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Autore: SabakuNoKatrine    16/10/2013    4 recensioni
[ God save the Parentlock ]
Sherlock e John si ritrovano ad indagare su un caso all'apparenza molto semplice che si rivelerà più intricato di quanto potessero immaginare: nascondendo insidie e complotti ma anche una piccola, paffuta sorpresa che stravolgerà le loro vite.
[ Long Parent!lock, ambientata alla fine della 1° stagione]
Johnlock con accenni di Mystrade
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: John, Watson, Sherlock, Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Hey, vi sono mancata? XD Dai, che questo capitolo è più lungo degli altri!
Se potete, lasciatemi un po' d'amore sottoforma di recensione! <3

La parte iniziale si basa su una breve introduzione descrittiva, per comodità vi lascio una sorta di piantina del 221B di Baker Street! *fa l'occhiolino*  (*) 
 



3. Try  to understand them


Il tavolino a semicerchio della cucina era solito ospitare la colazione di John, dato che quello grande  e rettangolare era costantemente occupato dall’attrezzatura di Sherlock.
In quel momento, invece, su quel piccolo tavolo, vi era adagiato un bambino riccioluto e sorridente di appena sedici mesi.
Sherlock si era accomodato sulla sedia davanti al piccolo e stava silenziosamente esaminando ogni minimo particolare della sua figura mentre John lo osservava spostare le iridi chiare prima da un lato e poi dall’altro come se stesse scacciando via un’ipotesi assurda per poi vagliarne una nuova.

Inoltre, il dottore aveva l’impressione che il bambino stesse studiando a sua volta Sherlock attraverso i suoi grandi e lucidi occhi nocciola… no, non nocciola…. miele, si corresse.
Per niente intimidito da quella situazione bizzarra, continuava ad allungare le manine paffute nel tentativo infruttuoso di toccare il detective ma non riuscendo a far forza sulle gambe per poterglisi avvicinare, si limitava a gemere sommessamente.

« Tranquillo Jawn… »
Il suo nome scivolò storpio da quelle labbra a cuore verso gli indici delle mani giunte che le sfioravano.
« Data l’entità delle prove mi limiterò ad un’autopsia selettiva ed esclusivamente esterna. »
Tentò di tranquillizzarlo con la voce arrochita dal mutismo durato almeno una decina di minuti.

« Devo ricordarti che questa volta non si tratta di un cadavere? »
Chiese sarcasticamente John, ricevendo in risposta una mano protesa nella sua direzione e una sola parola.

« Forbici. »

Il dottor Watson si voltò immediatamente alla ricerca dell’oggetto, trovandolo proprio sul tavolo alle loro spalle.
Inspirò pesantemente prima di poggiarlo sulla mano marmorea del detective che non riusciva a distogliere lo sguardo dalla prova più importante che gli fosse mai capitata sulla scena di un crimine.

Un corpo: vivo.
E Sherlock sapeva che la vita di quel bambino doveva essere stata programmata interamente in vista di quel momento: indirizzata e plasmata nel tentativo disperato di farlo sopravvivere.

A quel pensiero un brivido di eccitazione gli percorse la schiena e non si sforzò di trattenere un sorriso sghembo mentre ricavava un ritaglio dagli abiti del piccolo e prendeva una ciocca dei suoi capelli biondi.
Subito dopo avvicinò la propria mano a quella del bambino per tenergli fermo il polso ma prima che potesse farlo, lui chiuse le piccole dita intorno al suo pollice per poi portarselo alle labbra.

« Ghen… »
Mentre il suo dito veniva mordicchiato e completamente ricoperto di saliva, Sherlock notò il volto di John apparire meno teso col passare dei secondi fino a quando non scoppiò a ridere di gusto.

Trovava il liquido secreto dalle ghiandole salivari nella cavità orale umana così… divertente? …gradevole?
O forse emozionante?
Privo, quindi, di ulteriori informazioni che gli premettessero di posizionare la reazione del coinquilino in un determinato fascicolo, il detective fu costretto a riporla semplicemente nell’enorme cassettiera mentale che portava la scritta ”JOHN” intagliata con cura nel legno d’acero.

