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Autore: TheGreedyFox    13/10/2013    10 recensioni
Un’amicizia bella e vera, che dura da quasi vent’anni. Diciotto compleanni passati insieme.
Ogni compleanno un regalo straordinario. Ogni compleanno una sorpresa. Ogni compleanno una ferita.
Essere il miglior amico di Arthur Pendragon, significa questo per Merlin.
È essere parte di qualcosa di speciale, eppure a volte sentire che quell’affetto che li lega è come una condanna.
Una condanna a vita alla quale però Merlin non si sottrarrebbe mai.
Perché Arthur è il miglior amico che si potrebbe desiderare e non è colpa sua se Merlin si è innamorato di lui.
Questo finché, poco prima del suo ventiduesimo compleanno, Merlin non trova, per caso, uno dei folli regali di Arthur, un regalo che cambierà tutto, nel bene e nel male.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'You Take My Heart By Surprise'
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Questa storia fa parte della serie "You Take My Heart by Surprise".



Eccoci arrivati al giro di boa!
Questa settimana ho temuto davvero di non riuscire a postare ma alla fine ce l'ho fatta!

Per prima cosa voglio ringraziare nuovamente tutti voi che state seguendo la storia, la mia fantastica beta e AsfodeloSpirito17662, hiromi_chan, Misfatto, Inessa e chibisaru81 per aver recensito... grazie di cuore ragazze, le vostre parole mi accendono sempre un teporino nel cuore... che con questo tempo uggioso poi è una meraviglia!

Non vi nascondo che è con una certa apprensione (ehm... vogliamo chiamarla ansia? Ok, chiamiamola ansia... è giusto chiamare le cose con il loro nome! XD) che mi accingo a pubblicare questo capitolo.
Perché questo è stato il capitolo per me più difficile da scrivere.
Quello che, fino alla fine, non ero neanche sicura di voler scrivere.
E quello che ho inevitabilmente finito per amare di più.
La domanda del giorno è semplice: per quanto tempo, un amore così intenso come quello che prova Merlin, può restarsene buono buono in un angolo a guardare, senza protestare, senza chiedere nulla per sé?
Io me lo sono chiesto, ed ho provato ad immaginare cosa significhi essere così vicini ad una persona, ogni giorno, ogni ora, cercando disperatamente di far finta che sia tutto normale, mentre invece si vive costantemente con una tempesta nel cuore...
Secondo me, alla lunga, tutto quel vento e quella pioggia finiscono inevitabilmente per annebbiare un po’ la vista e confondere il cervello, finendo per far commettere una sciocchezza o due, dalle quali però (una volta rinsaviti) si può finire per imparare qualcosa, forse proprio ciò che si aveva bisogno di scoprire.
Ritroveremo i nostri ragazzi dopo un altro paio d’anni e scopriremo come è andata la loro convivenza...
Ora vi lascio alla lettura del capitolo.
Ci si ritrova nelle note!!!
Enjoy!

Sofy

“Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della BBC; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro”.




Regalo di Compleanno

 

17° Compleanno

Merlin compie ventun anni e, per la prima volta in vita sua, si sente completamente al sicuro.
Perché non deve temere che Arthur stia per travolgerlo con una delle sue trovate.
Nessuna festa quest’anno. Nessun regalo sopra le righe. Nessuna sorpresa “alla Arthur”.
Perché Merlin quest’anno ha espresso il desiderio di riprendere dopo tanto la loro tradizione, ed ha fatto giurare ad Arthur di attenersi alle regole, senza trovate geniali o complotti dell’ultimo minuto.
Un weekend insieme, solo loro due, nella casa sul lago che è stata il rifugio della loro giovinezza.
Merlin non è troppo sicuro del perché abbia voluto tornarvi.
Forse perché di lì ad un anno avranno entrambi finito l’università e Merlin non sa con esattezza cosa ne sarà di loro. Non sa neanche se vivranno più insieme, perché ci sono buone probabilità che, appena dopo la laurea, Arthur venga mandato da suo padre a fare pratica nello studio di New York, mentre Merlin resterà a Londra a cercarsi un lavoro, un lavoro che gli consenta finalmente di guadagnare abbastanza da poter un giorno partire anche lui.
Ed allora non ci sarà più tempo per la casa sul lago, o per i compleanni di Merlin.
Lui e Arthur si ritroveranno per la prima volta lontani.
Ed anche se Merlin cerca di non pensarci, la sola idea rischia di farlo impazzire.
Ecco dunque spiegato quel viaggio.
È il suo modo per lasciarlo andare.
Per essere pronto a dirgli addio quando arriverà davvero il momento.

