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Autore: Diemmeci    15/10/2013    3 recensioni
«Hai bisogno di aiuto?», un ragazzo mi sta venendo incontro, ma non riesco a vedere il suo volto per via del sole che mi sta accecando.
«Sono caduta e temo di essermi slogata la caviglia», informo il ragazzo, il quale riconosco all’istante e sobbalzo per la sorpresa.
Jensen Ackles. Seguo Supernatural da una vita ed ho sempre avuto una cotta per lui. Sento le guance prendere fuoco ed abbasso lo sguardo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jensen Ackles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ventiduesimo capitolo.

Il mattino seguente mi sveglio in preda all’ansia, a causa di un incubo che mi ha perseguitata per tutto l’arco della nottata. Mi stiracchio e, una volta che avvenimenti della sera precedente iniziano a riaffiorare nella mia mente, il senso di colpa torna a farmi visita. Probabilmente perché non ho lasciato a Jensen del tempo di spiegarmi come sono andate realmente le cose, quindi mi sento io la ragione principale per quale ci troviamo in questa terribile situazione.
«Buongiorno» Camilla, la quale non avevo sentito entrare in camera, compare alla fine del letto, rivolgendomi un sorriso. «Sono stata io a svegliarti? Non sto molto attenta quando pulisco, mi cade sempre qualcosa dalle mani».
Scuoto la testa e ricambio il sorriso, poggiandomi con la schiena alla spalliera del letto. «Ho fatto un incubo» le spiego, «non ho sentito nessun rumore, stai tranquilla».
«Meglio così» borbotta. «A proposito, sono venuta qui per dirti che in salotto c’è Jensen che vorrebbe parlarti e…»
«Cosa?» la interrompo, sbalordita dalla notizia. «E adesso?»
«Se mi avessi lasciata finire, magari adesso sapresti cosa fare» mi rimprovera, cercando di mascherare un sorriso. «Dicevo, Jensen è in salotto e vorrebbe parlarti, ma io gli ho detto che stavi dormendo e lui mi risposto che avrebbe aspettato tutto il tempo necessario».
«Non ci credo» sussurro, gli occhi sbarrati per la sorpresa. «E secondo te dovrei andare a parlagli? Adesso?»
«Lo sai come la penso» si stringe nelle spalle. «Fa’ un po’ come ti pare, io sarei andata subito. Non so tu».
«Vado» mormoro tra me e me. «Altrimenti non usciremo più da questa situazione e, detta sinceramente, non ne posso più».
«E allora vai» mi incinta. «Josè è uscito e lo stesso stavo per fare io. Devo fare dei giri e avrete casa libera per un po’» spiega velocemente. «Avete tutto il tempo per chiarire».
Dopo qualche secondo di esitazione annuisco. «Okay» mi alzo dal letto e, guardando la mia immagine riflessa allo specchio, faccio una smorfia. «Forse è meglio che mi dia una sistemata. O no?» mi rivolgo a Camilla.
Mi lancia un’occhiata che, se avesse potuto, mi avrebbe incenerita all’istante. «Stai bene, e non credo che gli importi molto il tuo aspetto».
«Mmmh» brontolo.
«Non voglio sentire lamentele» sbuffa. «Sei grande, prenditi le tue responsabilità ed affronta questo problema» mi squadra, le mani sui fianchi e il piede che batte per terra a ritmo. «Ci siamo intese?»
«Si, mamma».
«Stai usando del sarcasmo con me?» alza un sopracciglio, ridacchiando. «Io vado di là e gli dico che stai arrivando. Esco subito, sono in ritardo».
«Allora ci vediamo dopo» alzo leggermente l’angolo della bocca.

