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Autore: _Peppermint_    13/10/2013    1 recensioni
La sua voce era calda, mi fece venire un brivido alla schiena.
Si muoveva sul palco senza fermarsi mai, le sue mani stringevano il microfono come se fosse uno scettro e lui era il re.
Strinsi il vassoio che avevo tra le mani e mi morsi un labbro.
Un'altro brivido alla schiena.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Elisabetta’s Pov.
I pomeriggi passati per i negozi mi entusiasmavano sempre, ma quel giorno non trovai niente che mi interessasse davvero e non avendo abbastanza soldi chiesi a Caterina di tornarcene a casa.
Lei non amava lo shopping sfrenato e prese al balzo la mia proposta per tornarsene sul divano davanti la tv.
Altea non era voluta venire.  Mi chiesi se rimanere a casa da sola le avesse fatto bene.
Non era in forma. Non lo era affatto.
Ci aveva raccontato di Alessia e di come Raffaele avesse reagito,  sapevo che ancora non avevano parlato seriamente della situazione. Io non volevo che lei soffrisse ancora.
La fragilità di Altea era peggio di un vaso di vetro messo sul bordo di una tavolo barcollante. Se Altea si rompeva ci voleva del tempo per rincollare tutti i pezzi e già una volta ci avevamo messo tempo per farla riprendere. Che poi,  Altea non era del tutto intera, la storia del padre molte volte tornava a tormentarla e lei si metteva tutto dentro  per scoppiare quando non c’era più posto.  I pezzi se li lasciava dietro. E noi dovevamo raccoglierli per evitare che si facesse ancora più male.
Quando l’ex ragazzo l’aveva tradita lei era stata male per molto tempo, ma alla fine ce l’avevamo fatta.
Ora, io, non volevo si facesse di nuovo male, con un uomo più grande di lei di dieci anni che non sapeva cosa volesse dalla vita.
- A cosa pensi? – chiese Caterina mentre svoltavamo l’angolo. Casa nostra era poco più avanti.
- Che stasera mangiamo pizza, così Altea starà meglio.– sorrisi, pensando che la pizza era la cosa che Altea preferiva di più.
Arrivammo davanti al portone e Caterina aprì con la sua copia della chiave. Salimmo le scale mentre presi il cellulare. Un messaggio.
“Questa sera resto con mia madre. Mio padre fa il turno di notte. Salutami le altre.” Samanta. 
L’avevo invitata a passare una nottata all’insegna di film horror e popcorn.  Ma quando la madre era sola lei preferiva farle compagnia.
Quando entrammo  l’appartamento era illuminato dalla luce del sole, il silenzio regnava  e potevo sentire il respiro di Caterina davanti a me.
- Al siamo a casa! – urlò Cate. Nessuno rispose. - Forse dorme- disse poi entrando in cucina.
Andai nella camera di Altea. C’era di tutto, il CD di Raf sotto la pila di fogli sulla scrivania, un mucchietto di panni sporchi per terra, ma lei no.
Guardai la porta del bagno in corridoio ed era chiusa. Bussai. Entrai non sentendo nessun divieto.
L’acqua arrivava quasi ai bordi della vasca.
Dentro un’Altea immobile aveva gli occhi chiusi. I capelli scuri galleggiavano sulla superficie chiara. Le mani lasciate libere accanto ai fianchi nudi.  Qualche bollicina usciva ogni tanto dalla sua bocca rossa.
Mi ci volle qualche secondo per rendermi conto della situazione. Mi inginocchiai sbattendo contro il pavimento.
- Altea! – urlai prendendola per le spalle. Feci uscire la sua testa  dall’acqua e mi bagnai le maniche  della maglia a righe. Altea aprì gli occhi di scatto e respirò a fondo tremando, come colta di sorpresa. Ci guardammo mentre Caterina entrava correndo nel bagno. Lo sguardo su di noi preoccupato e ansioso.
Vidi Caterina reggerla e chiedergli qualcosa mentre mi sdraiavo a terra.  Guardai il soffitto, con le gambe che cedevano all’ansia di poco prima. Sospirai.


