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Autore: Irina_Yermolayeva    14/10/2013    1 recensioni
Era la primavera dell’ormai lontano 1897, quando il mio amico Sherlock Holmes stava preparando i bagagli per abbandonare definitivamente Londra per ritirarsi a studiare e ad allevare api nel Sussex Downs, che nel nostro alloggio al numero 221B di Baker Street, fece la sua comparsa, in modo assai strano, una donna. Entrò senza neanche bussare, presa dalla smania e dalla fretta di vedere il mio amico.
Holmes, dal canto suo, balzò in piedi fissando quella donna in un modo assai strano
Genere: Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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solo una nota prima di scrivere la storia... aspettate....
innanzi tutto salve a tutti! :D è la prima volta che scrivo qui, spero di essere all'altezza... almeno da arrivare al gomito di Holmes, non dico tanto xD
a parte questo la nota: ecco allora la coppia, ho messo sia het che slash.. perchè? perchè non so cosa succederà quindi li ho messi entrambi XD
abbiate pietààààà ahah
ok basta, ho detto tutto.
ciao ciao
Shi Tsu
xxx

 

L’avventura dell’imitatore criminale

 

Capitolo 1: La donna

Era la primavera dell’ormai lontano 1897, quando il mio amico Sherlock Holmes stava preparando i bagagli per abbandonare definitivamente Londra per ritirarsi a studiare e ad allevare api nel Sussex Downs, che nel nostro alloggio al numero 221B di Baker Street, fece la sua comparsa, in modo assai strano, una donna. Entrò senza neanche bussare, presa dalla smania e dalla fretta di vedere il mio amico.
Holmes, dal canto suo, balzò in piedi fissando quella donna in un modo assai strano; sembrava non capire chi fosse. Difatti tutto in lei non tornava.
Era una bella donna, molto curata, si poteva affermare con estrema convinzione che appartenesse ad una delle famiglie più ricche della Gran Bretagna.
Il viso affilato era scavato dalla preoccupazione, gli occhi marroni erano euforici e lucidi dalla corsa che doveva aver fatto per venire fino alla nostra casa. Che avesse corso lo dimostrava il suo petto che si alzava in modo frenetico e il fiato grosso. Le mani, le cui unghie erano dipinte di nero, tremavano d’impazienza.
Ma la cosa che, certamente, sconvolse nel profondo il mio amico Sherlock Holmes furono i suoi vestiti.
Indossava i pantaloni, e già questo dovrebbe essere una stranezza però la cosa ancora più insolita era il tessuto di cui erano fatti: jeans. Da quel che ne sapevo io, questo tessuto veniva usato per le vele delle navi, per coprire le merci nel XV secolo e solo in seguito furono utilizzati per fabbricare pantaloni per gli operai. Ma appunto, per gli operai. Questa donna d’alta borghesia invece li indossava come se fosse la moda del momento. Sopra indossava una camicia nera, leggermente sbottonata in cima, sul braccio destro un impermeabile beige, tra le dita stringeva una cartelletta di un materiale che non avevo mai visto.
La donna, recuperando un po’ di compostezza, girò gli occhi dall’uno all’altro di noi e si rese conto del suo ingresso poco cerimonioso.
-Mi dispiace signor Holmes.- esclamò con voce gentile ma rotta dalla fretta di spiegare il motivo che l’aveva condotta fino a noi.
-La prego di non volermene, ma è una questione della massima importanza e lei, insieme al dottor Watson siete gli unici che possono aiutarci.- il suo inglese non era perfetto, ma se la cavava molto bene, sembrava essere italiana dal suo accento.
-prego si sieda signorina. Prenda una sigaretta.- disse Holmes sedendosi nella sua solita poltrona e porgendo alla sconosciuta il suo astuccio.
La donna si sedette sistemandosi una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio.
-Holmes, le donne non fumano.- dissi guardandolo con condiscendenza.
