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Autore: BrokebackGotUsGood    15/10/2013    2 recensioni
You're home now, not alone now
These arms are here to hold you, don't need to be afraid
So come in, 'cause I've been waiting for the moment to open up this door
And I know that it's not much...welcome to my heart.

Questa è la storia di Brian e Nick, due ragazzi normali con una vita difficile e con tanti ostacoli da superare.
Ma non c'è niente che l'amore non possa combattere.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Littrell, Nick Carter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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An unexpected visit 








La campanella che annunciava la fine delle lezioni coprì il cicaleccio degli studenti con il suo suono stridulo, ma per tutti, insegnanti compresi, fu un suono dolce come il canto di un usignolo . 
Tranne per Brian. 
Piuttosto che tornare a casa e cominciare subito col preparare il pranzo sotto la supervisione di Robert, avrebbe preferito ascoltare altre due ore di storie sulla Seconda Guerra Mondiale, ma, questo, purtroppo, non era possibile. 
Si alzò dal banco e si recò in corridoio, verso il suo armadietto, dove ripose con cura i libri che non servivano, e fece per recarsi verso l'uscita, quando il suo vicino di banco lo chiamò da dietro una folla di ragazzi. 
-Hey, Bri! Aspettami!-. Il ragazzo moro, un po' più alto di Brian (non che ci volesse molto a superarlo in altezza), si fece largo tra la gente e raggiunse il biondo. -Puoi venire a casa mia, oggi pomeriggio? Avrei bisogno di un aiutino con i compiti-. 
Brian lo guardò e sospirò, pensando a quanto avrebbe voluto accettare ma sapendo ciò che quel pomeriggio gli avrebbe riservato oltre allo studio. -Credo di no, Howie. Molto probabilmente dovrò...- rifare i letti, cucinare, lavare i piatti, pulire casa da cima a fondo -aiutare mia madre con le faccende domestiche-. 
A volte, quando non c'era quasi niente da fare in casa (cosa che accadeva ogni morte di papa), Robert lo lasciava andare a casa dei suoi amici o uscire a fare una passeggiata, ma quello non sarebbe stato uno di quei giorni: non avrebbe avuto un attimo da dedicare al tempo libero. 
Ma poi si ricordò di una cosa. 
-L'album...- disse sottovoce. 
-L'album?- ripeté Howie aggrottando la fronte, non capendo cosa c'entrasse un album con il loro discorso. 
-Oh, niente. Sarà per un'altra volta, mi dispiace- 
-Figurati. A domani-. Il morettino salutò con un cenno della mano, sorridendo, e superò Brian, per poi raggiungere un gruppetto di ragazze che si stava allontanando e circondare due di loro con un braccio. Il solito dongiovanni. 
Brian prese l'album dei disegni di questo ''Nick Carter'' dallo zaino e se lo rigirò tra le mani, indeciso sul da farsi: durante la giornata non avrebbe avuto tempo di riportarglielo, e non aveva alcuna intenzione di andare a disturbare di sera, ma se fosse andato adesso e fosse tornato a casa tardi...gli sarebbe toccata una bella punizione. 
Ma a pensarci bene, Roosvelt Boulevard non era per niente lontana dalla spiaggia, se non ricordava male (c'era stato qualche volta per fare delle commissioni), e con una corsetta avrebbe potuto tranquillamente tornare a casa in tempo. 
Da una parte, quella in cui dominava la curiosità, avrebbe voluto aprire l'album e sfogliarne i disegni, ma non riteneva giusto ficcanasare nelle cose personali degli altri e scacciò subito il pensiero, oltrepassando i cancelli del liceo e dirigendosi verso la sua destinazione, che per una volta non era subito casa sua. 