Lui e Arthur sono arrivati alla casa sul lago il giorno precedente e durante quei due giorni tutto è stato esattamente come una volta.
Come prima di Gwen e l’università e il loro vivere insieme.
Come quando avevano dodici anni e Merlin poteva guardare Arthur negli occhi senza sentirsi tremendamente in colpa.
Per quel weekend hanno entrambi accettato di lasciare le loro vite in stand-by: Arthur ha spento il cellulare, rischiando di incorrere nell’ira di suo padre, e Merlin ha lasciato a casa il suo ultimo saggio, scritto solo per metà, la cui data di consegna è pericolosamente vicina.
Però Merlin non ci pensa.
Perché questa per lui e Arthur sarà l’ultima volta, e allora cosa può esserci di più importante?

Hanno passato le mattine a poltrire ed i pomeriggi a pescare, e per l’ultima sera hanno allestito un piccolo barbecue in cui hanno arrostito il pesce che sono riusciti di giorno a catturare.
Beh... Che Arthur è riuscito a catturare. Merlin non è mai stato bravo con la canna da pesca.
Poi, quasi di comune accordo, si sono incamminati verso la radura, passeggiando l’uno accanto all’altro, le mani in tasca, spintonandosi piano, con i gomiti, quando nel camminare finivano per sfiorarsi.
Come due ragazzini.
Arrivati alla radura si sono seduti vicini, le braccia strette intorno alle ginocchia, il rumore del lago a lambire il silenzio, quel silenzio che tra loro non ha mai avuto bisogno di perché.
Il volto di Arthur ora è sereno, sereno come solo su quelle sponde può diventare.
Merlin sa che vi sono insenature molto più belle nascoste tra le pieghe del lago, però la mamma di Arthur ha amato quel luogo, e quindi questo basta a renderlo speciale.
Merlin sa anche che di tanto in tanto Arthur torna alla radura da solo.
Di solito quando si sente particolarmente insicuro o ha bisogno di pensare.
Perché Arthur ha sempre creduto che se avesse ascoltato con molta attenzione, in qualche modo sua madre sarebbe sempre arrivata a consigliarlo, e che una decisione presa su quelle sponde non avrebbe potuto rivelarsi sbagliata.
Merlin ora vorrebbe che questo valesse anche per lui.
Che la mamma di Arthur avesse un consiglio da dargli, in modo da non dover più affrontare ogni scelta da solo.
Perché Merlin non ha mai parlato con nessuno di ciò che prova.
Ed ora, sotto quel cielo così familiare, d’un tratto quell’amore taciuto, nascosto, sembra esplodergli sotto la pelle, e forse sarà l’aria della notte o il peso dei settecento giorni in cui hanno vissuto insieme... Ma mentre è steso accanto ad Arthur, ad un braccio di distanza da lui, senza riuscire a tollerarlo e soffrendo la sua vicinanza come se potesse davvero fargli male, Merlin si rende finalmente conto che quell’amore non andrà più via, che gli resterà impresso addosso per sempre, come un macchia indelebile, come un ricordo, anche quando Arthur sarà dall’altra parte del mare e lui non potrà più vederlo ridere.
- Sei silenzioso stasera. –
La voce di Arthur gli arriva addosso leggera, come un’increspatura del lago.
- Allora, è questo il compleanno che desideravi? –
Strano.
Vivendo con Arthur da due anni, Merlin ha ormai imparato con una discreta abilità a non lasciarsi sorprendere e a mascherare ciò che prova. È stata un’arte necessaria da apprendere, indispensabile, per non farsi cogliere ad osservarlo come un ebete sui cereali del mattino, quando Arthur ha quell’aria un po’ assonnata che gli sta così bene, o per fingere indifferenza quella volta su mille in cui Merlin decide di cucinare ed Arthur si diverte a sbirciare sopra la sua spalla, curioso, per vedere che sta combinando, rischiando di fargli bruciare tutto... Perché Arthur ha sempre un odore così buono, e Merlin vorrebbe ogni volta solo voltarsi e baciarlo, e scordarsi della cena, e del fuoco acceso, e della ragione.
Ecco perché lo stupisce scoprirsi con un groppo in gola mentre cerca di rispondergli un semplice sì.
- Certo che era quello che volevo! È stata una mia idea, no? –
- Però non sembra sai? Dovresti vederti! Hai la stessa faccia di quel giorno all’asilo, quando tutti ti avevano messo in disparte, ricordi? E tu stavi bene attento ad evitare lo sguardo di chiunque, perché non volevi che ti vedessero piangere. Non eri molto bravo però, si vedeva lontano un miglio che eri infelice. Tuttavia è stato un bene che sia andata così: se non avessi pianto, quel giorno, forse noi due non ci saremmo conosciuti... Ci hai mai pensato? –