-la ringrazio, signor Holmes, ma ne ho appena terminata una. Non voglio esagerare.- rispose la ragazza.
-strano. Non mi chiede come abbia fatto a capire che fuma.- sorrise Holmes.
-dalle mie dita. Oppure poteva essere semplicemente una gentilezza di circostanza da parte sua.- spiegò.
-teoria interessante. Non l’ho capito solo dalle dita, con le caratteristiche tracce di un fumatore, pardon, fumatrice non molto incallita. Anche dalle tracce residue di tabacco sul bordo della tasca dei suoi pantaloni.-
La donna sorrise:-è sempre un piacere essere partecipe delle sue meravigliose doti di osservatore. Lasci che le dica l’unica cosa che, credo, non possa sapere. Io sono Gilda Manfrin, abito in via Enrico Fermi, 13 Sant'Antonino Di Susa a Torino, in Italia.-
-sì, che era italiana, lo avevo capito signorina Manfrin.- disse Holmes.
Il suo nome non mi diceva niente. Non era di certo una persona conosciuta nella borghesia inglese, soprattutto se veniva dall’Italia.
-l’ha portata dall’Italia una vera disgrazia a quanto pare. Purtroppo sto preparando le mie cose. Ho chiuso con la risoluzione di casi strani. Parto con il primo treno di domattina. Mi ritiro nel Sussex ad allevare api.- spiegò Holmes facendo per alzarsi.
-lo so signor Holmes. Sono venuta apposta in questo momento perché sapevo che non avrei cambiato i fatti e non l’avrei disturbata in uno dei suoi estremamente interessanti casi come quello del costruttore di Norwood, dei sei Napoleoni o quello di Charles Augustus Milverton.- disse la donna fissando con risolutezza il mio amico che era rimasto seduto a metà sulla sua poltrona. Era sorpreso e non era facile sorprendere Holmes.
-non ho mai lavorato per Milverton ne contro di lui.-
-oh, non credevo che la sua mente potesse dimenticare quel caso estremamente delicato nel quale si è introdotto insieme al suo amico e collega Watson in casa del suddetto per rubare una lettera e invece assistere ad un omicidio di cui poi avete rischiato di essere accusati per un’imprudenza.-
Holmes si voltò verso di me studiandomi.
-io non ho scritto nulla Holmes. Non avevo di certo intenzione di finire in galera per uno come Milverton.- esclamai piccato:-ho fatto come mi ha detto lei.-
-il dottor Watson non centra, o almeno in parte.- intervenne la ragazza:-mi ascolterà, signor Holmes? Poi sarà lei a decidere se seguirmi o andare con le sue api nel Sussex.-
Holmes si mise comodo e si accese la pipa.
-la ringrazio. Prometto che non deluderò le sue aspettative.- lo sguardo della signorina Manfrin si illuminò di gioia.
-è una storia molto lunga signor Holmes, ma temo che le sarà fin troppo familiare. Premetto dicendole una cosa: io, signor Holmes, sono un consulente investigativo. Uno dei migliori. Qualsiasi squadra di polizia del paese può cercare il mio aiuto. Le parrà strano ma è così. Detto questo passo a spiegare il motivo della mia visita. Tutto è iniziato circa un anno fa, precisamente il 24 febbraio. Sul giornale ho letto di un avvenimento di poca importanza, apparentemente. Un suicidio. Ma tutto non quadrava. La donna in questione non aveva un motivo per uccidersi, non aveva neanche senso il luogo dove era stata trovata. Un luogo dove lei non era solita recarsi, anzi, i parenti sono assolutamente certi che lei non ci sia mai stata. La polizia del posto lo ha chiuso come suicidio perché a parte questa incongruenza gli indizi portavano a questo. Poi però, sempre nella stessa città è successo nuovamente per altre quattro volte. Come lei saprà è assai improbabile che ci sia una serie di suicidi uguali. Hanno contattato me, e mi hanno spiegato per filo e per segno tutto quello che è stato ritrovato sulle scene del crimine. Qui ho capito cosa è successo. Ma vedo che lei ha già capito, signor Holmes.-
-sì, ma avrà già trovato il colpevole. Non è poi così difficile.-
-è questo il problema. Non siamo riusciti a trovare il colpevole nonostante sapessi chi fosse, ovvero un t... cocchiere.-
-uno studio in rosso?! Come è possibile!?  Jefferson  Hope è morto!- esclamai sorpreso.