❦❦❦

Uno stupido, ecco cos'era stato. Uno stupido illuso. 
Come aveva potuto pensare, con qualunque minimo sforzo di immaginazione, che quella giornata sarebbe potuta andare diversamente, magari addirittura meglio? 
Davvero non sapeva come fosse riuscito, fino ad allora, ad alzarsi ogni mattina con un sorriso e a continuare a credere nel futuro; ormai stava cominciando a credere che la positività e la speranza che un giorno, in quel futuro, sarebbe tornato a stare bene fossero del tutto inutili, ormai cominciava a rassegnarsi all'idea che l'unica adolescenza che avrebbe mai conosciuto l'avrebbe trascorsa fra lacrime e tormenti. 
Ma cosa aveva fatto di così terribile per meritarselo? Erano queste le conseguenze dell'essere ''diverso'', come lo giudicavano gli altri? 
Non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscito a rimanere in piedi, senza crollare sotto il peso di tutti quegli insulti e senza scoppiare a piangere nel bel mezzo della lezione; tutto questo era diventato troppo per lui, una cosa troppo grande e difficile da gestire, una situazione in cui lui era del tutto impotente e facile bersaglio di qualunque bomba avessero voluto scagliargli contro. 
Chiunque, a quel punto, avrebbe potuto far crollare il muro di difesa dietro cui si era nascosto per tutto quel tempo, chinque avrebbe potuto colpirlo e abbatterlo definitivamente, per poi farlo precipitare nel buio più totale. 
Non trovava più un senso alla vita. 
Perché vivere, se non poteva avere l'amore, l'amicizia, la comprensione e tutte quelle piccole e grandi cose che potevano darti la forza di andare avanti? Perché continuare a vivere nell'illusione che una mano potesse tendersi verso di lui e trascinarlo fuori da quella fossa di serpenti? 
Forse avrebbe potuto farlo. Forse avrebbe potuto chiudersi a chiave in un angolo remoto del pianeta e non uscirne mai più, immerso nella sua solitudine e dimenticato da tutto e tutti. 
Nessuno, in fondo, avrebbe sentito la sua mancanza o si sarebbe accorto della sua assenza. 
No, qualcuno c'era. I suoi genitori. 
Che ne sarebbe stato di coloro che avevano sempre fatto di tutto per confortarlo, gli unici che l'affetto glie lo avevano dato veramente? 
Doveva farlo per loro, doveva essere forte per loro. 
Ma in quel momento non ci riusciva, il dolore era troppo forte e la voglia di piangere ancora di più. 
Lasciò quindi che le lacrime scendessero liberamente in un silenzioso flusso, prima una, che rigò la sua guancia destra e si infranse sul colletto della camicia bianca, poi un'altra, che raggiunse le labbra e gli fece sentire il sapore salato della tristezza, e un'altra ancora. 
Non ci volle molto perché alle lacrime si aggiungessero i singhiozzi, e in pochi secondi scoppiò nel pianto che aveva sempre cercato di trattenere con tutte le sue forze, l'insieme di tutta la sofferenza inflitta dalle persone che, al posto di sostenerlo, lo respingevano e lo facevano sentire escluso dal resto della comunità. 
Sperava con tutto il cuore che i suoi non tornassero dalla visita alla zia Kathy (malata da qualche settimana) proprio in quel momento, o avrebbe dovuto dare loro una spiegazione. 
''Oh, sapete, i miei assolutamente adorabili compagni di liceo mi hanno umiliato davanti a tutti i ragazzi che prima non sapevano neanche della mia esistenza e sono arrivati a usare le mani solo per il piacere di sentirsi potenti''
No, non ne voleva parlare. 
Nick si sistemò meglio sulla sedia e appoggiò i gomiti sul tavolo, per poi coprirsi la testa con le mani e tenere gli occhi rossi e gonfi fissi sul legno, mentre tutto intorno a lui era calmo e silenzioso; poi, spostando leggermente lo sguardo, notò il coltellino svizzero che suo padre teneva sempre in macchina per le emergenze: doveva esserselo dimenticato lì. 
Lo guardò per qualche secondo, poi lo afferrò e se lo rigirò tra le mani, tentando di calmare i singhiozzi e di cessare la discesa delle lacrime; era abbastanza nuovo, aveva forse qualche anno, ma parte della lucida verniciatura era rovinata. 
Fece scattare la piccola lama e osservò la punta affilata luccicare sotto un raggio di sole che penetrava dalla tapparella abbassata, poi deglutì e inspirò profondamente passando l'indice sul metallo. 
Era tagliente. 
Si guardò intorno, come per timore che qualcosa o qualcuno lo stesse osservando con aria di disapprovazione, ma poi mandò al diavolo il buon senso e la razionalità, non pensò più a niente se non ad avvicinare il coltellino al polso e poggiaro sulla pelle con mano tremante. 
Serrò le labbra e gli occhi e tentò di compiere il fatidico gesto, un unico taglio, netto e preciso, ma non ci riuscì: era come immobilizzato, i muscoli del braccio si rifiutavano di collaborare, come per fargli capire che ciò che stava per compiere era del tutto insensato e assurdo. 
-Ma che sto facendo?!- urlò Nick scagliando il coltellino contro il bancone della cucina, dove andò a sbattere con un rumore secco. 