Arricciò quasi tutta la faccia mentre si ripuliva accuratamente il pollice con un batuffolo di cotone.

« Bene, ecco il campione di DNA di cui avevo bisogno… »
Constatò per poi rigirarsi tra le mani un sottile strumento simile ad un bisturi non affilato, che si rivelò troppo spesso per l’unghia del bambino.

« Pinzetta, John. Quella più sottile. »
Disse atono senza perdere il contatto visivo con quel bambino sorridente mentre l’ex soldato si costringeva a smettere di ridere di sottecchi. (**)

« Oh. Se avessi voluto fare l’infermiera, Sherlock, la mia vita… !»
Lasciò cadere la frase in rispetto di quella categoria di lavoratori ma sapeva che, in quel caso, la sua vita sarebbe stata molto più semplice.
« La tua vita sarebbe stata molto più noiosa. »
John pensò che quella descrizione fosse anche più accurata della sua, mentre si voltava a cercare l’oggetto per poi poggiarlo sul tavolino.

Le dita libere del moro si strinsero appena intorno al quel polso morbido mentre faceva scivolare un lato della pinza sotto l’unghia del piccolo.

« AHN!! »
Pigolò questi in un suono acutissimo che spinse John a posare di scatto una mano sulla spalla di Sherlock e l’altra a tenere fermo il bambino.

« Finito. »

Sherlock lo lasciò andare immediatamente e si voltò verso l’altro tavolo, chinandosi già verso il microscopio ottico a spostare le viti di centratura.
Il bimbo, intanto, si era portato la mano verso le labbra e vi aveva inserito dentro tutte le dita mentre puntava il suo sguardo corrucciato quanto adorabile su John che cercò di regalargli un sorriso rassicurante.


 « Ecco il cromosoma Y. È un maschio. »

Il dottore si voltò incredulo in direzione di quella voce.
« Avresti potuto chiedere a me, sai? »

Sherlock alzò il capo di scatto e la spavalderia di John si dissolse alla vista di un paio di occhi azzurro ghiaccio che facevano inaspettatamente capolino sotto la massa di ricci scuri.
« …i-io gli ho cambiato il pannolino. »
Gli fece notare solo quando il coinquilino aveva già distolto lo sguardo per posizionare un altro vetrino.

In verità, Sherlock aveva dedotto il sesso del bambino alla prima occhiata ma sentiva che la risoluzione del caso era lontana e che necessitava di maggiori elementi e per ottenerli, avrebbe esaminato fino allo stremo i pochi indizi che aveva a disposizione.
Come lo strano liquido biancastro contenuto in quel biberon che stava osservando…

Il detective si distacco dal microscopio lentamente con gli occhi fissi davanti a se in una sorta di trance.
« C’è qualcosa che non va in quel latte? »
Gli chiese il biondo mentre spostava lo sguardo preoccupato dal suo volto a quello del bambino.

« Ohh… questo liquido è composto solo per il venti percento di latte, è acqua per il cinquantotto percento mentre la porzione rimanente è costituita dai macronutrienti, vari tipi di zuccheri e vitamine! »
John condivise lo stupore relativo a quella scoperta: era assurdo che in una sostanza acquosa di mezzo litro ci fosse una tale concentrazione di lipidi e minerali.

Come se una sola goccia contenesse una quantità di vitamine e proteine equivalenti…
« Ad un pranzo. Si. Uno molto abbondante, direi. »
Sherlock si prese la libertà di concludere a voce alta il pensiero che il coinquilino credeva di star esprimendo nella segretezza della sua mente.

« C-come ci sei riuscito? »

« Le tue sopracciglia, John! »
Gli rispose il moro, in tono seccato, come se dedurre un concetto tanto articolato da una parte del suo viso fosse di una semplicità disarmante.

