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Autore: Genevieve De Cendres    15/10/2013    5 recensioni
[STORIA REVISIONATA E CORRETTA]
Seconda metà del 1800.
Evan, un giovane e promettente avvocato, decide di entrare nella bottega dell'orologiaio più antico e famoso della città spinto da una particolare curiosità, lì incontrerà Ael Torsten, ragazzo con il quale intreccerà un legame che va al di là della semplice amicizia, ma sarà conveniente per un uomo del suo rango, sempre sotto l'occhio scrutatore e critico della nobiltà dell'epoca? E Ael, spirito libero e irrequieto, riuscirà a non fuggire dall'uomo scegliendo il cuore al posto della ragione?
Dal testo:
"mentre le labbra dell’avvocato poggiavano sulle sue, gentili ma decise, in un bacio che volle assaporare fino all’ultimo istante, per poi scostarsi forse pentito per il suo gesto, mentre lo sguardo tornava duro, onde che si infrangono violente, che logorano e allontanano."
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Prologo
 
 

Lo notava ogni volta che passeggiava per Torsten Street. Dalla vetrina del più antico orologiaio della città, dal quale tra l’altro prendeva il nome quel viale dalla pavimentazione in pietra mosaicata, delineato da entrambi i lati da prestigiose botteghe e alberi perfettamente curati che con l’arrivo dell’autunno, stavano cominciando a tingere le loro chiome di oro e amaranto, i suoi occhi si posavano su quel vecchietto ingobbito e magro, accucciato su di un alto sgabello a trespolo piegato su chissà quale opera d’arte, i capelli bianchi avevano ancora qualche traccia del grano maturo che si scorgeva ogniqualvolta il sole filtrava dalla vetrina del negozio. Era un locale apparentemente piccolo, sulle pareti rivestite da grandi pannelli di mogano lucido erano appesi ed esposti i più svariati tipi di orologi decorati sin nel più piccolo e perfetto dettaglio. L’orologiaio era sempre lì. Sempre chino sul bancone a lavorare con le mani esili e guantate.
Stava correndo verso lo studio legale in cui lavorava quando l’occhio cadde come di consueto su quella gobba figura, notò un movimento quasi impercettibile della mano e la melodia scaturita da un piccolo orologio gli arrivò nitida e cristallina donandogli una improvvisa sensazione di benessere. Si mise la mano in tasca sfiorando con i polpastrelli il freddo orologio da taschino regalatogli dal  padre qualche anno prima, un cimelio che passava di padre in figlio e proveniva proprio da quella bottega, uno dei primi lavori di Abel Torsten, l’ormai defunto fondatore dell’attività.  Anche quell’orologio aveva un carillon al suo interno ed Evan ricordava ancora le parole del nonno, quando gli diceva che bastava premere il piccolo bottoncino dorato e lasciarsi cullare da quella melodia, che avrebbe senz’altro riscaldato il suo cuore, per trovare la quiete che tanto agognava. Sorrise, la tentazione di entrare fu quasi irresistibile ma si scrollò quell’insensato desiderio di dosso e proseguì per la sua strada.
 