 
❦❦❦

-Numero 5...numero 5...numero 5...-. 
Brian scorreva lo sguardo da una casa all'altra ormai da cinque minuti buoni, ma nessuna traccia del numero civico desiderato; doveva fare in fretta, o la giornata sarebbe stata più spiacevole di quanto già si prospettava. 
-Andiamo, maledizione, non ho tutto il giorno...- sussurrò, continuando a camminare con l'album sottobraccio. 
Stava per rinunciare e decidere di provare un altro giorno, ma ecco che, qualche edificio più avanti, il numero 5 si lasciò intravedere oltre i rami di un piccolo alberello quasi completamente spoglio, e Brian tirò un sospiro di sollievo, ringraziando la buona sorte di essere stata, per una volta, dalla sua parte. 
Con un sorriso nato sulle sue labbra per motivi assolutamente ignoti (forse era la piacevole sensazione del compiere una buona azione?), si incamminò verso la casa, una graziosa villetta circondata da un giardino dall'erba verde tagliata uniformemente e delimitato da un cancello decorato finemente, con una precisione quasi maniacale; i muri esterni erano di un giallo opaco, le finestre erano ampie e i vetri lucidi come specchi, ai lati dei gradini che conducevano alla porta d'ingresso vi erano dei garofani rossi, che contribuivano a dare l'atmosfera di allegria che si respirava in quell'aria. 
A questo Nick i soldi non dovevano mancare. 
Quando giunse davanti all'ingresso si ritrovò ad esitare, un po' nervoso e imbarazzato, ma poi ricordò a se stesso di non avere così tanto tempo da perdere e costrinse la sua mano a sollevarsi per poi premere il pulsante del campanello. 
Nell'attesa, mise l'album dietro la schiena e strofinò leggermente le suole delle scarpe sul tappetino che riportava la scritta ''House of Carters'', e dopo qualche istante la porta venne aperta, lasciando spazio... ad un ragazzo che piangeva. 
I suoi occhi azzurri come il mare a pochi metri da loro, lucidi dalle lacrime, si spalancarono dalla sorpresa, come se davanti a lui ci fosse il più famoso attore di Hollywood mai esistito nella storia del cinema, e si accesero immediatamente di una luce che avrebbe fatto concorrenza a quella del sole: anche se il suo viso continuava ad essere bagnato dalle gocce salate, sembrava che, in qualche modo, la vita fosse ritornata in lui alla vista di Brian. 
Quest'ultimo socchiuse leggermente la bocca, in procinto di dire qualcosa, ma si ritrovò come bloccato, non sapeva assolutamente che cosa fare o dire, se chiedergli o no se andasse tutto bene, perché sì, avrebbe voluto. 
Ma a) era chiaro che non andava tutto bene, e b) non erano certamente affari suoi. Era anche vero, però, che si sarebbe sentito un idiota a dire ''Hey, ho ritrovato il tuo album dei disegni!'' ad un ragazzo (un bel ragazzo, doveva dire) che era la disperazione fatta persona. 
Perciò dovette improvvisare, cosa che non si era mai ritenuto bravo a fare. 
-Ciao, Nick, ehm...scusa, vengo nel momento sbagliato, a quanto vedo-. 
Nick, più alto di Brian ma apparentemente un po' più piccolo di età, era talmente stupito che sembrava aver appena vissuto l'esperienza più shockante della sua vita. 
