CAPITOLO
2: “SOLO UN MALINTESO”
Jace avrebbe
ricordato quella prima lezione di Pozioni per tutto il resto della vita.
Per l’Angelo, quel
professore era davvero orribile! Per non parlare del fatto che probabilmente
non si lavava i capelli dai tempi della Rivolta e questa cosa urtò il ragazzo
forse anche più di tutto il resto.
Come se non bastasse,
quando aveva detto che agli Shadowhunters era permesso assentarsi dalla
lezione, lo aveva annunciato con un tono che più che un’informazione sembrava
una minaccia di morte, tanto che tutti i ragazzi erano rimasti inchiodati al
proprio posto, ammutoliti.
Poi, pareva avercela
a morte con quel ragazzo… Harry Potter.
Hermione invece era
una super secchiona e per fortuna ogni volta era riuscita a rispondere alle
domande del professore guadagnando così qualche punto. Quel Piton non si sprecava certo a dare punti
ai Grifondoro, mentre abbondava con i Serpeverde.
Ron gli aveva riferito
che era il direttore di quella Casa e li favoriva sempre, cosa che negli anni
aveva portato gli studenti del Grifondoro ad odiarlo sempre di più.
Dopo quella lezione,
i ragazzi furono bloccati dalla professoressa McGranitt in corridoio, che disse
loro che quella mattina, avrebbero avuto
la prima lezione del loro corso: erboristeria.
A quanto pareva, i
maghi avevano una materia chiamata “Erbologia” e la professoressa che la
insegnava aveva messo a disposizione una delle sue serre.
Ad ogni modo, prima
della loro lezione, avrebbero avuto un’ora con una certa professoressa Cooman,
aveva detto Ron a colazione; cosa insegnasse quella donna, questo non lo
sapeva.
Gli studenti di
Hogwarts li condussero attraverso un groviglio di scale che cambiavano da sole
e di corridoi ed infine arrivarono in cima ad una torre, nella quale dovettero
entrare attraverso una botola servendosi di una scala a pioli.
Subito un forte odore
di incenso invase le narici di Jace.
“Per l’Angelo, non
sarà mica un’altra ciarlatana fissata con la chiromanzia?”, pensò il ragazzo
non appena vide il modo in cui era adornata l’aula.
Qualche istante dopo,
si udì un’ultraterrena voce femminile che diceva loro di sedersi in coppie per
ogni tavolo.
Gli studenti abituali
presero i loro soliti posti, Alec ed Isabelle si sedettero insieme in un
angolino e l’unico posto vuoto che Jace notò fu uno sgabello in terza fila
attorno ad un tavolino che già era occupato da… Clary.
Il ragazzo le si
avvicinò e prese posto maledicendo mentalmente Alec per essersi seduto con la
sorella anziché con lui.
Quando prese posto,
Clary roteò gli occhi al cielo.
«Sono contento che la
mia compagnia ti faccia tanto piacere», ironizzò il ragazzo.
Lei sfoderò un
sorriso di plastica. «Come potrebbe essere altrimenti?», disse con evidente
sarcasmo. «Questo posto mi ricorda la casa di Madame Dorothea», aggiunse poi.
Jace sogghignò.
«Già, ha il sapore
dei ricordi, non trovi?».
«Oh, sì, signor “io odio i cetrioli e il bergamotto, quindi
niente Earl Grey”».
«Però, Fray, che
memoria».
«Ti ho già detto di non chiamarmi così!», sbottò la ragazza.
«Oh, giusto,
preferisci Morgenstern?».
Clary lo fissò con
sguardo furente, ma il loro battibecco fu interrotto dai richiami stizziti di
due ragazze, entrambe di Grifondoro, che occupavano il tavolo accanto al loro.
«Silenzio! Seguite
Divinazione!», e detto questo si voltarono nuovamente con aria corrucciata.
Jace alzò un
sopracciglio.
«Dio, pensavo che non
potessero esistere persone veramente interessate a questa spazzatura».
«Zitto, prima che ti
sentano!», lo ammonì Clary.
E detto questo, la
lezione cominciò.
[…]
Ci mancò poco che
Clary non si addormentasse sul banco, era così stanca a causa della notte senza
sonno, che avrebbe davvero potuto addormentarsi lì.
