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Autore: Amartema    16/10/2013    7 recensioni
Dall’altra parte c’ero io, con una madre che potrei definire la versione femminile e degenerata di Buck, lei vittima di uno stupro e costretta a mantenere il frutto di quella violenza: me. Ero ormai abituata ai suoi sguardi, ogni volta che mi osservava, sapevo che in me vedeva il suo stupratore, sapevo che era costretta a rivivere all’infinito quell’evento, conoscevo ormai il suo odio, palpabile sulla mia pelle. Io che involontariamente le facevo ritornare alla mente l’inferno, un inferno che puntualmente mi ritornava addosso triplicato in potenza.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Animi inversi




Ero nuovamente seduta contro quel divano, il tessuto in pelle aderiva fastidiosamente alle parti scoperte del mio corpo. Le voci di Robert e Jeremy che provenivano dall’esterno erano inconfondibili, come era inconfondibile Robert e le sue critiche nei riguardi dell’altro.  Quel chiasso era contrastato dal mio stesso respiro, unico rumore presente nella stanza; un respiro lento e profondo, sforzato per ritrovare la calma e mettere fine a quel pianto. Ero abituata a tutto questo, a ogni aspetto della mia esistenza e ogni suo evento spiacevole ma ora una cosa era sicura: l’unione degli eventi era il mio limite.
Jeremy, con alle sue spalle ancora la voce di Robert, si preoccupò di fare un ingresso particolarmente violento, merito della porta sbattuta contro la parete.

« Alzati, andiamo a fare un giro. »

Nonostante il suo ingresso turbolento e la sua agitazione, la voce del ragazzo era avvolta da una particolare calma, proprio come la sua espressione. Ero ancora preda di quei respiri profondi e di quelle lacrime che incontrollate ancora scendevano, tagliando le mie guance e per questo riuscii a rispondere solo con un cenno negativo del capo.

« Ti ho detto alzati, andiamo al lago. »
« Ed io ti ho detto di no. Mi spiegate perché nessuno di voi riesce a lasciarmi in pace? »

Fu solo un attimo e mi ritrovai praticamente sollevate da Jeremy, come un sacco ero stata caricata sulla sua spalla. Le mie gambe ciondolavano contro il petto del ragazzo mentre la mia faccia era ad un filo dalla sua schiena. Naturalmente non gli resi la cosa facile, condendo tutto con calci e schiaffi, oltre un numero considerevole di insulti: tutto egregiamente ignorato da Jeremy, il quale era concentrato solo sui propri movimenti.
Mi ritrovai presto trasportata lungo il corridoio del locale, sotto gli sguardi di Robert e Michael, ormai arresi alla situazione e a Jeremy. Ma le loro figure divennero presto lontane, come lo stesso corridoio e poi lo stesso locale. Osservavo il pub mentre mi arresi anche io a Jeremy, lasciandomi trasportare proprio come un sacco smorto; a condire quella particolare passeggiata c’era solo il mio respiro e quello affannato del ragazzo, costretto a trasportare il mio peso.
Credo che quei dieci minuti furono i più lunghi della mia esistenza: per la prima volta il silenzio tra me e Jeremy non era complice, era pura tensione.
Venni abbandonata contro le assi marce e cigolanti del vecchio molo, una zona ormai frequentata solo da me e Jeremy, proprio a causa di quella struttura traballante. Ero immobile, ferma come proprio lui mi aveva lasciata: seduta contro quelle assi umide. Sentivo il suo sguardo proprio contro di me, sguardo che non riuscii a ricambiare come non fui capace di dire una sola parola: ero immobile a fissare l’acqua del lago.

« Non sei la solita tipa che per una stupidaggine scoppia a piangere, mi dici che succede? »

Silenzio. Era solo quello che riuscivo ad offrirgli in quel momento: un silenzio pregno di segreti innominabili, pensieri e domande da non porgere. In fin dei conti lo sapeva anche lui, lo percepiva e presto ad unirsi al mio silenzio ci fu anche il suo. La sua presenza bastava per farmi avvertire tutte le incognite che scorrevano nella mente di Jeremy. Non era sua prerogativa arrendersi, così si sedette al mio fianco, talmente vicino da riuscire ad avvertire i suoi jeans che toccavano i miei ma non bastò neanche quel tocco per distogliere il mio sguardo dall’acqua immobile del lago.