Altea’s Pov
Guardavo fuori dalla finestra. Il tempo era normale.
Di tanto in tanto i raggi del sole venivano oscurati da nuvole grigie passeggere. Tanto per ribadire il fatto che l’Inverno avrebbe dominato ancora per molto.
Strinsi le coperte ripensando a come Elisabetta mi avesse tirata fuori dall’acqua. Mi ero spaventata sentendo le sue mani improvvisamente sulla mia pelle.
Chissà cosa pensava adesso di me.
Sospirai  e mi alzai dal letto.  Indossai una felpa e andai in cucina.
Elisabetta era seduta e guardava la tv, Caterina preparava la tavola. Mi sentirono arrivare ma non dissero nulla.
- Devo cucinare?- chiesi. Non vedevo pentole piene d’acqua o padelle contenenti  esperimenti in cui, certe volte, Caterina si cimentava.  
- No, abbiamo chiamato una pizzeria. Fra un po’ arriva la cena – disse Caterina. Non mi guardava, ma sentivo dalla voce che era tesa.
- Vuoi  provare a vedere se prendi fuoco?- la voce di Elisabetta era ironica e aspra.
La guardai e lei sostenne il mio sguardo. Quel fare di superiorità mi diede quasi sui nervi.
- Non volevo suicidarmi, se è questo quello che pensate.- dissi chiaramente appoggiandomi con le mani al tavolo.
- E cosa stavi facendo?- mi chiese Betta sporgendosi verso di me con il busto.
Non risposi. Non sapevo neanche io quello che avrei potuto fare in quei secondi in acqua. Ero confusa.  Sapevo di non stare bene, ma non volevo pensassero che fossi pazza e con manie suicide.
- Di certo non tentavo di suicidarmi- disse drizzandomi – Non vi libererete tanto facilmente di me – cercai di scherzare. Ci riuscii, in parte. Caterina sospirò e sorrise.
- Al, siamo preoccupate per te. Non voglio vederti mai più così. – disse Elisabetta. Si alzò e mi abbracciò.
- Sto bene, non succederà più.- la rassicurai.
Mentre ci stringevamo, sentimmo qualcos’altro appiccicarsi a noi come una cozza.
Caterina ci stava abbracciando.
Dopo qualche secondo il campanello suonò e il fattorino ci portò la pizza.
Nonostante avessi una strana sensazione che mi chiudeva lo stomaco mangiai lo stesso.
Come potevo, io, rifiutare un pezzo di pizza?

Dopo cena misi in ordine la scrivania. I libri erano sparsi ovunque insieme ai soliti abiti scartati la mattina prima di uscire.
Ci misi un po’, ma dopo qualche minuto si riusciva quasi a vedere lo spazio libero sul legno liscio. Avrei dovuto studiare, ma la mia mente non voleva saperne di fare entrare informazioni che non riguardassero me o Raffaele.
Già Raffaele. Mentre fini vo di mettere in ordine, trovai il suo CD vicino a dei fogli e al computer portatile di Caterina.
Le avrei chiesto di prestarmelo per trasferire le canzoni sul mio Mp3.
Ordinai i libri sullo scaffale e gettai alcune cartacce nel cestino.
Andai da Caterina, in salotto, e le chiesi se potevo usare il suo portatile.
- Certo – mi rispose senza nemmeno distogliere lo sguardo dalla tv. Sorrisi e alzati gli occhi al cielo, tornai in camera.  Sicuramente la tv era al primo posto  nella lista delle cose che amava, poi c’era Luca.
Dopo aver acceso il computer mi arrivò un messaggio.
Sperai con tutto il mio cuore che fosse Raffaele, ma fui delusa. Era Federico.  Cosa voleva?
“Ho delle buone notizie per Raffaele, alcuni miei colleghi vogliono sentire i suoi pezzi. Fatemi sapere. Un bacio, ciao Al.”
Il mio cervello voleva essere felice per il mio ragazzo, ma il mio cuore non  ci riusciva.
Mandai un messaggio a Federico per ringraziarlo e per dirgli che presto gli avrei fatto sapere qualcosa, ma non scrissi ancora niente a Raffaele.
Accarezzai la copertina del suo CD. Quell’uomo mi amava?