Il suo dolce
dormiveglia fu interrotto da un dolore acuto al piede, perché quell’idiota di
Jace glielo aveva pestato.
Stava per voltarsi e
sbraitargli contro qualcosa di molto scortese, quando si accorse di due enormi
occhi azzurri che la fissavano da dietro delle lenti esageratamente grandi.
Era la professoressa
Cooman, avvolta in un tripudio di foulard e scialli colorati e pieni di
perline, tanto che quando si muoveva si poteva sentirne il tintinnio.
«Trovi interessante
la lezione, mia cara?», chiese la donna con voce lontana.
«Io… ehm… sì, molto!»
esclamò Clary, imbarazzatissima.
Jace si voltò
dall’altra parte cercando di soffocare una risata, ma la ragazza lo udì
ugualmente e ricambiò il pestone al piede.
Lui si irrigidì.
«Puoi darmi la tua
mano, Cacciatrice?».
«La mia… perché?».
«Ma per leggerla, è
ovvio!».
Splendido.
Clary le porse la
mano con riluttanza e la professoressa Cooman la afferrò più saldamente di
quanto si sarebbe aspettata.
Anche Jace si chinò
in avanti.
«Potrebbe comunque
non vedere niente, dato il tuo blocco mentale», le sussurro in modo che solo
lei potesse sentire, ma Clary lo scacciò via come se fosse una zanzara
fastidiosa.
«Oh, cara! Tu sei in
pericolo! Corri un grande rischio qui!».
La ragazza ritrasse
svelta la mano e guardò Jace, che osservava la professoressa Cooman tra
l’arrabbiato e l’annoiato.
«Ma per favore!»,
sibilò.
La donna ora guardò
lui. «Pensi che non sia vero, ragazzo?», lei prese a forza la mano di Jace, che
la osservò tra lo stizzito ed il ferito, come se si sentisse violato, e poi proseguì: «Tu stesso
sarai convolto e vi troverete in un pericolo mortale!».
Jace tirò indietro la
mano e si alzò di scatto.
«Questo corso
decisamente non fa per me!».
Detto questo si mise
la giacca in spalla e si avviò a grandi passi verso la scala a pioli, sparendo
dalla vista della classe attonita.
Clary non sapeva cosa
fare; per diversi secondi rimase immobile al suo posto, poi si decise a seguire
Jace, farfugliando un imbarazzato “Mi scusi”, alla professoressa Cooman.
Quando la ragazza
arrivò all’ingresso della botola si guardò intorno, ma lui era già sparito.
Aveva dimenticato quando dannatamente veloce riuscisse ad essere quel ragazzo.
Svoltò di corsa un po’ di corridoi finché non andò letteralmente a sbattergli
contro.
Lui l’afferrò
prontamente in una presa salda.
«Perché così
trafelata?», le chiese a pochi centimetri dal suo volto.
«Ti stavo cercando».
«Beh, direi che mi
hai trovato».
Clary era
imbarazzata, adesso non sapeva più cosa dire. Ci pensò lui a toglierla
dall’impiccio.
«Sai che hai proprio
una brutta cera oggi?».
«Tu sei sempre tanto
gentile, vero?».
Jace si esibì in uno
dei suoi soliti sorrisi strafottenti da togliere il fiato. «Chiedevo soltanto.
Sembra che tu non abbia chiuso occhio stanotte».
«Infatti, penso di
aver dormito solo mezz’ora».
«E perché?».
«Io… diciamo che non
amo stare sottoterra».
«In che senso?».
«La sala comune dei
Serpeverde è nei sotterranei e insomma… non è il massimo».
Jace ghignò.
«Lo sai che dalla
Casa di Serpeverde sono usciti i più grandi maghi oscuri della storia del mondo
magico? Me lo ha detto Hermione».
«Chi?».
«La ragazza che
stamattina ha risposto a tutte le domande di Piton».
«Oh. Beh… non è una
buona cosa che io sia finita lì allora, no? Insomma… vuol dire che ho qualcosa
che non va… forse è a causa di mio padre», lo disse più che altro come se fosse
una domanda.
«Tu non hai nulla che
non vada, se non l’altezza di un folletto».
Clary gli lanciò uno
sguardo omicida.
