Capitolo III - Let me wrap you in my warm and tender love
“Stordita, vuoi ancora un po’ di pollo?”
Mia madre, con la sua solita innegabile
dolcezza, agitava la mano convulsamente vicino al mio polso, per afferrare il
piatto ancora colmo di cibo. Era ovvio che la sua era una domanda retorica; non
aspettava di certo una mia risposta.
“Se proprio insisti…” Veloce come un fulmine
rubò il mio piatto, sparendo in cucina sotto lo sguardo rassegnato degli uomini
di famiglia.
“È peggiorata.” Mi sussurrò mio fratello
Leonardo, toccandomi dentro più volte col gomito. “Da quando vivi da sola, ha
alimentato delle strane teorie sul tuo «non saper vivere». Quando le spieghiamo
che non hai più tre anni?”
Scoppiai a ridere seguita prima da lui e subito
dopo da mio padre che, come al solito, scuoteva la testa sconsolato, quando si
trattava di star dietro a mia madre.
Amore
e sopportazione, vecchio mio. Adoravo prenderlo in giro con quella frase,
quando sbuffava spazientito dopo due round di teorie e discorsi sulla vita. Dai
quali, sia chiaro, usciva sempre sconfitto: ovvio, mia madre doveva ed esigeva sempre l’ultima parola.
D'altronde la caparbietà e il non saper perdere
li avevo chiaramente ereditati da quella pazza donna biondiccia, nana e
paffutella.
Nonostante le sue strane fisse e i nostri
consueti battibecchi del pranzo domenicale, era impossibile odiarla. Sia per
me, ma soprattutto per mio padre che - a dirla tutta - l’adorava segretamente anche
quando professava di “odiarla”.
Quei due si amavano in segreto ancora come due
adolescenti un po’ cresciuti; ridevano e si baciavano di nascosto nei corridoi,
dietro ogni angolo e mobilio disponibile.
Ironia della sorte, aggiungerei : famiglia Amore
di nome e di fatto.
“Che avete voi tre da confabulare?” Sbuffando e
litigando con un ciuffo ribelle di capelli sfuggito dalla coda disordinata, Rossella
Amore riportò trotterellando il piatto alla sua esile e fin troppo deperita
figliola.
Come se le diete e l’abbonamento in palestra
fossero solo un cavillo insignificante per la mia vita, ovviamente.
“Mangia, dai. Mi sembri più pallida del solito.”
Roteai gli occhi e lasciai morire il discorso,
ringraziando mentalmente Leo che ricominciò a parlare di sé. Esibizionista,
scansafatiche e disorganizzato fino al midollo: questo era mio fratello.
Biondiccio, barbetta dai lui stesso definita “arrapante”, alto come una pertica
e tatuaggi disseminati qua e là dopo il suo periodo da bad boy (che all’età di
32 anni, ancora non era finito) questo era Leonardo Amore.
Con questa descrizione potrei tranquillamente
descrivere un ragazzaccio poco cresciuto che frequenta solo pub e centri
sociali, ma, in realtà, mio fratello era un giovane avvocato affiliato ad uno
dei più prestigiosi studi di Milano. Lavorava lì ormai da sei anni, dopo
essersi laureato con la lode in una delle università più prestigiose della
città.
Chi lo vedeva in giro nei suoi pochi giorni
liberi, non gli avrebbe nemmeno dato un po’ carta straccia da tutelare in
tribunale. Ma, come amo spesso ripetere, l’apparenza inganna e anche molto,
visto che Leo è una delle persone più belle e preparate che abbia mai
conosciuto. In realtà, se proprio devo essere sincera, non eravamo davvero
fratelli di sangue. Leonardo era in realtà figlio di mio zio Giuseppe Amore,
fratello maggiore di mio padre, che insieme a mia zia, morì in un brutto
incidente stradale quando Leo aveva solo otto anni. Da allora i miei decisero
di adottarlo – io avevo solo un anno all’epoca – e per me sarà sempre il
miglior fratello che potessi desiderare.