-oh dottore, abbiamo a che fare con un imitatore.- ridacchiò Holmes.
-non un semplice imitatore perché la storia non è finita qui.-
-racconti signorina Manfrin.- la donna lo aveva completamente rapito con il suo racconto e così anche io. Era qualcosa di davvero interessante, coinvolgente. Sapeva come attirare l’attenzione, faceva pause nei momenti giusti, della giusta lunghezza, usava parole adatte.
-c’era un indizio strano e comune a tutti i delitti. Un nome. Probabilmente il nome del colpevole. Così la pensavano i miei colleghi, ma io non ero d’accordo.-
-che nome è?- chiese Holmes curvandosi in avanti sulla poltrona, avvicinandosi a lei.
-Sherlock Holmes.- rispose la donna.
-ora, la domanda che mi sono posta è stata questa: perché usare il nome del più grande investigatore di tutti i secoli? Ovvio, per lasciare un messaggio. Per lei.- lo fissò.
-teoria interessante.- ammise Holmes.
-il problema è solo uno, ma prima di dirglielo le spiegherò cos’altro è successo. Abbiamo cercato, sotto mia indicazione tutti i delitti di qualsiasi tipo con quell’unico indizio in comune. Il nome. Siamo risaliti ad una marea di crimini tra cui quello che riguarda il segno dei quattro, il mastino dei Baskerville, uno scandalo in Boemia, cinque semi d’arancio, la fascia maculata e il diadema di berilli. Il diadema non era proprio di berilli ma la sequenza degli eventi è la stessa. In tutti i casi, nonostante sapessi chi era il colpevole, non sono riuscita a trovarlo e in tutti i casi c’era lo stesso nome.-
-il mio.- sussurrò lui.
-questi sono solo alcuni dei casi. Molti altri invece non centrano nulla con i casi descritti dal dottor Watson però anche in quelli c’è sempre il suo nome.-
-interessante.- confermò lui:-continua ti prego. sento che non ha finito signorina Manfrin.-
-c’è stato un altro caso, che in un certo qual modo, mi è vicino. Sono quasi certa che non sia un caso e che sia una specie di avvertimento. Si tratta di una scomparsa che all’apparenza non centrava niente con questi crimini. Un cugino di mia nonna è scomparso. Lui sta in Svizzera insieme a parte della famiglia. Io non sapevo della sua esistenza fino a che non sono stati ritrovati i suoi vestiti e i suoi documenti in mezzo ad un bosco, vicino ad un fiume. Questo caso sembra non centrare fino a che non mi è arrivata questa.- la signorina aprì la cartelletta che aveva posato sulle gambe e ne tirò fuori una lettera. Holmes prese il foglio di carta che le stava porgendo. Era un foglio molto bianco, mai visti così bianchi, leggero tagliato perfettamente dritto e piegato in 4.
Holmes si alzò mettendolo sotto alla luce di una lampada e lo esaminò attentamente.
-carta molto pregiata, mai visto un foglio tanto trattato. È stato usato un metodo diverso da tutti gli altri che al confronto, sembrano grezzi e grossolani.- la aprì e studiò il suo contenuto fissando poi stupito quello che c’era scritto su di esso.
-scritto a mano, da una persona molto abile nel disegno e che conosce questo codice, il codice degli omini danzanti. Inchiostro blu. Però...- guardò la signorina Manfrin:-lei ha qualcosa da dirmi, signorina. Qualcosa di davvero importante.-
Lei annuì:-quella lettera è stata scritta con una penna, signor Holmes. Una penna che ora non è ancora stata inventata. Per questo non la riconosce.- spiegò.