«Ehi, non guardarmi
in quel modo; è vero! Non credo di aver mai visto qualcuno della tua età che
fosse tanto basso… ».
«La vuoi piantare!?».
Jace scoppiò in una
fragorosa risata e Clary fece per allontanarsi, ma lui la bloccò per un polso,
facendola voltare nuovamente.
«L’ho detto io sul
treno, che eri permalosa». Poi parve farsi più serio «Come mai mi sei corsa
dietro?», le chiese.
«Quella donna, quello
che ha detto… non so, è inquietante».
«Non l’avrai mica presa
sul serio; è una ciarlatana!».
«Beh, il preside mi
sembra uno sveglio, non credo che l’avrebbe assunta se lo fosse… ».
Jace fece spallucce.
«Facciamo un giro?».
«Cosa?».
«Sì, vediamo la
scuola, insomma… abbiamo deciso di non seguire Divinazione, perciò abbiamo quasi
un’altra ora prima di erboristeria».
«Io penso che mi
perderei dentro questa scuola da sola».
«Oh, avanti! Prima o
poi dovrai imparare a muoverti, qui dentro!».
Clary sbuffò.
«Va bene, ma se
finiamo in qualche posto in cui non dovremmo essere, darò la colpa a te!».
«Tanto non possiamo
far perdere punti alle nostre Case… o sì?».
«Certo! Altrimenti
non ci avrebbero smistato, razza di genio che non sei altro!».
«Ehi! Attenta a come
parli, Fr… Clary», si corresse all’occhiataccia della ragazza.
I due ripercorsero la
strada inversa e si trovarono nuovamente nella Sala d’Ingresso, all’entrata dei
sotterranei.
«Ti va di visitare il
parco? Così controlliamo dove sarà la lezione di erboristeria».
Suo malgrado, Clary
sorrise; Jace aveva il disturbo ossessivo-compulsivo di avere sempre tutto
sotto controllo: persino lì, al sicuro dentro un castello lontano migliaia di
kilometri da Valentine e Sebastian, voleva sapere esattamente dove andare per
seguire una lezione.
«Va bene».
Camminarono con
calma, scendendo i gradini di pietra che davano sul grande parco e si avviarono
verso le serre.
«Ci si potrebbe
perdere davvero qui».
«Non finché resterai
con me», la prese in giro lui, ostentando, come sempre, il suo spiccato senso
dell’orientamento, cosa che a Clary mancava completamente.
«Che freddo… »,
commentò lei sovrappensiero, mentre camminavano per i giardini che si
stendevano a perdita d’occhio.
«Cos’è, un modo
indiretto per dire che vuoi un abbraccio?», come al solito, Jace aveva sempre
la risposta pronta.
Clary lo fissò di
traverso.
«No, se volessi un
abbraccio decisamente non verrei da te».
Negli occhi del
ragazzo per un momento guizzò un lampo.
«E allora da chi
andresti? Dal biondo ossigenato con cui parlavi ieri sera?».
«Draco Malfoy? Ma per
favore. E poi… perché tutto quest’interessamento? Non sarai mica geloso, Herondale… ?».
«Geloso io? Tsé, ti
piacerebbe. È solo che in fin dei conti tu sei una dei nostri, una
Shadowhunter, mi sembra doveroso metterti in guardia dalle cattive compagnie».
«Ammesso e non
concesso che io frequenti cattive compagnie… tu sei stato quello che ne ha
aperto la strada».
Jace parve ferito.
«Ma guardala… io ho
rischiato la vita per salvarti, mesi fa! E anche più di una volta; come se non
bastasse poi, anche quello psicopatico di tuo padre ha cercato di farmi
fuori!».
Il ragazzo si pentì
di quelle parole nel momento stesso in cui gli uscirono di bocca, ma ormai era
troppo tardi per tornare indietro.
Clary si sentì punta
sul vivo, arrestò subito la sua marcia, ed il suo sguardò si incupì
immediatamente.
«Io… Clary, mi
dispiace, non intendevo dire questo… », cercò di giustificarsi.
«Però lo hai detto».
«Sì, l’ho detto».
«Per quanto possa
valere per te questa cosa… l’unico padre che io conosco è Luke. Non Valentine.
