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Autore: AnonimaKim    18/10/2013    5 recensioni
Ciao... sono AnonimaKim!
(Ma sì, idiota! Non lo devi dire ogni santissima volta!)
Ho intenzione di riproporre (Quindi riscrivere...giusto?) una mia storia (Penosa!) cancellata successivamente per motivi che, no, non me li ricordo più! (Non interessa niente a nessuno!). Dal capitolo 3:
"Possibile che tutto si fosse ridotto ad un solo misero istante?
Solo due misere parole, pronunciate in un unico sospiro.
Ogni battito del suo cuore, era puro dolore.
Ogni respiro tra le sue labbra, era pura frustrazione.
Ogni tremolio del suo corpo, bramava di pronunciare quelle parole, e di mettere fine a tutto.
Il ragazzo alzò lo sguardo, la freddezza dei suoi occhi si scontrò con il grande calore di quelli della ragazza, in un'istante infinito.
Poi strinse la presa sul suo polso, guardandosi bene da non farle del male, poi, finalmente, parlò:...
-"Mi dispiace"-
AU. (Duncan/Courtney!)
Genere: Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan | Coppie: Duncan/Courtney
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Just one night

 

 

Impossible

 


La musica quella sera, in un normalissimo locale a Nord-ovest di Toronto, era molto più forte del solito.

Il sabato sera tutti i locali, per quanto potessero essere rispettabili o meno, erano stracolmi di gente. Ciò è sempre derivato dal fatto che, molte persone, trovano in qualche misterioso modo divertente ubriacarsi fino al coma etilico per poi probabilmente rimanerci. Ragazzi e, sì, anche un sacco di ragazze.

Ma questa, sorrideva lui, era una cosa fantastica.

Seduto al bancone del bar, scrutava con un cipiglio divertito la ormai risaputa ed ennesima scena dove, dopo aver bevuto fin troppo, il ragazzo biondo in fondo alla sala aveva ricevuto un forte pugno bene assestato sul naso da una ragazza. Scrollò le spalle con un velo di compiacimento sul volto: nel corso della sua breve esperienza aveva infatti curiosamente notato che il divertimento del bere non era tanto farlo, in se e per se, quanto quello di guardare gli altri che esageravano. Se fosse stato ubriaco, pensava, come avrebbe potuto abbordarla veramente una ragazza? Perché se quella disgraziatamente era abbastanza sobria da non stare al gioco ... avrebbe fatto più o meno la stessa fine di quello sfigato di prima.

Quindi sì, beveva, attento a non esagerare mai, poi si divertiva a guardare le ridicole figure di merda che gli altri facevano semplicemente perché non avevano il suo stesso riguardo. Lui si limitava a ghignare soddisfatto, quasi estremamente contento di tenersi la sua cinica scoperta solo per se.

Sorseggiò ancora un goccio della sua bibita, quella serata era cominciata e stava andando per il meglio. Gli sembrò perfino che le ragazze fossero molto più belle e disponibili del solito, ed erano mesi che frequentava quel locale insieme ai suoi amici. Aveva appeno finito di ballare con una ragazza bionda di cui, naturalmente, ignorava totalmente il nome, ma non era affatto questa la questione, aveva ovviamente altri attributi a cui potersi riferire quando guardava una ragazza. Ridacchiò fra se e se alzando un sopracciglio con vago scetticismo:

Il nome!” pensò in modo quasi sarcastico “Ma che mi frega?!

Posò il bicchiere ora vuoto sul bancone del bar e guardò l'amico con i capelli biondi seduto accanto a lui. Il biondo sbuffò, e si avvicinò appena al ragazzo moro per farsi sentire:

-”Mi sa tanto che i miei genitori non saranno troppo contenti di vedermi tornare a casa così”- commentò con un piccolo sorriso e finendo di bere fino all'ultima goccia di birra contenuta nella propria bottiglia di vetro.

In tutta risposta, lui sfoggiò un sorriso furbo e , divertito, gli assestò una forte pacca sulla spalla. Per poco non lo fece cadere, nelle condizioni in cui era.

-”No amico, ma che ti frega! Ormai abbiamo diciotto anni, non possono più permetterci di romperci le palle, non credi?!”- rispose poi lui, rigettando la sua attenzione sulla pista e sulla ricerca di una nuova giovane preda della sua serata. Una definitiva, se la lavorava per un paio di ore, sapeva che non ci sarebbe voluto molto prima che lei, sobria o no, gli proponesse di andare a letto insieme.

-”Facile per te dirlo”- lo schernì il ragazzo biondo con simpatia.

-”Tu vivi da solo. Non hai regole, non hai un coprifuoco, puoi portarti a casa chi vuoi e quando vuoi... ah, che fortuna sfacciata!”-

-”Sarà”- rispose lui gettandogli un rapido sguardo -”Ma il motivo per cui mi hanno sbattuto un paio di volte al riformatorio, è lo stesso per cui sono andato a vivere da solo. In pratica, i miei genitori non sono normali! Mio padre mi tratta come fossi un uomo sulla cinquantina, sai, quelli con tutti quei doveri e quelle responsabilità; mia madre, invece, crede fermamente che io sia ancora un bambino”- Sorrise appena, ricordando la famigliare figura della madre. Una bella donna, bionda, con due grandi occhi azzurri, tanto buona e comprensiva... tutto ciò che suo padre non era.