- Ho sempre saputo che avrei pagato care quelle lacrime! – Gli risponde Merlin, sorridendo, lo sguardo ancora rivolto alla notte.
Arthur però non si lascia distrarre.
- Allora forza, sputa il rospo, perché sei così triste? Qui non siamo all’asilo e non c’è un branco di saputelli che ce l’ha con te, qui ci sono solo io, eppure non riesci a guardare neanche me. –
Come possa un somaro come Arthur essere così perspicace, Merlin non se lo spiega. Buon per lui comunque, forse diverrà davvero un buon avvocato.
Merlin decide di rispondergli. E di rispondergli la verità. Beh, una parte...
- È che stavo pensando che questa potrebbe essere l’ultima volta. Noi due, questa casa, la nostra tradizione... In futuro potrebbe essere difficile riuscire a tornare qui insieme... Mr. “Sto per diventare un importante avvocato di New York”. –
- Oh, senti chi parla Mr. “Non vedo l’ora di partire per il mio viaggio intorno al mondo!”... –
- Touché... – Gli dice Merlin, la voce dolce, un po’ colpevole. Non ha mai pensato che Arthur potesse sentirsi ferito dal suo desiderio di partire. Ecco perché si sente in dovere di precisare: - Il mio viaggio al momento non è altro che un sogno... Sei tu quello che partirà... –
E avrebbe tanto voluto non suonare così amareggiato dicendolo.
- Sicuro di non poter chiedere a tuo padre di lasciarti fare il praticantato qui? Chi si occuperà di te a New York? Ho paura che già dopo una settimana tornerai piangendo alla mia porta... –
Non è la prima volta che scherzano così tra loro, perché quando parlano di New York, Merlin non può fare a meno di profetizzare rovina e sventure... E di chiedergli di restare.
- Una settimana? Non durerò tre giorni senza di te! – Gli risponde Arthur, e poi, facendosi improvvisamente serio aggiunge: - Io non voglio andarmene... Se potessi resterei. –
Ed il discorso si chiude sempre così, con un Arthur sinceramente dispiaciuto ed un Merlin che si sente una carogna nel fargli pesare quella grande opportunità.
Perché naturalmente Arthur DEVE partire. Così che New York possa innamorarsi di lui.
- Potresti venire con me... – Questa è nuova. - Potresti farmi da assistente! – E l’idea, chissà perché, sembra divertirlo un mondo...
- E passare tutto il giorno a correre su e giù per farti le commissioni, ventiquattro ore su ventiquattro sempre a tua disposizione? No grazie... – Ed è terribile che invece quell’idea non gli dispiaccia affatto. Dice sul serio? Vorrebbe davvero che lo seguisse a New York?
- Perché... Non lo fai già? –
Il sorriso di Arthur è anche troppo compiaciuto. Ebbene sì, può capitare che Merlin prenda i suoi messaggi, porti a lavare la sua macchina e ritiri le sue camice in tintoria... Ma è solo perché Arthur è sempre così impegnato, tra l’università e suo padre, mentre lui è già abbastanza avanti negli esami, e non c’è niente di male a dare una mano e ad essere gentile, dato che vivono insieme.
Arthur dovrebbe dire grazie, e non certo gongolare!
- Comunque penso che potresti aver ragione sai... Riguardo questo weekend. Potrebbe essere davvero l’ultima volta, almeno per un po’... – aggiunge Arthur piano.
Ed è come se il pensiero l’avesse colto solo allora, ed in realtà è più che normale, perché non è assolutamente da Arthur preoccuparsi di quello che deve ancora venire.
Quindi Merlin lo vede aggrottare la fronte, come se quell’idea proprio non gli piacesse, e piegare la bocca in quella sua smorfia strana di quando deve mandar giù qualcosa che sa di non poter evitare, una smorfia buffa ma allo stesso tempo stoica, che risale a quando erano piccoli e la tata di Arthur lo costringeva a mangiare le verdure.
A Merlin è sempre piaciuta quell’espressione.
Perché è una delle cose che rendono Arthur... Arthur.
- Se così deve essere... Cerchiamo di far durare quest’ultimo viaggio il più a lungo possibile! Che ne dici? – Arthur è davvero incredibile. Mai che si lasci scoraggiare da nulla.
- Arthur... Noi partiamo domani. –
- Ma adesso siamo ancora qui no? – Gli risponde lui con un gran sorriso.
Disarmato come al solito dalle sue parole, Merlin lo guarda, lo guarda e basta, perché quando Arthur gli sorride così è davvero difficile fare altro. Guarda i suoi occhi luminosi, il suo sorriso che non vuole saperne mai di spegnersi, e sente d’amarlo come mai prima.
- Sì Arthur, adesso siamo ancora qui. –

