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Autore: ElfaFelpata    16/10/2013    2 recensioni
La fuga di Sirius e l'ospitalità dei Potter.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia Black, Famiglia Potter, James Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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“Non ti voglio più vedere in questa casa!” urlò la donna a conclusione dell'ennesima discussione.

“Ti accontento subito. Non vedevo l’ora che me lo dicessi” ribatté il figlio, correndo verso la sua stanza. 

Salì le strette scale due alla volta e, affannando, tirò fuori il grosso baule da sotto il letto. Lo buttò sul materasso e lo aprì con uno scatto sonoro. Iniziò a riempirlo con qualsiasi cosa trovasse, dai vecchi libri, a pergamene consumate fino a farlo quasi esplodere con la quantità di vestiti accartocciati buttati dentro. Lo chiuse violentemente, cercando di non fare uscire maniche di magliette, calzini o piume. 

“Cosa fai?” sentì la voce secca del fratello alle sue spalle.

“Non vedi? Me ne vado”

“Non essere drastico, Sirius. Mamma non l’ha detto letteralmente”

“Oh si invece, caro Regulus-perfetto. Io non ho la minima intenzione di rimanere qui dentro un minuto di più” rispose il ragazzo brusco, guardando gli occhi del fratello, una volta così simili ai suoi, ora invece freddi e distaccati.

“Ah si? Cosa credi di fare? Lo sai che non ti proteggeranno una volta fuori di qui”

“NON HO BISOGNO DELLA LORO SCHIFOSA PROTEZIONE” urlò di rimando l’altro.

“Come farai a sopravvivere una volta che non farai più parte di questa famiglia?”

“Io non faccio già più parte di questa ‘famiglia’” rispose orgoglioso Sirius, mimando delle virgolette mentre pronunciava la parola finale. 

“Lascialo andare” 

La voce glaciale di Orion arrivò alle orecchie dei fratelli che si voltarono verso il padre. L’uomo, alto, con folti capelli corvini, osservava il maggiore con rassegnazione, odio e disprezzo. Si incolpava di non essere stato abbastanza duro con lui, di non averlo picchiato a sufficienza, di non averlo punito adeguatamente. Posò lo sguardo sul minore e i tratti del viso si distesero. Lui si che era il suo orgoglio. Si rivolse a lui con voce più affettuosa “Vieni Regulus, la cena è quasi pronta”

Scese le scale lentamente, con passi regolari e leggiadri. Il figlio minore lo seguì verso la cucina. Prima di girare l’angolo, si voltò verso Sirius, rimasto immobile in cima alle scale con il baule in una mano e la scopa nell’altra. Lo guardò come lo guardava quando erano piccoli, con affetto, con una punta di orgoglio e invidia.

Il maggiore dei Black lo guardò prima allibito e poi scosse la testa, dicendosi di aver visto male. Mentre il ragazzo spariva dietro l’angolo del muro, Sirius sbuffò e si diede dello sdolcinato fantasioso. Era impossibile che Regulus fosse dispiaciuto per quella situazione e che fosse fiero della sua scelta. Semplicemente impossibile.

Scese i gradini rumorosamente, facendo picchiare il baule ad ogni passo. Gli oggetti gettati alla rinfusa in esso non facevano che aumentare il frastuono e l’eco si espanse per tutto l’atrio.

Mise la mano sulla maniglia e la abbassò.

“Dove credi di andare?” la voce stridula di Walburga gli perforò un orecchio.

“Non sono affari tuoi”

“Sirius, torna subito qui. Non ti azzardare ad uscire da quella porta”

“Cos’è? Una minaccia? Cosa potresti fare? Mi hai, anzi, mi avete” si corresse “già rovinato la vita abbastanza”

“Come ti permetti?” la voce della donna raggiunse tonalità udibili solo dai pipistrelli “Se esci da quella porta non sarai più il benvenuto in questa casa”

“Perché, cara mammina, lo sono mai stato?” chiese il ragazzo, sbattendo le ciglia, fintamente estasiato.

“Sparisci, brutto ingrato bastardo! Non ti permettere mai più di mettere piede qui dentro! Non ti voglio mai più vedere”

“Quanti dolci complimenti. Tranquilla, nemmeno io ci tengo a rivedere la tua brutta faccia!” rispose a tono Sirius, mentre usciva di casa. Si sbatté il pesante portone alle spalle. Sentiva ancora le urla della madre dietro lo spesso muro.  

