Note: Hiiii. Ho pubblicato ieri, lo so, ma dato che oggi ho avuto la mia prima vera insufficienza del liceo e non sto propriamente andando bene, probabilmente non pubblicherò niente per un po'. Voglio dire, preferisco nettamente Dean e Cass come John e Sherly o il Dottore agli accenti greci, ma se sbaglio quelli mi fanno un culo gigantesco, mentre se non scrivo una fanfiction per uno o due giorni i miei non sono altro che contenti. Yowzah. Vorrei tanto raccontarvi la mia giornata orribile ma non penso vi possa anche minimamente interessare, quindi ... beh, se qualcuno vuole parlare (Ah! non vi conviene) io sono praticamente sempre qui, so ...
Va bene, vi lascio andare prima di
Alla prossima :D
Dedica: a Patrizia, che prima mi ha trovato in cucina a piangere e mi ha detto che sono la migliore. Anche se non lo sono, effettivamente, ma è stata tenerissima.
#5 Kissing
La pioggia di meteoriti continua.
La gente esce dalle case, fa foto, torna in casa urlando o si ferma ad osservarla.
Castiel è seduto sul marciapiede e piange.
Piange, sì. Soffre.
Ora è umano, ora può permetterselo; ora non è più un problema mostrarsi debole.
Piange perché sa che quelli non sono meteoriti ma fratelli: quelli sono i suoi fratelli, che ora non si faranno più di certo nessun problema ad ucciderlo.
Lui che una volta pretendeva di essere il capo, lui ha distrutto tutto.
E diamine, vorrebbe morire, farla finita, smetterla di demolire ogni cosa su cui mette piede.
Qualcuno si è seduto di fianco a lui e gli ha messo una bottiglia di birra gelata in grembo.
“Come mi hai trovato?” gli chiede.
“Noi ci troviamo sempre Cass, ricordi?” Dean gli mette una mano intorno alla vita e lo avvicina a sé. “E forse ho fatto qualche ricerca. Insomma, una pioggia di meteoriti? È così triste vederle da soli.” Sdrammatizza.
Castiel sorride cercando di nascondere il nodo che ha in gola e che gli impedisce il respiro.
“Ho finito, Dean. Ho fallito nell’unica missione che avevo. Non ho più niente da fare, qui.” La voce si strozza e deve bere della birra perché fa male, fa così male.
“Castiel”
“No, Dean. Ho distrutto il Paradiso. Preferirei l’Inferno che vedere i miei amici, i miei fratelli cadere uno per uno per un mio errore.”
“Cass, figlio di puttana, ascoltami.” Dean gli prende la testa fra le mani e lo strozzerebbe, potendo, ma sembra un pulcino con quei capelli spettinati e la faccia stropicciata e vorrebbe coprirlo con una coperta e farlo addormentare sulla sua spalla “Ho perso i miei genitori, Bobby, Lisa, Ben e Sam è in condizioni pietose e Dio sa quanto tempo resisterà ancora. Tu sei l’unica cosa che mi rimane. Se mi lasci tu, non avrò più niente. Io ho bisogno di te, Cass.”
Castiel si gira, ha le lacrime agli occhi e una faccia che sa di sconfitta, di delusione.
“Io non penso di poter-“ Dean non riesce a farlo finire, non può farlo finire; lo lascerebbe andare, lo sa, e non può permetterselo. Gli stringe le mani e lo bacia, lo morde fino a che non sente il suo sangue sulla lingua, allora si allontana, poco, per vederlo in faccia.
“Tu non te ne andrai” gli sussurra e stringe ancora di più le sue dita intorno alle sue “Non mi lascerai solo. Intesi?”
L’angelo annuisce e si impossessa di nuovo delle labbra del biondo “Ti amo” dicono i suoi baci “Non ti lascerò.”
La gente esce dalle case, fa foto, torna in casa urlando o si ferma ad osservarla.
Castiel è seduto sul marciapiede e piange.
Piange, sì. Soffre.
Ora è umano, ora può permetterselo; ora non è più un problema mostrarsi debole.
Piange perché sa che quelli non sono meteoriti ma fratelli: quelli sono i suoi fratelli, che ora non si faranno più di certo nessun problema ad ucciderlo.
Lui che una volta pretendeva di essere il capo, lui ha distrutto tutto.
E diamine, vorrebbe morire, farla finita, smetterla di demolire ogni cosa su cui mette piede.
Qualcuno si è seduto di fianco a lui e gli ha messo una bottiglia di birra gelata in grembo.
“Come mi hai trovato?” gli chiede.
“Noi ci troviamo sempre Cass, ricordi?” Dean gli mette una mano intorno alla vita e lo avvicina a sé. “E forse ho fatto qualche ricerca. Insomma, una pioggia di meteoriti? È così triste vederle da soli.” Sdrammatizza.
Castiel sorride cercando di nascondere il nodo che ha in gola e che gli impedisce il respiro.
“Ho finito, Dean. Ho fallito nell’unica missione che avevo. Non ho più niente da fare, qui.” La voce si strozza e deve bere della birra perché fa male, fa così male.
“Castiel”
“No, Dean. Ho distrutto il Paradiso. Preferirei l’Inferno che vedere i miei amici, i miei fratelli cadere uno per uno per un mio errore.”
“Cass, figlio di puttana, ascoltami.” Dean gli prende la testa fra le mani e lo strozzerebbe, potendo, ma sembra un pulcino con quei capelli spettinati e la faccia stropicciata e vorrebbe coprirlo con una coperta e farlo addormentare sulla sua spalla “Ho perso i miei genitori, Bobby, Lisa, Ben e Sam è in condizioni pietose e Dio sa quanto tempo resisterà ancora. Tu sei l’unica cosa che mi rimane. Se mi lasci tu, non avrò più niente. Io ho bisogno di te, Cass.”
Castiel si gira, ha le lacrime agli occhi e una faccia che sa di sconfitta, di delusione.
“Io non penso di poter-“ Dean non riesce a farlo finire, non può farlo finire; lo lascerebbe andare, lo sa, e non può permetterselo. Gli stringe le mani e lo bacia, lo morde fino a che non sente il suo sangue sulla lingua, allora si allontana, poco, per vederlo in faccia.
“Tu non te ne andrai” gli sussurra e stringe ancora di più le sue dita intorno alle sue “Non mi lascerai solo. Intesi?”
L’angelo annuisce e si impossessa di nuovo delle labbra del biondo “Ti amo” dicono i suoi baci “Non ti lascerò.”