ti tradisce?” chiesi
“Non lo so, è una sensazione. Il nostro rapporto si sta logorando e lei diventa sempre più distante. A volte ho anche paura a prenderle la mano e il più delle volte sembra che si scocci di stare con me” si vedeva che era proprio distrutto dalla situazione.
“Ma l’hai mai portata in un posto diverso dal cinema?”
“No, lei dice che le piace. Ogni sabato la porto a vedere un film diverso, ma non credo che sia questo il problema.” Disse riflettendoci.
“Secondo me è questo invece. Anche a me piace andare al cinema, ma mi annoierebbe a morte andarci ogni sabato quando è l’unico giorno che posso vedere il mio ragazzo e potremmo fare qualcos’altro..”
“Quindi ti piace il cinema, eh?” disse una voce alle mie spalle.
Mi voltai e trovai il ragazzo sconosciuto della sera prima. Sorrideva e mi guardava. Appena vidi la sua faccia mi ricordai della nottata in bianco e, decisa, lo risposi con freddezza.
“A chiunque piace.” Cercai di sorridere poco.
Lo vedevo meno triste e continuava a fissarmi. “Vuoi qualcosa?” chiesi cercando di essere scortese ma con diplomazia.
“In verità ero venuto a vedere come stavi, ma a quanto pare ti sei svegliata con l’umore sotto i piedi” disse guardandomi dalla testa ai piedi “per cui prenderò un caffè e spero lo prenda anche tu, in modo da risollevarti un po’”
“Non mi piace il caffè. Te lo preparo subito” mi voltai un po’ stizzita dal fatto che parlasse così chiaro. Mi conosceva solo da una sera e già sapeva che ero arrabbiata. Odiavo essere capita dalle persone.
Gli preparai il caffè e glielo portai al tavolo. Lui mi ringraziò e io mi allontanai. Nel frattempo altri due tavoli si erano riempiti e iniziai a servirli.
Ad un certo punto entrarono Fill e Cath, come previsto, e fecero un gran baccano. Le persone li guardavano mentre mi abbracciavano forte e io gli feci cenno di abbassare la voce. Loro si accorsero che non eravamo soli e fecero per scusarsi, ma Fill si accorse di una presenza nella sala e si allontanò.
Catherine si sedette al bancone e io le diedi un succo. Iniziammo a parlare un po’ e lei iniziò a descrivere i genitori di Fill a bassa voce. Io mi allontanavo ogni tanto per gli ordini che arrivavano dai tavoli e solo dopo un po’ mi accorsi che Fill ancora non era tornato. Guardai la sala e vidi che parlava proprio con il ragazzo sconosciuto. Cath si accorse di aver perso la mia attenzione così si avvicinò a Fill prendendomi per un braccio.
“Hey amore, chi è questo tuo amico?” chiese a Fill.
“Ah ecco. Lui è  il mio amico Louis.” Lo indicò. “Louis ti presento la mia ragazza Catherine e la sua migliore amica Isobel”
“Oh, quindi Isobel è il tuo nome” mi rivolse un sorriso affascinante “mi sono chiesto per tutta la notte quale fosse, ma non ho proprio pensato al nome Isobel!” disse dando una certa enfasi al mio nome.
Qualcosa nella mia pancia si rivoltò, ero convinta che fosse qualcosa di più innocente dell’odio ma di più cattivo del piacere. Lo capii. Io lo detestavo.
Mi accaniva sapere perché fosse quasi sempre triste e apatico, ma mi stava antipatico.
Era carino o forse qualcosa in più, era alto, moro e semplice. Vestiva bene e aveva classe. I suoi capelli erano scompigliati, gli usciva una fossetta sulla guancia destra quando sorrideva ed era dolce. Ma qualcosa nel suo modo di parlare mi infastidiva tanto da farmelo detestare. Quella sua convinzione nelle parole che metteva e il modo in cui guardava le persone, come se il resto all’infuori di lui non importasse. Ecco perché era apatico. Non gli interessava di nessuno all’infuori di se stesso.
Non risposi a quella sua affermazione e Cath mi diede una gomitata quando si accorse che mi ero persa nei miei pensieri. Sorrisi e mi avviai al bancone in silenzio. Dopo due secondi una mano sulla spalla mi afferrò e fece per fermarmi. Mi voltai e trovai il viso di Louis, due spanne più in alto. Ecco un’altra cosa che mi dava fastidio di lui: era alto. In confronto a lui mi sentivo una bambina dell’asilo e non ero abituata dato il mio metro e settantatre e odiavo sentirmi così.
“Ma cos’hai?” disse squadrando il mio viso. “ieri sera sei stata così gentile con me ed ora mi tratti così?”
In effetti dovevo sembrargli una pazza squilibrata, che ha problemi di bipolarità.
“Senti, tu non mi piaci per cui stai lontano da me” dissi in un fiato, senza rendermene conto. Tolsi la sua mano dalla mia spalla e feci per tornare al bancone.