-mi spieghi.- Holmes si risedette, io non ci stavo più capendo nulla. Tutto si stava facendo confuso. Quella donna aveva un sacco di misteri, un sacco di problemi. Era strana sopra ogni altra stranezza a cui avessi mai assistito con il mio amico Holmes in tutti questi anni di collaborazione.
-certo signor Holmes. Spero che crederà al mio racconto e che nessuno dei due mi prenderà per pazza. Anche se dubito che lei lo farà, signor Holmes, dopo le prove che sono in mio possesso e di cui una parte è a conoscenza. Mi riferisco alla lettera, ai miei vestiti e al materiale di questa cartelletta. Ho notato che ha attirato la sua attenzione. Quindi ora le parlo del problema. Come le ho detto sono un consulente investigativo, in Italia. Un’Italia diversa da quella che lei forse ricorderà.-
-Ci sono stato. Palazzi antichi, quadri pregiati, statue colossali, cibo squisito e posti affascinanti.-
-quello è rimasto come lo ha descritto. Ma con lo scorrere del tempo, ci sono state nuove tecnologie, nuove guerre, nuovi governi. Tutto cambia, tutto scorre, come disse Eraclito. Soprattutto il tempo scorre. Signor Holmes lei mi deve credere quando io le dico che vengo da un altro tempo. Io sono nata nel 1988, ho 25 anni.-
-impossibile! Siamo nel 1897!- esclamai scioccato.
-lo so dottore. Ho viaggiato nel tempo. Io provengo dal...-
-2013.- concluse Holmes.
-esatto.- annuì la ragazza.
Io non potevo credere ad una cosa del genere e vedevo che anche Holmes era restio a crederci, anche se non del tutto riluttante. Era in uno strano stato di dubbio. Dopo tutti questi anni, me ne accorgevo facilmente. Mi era quasi diventato automatico osservarlo e capire cosa provasse in quel momento.
-non mi crede, ma io le spiegherò comunque come è possibile tutto questo.- cambiò posizione cercandone una più comoda per questa scomoda verità.
-come ho detto vengo dal 2013, un futuro neanche così lontano se vogliamo dirla tutta. Qui, io lavoro anche per un’altra organizzazione governativa. Si chiama Magazzino 13. In questo posto sono racchiusi moltissimi oggetti che in qualche modo, modi scientifici ma non ancora spiegabili, hanno capacità diverse. Questi oggetti, chiamati artefatti, sono appartenuti a scrittori, dittatori, scienziati, musicisti, pazzi e hanno assorbito in qualche modo alcuni tratti della loro personalità, o dei loro esperimenti. Molti hanno effetti disastrosi ed è per questo che il Magazzino 13 li recupera, li cataloga e li tiene al sicuro. Purtroppo, recentemente, nel 1891, uno di questi oggetti localizzato in zona è scappato agli agenti del magazzino.-
-storia interessante che sta sviando il suo brillante racconto su un criminale eccezionale, forse al pari di Moriarty, in una operetta da quattro soldi sui fantasmi e sulla magia.- disse Holmes scorbutico.
-oh, signor Holmes, magari, magari ci fosse la magia. C’è solo una mente geniale, una mente alla sua altezza, una mente che non vuole morire. Mi lasci finire di parlare, poi trarrà da lei le sue considerazioni. Dicevo di questo artefatto. È qualcosa di extraterrestre. Un pezzo di un asteroide che si è frantumato nel cielo di Londra qualche anno fa. Venendo a contatto con l’atmosfera ha preso fuoco e si è frantumato fino a diventare polvere tranne che per due soli pezzetti abbastanza grossi da stare in una mano. Sono caduti in due post differenti. Uno di questi è nelle mie mani l’altro sta nelle mani del colpevole. Oh, il colpevole signor Holmes! Se solo sapesse chi è! Farebbe di tutto per porre fine a tutto quello che sta succedendo. Quell’uomo è un Napoleone del delitto, è un genio, un filosofo, un pensatore astratto. Possiede un cervello di prim’ordine. È immobile, come un ragno al centro della sua ragnatela, ma questa si suddivide in mille diramazioni di cui egli conosce il minimo fremito. Personalmente fa poco: progetta soltanto.- disse con voce febbrile, gli occhi illuminati da un bagliore che avevo visto solo in Holmes quando si parlava dell’unico uomo in grado di essere al suo stesso livello.