Si strinse nel giubbotto di pelle nero. Era una tiepida serata di inizio estate. Non faceva freddo, ma lui fu scosso da un brivido. Si guardò intorno e solo in quel momento si rese conto di non avere una meta. Camminò per parecchi metri, trascinandosi faticosamente dietro il baule e iniziò a pensare alle sue alternative. Per primo gli venne in mente James, ma subito si ricordò che era in vacanza con i genitori in Spagna e non sarebbe tornato fino al giorno seguente. Subito dopo l’immagine di Remus gli aleggiò in testa, ma se la scacciò nel giro di pochi secondi. Lunastorta aveva già troppi problemi, tra la sua maledizione e il dover prendersi cura della madre malata non poteva certo aggiungersi la preoccupazione che sicuramente avrebbe provato per lui e la sua drastica situazione familiare.

Gli venne in mente il quarto Malandrino, Peter. Eliminò subito questa alternativa, che in realtà non era nemmeno contemplata. Non avrebbe sopportato solo la presenza di Codaliscia per tutta un’estate. Non che fosse malvagio, ma era troppo servizievole e dipendente da lui e James. Lui in quel momento aveva bisogno di una persona che lo spronasse, gli desse anche del cretino, ma che si confrontasse ed avesse delle idee. E quella non era la descrizione di Peter, ma di James. 

Le sue riflessioni furono interrotte da schiamazzi e musica provenienti da un pub poco distante. La porta si aprì e ne uscì un gruppo di ragazzi che scherzavano e si tiravano pugni e pacche amichevoli sulle spalle. Tutti si accesero una sigaretta ed iniziarono a chiaccherare e a ridere, facendo battute demenziali. 

Sirius si avvicinò a uno di loro e chiese, indicando la sigaretta “Scusa, ne avresti una anche per me?”

“Certo, bello”

“Grazie” 

“Di nulla. Tutto bene? Perché sei in giro con un baule?”

“Sono scappato di casa”

“Figo!”

“Già.... Figo” confermò, poco convinto. 

“Ehi Mark, quello con cui parli è in giro con una scopa” rise un ragazzo dietro di loro. Il giovane che aveva dato a Sirius la sigaretta, si girò verso l’amico e si mise a ridere.

“Qualche problema, tappo?” lo aggredì Black.

“Oh, oh... calma. Tieni, prenditi questa birra e vai via. Non vogliamo casini”

Gli mollò in mano una bottiglia di vetro verde con un liquido giallastro con un’etichetta che recitava ‘Tennent’s Super’.

Sirius alzò le spalle e si allontanò ciondolando. Decise di andare comunque da James, lo avrebbe aspettato fuori da casa finché non fosse rientrato dalle vacanze. Si mise a cavalcioni sulla scopa, cercò di fissare il baule tra lui e il manico e volò, pericolosamente, verso villa Potter, nelle campagne poco distanti da Grimmauld Place.

Arrivò davanti al grande cancello di ghisa e scese dalla scopa. Posizionò il baule appoggiandolo al muretto, e si sedette al suo fianco. Prese la sigaretta e la birra e le guardò sospettoso. Si ricordò di aver visto i ragazzi accendere quel bastoncino con uno strano aggeggio che creava fuoco. Aprì il baule e cercò dei fiammiferi. Li aveva sempre dietro quando andava a Hogwarts, per qualsiasi evenienza. Li trovò in fondo, incastrati tra il calamaio e una canottiera. Accese la sigaretta ed inspirò. Il fumo gli andò nei polmoni e lui iniziò a tossire con foga. Fece un secondo tiro e un altro attacco di tosse lo colpì. Sbuffò, la spense e gettò il mozzicone. Prese in mano la birra e bevve un sorso di liquido. Il suo viso si contorse in una smorfia disgustata. 

“Come fanno a bere questa roba?” si chiese, ad alta voce. Tornò a guardare la bottiglia e notò che era una bevanda alcolica, così fece spallucce e se la scolò in pochi sorsi. Nel giro di qualche minuto la fantasia iniziò a vagare in diverse direzioni. La testa iniziò a girare e Sirius chiuse gli occhi. Si rese conto che in quel modo anche il buio iniziava a muoversi per conto suo. Risollevò le palpebre e prese una felpa nel baule, lo richiuse e si accovacciò sull’erba, con l’indumento appallottolato sotto la testa. Chiuse gli occhi e davanti a sé si fecero spazio le immagini della freddezza di suo padre, della rabbia di sua madre e della rassegnazione di Regulus. Un’immensa tristezza lo avvolse e, prima di cadere in un sonno agitato, una fugace lacrima gli solcò il viso. 