Sherlock decise di continuare il suo discorso mentre John lo osservava ancora sconvolto e al tempo stesso conquistato dalle sue capacità.
« Il bambino, grazie a questa sostanza e al sistema di ventilazione, sarebbe stato in grado di sopravvivere per settimane.  Quindi, quando hanno progettato il nascondiglio sapevano di non poter contare sugli idioti del distretto perché non sarebbero stati in grado di trovarlo subito.. Ma il killer… ? »

Sherlock si portò le mani ai lati del capo facendo scivolare freneticamente le dita fra i propri capelli.

« Come ha potuto essere così cieco? Possibile che fosse così astuto da costringere i parenti del bambino ad un tale gesto ma non tanto da setacciare ogni angolo della casa pur di trovarlo? No… a compiere il delitto dev’essere stato un killer professionista. Un braccio. Mentre la mente stava dietro le quinte, intenta a manovrare gli avvenimenti… sarà una gerarchia militare o nobiliare? Nessuna delle due è da sottovalutare! Questo caso è molto affasciante… Ah! JAWN! Stando ai fatti quel pannolino doveva essere l’apice della tecnologia d’assorbenza! Come hai potuto gettarlo via? »

John si lasciò sfuggire un mugolo frustrato e alzò gli occhi al cielo.
Aveva perso il conto delle volte in cui Sherlock l’aveva spinto a farlo negli ultimi giorni così decise di allontanarsi per un po’ e per una giusta causa.
« Vado a fare la spesa! »
Lo informò, quindi, mentre posava lo sguardo sul piccolo intento a succhiarsi il labbro inferiore e a giocherellare con le proprie dita.

 « Prenditi cura di lui. »
Disse con leggerezza a mo’ di saluto e di raccomandazione per poi allontanarsi dalla cucina per recuperare le chiavi.

« Non posso. »
Il tono glaciale col quale erano state pronunciate quelle parole riuscì a bloccare la mano di John sul pomello altrettanto freddo della porta.

Non contò fino a quanto avrebbe dovuto per riuscire a calmarsi, limitandosi ad umettarsi nervosamente le labbra prima di ribattere.
« Sherlock, tu devi occuparti di lui! In fondo è stata una tua idea! »


Il biondo tenne lo sguardo inchiodato alla schiena di Sherlock che non staccava il volto dal microscopio ma non ottenendo alcuna risposta decise di uscire, raccogliendo la propria giacca con fare stizzito e uscendo in fretta..

Sherlock aspettò qualche secondo prima di alzare lo sguardo sul bambino.

Lo stava facendo.

Sherlock si stava occupando di lui: nell’unico modo che credeva utile, che si dava il caso essere anche l’unico modo che conosceva.
Afferrò la bustina trasparente contenente un capello rosso scuro della giovane vittima e si rimise al lavoro.


L’esame tossicologico era appena cominciato quando la signora Hudson varcò la soglia dell’appartamento con un vassoio carico di latte e the che venne poggiato sul tavolino basso del salotto.
« Oh Sherlock, caro, ho sempre desiderato un nipotino! »





 
Quando John rientrò in casa carico di buste biancastre contenenti ogni sorta di confezioni di latte, pappe, pannolini e creme fu accolto da uno stridulo gioioso.
Vedendolo arrancare verso la cucina, la padrona di casa lo raggiunse e si offrì volontaria per la sistemazione della spesa.

« Non si preoccupi! Me la cavo. »
Cercò di tranquillizzarla il biondo mentre si chiedeva in quale angolo della credenza avrebbe dovuto mettere la polvere per gli arrossamenti o le salviettine a ph neutro.

« A questi ci penso io. »
Propose nuovamente la signora Hudson, e John la ringraziò con l’accenno di un sorriso sincero prima di cercare il bambino con lo sguardo.
Questi se ne stava seduto sullo stesso tavolino a semicerchio sul quale l’aveva lasciato quasi un’ora prima e d’istinto, l’ex soldato gli si avvicinò.