-no.- Holmes scosse la testa, sembrava molto pallido:-io l’ho visto cadere.-
La signorina Manfrin annuì:-lui è caduto ma aveva questa con se.- tirò fuori dalla tasca del suo impermeabile un pezzo di roccia.
-è lui che possiede l’altro frammento di asteroide. Ricorderà di certo uno dei famosi saggi del professor Moriarty. “Dinamiche di un asteroide”. Lo ha nominato quando ha iniziato a seguire il caso del suo amico Porlock. Perché avrebbe dovuto scrivere un libro del genere? Perché ne ha trovato in frammento. E questo frammento che aveva al collo e che porta sempre con se, lo ha portato nel mio tempo durante la caduta.-
Holmes si alzò in piedi:-grazie per la sua visita, direi che può tornare nel suo tempo.-
La ragazza si alzò e così feci anche io, ma lei non sembrava intenzionata ad andarsene.
-signor Holmes, lei ha attraversato il suo sentiero il 4 gennaio, il 25 gennaio lo ha importunato, a metà febbraio fu seriamente infastidito da lei; alla fine di marzo lei ha nettamente guastato i suoi piani; sul finire di aprile, Moriarty si è trovato in condizioni tali per via della sua persecuzione implacabile che la sua libertà corse gravissimo pericolo. Ora nel mio tempo, per noi fautori della giustizia la situazione sta diventando insostenibile. Dunque vuole arrendersi? Solo lei può sconfiggere il professore. Lei che rispose in una maniera davvero leale nei confronti della giustizia. Ricorda o no quello che gli disse? Le rinfrescherò la memoria signor Holmes. Lei mi ha fatto parecchi complimenti, professor Moriarty, mi permetta di fargliene uno a mia volta dicendole che se fossi sicuro della prima eventualità accetterei volentieri la seconda nell’interesse pubblico. È questo l’uomo che ho di fronte ora?! È lo stesso?! Oppure è solo una pallida imitazione del grandissimo Sherlock Holmes?!-
Le sue parole avrebbero potuto convincere qualsiasi persona, ma Holmes? Su di lui avrebbero funzionato?
-se c’è anche solo una minima possibilità che io stia dicendo la verità, lei mi seguirà. Lo so. La conosco, signor Holmes.- sussurrò avvicinandosi a lui quasi sfiorandolo.
-la prego, abbiamo bisogno di lei. Vedrà che le piacerà il nostro tempo, si troverà bene. Meglio del dottor Watson di certo. Con tutto il rispetto.- aggiunse voltandosi a guardarmi; poi tornò con lo sguardo su Holmes.
-cosa ha deciso? Non abbiamo molto tempo.-
-accettiamo.- ripose serio.
La signorina Manfrin sorrise, il primo sorriso che le vedevo fare da quando si era catapultata nel nostro alloggio al 221B di Baker Street, portando nuvoloni di tempesta che ora diventavano ancora più catastrofiche sapendo contro chi avremmo dovuto batterci.
Il professor Moriarty era ancora vivo e stava lanciando una sfida dal futuro.




*le parti in corsivo sono presi (con modifiche o no) dai romanzi/racconti :D
il titolo del cpaitolo è una rivisitazione del primo capitolo della seconda parte del romanzo "la valle della paura" il titolo originale era "l'uomo"
   
 
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