Ci volevamo così tanto bene forse perché la vita
ci aveva privato di tante gioie scontate per la maggior parte dei nostri
coetanei.
Io vivevo una vita infelice a causa dei limiti
mentali che io stessa avevo creato e cementificato nella mia mente da troppi
anni; Leo invece sentiva da sempre una mancanza dentro il suo cuore, per quella
famiglia troncata sul nascere che non aveva potuto vivere e assaporare nei
momenti del bisogno. Noi c’eravamo sempre stati, tanto che per lui Vincenzo e
Rossella Amore erano “papà e mamma” non “zio e zia”. Però, anche se non me
l’avrabbe mai detto apertamente, sentivo che ricercava l’anima gemella in
continuazione, per riempire quel profondo buco nero che aveva rischiato di
inghiottirlo più e più volte. Voleva una famiglia; voleva donare tutto l’amore
possibile a delle creature che avrebbero avuto un destino migliore del suo.
“Smettila di pensare così tanto che ti fa male.”
Un occhiolino e una leggera carezza sul braccio, mi fecero ritornare sulla
terra, ricambiando il sorriso furbo del mio fratellone.
“Quindi ti hanno affidato una nuova allieva?”
Io e Leo avevamo deciso di andare a fare un giro
a Como, nel pomeriggio, visto che il caldo stava decisamente arrivando e una
passeggiata sul lago era proprio quello che ci voleva per prepararci ad una
settimana di stress e corse nella City.
Era bello il mio fratellone; sembrava che i suoi
lunghi capelli biondi attirassero tutti i raggi solari presenti nell’aria.
Senza contare lo splendore dei suoi occhi azzurro cielo che mandavano tanti
cuori in visibilio.
Ero fortunata ad essere una delle poche donne
della sua vita che sarebbe rimasta per sempre.
“Sì, è una studentessa di Beni Culturali che ha insistito
talmente tanto per venire a fare uno stage da noi, che il mio capo non ha
potuto dirle di no. È una forza, mi piace un sacco.”
“Ah sì? È carina?”
Risi, scuotendo la testa rassegnata. “Sì, molto.
Non è la solita figa di legno
milanese. Viene dalla provincia e ha la spensieratezza e la bellezza dei suoi
21 anni. Sai cosa? Sembra anche più piccola per quanto sia sempre allegra. Invidio
molto la sua energia e positività.”
Leo sorrise malefico, avvicinandosi a me. “Bene,
vedrò di passare un giorno di questi ad osservarla ben benino.”
“Sempre il solito allupato.”
Lui mi prese sottobraccio, fischiettando. “E fiero
di esserlo, sorellina. Ci prendiamo un gelato?” Acconsentii.
“Perfetto, vada per il gelato solo alla frutta,
giusto?”
Leonardo non mi avrebbe mai messa a disagio,
mai. Sapeva delle mie manie e fisse per il cibo, tanto che evitava spesso di
mettermi in scomode situazioni.
Mi portava sempre in ristoranti e trattorie, non
nelle fiere dell’ingrasso e del cibo spazzatura come i fastfood; oppure, se
dovevamo andare a fare shopping, sceglieva modi sempre strani per non farmi
entrare in negozi con taglie da anoressiche/scope da pavimento, sapendo quanto
trovavo triste non potermi comprare un vestito solo per la mancanza di taglia.
Leo era uno dei pochi uomini che amava le donne
in carne. Strano, vero? Amava toccare, assaporare e perdersi nelle donne; così
mi diceva sempre quando mi presentava la fidanzata del momento. Tra l’altro
Serena, la studentessa di beni culturali, era formosa come me… Forse avrei
dovuto presentargliela davvero. Chissà.
“Sempre a perderti nei tuoi pensieri. Che hai
ultimamente? Ti sei innamorata?”
Mi fermai davanti all’entrata della gelateria,
guardandolo male. “Io? Ma figurati, ho già adottato una decina di cani e gatti
per la mia prossima vita da zitella felice.”