 

 

***

 

Sirius fu svegliato da una luce potente che lo accecò. Strinse gli occhi irritato e se li coprì con una mano, facendosi ombra. Tastò il terreno sotto di sé e si rese conto di trovarsi su una superficie morbida. Strano che a casa sua ci fosse così tanta luce. Di solito le tende uccidevano i raggi solari. Non si rese conto subito di non essere nel suo letto. Piano piano si ricordò di quanto successo la sera prima e scattò a sedere in un attimo. Dov’era? I suoi l’avevano rintracciato? L’avevano riportato a casa con la forza? La testa gli girò vorticosamente e si dovette appoggiare con la schiena alla testata del divano dove era precedentemente sdraiato. 

Si guardò intorno. Quella non era casa sua, era troppo poco tetra per esserlo. Il divano su cui era seduto era di un arancione vivo, splendente, e i cuscini variavano tra le tonalità del blu e del beige. Un grande tappeto marrone si estendeva sotto i piedi nudi di Sirius e davanti a lui una enorme vetrata si apriva sulle colline inglesi, illuminate dal caldo sole che salutava allegro il ragazzo, annunciando il nuovo giorno. 

Ecco da dove veniva tutta quella luce. Sirius si trovò a sorridere spontaneamente davanti a quel panorama. 

“Oh, buongiorno!”

Il ragazzo sobbalzò sentendo una voce alle sue spalle. Si voltò e vide il viso squadrato di James Potter. La mascella tracciava un profilo netto e contrastava fortemente con il naso fine all’insù e con le labbra sottili. Gli occhi color nocciola erano protetti da lenti rotonde contornate da una montatura molto ingombrante e i capelli erano, come sempre, spettinati e corvini. 

James sorrise e gli si formò una piccola fossetta nella guancia sinistra, dove una pungente barba spuntava titubante. 

“Ciao Ramoso...” rispose con voce roca, impastata dal sonno “Che ore sono?”

“É quasi mezzogiorno, principessa. Vuoi farti una doccia prima di pranzo? Papà e mamma sono fuori a cucinare della carne sul barbecue”

“Posso?”

“Ti serve un permesso firmato dai tuoi? Certo che puoi!!” rise l’altro. 

Il bel volto di Sirius si oscurò e James si rese conto di non essere stato molto brillante. 

“Scusa, battuta pessima” 

“Tranquillo. Il mio baule?”

“Oh, mamma l’ha sistemato con la scopa in camera tua. Ha già lavato e steso i tuoi vestiti”

“Ma non...”

“Non provare a dirmi che non avrei dovuto, Sirius” 

Una voce angelica li fece voltare. Un enorme sorriso bianco occupava gran parte del viso, gli occhi, color nocciola come quelli del figlio, guardavano il ragazzo con affetto. I lunghi capelli castani scendevano ribelli da una alta coda, tenuta su da un grande mollettone azzurro.

“G-Grazie, signora Potter” 

“Di nulla. Vai di sopra a lavarti. Ci sono già dei vestiti di James piegati sul tuo letto. Indossa pure quelli mentre i tuoi si asciugano” rispose gentile, per poi rivolgersi al figlio “Gli fai strada tu? Non vorrei che si perdesse”

“Mamma, non è mica una reggia”

“Ma lui non c’è mai stato”

“D’accordo! L’avrei accompagnato comunque” sbuffò Ramoso.

“Veloci, il pranzo è quasi pronto” urlò Dorea ai ragazzi che stavano già salendo le scale.

“Se se... Allora Felpato, cosa mi racconti?” andò all’attacco James.

“Mmm... Non saprei. L’unica novità che ho è quella di essere scappato di casa” fece spallucce l’altro.

“Beh, devo dire che non è una cosa da poco”

“Già..”

“Com’è successo?” chiese, circondando le spalle dell’amico con un braccio.

“Litigata furiosa e Walburga che mi urla di andarmene. E io l’ho presa alla lettera” riassunse Sirius.