« Se è così che vogliamo passare la giornata, sappi che non mi preoccupa, Jessica. »
« E’ così complicato rimanere da soli in questo schifo di città? »
« Vuoi davvero cacciarmi via? Metà del problema l’ho capito, sto solo cercando di capire pazientemente l’altra metà. »
« Jeremy, dammi la chiave del rifugio. »
« Solo se mi dici il problema. »
« Ti ho detto di darmi la chiave del rifugio. Cazzo. »

Allungai leggermente la mano sinistra con il palmo rivolto verso l’alto: un gesto pretenzioso che attendeva di accogliere quella semplice chiave. Il mio sguardo era ancora altrove, sapevo che guardare lui sarebbe significato cedere alla sua richiesta ma in quel momento era l’ultima cosa che desideravo. Non giunse la chiave ma ciò che colpì il palmo fu un tocco morbido e premuto, donato dalle labbra di Jeremy. Un bacio, seguito da un debole sussurro, rilasciato contro la pelle della mia mano, così vicino da riuscire a sentire il respiro caldo del ragazzo impattare contro la carne.

« Una volta eravamo l’uno il rifugio dell’altro. »

Quelle parole erano così vere da riuscire a spiazzarmi. Lui era ancora il mio rifugio ed io ero ancora il suo, con l’aggravante che lui era per me anche la cosa più preziosa della mia insulsa esistenza. Scossi leggermente il capo e accennai un debole sorriso, rifugiando presto il mio volto sotto il mento dell’altro.

« Guarda che non è cambiato nulla, ho bisogno solo di una pausa, Jeremy. »
« In tal caso, prendi le chiavi e vai. Io ti raggiungerò questa sera. »

Niente altro: al posto del suo bacio mi ritrovai presto ad impugnare le chiavi richieste. Lo abbandonai lì, al lago, incamminandomi con calma verso la vecchia e trasandata magione. Evitai la città senza pensarci due volte, preferendo percorrere il sentiero in periferia che spaccava la zona boschiva. Quella lunga passeggiata mi permise di fare ordine ai miei pensieri, di ripensare a mia madre e alla decisione che mai più sarei tornata a mettere piede in quella casa; pensai agli eventi della giornata, arrivando a reputarmi una stupida: non era da me reagire in quel modo, non era da me scoppiare a piangere così facilmente e fuggire senza neanche aver provato a comprendere o chiarire. Arrivai al rifugio con una chiara e limpida decisione: parlare a Jeremy non appena mi avesse raggiunta; non erano ben chiare le parole che avrei usato ma questo al momento non contava, ciò che desideravo fare era solo riposarmi.

Il rifugio mi accolse con la sua complice oscurità e l’ adorabile silenzio. Non mi preoccupai neanche di accendere una delle piccole lampade, il buio era quello che i miei occhi bramavano, oltre a quel malandato divano sul quale mi lasciai presto cadere. Un profondo sospiro determinava ora la sensazione che riuscivo a provare in quell’istante: pace. Sarei rimasta lì per sempre, nascosta in quella sorta di cantina maleodorante e spoglia, ero cosciente che quel poco mi sarebbe bastato per essere felice, per sempre.
Fu un rumore di passi a lasciar scivolare via la tanto agognata serenità. Ero nuovamente tesa, seduta sul bordo del divano e cosciente del fatto che probabilmente qualcuno stava per scoprire il rifugio. Non ci volle molto per comprendere che in realtà quei passi non giungevano dall’esterno ma dall’interno della casa, terminando nel momento esatto in cui la piccola porta in cima alle scale di legno, si spalancò, rivelando un uomo sulla soglia. Osservai quella figura, la luce alle sue spalle mi impediva di studiare i tratti del volto, l’unica cosa cerca era che la paura mi aveva resa immobile e il battito del mio cuore riuscivo ad avvertirlo in gola.

« Tutta questa umidità ti farà male alle ossa. Sali, Jèjè, ti offro qualcosa di caldo. »

Bastò quel “Jèjè” per rivelare l’identità di quell’uomo in cima alle scale: Buck.




NOTA DELL'AUTRICE: Ci sono un paio di cose che modificherò nei prossimi giorni,
si tratta di puri mutamenti nella forma che non mi convincono.
Tuttavia vi lascio il capitolo, oggi non è una giornata
particolarmente positiva e l'unica cosa che posso
reputare tale è questo capitolo.
Come sempre un abbraccio ai miei lettori:
senza di voi, probabilmente non continuerei.

Vi lascio i miei contatti:
Pagina facebook : Contessa Amartema
Gruppo Facebook : Spoiler, foto, trame delle mie storie.
Ask : Inutile specificare, no?

Altra romantica in corto : Wait in the fire.

Inoltre, la mia mente malata e quella di Malaria, ricordano che:
   
 
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