* * *

Qualche ora più tardi, Merlin si ritrova con le mani fermamente serrate intorno a dei ciuffi d’erba e gli occhi fissi alle stelle, a desiderare con tutto se stesso di essere ovunque a parte lì.
Lui e Arthur sono restati vicino alla riva a parlare per un’eternità, tanto che la notte si è fatta più scura e l’umidità si è chinata sulla loro pelle fino a sfiorarla, facendoli rabbrividire col suo respiro.
Merlin è rimasto a lungo fermo, paralizzato persino nei pensieri, a contare i respiri di Arthur che si è addormentato mentre gli parlava, un braccio piegato sullo stomaco, l’altro steso verso Merlin, il palmo della mano rivolto in su, ad una spanna dal suo viso.
A Merlin sembra quasi di percepirne il calore, anche da quella distanza.
Una strana inquietudine gli è scesa sul cuore.
Le parole di Arthur, quelle con cui gli aveva confermato che quella, almeno per un po’, sarebbe stata veramente la fine di tutto, erano cadute come neve ad attutirgli il cuore, zittendolo, spaventandolo, facendolo sentire solo.
Si era aspettato che lui negasse, che gli dicesse che tornare da New York sarebbe stato uno scherzo, che tempo per loro ce ne sarebbe sempre stato... Invece Arthur si era detto d’accordo con lui.
Non aveva protestato, non aveva ribattuto... E già questa di per sé era una novità.
Sarebbe veramente cambiato tutto.
Lo sapeva da tempo ma pensarlo non gli aveva mai fatto così male.
Non come il sentirlo dalle sue labbra.
Guarda le dita della mano di Arthur abbandonate sul terreno freddo, il braccio forte e affusolato, il profilo troppo bello che punta al cielo, sfidando la notte come una lama.
È ridicolo.
In tutti quegli anni, è convissuto con la sensazione che Arthur vivesse ad una distanza che lui non avrebbe mai potuto colmare, che pur dividendo lo stesso appartamento, la loro vicinanza fosse solo illusoria, che Arthur non fosse mai veramente con lui, troppo distante per poterlo avere, sentire, toccare.
Invece in quel momento, guardando quel braccio steso verso di lui, per la prima volta si rende conto che non è così, che Arthur è lì, a meno di un metro, vicino come forse non sarà mai più, e Merlin non sa bene perché questo pensiero lo spaventi tanto, perché gli sembri così subdolo e pericoloso, né sa spiegarsi l’improvviso bisogno che prova di alzarsi di scatto e fuggire, mille miglia lontano, o perché anche solo pensare di staccare gli occhi dal suo viso gli risulti così difficile da sfiancargli il cuore.
Merlin è così stanco di combattere quell’amore.
Negli ultimi anni gli sembra di non aver fatto altro.
E a volte, si dice, quando fai qualcosa per tanto tempo, finisci per perderne di vista la vera ragione, il motivo che all’inizio ti ha spinto in quella direzione.
E allora arriva una notte come quella, in cui quella ragione non la vedi neanche più.
Ci sei solo tu con accanto quello che vuoi, e nient’altro che possa fermarti.
Si volta di nuovo verso Arthur, come attirato, e all’improvviso è come se avesse freddo, ma sono i suoi stessi pensieri a farlo tremare. Perché non sembrano appartenergli. Perché lui non è così.
Eppure...
Solo una volta, si dice.
Anche se è folle.
Una volta soltanto.
Anche se è un errore.
Per non tornare a casa con niente in mano. Per non vivere tutta la vita chiedendosi “E se...?”.
Perché quelle labbra che non saranno mai sue lo chiamano e gli fanno paura.
Perché è come se fossero sporche del suo nome.
Perché così addormentate sono troppo belle, e lui non ha la forza di allontanarsene.
E perché Merlin vuole baciarle, da sempre.
Sempre.
Sempre...