“Ma cos’ho fatto?” chiese sorpreso.
“Nulla, non mi piaci” risputai.
Guardai i clienti. C’erano due tavoli che chiedevano il conto e uno che chiedeva il menù. Presi il menù da sotto al bancone, lo portai al cliente e mi diressi agli altri due tavoli. Lui mi seguiva. Sentivo il suo sguardo perforarmi la testa, in attesa di una spiegazione per quello che gli avevo appena detto.
Quando i clienti pagarono mi voltai dalla sua parte spazientita. “Senti io devo lavorare e non ho tempo per queste cose. Se vuoi qualcosa basta chiedere, se vuoi sederti ad un tavolo non hai che da scegliere, ma se non devi fare nulla per cui ti serva stare qui dentro allora puoi anche andartene” mi diressi di nuovo al bancone.
Lui mi fissava ancora più sconvolto di prima, poi si ricompose. “Certo che se tratti così tutti i clienti, fatico a credere che decidano di ritornare”
“oh, questo è un trattamento speciale per quelli che voglio non tornino più”. Dissi rivolgendovi un sorriso tirato.
Lui incassò il colpo e sorrise. A quel punto di avvicinarono Fill e Cath.
“Hey Louis guarda che quella è la migliore amica della mia ragazza e la conosco abbastanza bene da sapere che non hai speranze con lei” disse guardandomi fiero. Non sapevo di cosa parlassero. Cath a quelle parole gli diede una gomitata e lui si riprese, come ricordandosi di qualcosa di spiacevole.
Louis continuava a fissarmi con quel suo sorriso stampato sulle labbra e non disse nulla. Io iniziai ad innervosirmi sul serio e mi venne quasi da cacciarli. La faccia di quel ragazzo mi mandava al manicomio, era irritante.
“Ragazzi io non ho tempo per queste cose, devo lavorare. Che ne dite se ci vediamo appena Will mi da un giorno libero e ce ne andiamo da qualche parte una di queste sere?” dissi girandomi verso Fill e Cath, come ad escludere Louis dalla conversazione.
“Sarebbe un’idea grandiosa!” fece lui con entusiasmo. Ero certa che avesse capito la mia tattica e lo stesse facendo apposta. Fill e cath annuirono e io spazientita me ne andai. Erano passate quattro ore da quando il mio capo era tornato a casa stanco  morto e a quel punto lo vidi entrare dalla porta. Era più sereno e meno stanco.
“Will! Non eri andato a casa a riposare? Me ne occupo io oggi di questo posto” dissi poggiandogli una mano sulla spalla.
“Certo, ma mi sono riposato abbastanza e dato che ieri ti sei presa tutta la giornata senza fermarti un po’, ti do la serata libera. Puoi andare a casa se vuoi” disse sorridendomi affettuosamente.
I miei amici se ne approfittarono subito. Louis sembrava non stare più nella pelle.
“Allora perché non andiamo a divertirci da qualche parte?” disse speranzoso. Ancora non credevo alla sua sfacciataggine. Io non l’avevo invitato.
“Non con te” dissi brusca. Fill e Cath mi guardavano con aria sbigottita. “Sembrerà un’uscita a quattro e non voglio che sia così.” Dissi. Will si allontanò e si diresse al bancone.
Cath di avvicinò. “oh ti prego Bell! Tu conoscerai altri ragazzi e lui altre ragazze. Non sarete insieme. Godiamoci la serata!” disse con occhioni dolci.
“E poi guarda che Louis non ha relazioni serie, quindi non ci proverà con te. Te lo assicuro. Cath ti farà compagnia e tu conoscerai altri ragazzi.” Mi fece l’occhiolino.
Io squadrai Louis, come ad avvertirlo di non avvicinarsi. Lui manteneva quel suo sorriso e mi guardava divertito. Cos’aveva da divertirsi?
Tutti e tre mi guardavano speranzosi, io fissai prima Louis con disprezzo, poi Fill e infine Cath che saltellava appendendosi al mio braccio. Sembrava una bambina che prega il padre di andare allo zoo.
“Va bene.” Mi arresi di fronte a quegli occhi azzurro cielo.

La sera, dopo essermi truccata per bene e aver indossato un vestito nero attillato e un paio di scarpe col tacco bianche , mi precipitai alla porta quando il campanello suonò. Cath non stava più nella pelle. Era rado che uscissimo la sera, a causa del mio lavoro.
“Non potevi scegliere un vestito migliore. I ragazzi vogliono andare in discoteca. Le tue scarpe sono bellissime!” disse tirandomi per un braccio. Afferrai la borsa e chiusi la porta alle mie spalle.
Quando salii in macchina, Louis era seduto indietro e per tutto il tragitto mi rivolse solo occhiate e sorrisi, senza spiccicare parola. Forse aveva capito che non mi andava a genio e si era arreso. La serata si prospettava in modo migliore di quanto immaginassi.

 
  
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