Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Hitchris    13/10/2013    3 recensioni
– Io ti proteggerò, Eren Jeager. – Disse con una strana determinazione negli occhi. – Ti proteggerò perché così deve essere. E questa volta – Levi non misurò le sue parole e volle perdersi negli occhi del compagno un’altra, un’ultima volta. – Non metterò da parte la mia umanità. – Gli sussurrò all’orecchio.
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren, Jaeger
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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L’odore di carne bruciata gli penetrava i polmoni e faceva crescere in lui un senso di nausea, nausea non aveva intenzione di abbandonarlo. Camminava per le vie della città ormai semi-distrutta come se si trovasse in un sogno - anzi, in un incubo.
Devo trovarlo.
Era il suo unico pensiero fisso. Devo trovarlo. Ed era proprio quell’ossessiva determinazione che lo spingeva a fare un passo dopo l’altro, impedendogli di lasciarsi cadere a terra tra gli altri cadaveri e macerie.
I Titani spazzavano via ogni cosa vivente e non e, come ogni cosa nella sua vita, aveva spazzato via ogni cosa che lui avesse veramente amato e che ora alimentava la sua sete di vendetta.
Devo trovarlo. Si ripeté, scacciando via il ricordo di sua madre e dei suoi compagni morti. Il braccio gli doleva terribilmente; sentiva le ossa rompersi e riformarsi, i muscoli tendersi e ricostruirsi dentro di lui. Il suo sistema di manovra tridimensionale era andato a puttane, per cui non dubitò quando, svoltato l'angolo, notò il corpo di un soldato steso a terra. Prese l’armamento dal cadavere, e quella vista ebbe l’effetto di aumentare la sua nausea e l’orrore per tutto quello che stava accadendo.
Pensò che, anche se fossero passati cento anni, non si sarebbe mai abituato a certe visioni. Il cadavere era irriconoscibile: mancava delle gambe ed il resto del corpo era stato schiacciato probabilmente era finito chissà dove. Indossò l’armamento con difficoltà - il suo braccio era ancora dolente -, ma alla fine ce la fece.
L’odore di fumo era forte e gli faceva bruciare gli occhi; edifici andavano in fiamme e cadevano lentamente a pezzi. Infondo alla via vide gente in preda al panico: donne urlavano, uomini correvano e bambini bazzicavano tra la calca, imboccando tutti la via in cui si trovava lui. Eren sentì un senso di irrequietezza invaderlo, un brivido freddo gli corse lungo la schiena. Ignorò il dolore - che si era fatto più lieve - al braccio.
Deglutì, aveva la gola secca.
Si era già trasformato in un Titano e aveva fallito: ora era esausto, non sapeva dove si trovava e dove si trovavano i suoi compagni. Ma soprattutto, non sapeva dove si trovava lui.
In ogni caso non ebbe il tempo di pensarci: improvvisamente, un Titano alto dieci metri sbucò da dietro una palazzina, afferrando e rincorrendo donne, uomini e bambini. Sembrava impazzito.
Ingurgitava umani con un’espressione del viso quasi divertita, una di quelle che faceva salire ad Eren una rabbia irrefrenabile. Il ragazzo si alzò in piedi mentre il mostro si dirigeva a grandi passi verso di lui, unica povera vittima che non cercava do scappare.
Eren si piazzò in mezzo alla via e si mise in posizione di attacco, brandendo le sue spade: ad ogni respiro i suoi polmoni si riempivano di un’aria malsana, la sua vista era annebbiata e si reggeva in piedi per miracolo. Non proprio la forma ideale per combattere, ma non se ne preoccupò.
Aveva paura, doveva ammetterlo, tuttavia si impose di rimanere in piedi.
Il titano si piegò su di lui e ed Eren fece per scattare. I loro occhi per un secondo si incrociarono.. Poi il mostro cadde a terra.
Il ragazzo rimase immobile, senza fiato. Non riusciva a muoversi - e neanche a respirare. Le gambe non gli obbedivano e anzi tremavano, così forte che di lì a poco sarebbe caduto a terra - se lo sentiva.
Il suo dispositivo di manovra tridimensionale non aveva funzionato. Il suo cuore riprese a battere frenetico.
– Cos’è, vuoi farti ammazzare?
Eren alzò lo sguardo, sbigottito, e lo guardò con un’aria talmente ebete che quando Levi lo vide fece una piccola smorfia.