Trovare il coraggio di muoversi però, è davvero tutta un’altra storia.
Merlin si mette a sedere e già gli sembra incredibile di essere arrivato fin lì.
Tutto ciò che tocca, tutto ciò che vede, persino ciò che pensa si trasforma in rumore, riecheggia nell’aria come il suono di una campana.
Fa rumore l’erba sotto la sua mano, il fruscio dei jeans contro il terreno, gli alberi, il suo respiro, il cielo, tutto... Perfino i sogni di Arthur, nascosti dalle palpebre chiuse.
Merlin cerca il suo viso, quei capelli biondi che la notte non osa spegnere.
Non guarda altro, non pensa ad altro, perché adesso basterebbe davvero un soffio di vento per farlo arretrare.
O invece no.
Forse si sbaglia.
Perché gli ci sono voluti quattro anni per arrivare a tanto da quel viso.
E allora no, non basterebbe il vento, come non basta la paura, come non basta la ragione.
E comunque, si dice, arrivati a quel punto, servirebbe coraggio anche per tirarsi indietro.

Poggia una mano accanto al viso di Arthur. Il terreno gli punge il palmo e Merlin pensa che, quando si chinerà su di lui, quel pietrisco affilato farà ancora più male, ma anche il dolore è poca cosa, perché Arthur è lì che dorme, e Merlin non l’ha mai guardato così a lungo e da vicino, come se potesse farlo, apertamente, senza scuse.
Solo perché vuole. Solo perché ne ha bisogno.
Ed è così tremendamente ingiusto... Perché nessuno potrà mai amare Arthur quanto lui. E nessuno lo capirà allo stesso modo. E nessuno se ne prenderà cura come lui non smetterà mai di fare.
E questo Arthur dovrebbe capirlo.
Dovrebbe capirlo accidenti a lui...
Dovrebbe vedere.
Invece quell’idiota continua a vivergli dolorosamente accanto, allegramente al buio, e a sorridergli con quelle labbra per cui prima o poi, Merlin lo sa, perderà la ragione.
Ed allora meglio prenderle adesso si dice, prima che lo facciano impazzire, come una piccola vendetta di cui Arthur non soffrirà mai.
Il respiro di lui lo sorprende a metà strada.
Merlin non si era neanche accorto di essersi mosso davvero.
Il suo volto ora è talmente vicino che può vederne le piccole rughe agli angoli della bocca e la pallida cicatrice rimastagli sulla guancia dopo un litigio con Morgana, lì dove le sue unghie da gatta non avevano voluto sentir ragioni.
Merlin conosce quella cicatrice, perché era lì quando Arthur se l’è procurata, è stato lui a metterle sopra un cerotto e poi ad impedire ad Arthur di tormentarsi la ferita non ancora chiusa, così che non restasse troppo il segno.
Ed Arthur aveva smesso di farlo, anche se bruciava da morire, solo perché gliel’aveva detto lui. Perché si fidava delle sue parole.
A quel pensiero Merlin si ferma a mezz’aria con un tuffo al cuore, esitante.
In colpa.
Per un attimo gli occhi di Arthur, inconsapevoli, fiduciosi, fanno capolino nei suoi pensieri.
Cosa direbbe Arthur, se si svegliasse ora?
Se quelle palpebre che tremano appena si spalancassero a due centimetri da lui?
Sarebbe sorpreso? Confuso?
Lo spintonerebbe forte, facendogli male... Gridandogli contro... Abbandonandolo lì?
Oppure lo guarderebbe e basta?
Ferito. Deluso.
Come sarebbe allora affrontare quegli occhi?
Non avere dove nascondersi?
Non poter più mentire?
E allora Merlin prega che Arthur si svegli, perché forse sarebbe meglio che lo scoprisse così.
In flagrante, atterrito, disperato, onesto, innamorato...
Così lo vedrebbe per ciò che è davvero.
Arthur finalmente saprebbe, e dovrebbe accettarlo così com’è. Oppure no.
Arthur però non si sveglia.
Come se avesse deciso di non capire, di chiudere forte gli occhi per non dover poi rinunciare a lui.
E allora al diavolo Arthur.
Al diavolo tutto.
E al diavolo anche lui.