Leo mi spintonò, sorridendo, facendosi così
spazio per accaparrarsi i nostri due coni gelato.
Uscimmo decisamente
felici nell’aria frizzantina di quel maggio ancora troppo freddo e piovoso, per
essere davvero un preludio d’estate.
“Quindi a uomini sei messa male? Dai, ma la
finisci di fare la nerd in quell’appartamento del cazzo? Esci, vai a ballare,
divertiti! Hai 25 anni , sei gnocca e simpatica. Sai quanti uomini potresti
avere se solo lo volessi?”
Quasi mi strozzai con il gelato. “Certo, perché
non ci ho pensato prima? Dovrei prendere una macchinetta per l’enumerazione
della mia lunghissima fila di fan pronti a saltarmi addosso.”
“Scema eri e scema rimarrai. La finisci di fare
la quindicenne repressa e obesa? Sei bella e non sei più grassa. Bella!
Bellissima, ecco!”
Scossi la testa, totalmente in disappunto con il
pensiero di Leo. Lui non avrebbe mai capito cosa volesse dire venire derisi e
additati perché non si pesava cinquanta chili.
“Elis.”
Ovviamente, quando la situazione si fa scomoda e
difficile, non lo è mai abbastanza se non si complica ancora di più.
La fonte dei miei mali era seduta scompostamente
su una panchina, intenta a guardarmi in
modo strano.
“Ma mi perseguiti?”
Leo si fermò al mio fianco, proprio di fronte a
Michele che si era appena alzato, esibendo tutta la sua altezza. Era alto come
mio fratello, incredibile. Solo in quel momento me ne resi conto. Per la prima
volta in vita mia i miei 1,75 di altezza, mi sembravano considerevolmente
pochi.
Erano due grattacieli quei due.
“È per caso un maniaco, Lì?”
Non fu un caso che Leo utilizzò proprio il mio
nomignolo che usavano i miei amici intimi e la mia famiglia fin quando ero
piccola di fronte a Mich; stava innalzando le sue barriere di difesa,
proteggendomi da un barbone scapestrato e con uno sguardo poco raccomandabile.
Anche qui l’apparenza inganna; agli occhi di
Leo, Mich sembrava solo un ragazzo di strada, sporco e con cattive intenzioni.
Quanto odiavo tutta quella superficialità che la società continuava a gettarci
addosso: se solo Leo avesse saputo quanto buono e dolce era stato Mich salvandomi
da me stessa, solo un mese prima.
“No, non sono un maniaco. Giuro che non ho mai
avuto cattive intenzioni con la tua ragazza.”
Mi guardava quasi pregandomi di lasciare il
braccio di Leo, per avvicinarmi al suo.
“No, aspetta. Che ragazzo? Sono suo fratello. E
tu chi minchia sei?”
Eccolo che Leo si stava già surriscaldando.
“Leo, calmati. Mich è un mio amico, ok?”
“Fratello. Ah, scusa.” Ma dopo
quell’affermazione, non lo guardò nemmeno più, concentrandosi solo su di me.
Sulle sua labbra ritornò il solito sorriso cordiale ed impertinente, facendomi
sciogliere qualcosa nel petto. “Sono stato un coglione, vero? Come stai, Elis?”
Leo mi guardò con fare confuso. “Elis?”
“Sì, lunga storia. Poi ti racconto Leo. Mich è
un ragazzo che mi ha… dato un… ecco, un’indicazione quando sono venuta qui il
mese scorso. Mi ero persa.”
La bugia peggiore della mia vita. Incrociai le
dita mentalmente, per averla resa almeno un minimo credibile. Mich nascose un
sorriso dietro la mano, per non farsi cogliere in flagrante da mio fratello. Che infame! Invece di aiutarmi… Povera me.
“Un’indicazione nel centro di Como? Ma se
veniamo qui fin da bimbi. Vabbè, ho capito, signorinella. Vado a farmi un giro.
Ci becchiamo in stazione tra un’oretta, ok?”