Erano quasi le undici e come al solito di dormire non avevo voglia. Giravo per casa come una vagabonda. Lo stomaco rifiutava di calmarsi e la mia mente era sempre invasa dalla stessa domanda ripetuta all’infinito.
Ero sempre più convinta che Alessia avesse ragione.
La confusione regnava dentro di me come se le farfalle, che di solito dovevano agitarsi nello stomaco, si fossero trasferite nella mia testa.
Mi fermai un istante a guardare la tv accesa in sala. Avevo un brutto presentimento e la voglia di chiamare Raf, per sapere come stava e cosa stesse facendo, si fece più insistente.  Il mio orgoglio, però,  mi diceva di smetterla. Se lui non mi aveva cercato, evidentemente non voleva sentirmi.
Mi stesi sul divano, l’Mp3 acceso con la musica che suonava per nessuno.  Aspettai che una nuova canzone iniziasse, e quella che venne dopo non mi convinse. Cambiai.
La voce di Raf, ora, era morbida e pungente allo stesso tempo.  Un gioco di suoni che, ero sicura, sarebbe piaciuto anche agli altri.
Probabilmente mi addormentai, perché non sentii il campanello  suonare, ma solo Elisabetta chiamarmi.
- Al – Pronunciò il mio soprannome all’entrata del salotto. Si sentiva, dalla voce, che si era appena svegliata, ma i suoi occhi aperti e ansiosi sembravano svegli da ore.
- Cosa c’è?- cercai di mettermi a sedere.  Ero riuscita ad addormentarmi ed ora mi toccava alzarmi. 
- Ti vogliono- Betta indicò il corridoio, verso la porta di ingresso. Mi  alzai in piedi, aggiustandomi i capelli disordinati.
Sperai, come al solito, in un bellissimo Raffaele, ma l’unica cosa che vidi, uscita dalla stanza, fu Daniele . Si torturava le mani e teneva la testa bassa. Guardai l’orologio sulla parete, erano le undici e mezza. Non avevo dormito tanto.
- Daniele – lo chiamai. Un sopracciglio alzato –che ci fai qui? Sei venuto a trovare Betta?- risi.  Loro due si odiavano, erano come cane e gatto.  Lui fece una smorfia ansiosa somigliante ad un sorriso.
- Al – mi guardò grattandosi la testa. – Dovrei dirti una cosa -  I suoi occhi cercarono i miei. Qualcosa scattò.
- Raffaele? Dov’è?- Chiesi avvicinandomi a lui.
- La polizia lo ha arrestato  - disse.
- Cosa? – quasi urlai, senza pensare che Caterina dormiva ancora. – Perché?- continuai a guardarlo e la mia voce tremò. Mi presi la testa tra le mani.  Le sue parole mi avevano colpita come uno schiaffo sul volto.
- Aveva della droga- disse a denti stretti, quasi ringhiando.
Il nodo che avevo in gola si sciolse, e le lacrime mi uscirono senza pensarci due volte.



Raffaele’s Pov.
Ero seduto su una sedia grigia. Mi avevano perquisito poco prima e poi lasciato solo nella stanza con le pareti bianche e qualche quadruccio appeso. Oltre a me, fermo e immobile, c’erano una scrivania, delle penne in un contenitore  e  molti fogli perfettamente ordinati da un lato.
L’idea di scappare mi era balenata in testa solo una volta e quell’unica volta l’avevo scacciata via. Fuori era pieno di poliziotti  pronti a pestare uno come me prendendo come scusa il fatto che stessi scappando.
Lo stresso poliziotto che mi aveva arrestato entrò insieme ad un suo collega. Aveva in mano alcuni fogli, e mi guardò. Si sedette e incrociò le braccia al petto.
- Abbiamo trovato altra droga.- disse.
- Non era mia, posso giurarlo!- strinsi la sedia mentre cercavo di difendermi.
- È la tua parola contro delle prove schiaccianti-
- Voglio un avvocato, e la possibilità di fare una telefonata – dissi drizzandomi sulla sedia.
- Puoi fare solo una telefonata, e sarà quella per l’avvocato. Ne hai uno?- mi chiese il poliziotto alzandosi in piedi. Dal taschino caddero una penna e una piccola fotografia. Guardai quel pezzo di carte e vidi una figura familiare.
- Samanta – dissi piano. Ma evidentemente mi sentì.
- Come conosci Samanta?- sentivo lo stupore nella sua voce.
Lo guardai ma non risposi. Francesco, quindi,  aveva ferito il padre di Samanta.
- Allora? Voglio che mi rispondi!- rimise nel taschino la fotografia e la penna, ma non smise di guardarmi come se fossi il peggior delinquente in tutto l’universo.
- La conosco, non penso di doverle dare spiegazioni. – dissi infine.
Mi guardò e fece un cenno all’altro poliziotto. Quest’ultimo mi prese e mi rimise le manette.

Era tardi quando una guardia mi chiuse in isolamento.  Ero finito in carcere, accusato ingiustamente e  non avevo un mio avvocato. Sbuffai e diedi un calcio al muro. Dalla bocca mi uscì un piccolo lamento di disperazione e poi urlai.
Tanto ero solo. Nessuno poteva dirmi niente.





 
SPAZIO AUTORE:
Ciao mente piperite. Come state?
Rischiavo di non riuscire ad aggiornare per altro tempo, ma mi sono data da fare e finalmente ce l’ho fatta :D Ecco il ventunesimo capitolo.
Spero vi piaccia e ringrazio già tutti per le letture e le recensioni ( se vorrete lasciarle ) .
Allora, siamo ad Ottobre (brrr)  come va la scuola, il lavoro o il barbonaggio? Todo bien?
Spero di si.
Bè, sto già lavorando al prossimo capitolo, e voglio costringermi a darmi una regolata con gli aggiornamenti. Spero di sentirvi presto.
Se volete questo è il mio twitter ----->   twitter 
Ciao mie mente piperite. Vi voglio bene e vi ringrazio di cuore per tutto.
Un kiss da Peppermint
  
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