Merlin impreca a mezza voce tra i denti, bruciando in un respiro l’aria tra loro, e con un solo gesto avvicina la bocca a quella di Arthur, coprendola con la propria come per nasconderla, proteggerla da tutto tranne che da sé.
Arthur nel sonno sussulta appena, e per un morbido secondo tutto sembra giusto e in pace e perfetto.
Perché all’improvviso Arthur non è più solo un profumo ma un sapore, ed il rosso di quelle labbra è vivo e così sfacciatamente caldo e salato e suo...
Allora gli sembra di stare per cadere, di esser condannato a precipitare ad occhi chiusi in quella sensazione, senza sperare di salvarsi, perché già sa che quel bacio sarà la sua fine, perché gli si aggrapperà al cuore, lo trascinerà con sé nel vuoto e finirà per fargli male.
Però questo non lo ferma, non è abbastanza, perché Arthur è seta contro di lui, perché quelle labbra che ha visto ridere, cantare e mentire, ora vorrebbe solo schiuderle piano, assaggiare il respiro di Arthur fino a non distinguerlo più dal suo, farlo sussultare sussurrando il suo nome e poi zittirgli la voce sfregandola tra i polpastrelli... Mordergli il cuore fino a segnarlo, come suo, per sempre.
Poi, in un attimo, l’incanto scompare.
Le labbra di Arthur rimangono addormentate contro di lui, le mani ancora a terra, i pensieri lontani.
La ragione torna da Merlin trasportata dal vento freddo del lago, in un solo brivido gli corre lungo la schiena, togliendo a quel momento il suo calore.
Tutto all’improvviso gli sembra solo molto stupido, doloroso, umiliante.
Arthur non è lì.
Il suo cuore non è lì.
Merlin è solo, a trattenere tra le labbra l’eco amaro di un gesto insensato e vuoto. Un senso di vergogna a ridergli in faccia.
Muoversi ora è più una necessità che altro.
Aprire gli occhi, alzare il viso, distogliere lo sguardo, sforzarsi di respirare... Qualunque cosa pur di scrollarsi quella follia di dosso, quel minuto che sembra intenzionato a cambiare tutto di loro due.
Merlin rotola veloce su un fianco, tornando a guardare il cielo, allontanandosi da quel corpo da cui ora vorrebbe solo scappare.
Non sbatte neanche le palpebre, perché spera che forse, se resta perfettamente immobile, quel brutto sogno non lo vedrà, passerà oltre, ed allora sarà come se non fosse accaduto nulla, e quel dolore indistinto, diffuso, sottile... Che gli sta piovendo addosso come una tempesta, passerà presto... Perché ciò che sente, così lacerante da strappargli il cuore, non è il suo bisogno di Arthur che grida, non è la sua pelle che prega per toccarlo ancora o i suoi occhi che bruciano d’imbarazzo e d’amore.
Quel gesto non significa niente, non cambierà niente, ed anche quel groppo in gola, se lo ignora abbastanza a lungo, se ne andrà, non riuscirà a toccarlo. Come quegli stupidi bambini all’asilo.
Merlin allora serra forte gli occhi, premendo la guancia sull’erba fredda e sente qualcosa rimandargli indietro il respiro.
È la mano di Arthur, ancora abbandonata ad un passo dal suo viso.
Come se davvero il tempo avesse avuto pietà di lui.
Come se fossero davvero tornati ad un minuto fa.
Perso, senza più nessun orgoglio, Merlin poggia piano la nuca in quel palmo aperto, come avrebbe dovuto fare prima, quando aveva sentito imperante il bisogno di toccarlo... Le dita di Arthur tra i suoi capelli neri.
Sembra quasi che Arthur lo stia confortando e Merlin, grato, si promette che quello è il solo contatto che si permetterà mai più.
Quello che Arthur gli regala così spesso.
Il solo che avrebbe dovuto conoscere.
Solo allora Merlin piange, per la prima volta, chiudendo piano gli occhi al calore di una carezza che l’altro non ricorderà.
Le sue lacrime cadono lente sul polso di Arthur ma non se ne cura.
Lascia che sia l’aria della notte ad asciugarle, silenziosa, soffiando su quell’amore come su una candela.

