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Autore: TheManWithNoName    17/10/2013    0 recensioni
Lettera ad un'amica perduta.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cara G.,

è passato un po' di tempo, ormai, da quando la nostra amicizia è finita alla deriva. Avrei voluto e avrei potuto impedirlo, ma non l'ho fatto ed ora ne pago le conseguenze. Non mi scuserò. Non perchè non sia in torto, beninteso; è che ti conosco, e so che probabilmente mi perdoneresti ed io non merito il tuo perdono. Tu, però, meriti quella spiegazione che non hai mai avuto e dunque eccoci qua.

Sono stati, sono, anni molto difficili. Ho sofferto molto a livello personale e familiare. Ho perso molto più di quanto abbia dato a vedere. Sono invecchiato, ma non sono cresciuto. Ho fatto molti errori, uno dietro l'altro, scatenando un involontario effetto dominio ai limiti del surreale che ha lentamente corroso le fondamenta della mia vita. A scanso di equivoci: non mi piace la persona che sono diventato. Tanto tempo fa, una donna -in uno dei pochi attimi di lucidità che di lei ricordi, credo mossa da sincera compassione- mi implorò di starle alla larga, perchè tutto ciò che toccava "diventava merda" ed io non meritavo un trattamento simile. Non la ascoltai, e fra i tanti effetti collaterali di quella scelta credo di averne ereditato il poco invidiabile superpotere.

Sono una strana, buffa creatura in balia di rimorso e paura. Il prodotto delle mie insicurezze. Facile, per uno così, mandare tutto a puttane. Basta una scintilla e subito divampa l'incendio. Quella scintilla ha un nome ed un cognome e noi sappiamo quale. Vedi, la portata gravosa di un evento si determina sempre in relazione al momento in cui esso si verifica. E, nel nostro caso, il momento non poteva essere più sbagliato. Sì, ne ho risentito molto. Più di quanto sarebbe stato lecito supporre, più di quanto effettivamente meritasse. Mi ha mandato in pezzi. Conosci i precedenti. Sono passato dal sentirmi inadeguato, disadattato, finanche maledetto al convincermi (a torto o ragione) di essere solo un inguaribile fallito. E quando rabbia e risentimento si miscelano ad insicurezza, ciò che ne risulta è fuori da ogni controllo di ragione.

Ti chiederai quale sia la tua colpa in tutto questo.

La tua colpa è aver scatenato - in assoluta buona fede - la famosa scintilla, alimentandola poi con imprudente maldestria. A fiamme domate, la tua colpa è stata andartene a braccetto con chi mi ha buttato nel fuoco anzichè, almeno in mia presenza, prenderne formalmente le distanze. Mai ti avrei chiesto (figurati imposto) una scelta di campo, sia chiaro, solo il tatto che si deve nei riguardi di un moribondo in preda ai propri deliri.

So che non c'è stata malizia: non solo non ne sei capace, ma il tuo affetto per me era tale che non avresti mai potuto. Sei una buona ragazza, con un cuore d'oro. E forse proprio la tua genuinità ti ha impedito di fare quel passo che, se te lo avessi chiesto, probabilmente avresti persino fatto. Avrei dovuto chiedertelo? Mi sembrava talmente stupido ed imbarazzante...e poi, siamo onesti, il mio orgoglio non me lo avrebbe mai permesso.

Così ogni volta che ti incontravo, ogni volta che ti sentivo, era come rivivere il film del mio fallimento: una pressione che non potevo reggere, certo non allora e forse neppure ora. 

Decisi di allontanarti.

Repentinamente, improvvisamente, perentoriamente. Soprattutto, silenziosamente.

Inzialmente un semplice distacco, poi un'egoistica acredine montata sull'omissione di comportamenti che da subito, razionalmente, sapevo non avrei mai potuto pretendere. Fino a coniare la massima "qualcuno deve pur pagare", che solo i fumi della rabbia facevano sembrare giusta, addirittura salvifica.

Per un po' abbiamo giocato alla guerra fredda, poi ci siamo stufati. Tutti e due. Io con la morte nel cuore, tu con serena rassegnazione. E' il tuo carattere. Dolce e sensibile, sì, eppure frivola e leggera com'è prerogativa di un'età in cui è sempre primavera.

Non fartene un cruccio.

Sono io il problema. 

E sono rimasto solo, piccola mia. 

Certo, gli amici non mancano. Neanche quei tre-quattro veramente fidati, quelle spalle su cui versare le lacrime per una vita che mi è scappata lentamente di mano. Quelli in cui, una volta, annoveravo anche te. Eppure anche loro li sento sempre più lontani da un mondo, il mio, che faticano a comprendere: il sostegno non manca, ma la comprensione? Quella, forse, sta venendo meno. La comprensione si offre a chi guarda avanti; chi è fermo da troppo tempo nello stesso punto, al massimo, merita pietà. 

Ci sono ferite che non si rimarginano mai.

Ho preso una decisione ed è quella di andarmene. Devo mettere chilometri fra me e questa realtà, pur così perversamente rassicurante: se resto, amica mia, marcisco. E' solo rimettendomi in gioco, ricominciando da zero, che potrò smettere di invecchiare e cominciare finalmente a crescere. Starò via un po', ma l'intenzione è di partire per restare e non per tornare.  

Tanto ti dovevo, da molto tempo.

Sappi che non ho mai smesso di volerti quel bene fraterno di cui usavi vantarti, nè mai smetterò di voleterne. Così come, ti prego di credermi sulla parola, non c'è secondo di questa vita in cui smetterò di rimpiangere la bella amicizia che ho stoltamente perduto.

Con affetto,

 

A.

  
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