Non poteva crederci, non poteva essere vero. 
Il ''meraviglioso ragazzo della spiaggia'' era lì, davanti alla sua porta, e aveva appena pronunciato il suo nome. 
Ma allora era davvero un essere paranormale! Come faceva a sapere il suo nome? 
In ogni caso, quello era l'ultimo dei suoi problemi. Ora, l'unica cosa a cui riusciva a pensare era che il sorriso del ragazzo che aveva ammirato e osservato per ore sulla spiaggia era rivolto a lui, così come quei magnifici occhi. 
Alcuni ciuffi di capelli biondi gli ricadevano sulla fronte e ogni tanto venivano mossi dal lieve venticello, e le labbra rosse dalla forma perfetta erano leggermente socchiuse. 
Brian trovò che fosse davvero molto attraente. 
''Ma che diavolo stai dicendo?'' si rimproverò mentalmente, stupito dai suoi assurdi e del tutto inappropriati pensieri.
-D-davvero, scusa il disturbo, me ne vado subito...- 
-No!- lo fermò subito il biondino, come appena risvegliato da un'incantesimo paralizzante. -Non andartene- disse, stavolta più calmo. 
Certo che non voleva che se ne andasse, ora che lo aveva finalmente vicino (anche se ancora non ne sapeva il motivo)!
Brian lo guardò e per un istante rimase immobile, perso in quell'azzurro meraviglioso che esprimeva così tante emozioni, poi sorrise debolmente e mostrò l'album dei disegni. -Volevo restituirti questo. L'ho trovato ieri sulla spiaggia-. 
Nick, anche se a fatica, spostò lo sguardo dai lineamenti perfetti e marcati della mascella all'oggetto che Brian teneva in mano: il suo album dei disegni! 
Ed ecco spiegato come quel ragazzo conoscesse il suo nome.
-Oh, mio Dio! Credevo di averlo perso!- eclamò felice prendendolo delicatamente in mano, come se avesse paura di romperlo in mille pezzi. 
In quel momento le dita dei due ragazzi si sfiorarono e, anche se era stata solo una frazione di secondo, un brivido percorse entrambi. 
-Beh, eccolo qui- disse Brian, sicuro di essere arrossito per qualche ragione. 
-Grazie- rispose Nick con un sorriso pieno di gratitudine, che accese in Brian qualcosa di simile alla tenerezza. 
-Di nulla, e scusa ancora per essere arrivato nel momento meno opportuno- 
-Oh, non devi scusarti di nulla! La tua visita mi ha fatto piace...Insomma, ehm...mi ha distratto un po', ecco. Quindi doppio grazie-. 
Brian ricambiò il sorriso con una certa radiosità e i due stettero immobili, guardandosi intensamente e cercando di dare una spiegazione logica alle emozioni che in quel momento si erano impadronite di loro: gioia, serenità, calore, conforto, un'inspiegabile sensazione di completezza e la voglia di non lasciare che quel momento finisse. 
-Allora io vado- disse infine Brian, riompendo l'imbarazzante silenzio. -Ciao...Nick-. 
Sorrise un'ultima volta e, a malincuore, si voltò per andarsene, ma la voce dietro di sè lo fermò. 
-Tu come ti chiami?-. 
Alle prime rimase lì, girato di spalle, poi girò di nuovo verso Nick con il sorriso che ancora non aveva abbandonato le sue labbra. -Brian-. 
Brian. 
Nick pensò che quel  nome avesse il suono più dolce del mondo.
 
   
 
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