– Caporale..
Riuscì a mormorare, e in quell’istante si ricordò di respirare. Dopodiché le parole gli morirono in gola. L’aveva trovato. Il suo cuore si riempì di una sensazione che gli fece salire le lacrime agli occhi.
– Il mio dispositivo.. – Iniziò, cercando di darsi una calmata e di non far trasparire le sue emozioni.
– Lo so.
Rispose velocemente Levi, liquidando il discorso con un gesto della mano. – Stiamo perdendo, Eren. – Disse, scandendo il suo nome e riempiendolo di una nota, quasi di tristezza, che svanì subito. Eren fu pervaso da un inspiegabile senso di colpa: non era stato abbastanza utile per i suoi compagni.
Aveva fallito, un’altra volta.
– Ti sta ancora cercando, è qui vicino.
Disse calmo il Caporale, ridestandosi definitivamente da quel tono malinconico. – Devi andartene ora. – Lanciò uno sguardo indecifrabile al ragazzo, il quale non ebbe alcun problema ad esporre i propri sentimenti.
– Non me ne vado.
Disse, alzando di poco il tono della voce. Ripensò all’inizio della missione, quando Annie si era liberata dalla sua prigione sotterranea e il Titano Colossale aveva, per la terza volta, aperto un varco nelle mura dando il via libera ad un nuovo, tremendo attacco.
Ripensò a come Levi lo aveva guardato prima di andare.
– Non me ne vado senza di te! – Quasi lo urlò. Levi, in compenso, trasalì. Perché gli diceva (anzi, urlava) una cosa del genere proprio in quel momento? Lui non era mai stato bravo a decifrare i sentimenti degli latri, ma era capace a farlo con i propri. Per cui, quando il suo cuore aumentò i battiti non si stupì, e neanche lo fece trasparire.
In lontananza, i passi di Annie facevano tremare il terreno. Dopo tutto quel tempo passato sotto terra aveva avuto il tempo di elaborare la sua vendetta, e ora la stava esigendo. Levi non valutò neanche la situazione: in quel momento c’era una cosa sola da fare, e lui lo sapeva. Avrebbe protetto Eren a costo della sua vita. Non solo perché così gli era stato ordinato.
– Io non scapperò con te.
Disse, avvicinandosi cautamente al ragazzo furente. I passi del Titano femmina erano vicini, così vicini  che Levi fu costretto ad alzare la voce per farsi sentire. Anche in un momento come quello lui rimaneva impassibile, calmo, freddo come era sempre (o quasi sempre) stato.
– Io ti proteggerò, Eren Jeager.
Mormorò con una strana determinazione negli occhi. – Ti proteggerò perché così deve essere. E questa volta – Levi non misurò le sue parole e volle perdersi negli occhi del compagno un’altra, un’ultima volta.
– Non metterò da parte la mia umanità.
Gli sussurrò all’orecchio, dopodiché lo baciò sulla bocca e gli disse un’altra cosa che lui probabilmente non comprese. Infine si girò verso l’enorme titano che si era fermato proprio davanti a loro: Annie. Levi attivò il suo armamento e volò via. Eren rimase impassibile, senza fiato, mentre cercava, inutilmente, di collegare il cervello con il resto del corpo.
Umanità? Sacrificio? E quelle ultime parole sussurrate.. Si impietrì, capendo di cosa si trattava, che cosa aveva appena detto. Urlò. Urlò il suo nome con tutto il fiato che aveva in corpo e corse verso di lui, spinto da una forza attrattiva così forte da fargli dimenticare ogni sensazione, ogni dolore.
Lo vide catturare l’attenzione di Annie e ferirla in varie parti del corpo: sembrava una macchina per uccidere. Eren gridava con tutto il fiato che aveva e correva; Levi continuava a ferire Annie. Poi il Caporale lo guardò per un momento, distraendosi. Improvvisamente, tutto gli sembrò ovattato. Si sentì spinto via. Sbatté contro il muro di un edificio e sentì il corpo protendersi in un urlo di dolore.
Eren rimase immobile, il suo urlo si spezzò e si zittì immediatamente. Annie afferrò il piccolo corpo di Levi e lo sollevò verso la sua bocca aperta. Il Caporale si girò verso Eren.
Gli sorrise.