Quella mattina il cielo era coperto da grandi nubi grigiastre, Evan incassò il collo nelle spalle cercando di coprirsi il viso sferzato dal freddo vento di fine novembre, vide in lontananza la piccola insegna dell’orologiaio dondolare violentemente, cigolando; affrettò il passo deciso ad entrare, a breve sarebbe stato il compleanno dell’amico e collega Valentine Deonne e aveva pensato di commissionare un orologio appositamente per lui, in onore della loro amicizia. Fece un ultimo sforzo allungando il passo ma una volta arrivato davanti all’entrata, dovette ricredersi. Il negozio era interamente avvolto dalle tenebre, si avvicinò al vetro premendo le mani e il viso sulla superficie gelida e sbirciò all’interno, sulla destra intravedeva la luce fioca di un lume provenire da quello che doveva essere, con ogni probabilità, il laboratorio. Provò per scrupolo a spingere sulla porta d’entrata e questa si aprì con un tintinnio violento, dovuto dalla folata di vento che aveva accompagnato il gesto dell’uomo. Evan entrò chiudendosi rapidamente la porta alle spalle, si schiarì la voce chiedendo il permesso ma nessuno rispose, lasciò scivolare lo sguardo sulle pareti lucide perdendosi più e più volte a guardare prima uno e poi l’altro orologio, stava per sfiorarne uno in particolare, decorato con motivi floreali intagliati nel legno rossiccio, quando un suono squillante ma stonato lo riportò alla realtà, una manciata di note, l’inizio di una melodia interrotta sul nascere, provenire giusto dalla stanza alla sua destra. Si riavviò i morbidi capelli neri e si tolse il pesante cappotto blu, cercando di trovare delle scuse adeguate per disturbare l’uomo, spinse appena la porta di legno chiaro trovandosi a guardare la schiena dell’orologiaio, accartocciato sulle sue stesse ginocchia, le braccia che si muovevano lente, con gesti brevi e decisi. Cominciò a sentirsi notevolmente in imbarazzo mentre si avvicinava a passi incerti cercando di richiamare l’attenzione dell’uomo, schiarendosi più volte la voce, senza risultati. Il vecchio restava nella stessa posizione, perso nel suo lavoro.
 
-Mi perdoni…-
 
La voce di Evan suonò decisa, chiara, ma l’altro sembrò non averlo sentito.
 
-Chiedo scusa…-
 
Evan si sporse appena cercando di guardare oltre le spalle dell’orologiaio che imperterrito continuava a lavorare, ignorando la sua presenza. Si avvicinò ulteriormente guardando quell’insieme ordinato di ingranaggi e rimanendone incantato  dalle mani esili e avvolte dai guanti bianchi e sottili che si muovevano leggere, quasi in una carezza; sospirò e poggiò una mano sulla spalla del vecchio che sussultò. Fu una questione di pochi attimi, l’orologiaio balzò dallo sgabello  impugnando una lima, pronto ad aggredire Evan che prontamente per difendersi, lo aveva afferrato per i polsi e spinto contro il piano da lavoro, si accorse solo allora di trovarsi davanti ad un ragazzino poco più che ventenne, notò i grandi occhi celesti contrastare con i capelli chiarissimi, simili all’avorio e risaltare sulla pelle candida come porcellana. Strinse la presa sul polso sinistro disarmandolo, mentre questi si dimenava per liberarsi, ignorando le parole dell’uomo che tentava di tranquillizzarlo.
 
-Non voglio farle del male! Mi ascolti, per favore.-
 
La voce dell’avvocato venne coperta da quella del ragazzino che  minacciava in modo decisamente poco credibile, data la situazione in cui versava, di fargli seriamente del male. Evan guardò i suo occhi brillare di rabbia mentre smetteva di dimenarsi, quasi rassegnato all’idea che l’uomo fosse più forte di lui, lasciò andare la presa sui polsi esili dell’orologiaio e questi contrattaccò spingendolo a terra con forza; Evan cadendo chiuse istintivamente gli occhi e quando li riaprì trovò davanti a sé il ragazzo, la scopa alta sulla sua testa pronto a colpirlo e il viso di chi sotto sotto sta tremando dalla paura.
 