« All’inizio mi guadava con uno strano cipiglio, come se gli avessi portato via il suo giocattolo preferito! Avresti dovuto vederlo John, era adorabile! »
La sua voce gli giungeva a tratti in quanto la donna era costretta a nascondere di tanto in tanto il volto dietro qualche anta per controllare che vi fosse posto per altre scatole.
« Ma è bastato che lo coccolassi per bene e allora si è comportato come un vero gentiluomo inglese, standosene tranquillo e beato fra le mie braccia! »

John tentò di seguire il discorso della loro padrona di casa ma quelle piccole braccia protese verso di lui e quel visetto carico di aspettativa lo fecero vacillare.
Aveva fra le mani un bambino ancora molto piccolo che aveva bisogno di così tante cose e che comportava così tante responsabilità...

Lui e Sherlock ne sarebbero stati all’altezza?

« Ho anche cercato di dargli del latte o di capire come si chiamasse ma non c’è stato verso! Povero piccolo! »
Lo informò facendo spazio nel mobile della cucina per l’ultima busta di latte in polvere.

« La ringrazio di cuore, signora Hudson. »
Si affrettò a dire mentre prendeva in braccio il piccolo superstite e lanciava un’occhiata di sottecchi alla figura di Sherlock, ancora china sul suo piano di lavoro.
« Non avrei saputo come fare senza di lei. »

« Figurati, caro: è stato un vero piacere! Quello lì è un vero angelo! E ha certe guanciotte!! »
Sospirò lei, avviandosi verso l’uscita senza staccare gli occhi dal piccolo che già sonnecchiava con il volto nell’incavo del suo collo.

Prima di chiudersi la porta alle spalle, la signora Hudson si premurò di indicargli più volte Sherlock e di regalargli un sorrisetto d’incoraggiamento.

Ma John non era in vena di sostenere un’altra conversazione con il detective.

Che deducesse pure tutti i suoi pensieri dal suo silenzio: non ne sarebbe rimasto poi così sorpreso.

Decise, quindi, di chiedere a Sherlock dell’andamento delle sue ricerche il giorno seguente e di incamminarsi verso il divano.

Posizionò il bambino al suo fianco, lasciando che il capo gli penzolasse delicatamente sul bracciolo e accese il laptop, sicuro che scrivere sul blog di quella giornata caotica l’avrebbe aiutato a sfogarsi.

 
John evitò di parlare direttamente del piccolo: ormai aveva un numero considerevole di lettori ed intuiva il livello di pericolosità di quel caso.
Inoltre non voleva che se ne parlasse in giro o avrebbe dovuto sopportare le occhiate lunghe dei vicini.

« Edgar Allan Poe’s black cat. »
Una voce bassa e roca alle sue spalle lo sorprese, leggendo il titolo del suo post e facendolo quasi sobbalzare.
« Chi è? »
Aggiunse Sherlock, soffiando quelle parole a pochi centimetri dal suo orecchio sinistro.

« È uno scrittore e Il gatto nero è uno dei suoi migliori racconti. »

Il dottor Watson non nascose un sorrisetto divertito nel costatare ancora una volta quanto il proprio coinquilino fosse ignorante in alcuni ambiti.
« Un uomo mentalmente instabile uccide la propria moglie e ne mura il cadavere nella cantina riservando un trattamento simile al proprio gatto nero che però era ancora in vita e grazie al suo miagolio le autorità riescono a risolvere il caso e ad arrestare l’assassino. Quindi, ecco… ho scritto di aver trovato un gatto sul luogo del delitto… e da lì il titolo. »
Si premurò di spiegargli mentre rileggeva l’ultima riga scritta e lo intravedeva accomodarsi all’altro capo del divano con le gambe elegantemente accavallate.

« Dovremmo dargli un nome.. non possiamo semplicemente chiamarlo “Il bambino”. »
Osservò dopo poco John, con una punta d’asprezza nel pronunciare le ultime parole dato che quel soprannome somigliava troppo a quello che Sherlock aveva dato ad Irene Adler: la donna.
Ma l’ex soldato non riuscì a capire se la propria frecciatina fosse arrivata a destinazione, perché il detective evitò accuratamente di esternare ogni reazione.

« Edgaar?  …Allaaan!? »
Chiamò scherzosamente John, osservando il bambino mentre si girava lentamente e stringeva nel pungnetto la manica del maglione candido per poi nascondere il viso dietro la stoffa sovrabbondante.
« Poe? »


« Come fanno le coppie a scegliere il nome di un bambino? »
Lo interruppe Sherlock formulando quella domanda e mostrando una curiosità estremamente ingenua unita al desiderio di risolvere il problema.

