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Autore: tomlinsonssgirlfriend    16/10/2013    1 recensioni
"Era la mia droga. La mia fottuta dipendenza. Senza di lui non sapevo stare."
[Presa dalla storia.]
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero stanca. Solo e unicamente stanca.
Di cosa?
Beh, ero stanca di tutto e di tutti. Tutti avevano un qualcosa contro di me, che neanche io stessa potevo immaginare. Avevano tutti una strana ‘allergia’ nei miei confronti.
Sapevo che spesso ero antipatica, ma solo perché in 18 anni della mia vita ho solo sofferto.
Non credo più nell’amore per colpa di un ragazzo. Un ragazzo che mi ha fatto provare le pene dell’inferno, ma che mi ha fatto essere anche la ragazza più felice al mondo.
Un ragazzo ‘cattivo’, il cosidetto ‘Bad-Boy’ che tutte cercano. Ma lui era diverso. O almeno, così avevo capito fino a quando quel giorno, quel maledetto giorno pronunciò quelle stupide e inutili parole.
 
-Mi piace un’altra.- Mi disse tramite messaggio.
-Mi aiuti? Vorrei fidanzarmi con lei.-
 
Rimasi sconvolta. Per l’ennesima volta delusa. Delusa da quello che credevo essere l’amore della mia vita.
Lui non sapeva, non poteva sapere la fitta che il mio cuore prese per la centesima volta.
Era possibile soffrire così tanto per un ragazzo che non ti aveva dato nulla, ma solo dolore?
 
Stavo malissimo. E lo sono stata per molto tempo. Per troppo.
Avevo iniziato a farmi del male. Ogni giorno andavo a scuola con sempre più graffi, lividi e tagli ovunque. Dalle braccia alle gambe. Ma naturalmente, mi tenevo tutto dentro, fino ad esplodere in un mare di lacrime, davanti al primo che mi capitava davanti.
Ero diventata pazza. Pazza, di lui.
 
Era la mia droga. La mia fottuta dipendenza. Senza di lui non sapevo stare.
 
Ma mi faceva stare male. Ma spesso mi chiedevo come potevo rifiutare un amore così forte.
 
Mi ero stancata di dargli possibilità.
Aveva sprecato anche l’ultima.
L’ultima speranza. Quella che avrebbe fatto diventare me e lui, un fottutissimo ‘noi’.
 
 
 
Mi svegliai di sobbalzo. Erano giorni che andava avanti così.
Ma quelle mattine erano diverse. Mi svegliavo in pieno sonno e iniziavo a dire il suo nome. Avevo solo quello in testa. Ma com’era possibile?
 
La sera precedente lo intravidi in un pub. Ero lì con delle mie amiche.
L’avevo dimenticato. Mi ero ripromessa di dimenticarlo, anche se sarebbe stato difficile, lo so. Ma dovevo farlo. Dovevo, altrimenti sarei stata male, di nuovo.
 
-Hope, vengo da te tra 10 minuti.-
Era Amber. La mia migliore amica.
 
-Okay, ti aspetto.-
 
In realtà, non ero pronta. Non lo ero. Non lo potevo essere, avevo appena finito di soffrire come un cane che viene maltrattato dal padrone. E lui, era il mio padrone.
 
Quel ‘lui’ che mi faceva sognare ogni volta che me lo ricordavo.
Oh cazzo.
No, Hope, no. Continuavo a ripetermelo, ma non c’era verso.
 
Lo amavo e rivederlo anche quella mattina mi avrebbe distrutto.
 
Suonarono alla porta.
Era Amber.
 
“Oddio! Hai gli occhi gonfi. Tesoro, che succede?”
“Lui.”
“Mi dispiace. Ma ora fatti bella e andiamo a fare un po’ di shopping.”
“E se lo incontro?”
“Ignoralo. Lui non merita le tue lacrime, ti sta spegnendo di giorno in giorno. E non posso lasciarglielo fare.”
“Ti voglio bene.”
 
Mi abbracciò e io feci lo stesso, stringendola più forte usando quella poca forza che mi rimase in corpo.
 
Una volta vestita uscimmo e arrivammo appena in tempo al centro commerciale.
Era il mio preferito perché aveva degli abiti che mi facevano esaurire la carta di credito, ogni volta che ci andavo.
 
“Guarda quel vestito! E’ fantastico! Ehi ma.. costa 345 dollari. Okay, tutto d’un tratto, mi fa schifo.” Disse Amber.
Lei sapeva sempre come farmi sorridere, ed è per questo che era la persona più importante della mia vita.
 
Le estremità della mia bocca si abbassarono. Come se avessi visto un fantasma.
No, era qualcosa di peggio.
 
Un ragazzo dai capelli scuri, con un ciuffo biondo e la barbetta ‘attraente’, si fece fronte dinanzi a me.
No, non poteva essere di nuovo lui.
 
“Ehi Hope!” urlò.
 
Cazzo, no, no. Ora che faccio. Pensai.
 
“Ciao..”
“Che succede?”
“Nulla. Come va Zayn?”
“Tutto bene. A te?”
“Mai stata meglio.”
 
Mentivo. Come ogni volta in cui mi chiedevano come stessi.
Volevo urlargli: “STUPIDO STO MALE PER TE!”.
 
Ma non solo non avrei potuto farlo, ma non avrei nemmeno avuto il coraggio.
Ero troppo scombussolata da quell’incontro maledetto.
 
“Dovremmo ricominciare a vederci.” Disse.
“Si, certo.”
“Che ne dici di stasera?!”
“Credo che sarebbe perfetto.”
“Allora vengo a casa tua alle 8.”
 