* * *

Seduto in macchina accanto ad Arthur sulla via del ritorno, Merlin guarda il profilo del lago sapendo che non tornerà mai più.
Ciò che temeva solo due giorni prima ora gli sembra più che mai una benedizione.
Un altro anno e Arthur se ne andrà a New York.
E Merlin non farà nulla per trattenerlo.
Non sarà triste, non farà storie, non farà battute, per Natale gli regalerà persino un set di valigie, così che il messaggio arrivi forte e chiaro.
Arthur non capirà, e forse gli sembrerà strano che lui non gli chieda più di restare, ma ormai a Merlin non importa più che Arthur capisca.
Vuole solo che se ne vada.
Vivere insieme era stato un errore, quel viaggio era stato un errore.
Perché avevano solo fatto sì che Merlin dimenticasse la cosa più importante.
Arthur era il suo migliore amico. Lo sarebbe sempre stato.
E non sarebbe mai stato altro.
Almeno quel bacio era servito a qualcosa, come uno schiaffo in pieno viso, di cui avrebbe portato i segni.
Lui voleva salvarla quell’amicizia.
A qualunque costo.
Tornati a casa, avrebbe preso ciò che provava per Arthur e l’avrebbe chiuso nella scatola rossa accanto al suo letto, stipato con l’altro suo sogno. L’avrebbe lasciato lì, senz’aria e senza luce, fin quando non fosse stato in grado di sollevare il coperchio e non trovar più traccia di quell’amore.
Poteva farlo.
Doveva farlo.
Anche se guardando il profilo sorridente di Arthur acceso contro il tramonto, dirsene sicuri era davvero scommettere contro il destino.
Merlin alza gli occhi al cielo guardando le nuvole che corrono via senza neanche salutare.
Arthur, come al solito, guida troppo veloce.
Merlin allunga lo sguardo al contachilometri, cercando di non farsi scoprire, ma Arthur lo conosce troppo bene ed è già lì, pronto a ridere di lui.
- Non dire una parola! Tu hai perso ogni diritto di commentare quando mi hai detto di esser troppo stanco per guidare! Oggi sono io al comando! –
- Sì, ma ciò non toglie che io vorrei tornare a casa tutto intero! –
Arthur gli sorride fingendosi scandalizzato, poi il suo sguardo si addolcisce, tingendosi dell’affetto per lui.
- Merlin, sinceramente, pensi che lascerei mai che ti accadesse qualcosa di male? –
Merlin lì per lì non gli risponde, poi, intenerito, mormora qualcosa che somiglia tanto a un no, e finge di mettersi a dormire, pensando che nessuno che sia già così bello dovrebbe essere anche così dannatamente adorabile.
Perché la sua sola esistenza fa saltare inevitabilmente tutti gli schemi.
E allora non è affatto una sfida leale.
Scoraggiato, incrocia le braccia sul petto, stringendosele forte al corpo.
Sarebbe stato un anno difficile.