John cercò di rispondergli subito, certo che l’amico si trovasse davanti a una di quelle nozioni inutili alle quali non aveva dato né spazio né importanza all’interno del suo palazzo mentale.
« Lo chiamano come i nonni! »

« Hamish. »

John H. Watson sgranò gli occhi dalla sorpresa, puntandoli prima sull’uomo alla propria sinistra e poi sul bambino che sorrideva appena nel suo dormiveglia.
 « Ti sta bene, John? »
Questi continuò a boccheggiare per qualche attimo prima di rispondere con fare incerto.
« A… A te sta bene? »

« Certo. Un nome vale l’altro. »
Gli rispose Sherlock con leggerezza, registrando il comportamento completamente opposto del dottore.

« Ovvio, si… e sarà per poco…»
« Si. Si, relativamente poco. »
Asserì subito l’altro, evitando persino di abbassare le ciglia per non interrompere il contatto visivo.

John prese dei lunghi respiri e, resosi conto di aver parlato a sproposito, decise che sarebbe stato molto meglio se fosse andato subito a riposare.
Inoltre doveva aver scritto almeno per un paio d’ore perché era già notte inoltrata.
« Ok, allora. Sherlock… Hamish, è ora di andare a letto! »
Disse i loro nomi a mo’ di saluto ma portò il bambino con se, pronto a dividervi il letto.

Sherlock socchiuse gli occhi, ascoltando i passi misti ai rumori degli oggetti che John era solito smuovere con cadenza regolare ogni sera, eccetto quella.
Il dottore era più incerto e tentava di velocizzare i propri movimenti, probabilmente per evitare di lasciare da solo il piccolo per troppo tempo.
Oh, John.





 
« Ungh! UNGH! »

John spalancò gli occhi e si mise a sedere di scatto cominciando a tastare freneticamente le lenzuola alla cieca, terrorizzato all’idea che il piccolo fosse caduto.

Un silenzio irreale aveva ormai invaso la camera e l’ex soldato riusciva a sentire solo il sangue pulsargli nelle vene in modo assordante.

Quando quel piagnucolio disperato si ripeté, l’uomo riuscì a trovarne la fonte, rannicchiata nell’angolo in basso del letto.

« Shh. Shhhh… »
Tentò di calmarlo in un sussurro gentile mentre lentamente i suoi occhi si abituavano a quel velo d’ombra, dandogli la possibilità di distinguere i contorni delle figure.


« Hey, piccolo… non piangere, su… »
John non aveva idea di cosa avrebbe dovuto fare.

Provò a calmarlo poggiando con titubanza le mani sulle sue ma il bambino si ostinava a tenere i pugnetti chiusi contro gli occhi.
Doveva essersi svegliato di colpo a causa di un incubo e, non riconoscendo nulla di ciò che gli stava intorno, doveva essere andato completamente nel panico.

John sentiva quasi del dolore fisico nel vederlo così con il volto coperto, solo e spaventato.
L’esatto opposto di come si era mostrato fino a quel momento.

John non aveva idea di cosa avrebbe dovuto dire.
« Ti prego. Ti prego. »

Sentì la propria voce tremolare mentre si avvicinava al piccolo ancora un po’, facendo l’unica cosa che pensò potesse aiutare: stringerlo fra le proprie braccia.

« Hamish…? »
Lo chiamò implorante ma se ne pentì l’attimo dopo: non aveva il diritto di chiamarlo in quel modo.
Quel bambino aveva già un nome tutto suo e le persone che glielo avevano dato dovevano essere disperati da qualche parte là fuori.
Là fuori, non lì ad ascoltarne il pianto.

« Non avere paura: andrà tutto bene… VA tutto bene! »
Il piccolo alzò il capo per puntare gli occhioni lucidi in quelli dell’altro nel medesimo stato.

« Ci prenderemo cura di te.. »
John lo tenne stretto e poggiò delicatamente la guancia contro la sua fronte mentre si costringeva a non pensare che forse quel povero angelo avesse già perso tutto.