Ma cosa avevo fatto?
La mia stupida boccaccia. Tutta colpa sua. Dovevo starmi zitta, ora avrei ricominciato a stare male e quelle ferite che si erano cicatrizzate, sarebbero riemerse come una palla nell’acqua.
Io ero la palla. Che veniva trasportata da una parte all’altra dal vento, senza sapere la mia vera destinazione, la mia vera meta.
 
“Cosa cazzo hai fatto?” Mi urlò Amber dal salone.
“Cosa ho fatto? Cosa? L’ho riavuto.”
“Riavuto un corno. Hope..”
“Ho sbagliato, lo so, ma non posso farci nulla. Avrei voluto tanto dirgli di no, ma i suoi occhi color ambra mi fissavano speranzosi.”
 
Si mise una mano nei capelli.
 
“Io ti ho avvisata. Se poi soffri, io te l’ho detto.”
“Almeno provarci.”
“Provaci, non posso impedirtelo.”
 
Finalmente. Un sorriso comparì sulla mia faccia ormai rovinata dalle lacrime acide.
Vidi i miei denti comparire come non mai.
 Il motivo? sempre lui.
 
Tutto verteva su di lui. Lui era il mio centro principale. Il mio unico esempio da seguire.
O forse no.
 
Stavo iniziando a pentirmi man mano che le otto si avvicinavano.
Intanto, mi preparavo, mi lavavo, mi ‘facevo bella’ per il primo incontro con lui.
 
E se ero solo una ragazza su cui poggiarsi e non una ragazza da amare?
Avrei sofferto di nuovo.
 
Okay, era una routine soffrire, l’avevo capito. Non ero ancora pronta ad ascoltare il mio ‘istinto’, anzi, non lo seguivo; per niente.
 
“Sei bellissima.” Mi disse Amber squadrandomi dalla testa ai piedi.
“Grazie.”
 
Suonarono.
Oh no.
Oh no.
 
Stavo per compiere un errore.
Forse l’errore più bello della mia vita.
 
“Ehi! Sei bellissima.”
 
Arrossii. Non erano parole che il cosidetto ‘bad-boy’ poteva permettersi di dire. E ne ero lusingata.
 
“Grazie mille.”
“Te la riporto subito.” Disse facendo un occhiolino ad Amber.
Lei si limitò a sorridere.
 
Mentre io mi sentivo solo a disagio.
 
“Ora ti porto in un posto.”
“Ovvero?”
 
Mi indicò un enorme ristorante che fiancheggiava alla mia sinistra.
Spalancai gli occhi.
 
“Ma costerà un bordello.”
“Tranquilla.”
 
Il solo pensiero che mi avrebbe offerto una cena che sarebbe costata all’incirca 100 dollari, beh, mi faceva venire i brividi.
Chissà se aveva usato questa tecnica anche con altre ragazze.  Pensai.
 
“Siediti, ora ti offriranno il migliore cibo della città.”
“Si presenta bene la serata a quanto pare.” Dico io sistemandomi sulla sedia accanto al tavolo.
Eravamo seduti uno di fronte all’altro e ci capitava spesso di far incontrare i nostri sguardi.
Ma la cosa peggiore è che quegli sguardi erano accompagnati da:farfalle nello stomaco, eccitazione, disagio e amore.
 
Sapevo a cosa andavo incontro, ma non ne ero molto consapevole.
Ero più nel mondo della fantasia in quel momento.
 
La serata andò bene, tra risate e chiacchiere.
 
Raccontammo un po’ la nostra vita dopo che ci “lasciammo”.
Lui era cambiato, era diventato più maturo.
Mentre io mentii.
 
“Sono stati i mesi più belli della mia vita.”
“Sono contento per te. Ora se mi vuoi scusare, vado a pagare il conto e torno subito.”
 
Lo ammetto. Volevo scappare, correre via di lì.
Anzi, sarei voluta correre da lui, saltargli addosso e strappargli quel bacio che non sono mai riuscita a strappare.
Mi incuriosiva, era cupo, misterioso, ma allo stesso tempo era dolce e comprensivo. Un po’ lunatico, come me in fondo.
 
“Dove vuoi andare ora? Andiamo al parco?”
Mi limitai ad annuire. Come sempre.
 
Ci sedemmo sul prato, era estate perciò non era bagnato dalla pioggia.
Mi sdraiai e iniziai a vedere le stelle.
Erano una più bella e piccola dell’altra.
Lui fece lo stesso, ma con meno attenzione, spesso si voltava verso di me e mi fissava, come se stesse pensando a qualcosa che aveva a che fare con la mia persona.
 
“Non sei mai cambiata.” Disse all’improvviso, rompendo il silenzio imbarazzante che si era creato.
“In che senso?”
“Hai sempre gli stessi capelli biondi spettinati, gli occhi pieni di sofferenza, come se ti mancasse qualcosa. I vestiti sempre in ordine. Sei rimasta quello che eri. Ed è per questo che mi piaci.”
 
Oh cazzo.
No.
Il rossore tendeva a diventare sempre più acceso sulle mie guance.
Troppo acceso.
 
“Grazie.” Dissi fredda.
“Sei congelata. Interiormente. Ora ti scongelo per bene.”
 
Si avvicinò di più a me, poggiandosi su un solo braccio e ritrovandosi di fronte a me.
I suoi occhi fissavano i miei, anche troppo.
Non distoglieva mai lo sguardo.
 
Iniziai a tremare, era sempre questa la reazione che aveva su
 me. Farfalle nello stomaco. Agitazione. Insomma un’insieme di emozioni inspiegabili, ma che in fondo in fondo mi piacevano e anche tanto.
 
Si stava avvicinando sempre più.
Sentivo il suo respiro a momenti sorpassare le miei labbra.
 
“Pronta?” Mi chiese. Come se dovessi affrontare un cambiamento.
“Sì, pronta.”
E mi baciò.
 
  
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