L’unico padre che io conosco è l’uomo che mi ha cresciuta e non quello che ha
provato a distruggere tutto ciò che amavo».
Qualcosa negli occhi
di Jace parve addolcirsi, ma solo per un momento.
«Lo so, Clary».
Camminarono in
silenzio per qualche altro minuto, poi arrivarono alle serre.
«La nostra serra
dovrebbe essere la numero tre; eccola lì», disse Jace indicandone una. Così i
due proseguirono ed entrarono.
Una volta dentro,
Clary notò il ragazzo ridere sotto i baffi.
«C’è qualcosa di
divertente che mi sfugge, per caso?».
«Potrei sentirmi
molto ferito, Clarissa Morgenstern, non ricordi l’ultima volta in cui siamo
stati in una serra insieme?».
Clary si sentì
avvampare improvvisamente.
E che diamine, stava
scherzando?! Perché ora riportava a galla certi ricordi?
Jace, vedendo la
ragazza sgranare gli occhi e arrossire di colpo, scoppiò in una fragorosa
risata.
«Tu! Razza di…!», ma non riuscì a trovare il termine adatto.
«Sì? Sto aspettando…
cosa sono?», lui sembrava sempre più divertito.
«Un vero imbecille! E te lo dico dal profondo del
mio cuore».
Il sorrisetto di Jace
si allargò ancora di più, se possibile.
«Sembri una gattina
esagitata che rizza il pelo».
«Me ne torno al
castello!», sbottò Clary a quel punto.
Stava correndo via
quando si sentì afferrare per il gomito.
Era già pronta a
sputare in faccia a Jace una delle sue solite battute velenose, quando si
ritrovò davanti Draco Malfoy e per un momento rimase impietrita.
«Che stai facendo?»,
gli chiese con una rabbia nella voce appena controllata.
Al fianco del ragazzo
ce n’erano altri due: uno erano i suoi due tirapiedi; Clary
li aveva visti a cena la sera precedente, se aveva capito bene, si
chiamavano Tiger e Goyle, ma la ragazza non avrebbe saputo dire chi fosse l’uno
e chi l’altro.
«Ti avevo messo in
guardia da quelli del Grifondoro, Clarissa… non dovresti frequentare certa gentaccia», disse in tono altezzoso.
Clary quasi non ci
vide più dalla rabbia anche perché tutto in Malfoy, dai capelli biondi che
quasi sembravano bianchi, al modo imperioso di parlare, le riportava alla mente
Valentine.
Jace, che l’aveva
inseguita e aveva assistito alla scena, si stava facendo avanti a grandi falcate,
con tutte le intenzioni di spaccare la faccia a Malfoy, ed inoltre, come se non
bastasse, i Grifondoro che prima erano a lezione con la Cooman e un gruppetto
di Tassorosso, si stavano dirigendo da quella parte. Divinazione doveva essere
terminata.
“Dannazione…”.
Clary pensò in
fretta; non poteva certo permettere a Jace di cacciarsi nei guai fin dal primo
giorno attaccando una rissa con uno studente, anche piuttosto in vista nel bene
e nel male, di Hogwarts. D’altro canto non poteva nemmeno passare lei per una
stupida, dando l’impressione di essere la classica damigella in difficoltà.
Così, prese il
braccio di Malfoy, sperò non troppo forte, fece trazione in modo da girargli il
braccio e piegò la schiena in avanti. Il ragazzo staccò i piedi da terra e
Clary lo sollevò, facendogli fare una sorta di capriola a mezz’aria e infine,
il biondo si schiantò a terra di schiena, un secondo prima che Jace gli fosse
addosso.
Tutto, nel parco,
rimase immobile per un istante.
Jace la guardava
sbalordito, così come Alec ed Isabelle che stavano accorrendo, probabilmente
per bloccare l’amico, e tutti gli studenti di Hogwarts nei paraggi fissavano
Clary a bocca aperta.
La rossa, da parte
sua, disse soltanto: «Grazie, ma sono grande abbastanza per decidere con chi
voglio passare il mio tempo».
Un attimo dopo filò
via, verso la serra numero tre, più veloce di un razzo.
“È fatta, sarò
espulsa”, continuava a pensare mentre correva velocemente lungo il parco senza
guardarsi indietro.