« Te lo prometto. »

Un paio di manine si chiusero intorno alla stoffa del pigiama di John che sospirò di sollievo nel costatare che i singhiozzi si stavano facendo più distanti gli uni dagli altri.

« Te lo prometto, Hamish. »
Ripeté prima di farlo stendere al suo fianco e di asciugargli le lacrime che gli imperlavano le ciglia corte.

John si passò una mano fra i corti capelli biondi, sentendosi debole e stremato e alzò le palpebre pesanti solo per trovarsi davanti la silhouette del proprio coinquilino, poggiato con la spalla allo stipite della porta.
« Sherlock…? »
Biascicò in un sussurro che suonò più come un “da quanto tempo sei lì?”

« Sono salito a controllare. »
Si affrettò a rispondergli Sherlock senza smuovere la propria posizione mentre esaminava la situazione.
« Lo sai, non dormo fra un caso e l’altro per la noia e non dormo quando ho un caso per l’eccitazione. »

Sherlock aveva dimenticato, come suo solito, di calcolare all’interno del suo grande piano la variante emotiva.
E ora John appariva completamente a pezzi.
Il suo indistruttibile John Watson che si sforzò anche di alzare un angolo delle labbra prima di salutarlo.

« Buonanotte. »
Gli fece eco Sherlock, cercando di eliminare dal proprio palazzo mentale il ricordo del suo tono incrinato dal pianto ma era troppo tardi, si era già impresso.

 



 
,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,





(*)
 

(**) Lo so, anche a me fa un po’ strano come termine ma sapete, non avrei mai potuto scrivere “sotto i baffi” X°DD



Grazie mille a chiunque sia arrivato fin qui, alle 37… - mioddio 37! – persone che seguono questa storia e in particolar modo a YuiChan95 e a Dakota Auree per averla aggiunta anche ai preferiti, facendomi fangirlare per giorni!
E ora tocca ai miei angeli ^ A ^
Mon ; MelaChan ; herion ; franciri95 e nuovamente Dakota Auree !

Non avete idea della quantità enorme d’amore che mi donate attraverso le vostre recensioni!
Per me è vitale: si tramuta in voglia di continuare a scrivere con determinazione anche quando sono reduce di una giornata di studio!

Siete davvero fantastiche e non potrei esservi più grata!
E se voi siete i miei angeli lui è il mio ArcangeloSerafinoCherubino [cit.] SuperHusband, il mio beta che smania di diventare alfa. (sperando eviti la clausola riguardante l’omicidio) XD
 
Mi fa molto piacere che vogliate sapere qualcosa in più riguardo al musical ed è per questo che vi lascio il link della pagina FB dove fra un po’ verranno postati alcuni video delle scene più divertenti!
Vediamo chi indovina quale personaggio della saga di HP ho interpretato! <3
 
A nessuno importa del fatto che sia passata a scienze biologiche?  * 7 * … uahuahuauah
Frequentare è molto più impegnativo di quanto immaginassi ma per ora, si tratta solo di tre giorni quindi sto sopravvivendo!
Parlando di Sherlock con una mia “compagna di corso” mi ha chiesto se avessi scelto questa facoltà per emulare il consulente investigativo in qualche modo e io le ho risposto che, se l’avessi voluto fare, avrei scelto chimica e poi chimica forense! (ma questo mi avrebbe reso un Anderson)
Per imitare davvero Sherlock dovrei studiare a casa e solo quello che mi va, ritrovandomi così per la strada come un barbone ad annunciare gli aggiornamenti delle fanfic ai passanti… X°D
Prima o poi ci saranno esami come “Storia della nascita e dell’evoluzione del fandom” o “Sherlockian dall’800 a oggi”… *sogna*

Purtroppo non posso darvi un "appuntamento" per il prossimo capitolo ma posso dirvi che mi ci metterò d'impegno! ;)
Spero davvero che vi sia piaciuto e che volgiate farmelo sapere con un commentino! Anche solo inoinoino! *-* 

-SK 
   
 
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