Quando raggiungo la sala, scorgo Jensen seduto sul divano, intento a fissare la televisione spenta. Prendo tutto il coraggio che ho in corpo e mi avvicino silenziosamente.
«Ehi» dico, cercando di tenere la voce ferma, distaccata. Non devo far trasparire nessuna emozione o sarà la fine.
Jensen sobbalza al suono della mia voce e, velocemente, si alza dal divano e si volta verso di me. I suoi occhi sono spenti, privi di emozione. Probabilmente sta usando la mia stessa tattica. «Ciao» fa un cenno con la mano. «Mi dispiace di essere venuto senza avvertire, ma avevo bisogno di parlarti».
«Non preoccuparti» mordo il labbro inferiore, trattenendo l’irrefrenabile istinto di abbracciarlo e dirgli che andrà tutto bene. «Hai dormito a casa mia stanotte?» chiedo per allontanare quel pensiero.
«Veramente no» risponde. «Non ho dormito granché, forse due ore in tutto e in macchina. Ho girato per Roma e non ho fatto altro che pensare».
La sua sincerità mi lascia senza parole. L’istinto di abbracciarlo torna e per placarlo il più possibile mi avvio verso la cucina, allontanandomi da lui.
«Ho bisogno di un cappuccino» invento una scusa sul momento. «Vuoi qualcosa anche tu? Camilla e Josè hanno la dispensa piena di cibo».
«No» rifiuta, sedendosi poi sullo sgabello che si trova accanto la porta. «Ho mangiato un cornetto prima di salire, ma grazie comunque».
Mi stringo nelle spalle e bevo un sorso del liquido, tornando poi a pensare lucidamente da quando abbiamo iniziato a parlare.
 «Non possiamo evitare l’argomento per sempre» prende di nuovo parola Jensen, «quindi credo sia meglio parlane adesso e togliersi questo peso».  
«Io non ho niente da dire» mi affretto a dire. «Non sono stata io ad aver baciato qualcun altro mentre stavo con te».
«Hai ragione» ammette, «ma sono stato baciato, questa è una bella differenza. Non trovi?»
«Si» sussurro. «Ma quando lei ti ha baciato, quando hai capito la sua intenzione, l’hai scansata subito o prima hai ricambiato?»
Sembra esitare, facendomi intendere che la risposta è la seconda opzione. «Non so che cosa mi sia preso» prova a giustificarsi. «Anche allora amavo te, come ti amo adesso, ma forse l’ho dimenticato».
«L’hai dimenticato» mormoro schifata tra me e me. «Non puoi dimenticare una cosa del genere, cazzo!»
«Lo so» abbassa lo sguardo sul pavimento, sembrando pentito per ciò che ha fatto. «E mi dispiace da morire, non immagini nemmeno quanto».
«Anche a me dispiace» sento gli occhi pizzicare e mi volto di scatto, poggiando le mani sul bancone di marmo.
Nella cucina cala un silenzio carico di tensione, tristezza e chissà cos’altro che non riesco a identificare. Tutte emozioni che mi stavo tartassando. Il mio respiro si fa irregolare e delle calde lacrime rigano le mie guance.
«Non piangere» Jensen si è avvicinato a me. Mi stringe la vita con le mani e, probabilmente per farmi capire che è qui solo per me, fa aderire il suo corpo al mio e canticchia una melodia al mio orecchio.
Non riesco a trattenere una risata. «Smettila» sussurro.
«Perdonami» la melodia continua e un sorriso compare sulle mie labbra, il primo dalla sera precedente. «Ti prometto che non accadrà mai più una cosa del genere».
Mi volto a guardarlo e, slanciandomi, mi siedo sul bancone e asciugo il mio viso dalle lacrime. Jensen poggia le mani sulle mie cosce e si insinua tra esse, facendo aderire una seconda volta i nostri corpi.
«Non fare promesse» lo ammonisco. «Sono la prima a pensare che non servano a nulla, tutti possiamo sbagliare e dispiace a me per essermi comportata così».
«Tu non hai colpe».
«Si, invece» ribadisco. «Se ti avessi lasciato spiegare, probabilmente adesso non ci troveremmo in questa situazione».
«Mmmh» bacia la punta del mio naso. «Non è niente a confronto di ciò che ho fatto io, Rach. Mi sento un verme. Non avrei mai voluto che accadesse questo».
Dopo qualche secondo di silenzio, prendo parola e tutto quello che riesco a dire sono due parole che aspettava con ansia di sentire. «Ti perdono».

«Siamo a casa!» la voce di Josè risuona improvvisamente per l’appartamento e, agitata, guardo Jensen e capiamo entrambi di star per fare una figuraccia.
Dopo aver fatto pace ci siamo lasciati trasportare dalla passione e abbiamo fatto l’amore. E rifatto di nuovo. Velocemente, raccolgo da terra il pigiama che indossavo fino a un’ora prima e cerco di indossarlo ma, proprio mentre penso di essercela scampata, entra in stanza Josè e lancia un urlo dopo averci visti nudi.
«Josè!» esclamo indignata, finendo di vestirmi ed uscendo fuori dalla camera. Vado in salone e lo trovo a ridere insieme a Camilla, distesi entrambi sul divano. «Potevi almeno bussare!»
«E io che ne sapevo che stavate facendo sesso?» tenta di mascherare un sorriso, invano.
Alzo gli occhi al cielo e punto le mani sui fianchi. «Potevi immaginarlo» scoppio a ridere non riuscendo più a trattenermi. «Sei il solito cretino».
«Sempre» mi fa l’occhiolino, tornando tutt’un tratto serio e capisco che vuole sapere cosa è accaduto.  «Andiamo in terrazza? Vorrei parlarti».
Annuisco, seguendolo all’esterno e sorridendo mentre passo davanti Camilla. Se adesso tutto è risolto è anche grazie a lei.
«Cosa sai già?» sospiro, sedendomi sul dondolo.
Josè afferra una sedia di legno bianca e la posiziona davanti a me. «Vediamo un po’» fa schioccare la lingua sul palato e riprende parola solo dopo qualche istante. «Camilla ha tentato di spiegarmi cos’è successo, ma non ho capito granché».
«Victoria ha baciato Jensen» riassumo velocemente, accorgendomi che fa male pensarci anche se abbiamo risolto. «Io mi sono arrabbiata parecchio e, mentre camminavo senza una meta precisa, ho incontrato Camilla che mi ha portata qui».
«Mmmh» mugugna, il mento poggiato sul una mano chiusa a pugno e lo sguardo serio. «Non mento sul fatto che vorrei entrare e spaccargli la faccia» riprende parola, «ma non mento nemmeno se ti dico che non lo farò».
«E ne sono felice» sospiro, «abbiamo risolto adesso».
«A quanto pare si» appura. «Spero solo che sia l’ultima volta che debba sentire una cosa del genere, altrimenti non saprò trattenermi se dovesse accadere di nuovo».
«Lo spero, Josè» accenno un sorriso. «Adesso basta parlare di me, di Jensen e del nostro rapporto. Piuttosto, parliamo di te e del matrimonio!»
«Me la sto facendo sotto» dice terrorizzato. «Ho paura di non riuscire ad essere un buon marito per Camilla, mi spaventa parecchio questo pensiero».
«Credo sia normale, sai?» stringo la sua mano tra la mia. «Non riesco ancora a credere che ti sposerai, mi sembra un sogno».
«Già».
«Non sono sicura che riuscirò a trattenere le lacrime» mormoro, «sono così emozionata che piangerò anche prima della cerimonia».
Josè si siede accanto a me, stringendomi forte. Non ha bisogno di parlare per farmi capire ciò che vorrebbe dirmi. Questo abbraccio parla da solo.