“Non è che sei stato troppo precipitoso?”

“No” rispose, secco.

“Oooook. Quando sarai pronto a discuterne... Beh, lo sai” gli diede un pugno leggero sulla spalla. James non era una di quelle persone che diceva le tipiche frasi sdolcinate tipo ‘Sai che sono qui’, ‘Ti voglio bene’, ‘Puoi contare su di me bla bla bla’. Era il tipo di ragazzo che agiva e basta. Ti dimostrava di esserci, senza troppi giri di parole.

“Si, lo so” fu la risposta di Sirius. Lui lo era ancora meno.

“Ti devo raccontare un sacco di cose della mia vacanza! Siamo andati in questo villaggio turistico nel Sud. Posto STRATOSFERICO, davvero. Dovremmo tornarci tutti insieme! Ho incontrato questa ragazza... Mmm, Felpato, non hai idea! Uno schianto! Capelli biondi boccolosi, faccia lunga, non come un cavallo eh! Lunga bella... Fine! Con questi occhi verdi favolosi, come quelli di Lily! A proposito, Lily? Non la vedo da troppo! Beh, comunque le tette di questa ragazza. Mai viste così, Sir! Una sera eravamo.....”

James era partito con il suo interminabile monologo, ma Sirius questa volta non lo ascoltava. Pensava all’accoglienza dei signori Potter, che non avevano fatto nessuna domanda ma lo avevano ospitato senza fare storie. Probabilmente Ramoso aveva spiegato loro la situazione, ma questo non cambiava la loro immensa gentilezza. Se un amico di Sirius, o anche di Regulus, fosse stato trovato ubriaco ed addormentato davanti al cancello di casa, con baule e scopa, i suoi genitori l’avrebbero o lasciato fuori, o portato direttamente nel reparto psichiatrico del San Mungo.

Il corridoio in cui stavano passando era pieno di mobili e di fotografie appese ai muri. Le cornici erano tutte di diversa forma e dimensione. Alcune rotonde, altre rettangolari, altre strette e lunghe con molte foto all’interno e altre quadrate o ovali. Insomma, una varietà. Le immagini all’interno raffiguravano per lo più James. James appena nato, James con i nonni materni e un’altra con quelli paterni, James con gli zii e i cugini, James che si metteva in varie pose facendo facce buffe, James sulla scopa, James con i genitori, James sul vasino, James con il loro defunto cane, James con il loro nuovo cucciolo. James, James ovunque. 

La foto che colpì Sirius fu la più grande, appesa sul muro che chiudeva il corridoio. Un’enorme cornice dorata ospitava un’immagine dove una numerosa famiglia salutava sorridente il fotografo. Sullo sfondo si ergeva un giardino ed una fontana, illuminati dalla forte luce solare. Al centro due sposi ridevano sguaiatamente e si baciavamo felici. Il ragazzo notò, sul lato sinistro, James in mezzo ai genitori. L’amico sorrideva e dava un bacio sulla guancia alla madre, che indossava un lungo vestito elegante. Dall’altro lato il padre, un uomo brizzolato con spessi occhiali quadrati, li guardava con amore e con gioia. 

Sirius sentì uno strano calore dentro di sé. Allora era quello il ritratto di una vera famiglia. Si girò verso James che stava gesticolando, raccontando il suo bacio con la fantomatica ragazza spagnola.

“Ramoso...” sussurrò.

“...E quindi, insomma, siamo andati a fare un giro per le vie del paesello. Mano nella mano, ovvio. Ad un certo punto mi arriva un pugno in pieno viso. Ti rendi conto? Questa pazza era fidanzata! Era arrivato il fidanzato e mi ha preso a pugni! Un comune Babbano e io alla fine sono....”

“Ramoso!” chiamò a voce più alta.

“Cosa? Lo sai che non mi puoi interrompere il mio flusso di racconto!” rispose, indignato.

“Non sei obbligato a tenermi qui. Io sono venuto ieri sera perché sei stato il primo che mi è venuto in mente, ma posso mandare un gufo a zio Alphard e vado da lui a Dublino. Oppure prendo una stanza a...”