Indicò con due dita prima i suoi occhi e poi i
miei, per farmi capire che “mi teneva d’occhio”. Sicuramente mi aspettava una
bella chiacchierata condita di particolari sul treno.
“Grazie, eh!” Mi voltai quando Leo attraversò la
strada e sparì in direzione del Duomo di Como, lasciandomi sola con quel
deficiente di Michele.
L’avrei ucciso. All’istante.
“Scusami, che ne sapevo io che era tuo
fratello!”
Mi avvicinai puntandogli un dito sul petto.
“Potevi avvicinarti in modo diverso, magari mio fratello avrebbe evitato di
arrabbiarsi.”
Lui fece spallucce, continuando a sorridere come
un bambino. “Secondo me si sarebbe arrabbiato comunque. Ho sentito dire che i
fratelli maggiori tendono ad essere possessivi e gelosi nei confronti delle
loro sorelline… Ma so anche che non gli avrei fatto comunque una bella
impressione. Sono un po’ trasandato, che dici?”
Ironia pungente: non poteva mai mancare con lui.
“Beh, vivi per strada, Einstein…”
“E a te non da fastidio.”
Fece un altro passo verso di me, invadendo il
mio spazio personale. Ma io non mi mossi, lo fronteggiai con determinazione.
“Era un’affermazione, quindi non ti serve una mia risposta.”
Mich sorrise di nuovo, scuotendo la testa. “Mi
serve eccome. Siamo amici, no?” E l’occhiolino che mi fece, mi mandò
direttamente sul pianeta Imbarazzo.
Ma che diamine aveva?
“Ci..” Deglutii, quando nella mia mente si
materializzarono le parole che stavo per pronunciare. “Ci stai provando con
me?”
Il suo sorriso si spense, come lo strano
luccichio del suo sguardo. “Ma no.” Prese una pausa come se stesse pensando a
chissà che cosa. “Facciamo una passeggiata o vuoi ritornare subito da tuo
fratello?”
Che cosa avevo detto? Ok, forse il verbo
“provare/rimorchiare” era proibito per Michele.
“Sei gay, scusa?”
Boccuccia
di rosa, finiscila di sparare scempiaggini!
Perché non me ne stavo mai zitta?
Il mio accompagnatore di risposta mi offrì la
sua mano, che - per un motivo ancora a me sconosciuto – accettai, iniziando così
a camminare insieme a lui lungo la passeggiata.
“No, non sono gay. Credo invece di aver
raggiunto ormai la pace dei sensi.”
Strabuzzai gli occhi, scoppiando a ridere. Lui
però non mi seguì, facendomi pietrificare all’istante. Era serio.
“Dici davvero? Ma hai 29 anni… È assurdo.”
Si voltò sorridendomi con amarezza. Cos’era
quell’improvvisa tristezza?
“Ho chiuso con le relazioni da un po’ di anni.
Amo la mia solitudine; sono un lupo solitario che vive contando solo su se
stesso.”
“Allora perché mi stringi la mano?”
I suoi occhi si posarono prima sulle nostre mani
e poi nei miei occhi. “Perché è bello. E non si dice mai di no alle cose
belle.”
Non capii del tutto il suo ragionamento, ma –
come aveva detto poco prima lui stesso – eravamo amici che condividevano
piccoli segreti, proprio come si faceva all’asilo.
Non c’era nulla di male nel tenersi per mano, in
mezzo alla folla, come una coppia.
Lui aveva raggiunto la pace dei sensi ed io ero
una zitella in erba… Insomma, eravamo la coppia meno pericolosa del globo.
“Le cose belle fanno anche male, lo sai?”
“A volte è bello correre il rischio.”
Seguendo le sue parole, intrecciò le sue dita
con le mie, stringendole forte.
Mi sentivo a disagio. Ma… Eravamo amici, quindi
dovevo solo farci l’abitudine. Ecco: abitudine e il nodo che sentivo nello
stomaco sarebbe stato solo un ricordo.
“Oggi sei strano. E non ci stiamo insultando
come al solito.”