Poi la mano di Annie si aprì e in quell’istante anche una parte di Eren morì. Non riuscì ad urlare un’altra volta, a dimenarsi, a piangere. Il resto del corpo dell’uomo che più aveva amato al mondo crollò per terra, esanime.
Aveva ancora l’urlo fermo in gola, ma non uscì, perché non riuscì a provare nulla. Sembrava che qualcosa in lui volesse esplodere con violenza, ma in quel momento era spaesato, vuoto. Semplicemente, non era vero. Era un sogno da cui si sarebbe svegliato subito.
Subito.
Annie si girò poi verso di lui ed emise dei suoni gutturale. Rideva. Stava ridendo di Levi. Quanto sciocca era stata la sua morte? Eren rimase immobile quando Annie allungò la mano verso di lui.
Nella sua testa rimbombavano solo le parole del Caporale, quelle che aveva rivolto a lui e solo a lui. Insistenti come una maledizione.
– Ti ucciderò.
Mormorò infine tra i denti, esplodendo di una rabbia sovraumana e sconfinata, ritrovando nuova forza nei muscoli, nelle ossa e in tutto sé stesso. Una forza distruttiva che non era consapevole di avere. La mano di Annie si bloccò nell’incrociare lo sguardo di lui.
– Ti ucciderò e ti farò rimpiangere di essere nata, puttana.
Dopodiché si morse il dito e tutto svanì. Sentì di aver perso il controllo.

C’era qualcosa di peggio della morte? Una volta Jean glielo aveva chiesto. Per un momento aveva pensato che no, non c’era nulla peggio di quello. Non c’era nulla di peggio dell’essere dimenticati, del lasciare i propri cari. La battaglia era finita, finalmente.
Eren camminava per le vie della città con le mani in tasca e la testa bassa: la gente era tranquilla e quella mattina c’era molta confusione. Tutti sembravano animati da una nuova speranza di vita, la speranza di un futuro nuovo.
Migliore.
Aveva ucciso Annie alla fine. Non che la cosa lo toccasse molto, visto che non ricordava assolutamente niente di quello che era successo. Armin e Mikasa glielo aveva descritto però: era stato uno spettacolo molto più che raccapricciante. Lui era riuscito a tirare fuori Annie e le aveva staccato la testa sotto gli occhi di tutti.
Poi, esausto, aveva trovato la forza di uscire dal suo corpo di Titano e crollare a terra. Non erano stati di certo quelli gli ordini, ma poco gli importava. – Dovresti essere contento. – Aveva detto Mikasa dopo che lui si era svegliato. – Abbiamo vinto un’altra volt.. –
- Non è stata una vittoria. – Aveva detto, inespressivo.
– Non ci saranno più vittorie nella mia vita. – Ricordava cosa aveva alimentato la sua rabbia e la sua forza: i ricordi. Il ricordo di quell’ultimo bacio, del suo tocco sfuggevole, delle sue carezze nascoste e dei suoi sguardi attenti, indecifrabili. Ora la sua rabbia aveva lasciato spazio ad un dolore che gli impediva di parlare, gli invadeva il petto come un cancro che si espandeva lentamente. Un nemico mortale con cui avrebbe fatto i conti per sempre.
Eren si fermò.
Era una bella giornata, le nuvole bianche tingevano il cielo e un’arietta fresca accarezzava i capelli del ragazzo e gli asciugava le lacrime che, inarrestabili, correvano lungo il viso. 
Si chiese se non fosse ironico: i Titani gli avevano portato via molte cose importanti della sua vita, ma era stata proprio un’umana a togliergli una cosa fondamentale.
Cadde in ginocchio tra i singhiozzi, privato di qualsiasi altra forza che non fosse quella di continuare a piangere e disperarsi. Si portò entrambi le mani al viso e se lo coprì, piegandosi su se stesso come se il dolore fosse vero, vivo.
E lo era.
Lesse il nome su quella lapide più e più volte fino alla nausea, sperando che potesse tornare da lui, perché glielo doveva. Le sue ultime parole erano state: – Ti amo. – ed Eren voleva, doveva dirgli che si, anche lui lo amava.
Amava Levi Rivaille più di ogni altra cosa al mondo ed ora lui non c’era più.
Gli era stato portato via. Eren sentì di aver perso le sue ali.
Sentì che non sarebbe mai più stato libero. 
  
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