“Mi hai bloccato per questo?” interruppe a sua volta “Felpato. Non c’è nessun problema se resti, davvero. Mi fa piacere, sei come un fratello. Il tuo trasferimento qui lo rende solo più ufficiale”

“Si, ma stando qui vi potrei mettere in pericolo, se i miei hanno intenzione di cercarmi”

“Tu credi che lo faranno?”

“No. Non credo”

“Allora non c’è nemmeno il rischio. E poi mi conosci, non sarebbe un problema. Nel caso, ti proteggeremo. Insomma, i miei sono due Auror” sorrise, fiero.

“Grazie, Jamie”

“É un piacere, bello. Dai ora entra, fatti una doccia. Questa è la tua camera, dentro c’è anche il bagno” indicò una porta, per poi mostrarne un’altra “Invece la mia stanza è questa a destra, ti aspetto in giardino”

Detto questo lo lasciò lì, solo. Sirius appoggiò la mano sulla maniglia e la inclinò verso il basso. Fece un sospiro ed aprì la porta. Entrò in un’ampia stanza con le pareti verde acqua e i mobili color panna. Un grande letto si ergeva davanti a lui. Le lenzuola erano marroni e i cuscini variavano dalle tonalità del legno a quelle verdi dei prati. Alla sinistra del letto c’era una libreria colma di tomi che lasciava spazio ad un angolo per la lettura composto da un morbido, enorme guanciale ricoperto, a sua volta, di altri cuscini delle stesse tonalità del letto. Sopra quell’angolo riflessivo un’ampia finestra si affacciava sul lato est della casa. Da lì si vedeva la rotonda piscina e gli anelli di un piccolo campo da Quidditch. Sirius fece un passo verso la seconda porta che doveva nascondere il bagno. I suoi piedi toccarono una superficie liscia. Fin troppo liscia. 

Il ragazzo guardò ai suoi piedi e notò, con orrore, che il pavimento era ricoperto di parquet e non di moquette come casa sua. Avrebbe dovuto prestare molta attenzione a non graffiarlo e a non cadere.

Entrò in bagno e rimase a bocca aperta anche in questa stanza. Era bellissima. Un lungo ripiano in legno ospitava due lavabi rotondi e capienti. In fondo un tappeto color crema era sovrastato da una poltrona della stessa tonalità e, alla sua sinistra una doccia a terra era separata dal resto da un pannello di marmo scuro, dove erano affissati degli appendini per gli asciugamani. Davanti al ripiano con i lavabi e lo specchio si trovava un’ovale vasca da bagno incastonata in una piattaforma di legno scuro.

“Wow. Buon gusto, signora Potter” sussurrò Sirius, avvicinandosi al lavandino. Sfiorò con la punta delle dita la superficie del legno ed alzò lo sguardo. 

Si vide riflesso nello specchio. Osservò la sua immagine. Era un bel ragazzo, forse quella era l’unica realtà positiva ereditata della sua famiglia. I lunghi capelli scuri gli incorniciavano il viso dai lineamenti delicati. Era sbarbato, le sue labbra e il suo naso avevano dei tratti femminili, dolci. L’unica caratteristica particolarmente maschile erano le folte sopracciglia, ereditate da suo nonno. Per ultimo Sirius incrociò i suoi stessi occhi. Grigi, con delle sfumature nere che creavano un senso di smarrimento, di profondità. Glaciali. Notò in essi dei sentimenti di dolore, ma anche di speranza.

La domanda gli sorse spontanea: ‘Sto vivendo un sogno? Ho avuto davvero il coraggio di lasciare tutto?’

La risposta gli arrivò da una voce al piano di sotto “Felpato! Muoviti o la carne diventa fredda!”

“Arrivo!” urlò verso la porta.

‘Si, Sirius Black. Da oggi cambi vita’ pensò il ragazzo, sorridendo alla sua immagine.


 

SPAZIO AUTRICE:

Ho pensato di mettervi i link dei luoghi e di Sirius e James. Almeno vedete come me li sono immaginati e se li ho descritti bene;)
Grazie per aver letto, spero sia piaciuta!

Sirius: http://www.pinterest.com/pin/485474034802955264/ (Lo so che lui ha gli occhi neri, ma per me è il Sirius perfetto) 
James: http://www.pinterest.com/pin/485474034802955267/ 
Angolo lettura nella camera di Sirius: http://www.pinterest.com/pin/485474034802159293/
Bagno di Sirius: http://www.pinterest.com/pin/485474034802283549/
  
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