Mich localizzò una panchina libera dai turisti e
dai piccioni, trascinandomi su di essa. Colto però da chissà quale pensiero, mi
sollevò di peso senza chiedermi nulla e, appoggiandomi sulle sue ginocchia, si
fermò ad un palmo dal mio viso.
Ci fu un lungo istante di silenzio quando i suoi
occhi mi penetrarono fin dentro ai polmoni, facendomi accelerare il respiro.
“Oggi è una di quelle giornate tristi ed
insignificanti. Ero scazzato, arrabbiato col mondo e poi ti ho sentita ridere
con quel ragazzo. E non so, mi è partito qualcosa dentro e mi è venuto da
sorridere.”
Quel pomeriggio si divertiva davvero a mettermi
in imbarazzo e a farmi arrossire come nessuno era riuscito mai a fare.
“Siamo amici, no? Se vuoi parlarne, io sono qui.
E non posso nemmeno muovermi, visto che sono bloccata contro la mia volontà.”
Michele sorrise leggermente, facendo increspare
le piccole rughe intorno agli occhi. Era dannatamente espressivo quel ragazzo;
sapeva comunicare i propri sentimenti solo con lo sguardo.
Stregata dai suoi profondi occhi blu, non mi
accorsi che liberò una delle sue mani dalla mia gamba, per accarezzarmi una
ciocca di capelli.
“Niente di che. Oggi è venuta a trovarmi una
persona che non mi sta molto simpatica. Continua a pretendere qualcosa che non
posso dargli e mi fa arrabbiare il fatto che, nonostante tutti i miei no,
periodicamente torna a cercarmi e ad asfissiarmi con le sue richieste. Tutto
qui; non è niente di che, in realtà, ma odio sentirmi ogni volta così. Perché
nonostante le mostri indifferenza, non le sono indifferente. Perché la rabbia è
figlia di un amore vissuto e finito male, quindi è comunque un sentimento.
Vorrei non provarne nei suoi confronti, ma non ci riesco.”
Appoggiò la sua testa contro la mia spalla, come
se quella confessione gli pesasse come un enorme macigno sulle spalle. Non
avevo mai visto Mich così avvilito e triste.
“Era la tua ragazza?” Nonostante avessi pensato
decine di cose da dirgli per risollevargli l’umore, l’unica cosa che riuscii a
dire fu solo quella. Sei così superficiale,
Alice.
“Niente del genere.”
“Allora lascia che il tempo curi le tue ferite,
rendendoti meno arrabbiato e più tranquillo. Vedrai che prima o poi lei
demorderà.”
Non disse nulla, ma lo sentii respirare contro
la mia pelle fresca, facendomi venire la pelle d’oca.
Era la prima volta che consolavo un uomo del
quale conoscevo poco e niente.
Sapevo solo che si chiamava Michele, aveva 29
anni, mani d’artista, ironia pungente e che viveva nei pressi della terza
panchina. Nulla di più. Chi fosse per me era ancora un mistero, ma cominciai ad
intravedere che tutta la sicurezza e la forza che mi aveva mostrato fino a quel
momento erano solo una bella patina lucida, che nascondeva molte ombre ed
insicurezze di un passato non così lontano.
Nonostante sapessi che era sbagliato fidarsi
così tanto di uno sconosciuto, non riuscii a staccarmi da lui. Anzi, arrivai a
stringerlo tra le mie braccia. Anche se la sua posizione doveva essere quella
dominante e protettiva, ero io a sorreggere lui dai suoi stessi pensieri che
sembravano logorarlo, respiro dopo respiro.
“Avrei voluto incontrarti prima, Elis. Quando
ero ancora un uomo e non lo spettro di qualcuno che non sono più.”
Sussultai per quelle sue parole sussurrate. La
sua voce era così dolce e fragile in quel momento.
“Questa tua sincerità mi intimorisce, sappilo.”
Lo sentii sorridere contro il mio collo.
“Dovrebbero intimorirti altre cose in questo momento.”
Sussultai nuovamente. “Tipo?”