Una volta tornati a casa mia, facciamo appena in tempo a fare una doccia che il campanello suona ripetutamente. Raggiungo frettolosamente la porta (indossando solo una vestaglia, precisiamo), e la apro senza nemmeno chiedere chi è, rimanendo a bocca aperta.
«Sorpresa!» mia madre è sulla soglia che mi sorride,visibilmente impaziente di entrare e stritolarmi in uno dei suoi abbracci. «Non mi fai entrare?»
La faccio passare e chiudo la porta. «Mamma, non mi aspettavo per niente una tua visita» dico.
«Se Josè non mi avesse avvertita che eri tornata, adesso non sarei qui» assume un tono di rimprovero, ma so che sotto è felice di vedermi. «Ma non fa niente, hai troppe cose da fare per pensare anche alla tua mamma».
Ridacchio, abbracciandola forte. «Non pensarlo nemmeno» sputacchio i capelli di mia madre che mi sono finiti in bocca, facendo smorfie alquanto ridicole. «Ci sarai anche tu al matrimonio di Josè?» le chiedo una volta sciolto l’abbraccio.
Annuisce, entusiasta. «Mi ha chiamata proprio per invitarmi. Sono così felice che si sposi, il piccolo Josè ormai sta diventando un uomo».
«Già» passo la lingua tra le labbra secche. «Jensen sta finendo di fare la doccia ed io devo ancora vestirmi, quindi ti dispiace se corro a mettere qualcosa addosso e ti raggiungo?»
«Mettici tutto il tempo che vuoi» strofina una mano sulla mia schiena e mi sorride dolcemente. «Avevo in programma di rimanere qui a cena, tra poco ci avrebbe raggiunte anche tuo padre, ma c’è anche Jensen e non so se sei d’accordo».
«Certo» il mio entusiasmo è evidente. «A patto che cuciniate tu e papà, stasera non sono proprio in vena di fare nulla».
«Affare fatto» mi fa l’occhiolino e si dirige in cucina.
In compenso, io vado in camera mia e indosso maglia piuttosto larga verde e dei pantacollant neri. Da sotto il letto scovo un paio di ballerine, sempre dello stesso colore della maglia, e le indosso velocemente. Lego i capelli in una coda di cavallo e metto un filo di mascara, giusto per dare un po’ di vita al mio viso.
«Sono tornata» qualche istante dopo torno in cucina e trovo mia madre intenta a cucinare e Jensen che ride alle sue battute. «Ehilà, mi sentite?» sventolo la mano davanti al volto di entrambi.
«Come sei vestita carina» mia madre tenta di farmi un complimenti, ma non è mai stato un asso in questo campo. Apprezzo comunque il suo enorme sforzo.
«Grazie» le sorrido. «Allora, che cosa stai preparando di buono? E papà tra quanto pensi che arriverà?»
«Sto facendo gli involtini ripieni di sedano e carota, poi pensavo di fare anche delle salsicce» mi informa. «Maurizio sta arrivando, dagli tempo».
«Va bene» le rubo da sotto gli occhi una carota sbucciata e la mordo, ridacchiando. «Sono felice che tu sia qui».
«Anche io, tesoro» mi rivolge un altro dei suoi dolci sorrisi e poi torna a cucinare.

 
Spazio autrice:
Non ho scuse per l'enorme ritardo che ho fatto.
Ho avuto problemi col pc e personali, troppi compiti e lo sport occupa molto tempo.
Scusatemi, mi sento in colpa e so che è una mancanza di rispetto verso di voi
perchè perdete del tempo  a leggere la mia storia.
Un bacione! ♥

Diemmeci.
 
  
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