-Aspetta! Non colpirmi!-
 
L’uomo si mise a frugare nervosamente nelle tasche, cercando l’orologio da taschino senza riuscire a trovarlo, guardò con aria preoccupata il ragazzo che continuava a tenere la scopa alta sopra la sua testa, l’orologiaio prese un respiro profondo, alzò le sopracciglia stringendo le labbra in una sottile linea orizzontale, deciso a colpirlo, quando un piccolo orologio dorato scintillò sotto il suo naso.
Si fermò lasciando andare il pezzo di legno dalle mani e afferrando il piccolo agglomerato di ingranaggi, studiandone i particolari, sul dorso era finemente intarsiata una rosa e attraverso la ragnatela creata da quest’ultima si poteva intravedere il quadrante. Se lo rigirò attentamente tra le mani prima di avvicinarlo all’orecchio ascoltandone il flebile ticchettio, Evan approfittò di quel momento per alzarsi da terra, senza togliere gli occhi di dosso al ragazzo che sembrava sul punto di addormentarsi, studiò il corpo snello avvolto da una larga camicia bianca e le gambe, così come i fianchi, fasciati da chiari pantaloni color ocra, si stava avvicinando all’orologiaio quando questi aprì gli occhi, lasciando sprofondare l’uomo nel  mare brillante delle sue iridi.
 
-La batteria è danneggiata, è da sistemare, perde qualche secondo… immagino tu sia qui per questo.-
 
L’uomo annuì serio, non si era minimamente accorto di quel difetto a dir poco trascurabile ma era lieto che gli avesse risparmiato di prendere qualche bastonata. Guardò meglio il ragazzo che adesso era tornato a studiare l’orologio e che sicuramente doveva aver riconosciuto la mano del suo creatore. Doveva avere poco più di vent’anni,i lineamenti erano delicati,  leggermente affilati ed infantili ma lo sguardo profondo, insondabile. I capelli chiarissimi si erano tinti del colore del grano maturo sotto la luce tremula della candela,  così come la pelle marmorea adesso si beava delle sfumature ambrate e calde della fiamma. Evan si diede dello sciocco per averlo scambiato per un vecchio, rimanendone incantato, cosa che non sfuggì allo sguardo del più piccolo che adesso stava appoggiando l’orologio da taschino sul tavolo da lavoro e recuperava un pezzo di carta ingiallita.
 
-Siamo chiusi per tutta la settimana, ma per un lavoro simile ci impiegherò si e no una mezz’ora, passi anche domani, lascerò come oggi la porta aperta.-
 
Evan venne riportato alla realtà dalla voce pacata e fredda del ragazzo che si era messo a scribacchiare distrattamente.
 
-Per il costo non ha da preoccuparsi…-
 
Mormorò infine, sempre tenendo lo sguardo fisso sul foglio. Evan si avvicinò al ragazzo cautamente, indeciso se parlare o meno
 
-Se vuole posso aspettare qui fuori, se come dice si tratta di poco …-
 
Non ebbe il tempo di finire la frase che il ragazzo gli scoccò un’occhiataccia. Aveva recepito il messaggio, sarebbe passato l’indomani.
 
-Sotto che nome?-
 
Il giovane adesso aveva assunto un tono piuttosto seccato e aveva spostato lo sguardo dal foglio all’uomo.
 
-Evan Norwood.-
 
Rispose prontamente l’avvocato rinfilandosi il cappotto e guardando il ragazzo annuire e borbottare qualcosa
 
-Scusi?-
 
Chiese Evan concentrandosi sulla  voce del ragazzo che era ritornato a guardare altrove
 
-Io sono Ael Torsten. Piacere di fare la vostra conoscenza.-
 
 
 
 
 
 



 
 
 NDA:
Buonasera! Notando che questa storia era piaciuta particolarmente (rispetto alle altre) ho deciso di darle una bella sistemata X°D
NE AVEVA UN URGENTE BISOGNO!
So che non è il massimo, probabilmente qualcosa mi è sfuggito, avrò tempo per ricorreggerla in futuro, so anche che il cliché (ditemi che l'ho scritto correttamente, vi prego...) del seme che sbatte contro il tavolo l'uke ormai ha rotto... ma a me piace davvero troppo per eliminarlo ;A;
Perciò spero che chi ha già recensito, non sia offeso dal mio correggere i capitoli senza cancellare la storia di sana pianta ma semplicemente modificando i capitoli precedenti e vi auguro una buona (ri)lettura! <3
Gene
 
 
  
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