“L’essere tra le braccia di un uomo che non
conosci. Consolare sempre il sopracitato uomo che sembra tutto, tranne che
raccomandabile. Sono uno sconosciuto, Elis. Non devi fidarti di me.”
Scossi la testa, sorridendo. “Allora lasciami
andare.”
Le sue braccia mi strinsero più forte. “Non
prendermi così alla lettera.”
Risi per l’assurdità di quel momento, per le
parole di Mich e, soprattutto, per me stessa.
Ero stupida, vero, ma in quel momento mi sentivo
felice come non succedeva da tempo. Mi sentivo utile e importante per qualcuno,
anche se era un momento particolare e probabilmente irripetibile. Ma, cavolo, ero
così… immensamente… felice.
“Ti batte forte il cuore, piccola Elis. Non è
che ti sto spaventando?”
Esattamente
il contrario, Mich. Ma quel pensiero lo tenni gelosamente per me.
“Figurati, solo che l’aria si sta facendo più
fresca e dovrei proprio tornare a casa.”
“Scappi via, eh?”
Sorrisi, sciogliendo l’abbraccio. “Devo andare
davvero.”
Lui ricambiò flebilmente il sorriso, come se
avesse capito che la mia era solo un’inutile scusa. “Allora…Ciao. Ci rivedremo,
vero?”
Tutta quell’insicurezza mi faceva così tanto
paura e non capivo minimamente il perché.
Era come se trasmettesse a me le sue stesse
sensazioni ed io ero la regina della fuga quando si trattava di situazioni
difficili ed insostenibili.
Come avrei potuto riguardarlo in faccia dopo
tutta quella strana intimità che si era insinuata tra di noi?
Com’era possibile affezionarsi ad una persona
che avevo visto solo tre volte e di cui non sapevo praticamente nulla?
La testa mi scoppiava e mi sentivo come
intossicata dalla sua presenza. Per quanto mi avesse reso felice la sua
vicinanza, allo stesso tempo mi aveva intimorito perché non sapevo gestirla.
Ci salutammo con un altro abbraccio ed io corsi
per prendere il treno prima di quello concordato con Leo, inventando una scusa
per non fare il viaggio con lui.
Mi sentivo confusa e disorientata; solo una
bella dormita avrebbe potuto aiutarmi a fare chiarezza.
Non volevo instaurare legami con una persona che
non conoscevo, questo era certo. Avevo sofferto già abbastanza in passato e non
volevo essere il nuovo giocattolino di Michele, solo perché in quel momento lui
aveva solo me per consolarsi.
No. Volevo e meritavo molto di più.
Eppure, quella notte, mentre cercavo di prendere
sonno, l’unica cosa a cui pensai fu il bellissimo sorriso di Mich quando gli
dissi che Leo era solo mio fratello ed il calore della coperta, per la prima
volta in vita mia, assomigliava al calore della pelle di una persona reale. La
pelle calda di Michele.
___________________
Dopo un mese, eccomi tornata! *_*
Sono super mega happy! Ho scritto
tutto il pomeriggio e sono riuscita a postarvi questo capitolo <3
Che ve ne pare?
Spero sia degno di essere letto;
personalmente non lo trovo tanto malaccio. Mi piace questo nuovo Mich, quello
più insicuro e impaurito dalla vita stessa. Però non è facile da gestire,
soprattutto per una ragazza come Alice. Lei è la prima ad essere impaurita
dalle persone e dal loro pensiero… che questo sia un modo per crescere? Magari
fronteggiando le paure di Mich, anche lei può riuscire a trovare un modo per
affrontare e magari sconfiggere le sue. Che dite? Vedremo cosa succederà **
Intanto io vi aspetto nel mio
gruppo per spoilerare e mostrarvi il volto di Leo, come l’ho immaginato io. (il
link è nella mia pagina autore)
Un bacio a chi commenta e
inserisce questa storia nelle preferite/seguite e da ricordare.
Voglio bene anche solo chi legge,
ovviamente :P
A presto, sognatrici <3