Entrò nella serra
precipitosamente, spaventando a morte una donna dai capelli grigi che, a quanto
pareva, sarebbe stata la loro insegnante di erboristeria.
«Oh, per l’Angelo, ma
insomma! Clary, un po’ di modo!», esclamò la donna portandosi una mano
all’altezza del cuore.
Clary la fissò,
costernata. Riconobbe all’istante quella donna.
«Amatis!».
Sì… era proprio la
sorella di Luke.
[…]
Quando Jace entrò
nella serra, sulla scia di Clary, si trovò faccia a faccia con Amatis
Herondale: la prima moglie di suo padre, nonché sorella di Luke.
«Amatis?».
«Oh, bene, sono
contenta che voi ragazzi non abbiate dimenticato il mio nome; sembra che non
sappiate dire altro!».
«Tu insegni qui?!»
«Già, e non sono
l’unica Cacciatrice che vedrete girare per i corridoi di questo castello;
pensavate forse che i maghi si sarebbero messi ad insegnarvi le rune,
l’erboristeria per l’uso che ne facciamo noi e i combattimenti? Noi non siamo
qui per agitare bacchette! E poi Luke mi ha detto di tenervi d’occhio», disse
lei in tono pratico.
In quel momento entrò
il resto della classe, così lasciarono cadere l’argomento.
Era la prima lezione
interamente di Shadowhunters; i maghi erano entrati nella serra accanto alla
loro per la lezione di Erbologia.
Jace avrebbe voluto
parlare con Clary riguardo a ciò che era accaduto poco prima nel cortile con
Draco Malfoy, ma non appena provò ad aprire bocca, Amatis lo fulminò con
un’occhiataccia che gli fece desiderare di essere da tutt’altra parte.
La lezione cominciò e
la sorella di Luke si dimostrò essere davvero ferrata riguardo all’utilizzo
delle piante, sia per scopi medicamentosi, sia
per utilizzarle in pozioni di altro genere.
Quando l’ora
trascorse, i ragazzi uscirono velocemente dalla serra e Jace prese Clary da
parte; insieme a loro si fermarono anche Alec ed Isabelle.
«Si può sapere cosa
diavolo è successo prima?», chiese quest’ultima in tono molto animato.
«Niente; è stato solo
un malinteso… », si mise sulla difensiva la rossa.
«Sì, ma… come hai
fatto a lanciarlo in aria in quel modo?», prese parola Jace, in tono più calmo
rispetto alla sorella adottiva.
«Che intendi? Sono
una Shadowhunter anch’io!», esclamò lei, con aria ferita.
«Sì, ma tu non hai mai ricevuto un vero
addestramento e quella mossa… beh, diceva proprio il contrario!», continuò il
biondo.
«Luke mi ha
addestrata. Dopo quello che è successo a Renwick con Valentine e lui che se l’è
filata con la Coppa Mortale, insomma… la miglior difesa è l’attacco, no? E Luke
era uno Shadowhunter prima di essere morso».
Jace si passò una
mano sul mento, con fare interessato.
«Bene bene, e chi
l’avrebbe mai detto… ci sarà da divertirsi durante gli allenamenti!».
Clary lo guardò di
traverso, mentre Isabelle ed Alec continuavano a fissarli incuriositi.
Poi, Jace si
stiracchiò con aria soddisfatta, flettendo i suoi muscoli ben delineati e
lasciando intravedere un pezzo di pelle scoperta tra l’orlo della maglietta e
l’inizio dei jeans.
Era stato deciso che
agli Shadowhunters era consentito indossare abiti normali, tranne durante le
ore di addestramento, durante le quali avrebbero dovuto mettere la classica
divisa da battaglia.
Il ragazzo notò Clary
distogliere in fretta lo sguardo dalla pelle scoperta del suo addome e con un
sorriso compiaciuto disse: «Ora di pranzo, sto morendo di fame», così, il
gruppetto si riavviò verso il castello per la pausa pranzo.
NOTE:
Ed eccomi qui con il
secondo capitolo di ItD! Allora… che ve ne pare? Spero abbiate apprezzato e che
continuerete a seguirmi!
Intanto ringrazio
tutte le persone che hanno recensito il primo capitolo e che hanno inserito la
mia storia tra le preferite e tra le seguite!
A mercoledì prossimo!