 

Ok, il nostro Merlin ha sbagliato storia e per un attimo ha creduto di essere ne “La Bella Addormentata”. Del resto Arthur era sia bello che addormentato, quindi come dargli torto? Poteva capitare a tutti!
Purtroppo per lui però, quel bacio non gli ha fatto guadagnare il suo principe ed un regno, gli ha solo procurato un brusco risveglio, uno di quelli che di solito vengono seguiti da un mal di testa da guinness dei primati.
Merlin all’inizio del capitolo di sente forte, si sente tranquillo, e pensa di riuscire a gestire tutto: il suo amore a senso unico per Arthur, la loro convivenza, il fatto che tra meno di un anno lo perderà... Merlin si sente al sicuro, e non ha tutti i torti, perché in fin dei conti il suo cuore è stato messo alla prova tante volte, eppure è sempre riuscito a tirare avanti, se n’è sempre fatto una ragione, destreggiandosi anche con un certo stile.
Ma continuare a soffrire stoicamente in silenzio come nella miglior tradizione romantica, non è da considerarsi un piano a lungo termine perché, per forza di cose, la pazienza prima o poi arriva al suo limite, il dolore trova una sua valvola di sfogo, e alla fine viene tutto fuori all’improvviso, senza che la razionalità abbia molta voce in capitolo.
In questo caso si è trattato di un bacio rubato (a proposito, amici a casa, non imitate Merlin, non si fa! Non è bello!) a cui Merlin ha ceduto sull’onda del momento, vittima di alcune circostanze (il lago, le parole di Arthur, il ritrovarselo lì addormentato, la paura di perderlo, la consapevolezza di doverlo lasciar andare...), però poteva essere qualunque altra cosa: un bacio dato quasi con rabbia durante un litigio, una dichiarazione onesta e improvvisa mentre guardavano la tv sul divano, una scenata di gelosia che da parte di un amico non avrebbe veramente avuto senso... La verità è che Merlin avrebbe potuto tradirsi in mille modi diversi.
La sua convivenza con Arthur era un disastro annunciato fin dall’inizio ed ora lo sa anche lui, perché la via di mezzo spesso è una buona soluzione, ma quando si tratta d’amore, non è mai una buona scelta.
Detto questo, spero che le mie note finali non vi abbiano troppo annoiato e che il capitolo, tragedie a parte, vi sia piaciuto!
Vi abbraccio ancora tutti per l’affetto che avete dimostrato per questa storia! Grazie di cuore!
See you soon!

Sofy

Ed ecco le solite anticipazioni!

 

Quindi deve dirglielo adesso.
Deve allungare il braccio e fermarlo dall’aprire la porta.
Deve far sì che resti ad ascoltarlo.
Il biglietto aereo, quello che ha rubato dal comodino di Arthur quella mattina, brucia come una torcia nella tasca interna della sua giacca.
Merlin vi poggia sopra una mano, come per darsi coraggio, come a dirsi che se fosse andata davvero male, avrebbe sempre avuto un posto dove fuggire.
Poi prende un gran sospiro e si costringe a guardare Arthur negli occhi.

* * *

Il messaggio non sarebbe potuto essere più chiaro.
Era una grande freccia a neon che diceva “Non Interessato” puntata al cuore di Merlin per farlo scoppiare.
Puff.
Ed ora lui parlava di un anno difficile...
Non c’erano speranze, Arthur era un somaro fatto e finito e non aveva mai capito niente.
Non avrebbe mai capito niente.
L’unico modo affinché capisse era...


 

  
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