-”Crede davvero che io sia ancora un dolce e innocente angioletto, e che ciò che faccio lo faccio solo perché mi sento “oppresso” da chissà cosa!”-

-”Tua madre è giovane”- gli fece notare il biondo con una crollata indifferente delle spalle.

-”Magari, che so, ha un approccio diverso o qualcosa del genere. Mia madre... magari fosse così bella.”- poi ridacchiò

-”Lo dico con buoni propositi, ovviamente, è un po' troppo grande per me lei”-

Ricambiò la pacca sulla spalla e il moro riprese tranquillo a scrutare la pista, sì, aveva davvero bisogno di divertirsi quella sera. La scuola che la legge gli imponeva di frequentare era finalmente terminata, era diventato maggiorenne, niente genitori o doveri famigliari fra i piedi, solo tanto divertimento e belle ragazze. Non poteva chiedere di meglio.

E fu quasi un caso, mentre sovrappensiero osservava la pista, notare quella piccola figura che goffamente si muoveva fra la folla nel probabile tentativo di andarsene mentre, di tanto in tanto, si aggiustava il vestito provando inspiegabilmente a nascondersi un po' di più le gambe. Il ragazzo assottigliò lo sguardo su di lei, altre due ragazze sembravano cercare di convincerla a rimanere a ballare ancora un po'. Sollevò poi un sopracciglio perplesso, notando come sembrasse che l'ambiente circostante paresse come schiacciare quel singolo elemento quasi fuori contesto. Non si pavoneggiava, la ragazza si limitava a stringersi a se stessa per evitare di toccare la gente che ballava accanto a lei, sentendosene quasi infastidita.

Duncan sorrise: come non essere attratti da questo?

-”Ehi amico, guarda quella!”- Il biondo gli indicò qualcuna dall'altra parte della sala, ma lui era decisamente troppo occupato a sorridere a quella goffaggine infantile. Ridacchiò, era inciampata e aveva dato la colpa al ragazzo vicino a lei, ma non gli sembrava che quello avesse fatto davvero qualcosa.

Oh, no, decisamente quella non era ragazza da discoteca...

E questo ,ai suoi occhi, non faceva che renderla maledettamente interessante.

-”Duncan”- lo chiamò il ragazzo prima che lui si decidesse a rivolgerli una veloce occhiata compiaciuta.

-”E' tutta tua Geoff. Ora scusa ma... ho altro da fare adesso”- la* indicò con un tanto veloce quanto allusivo cenno del capo, poi si alzò dal seggiolino rosso fuoco del bancone e si diresse tranquillamente verso di lei. Come suo solito, quasi come se fosse un qualche strano tic nervoso, si passò velocemente la mano nei capelli corvini, scompigliandoli appena. Altro che tic! In realtà, sapeva semplicemente che facendo così era più piacente agli occhi delle ragazze, anche se, effettivamente, non aveva mai avuto problemi con loro.

Perché, doveva modestamente* ammetterlo … non aveva mai fallito.

E perché avrebbe dovuto? Sapeva che quei suoi modi di fare così trasgressivi piacevano tanto, sapeva che quei suoi occhi azzurro ghiaccio, e quel suo sorriso strafottente che tanto gli veniva naturale, facevano la loro bella figura con qualsiasi tipo di ragazza.

Lui ridacchiò: “Se uno ci sa fare, ci sa fare”.

Cominciare a fallire ora, quindi, proprio non gli andava. Si rifiutava categoricamente di credere che una qualsiasi ragazza adocchiata da lui potesse sfuggirgli tra le mani come fumo. Perciò, poco prima che lei raggiungesse una delle porte secondarie per raggiungere il piccolo cortile esterno, lui si posizionò esattamente davanti a lei, incrociando le braccia con aria falsamente indifferente.

-”Ciao”- la salutò Duncan ammiccandole un lieve sorriso mentre faceva un innocente passo verso di lei. Il ragazzo non riusciva a vederla troppo bene, ma i capelli castani e gli occhi scuri erano ben distinguibili perfino sotto le forti luci al neon. Lei no, non sorrise. Si limitò, invece, ad indietreggiare tranquillamente di un passo, riequilibrando la loro distanza.

-”Lasciami passare!”- gli ordinò lei con voce carica di una sicurezza che Duncan avrebbe giurato di non aver notato fino a qualche momento fa. Il ragazzo le sfoggiò un intenso sorriso sghembo e la squadrò velocemente.

“Strano” pensò, una reazione del genere non l'aveva neppure presa in considerazione. Forte, quindi era anche una sfida...

E se c'era una cosa che adorava in quel mondo, erano proprio le sfide.

-”Ma così... Non sarebbe divertente”- la sfidò tranquillamente, curioso di vedere come avrebbe reagito a quella provocazione. Lei si irrigidì immediatamente, si accigliò irritata da quella presenza indesiderata e lo fulminò con i vispi occhi neri.

-Ti ho detto....”- gli ordinò categoricamente -”... di spostati!”-

Duncan sollevò un sopracciglio carico di scetticismo, poi ridacchiò fra se e se: non aveva alcuna intenzione di farsi comandare da una ragazzina viziata.

-”Fammi pensare....”- rispose vago avvicinandosi pericolosamente al suo volto, la ragazza ripose semplicemente facendo un deciso passo indietro.

-”No”-

Giurò che, dopo che quella singola insignificante sillaba sfuggì dalle sue labbra, il volto della ragazza davanti a lui fosse diventato rosso dalla rabbia... o forse era solo il neon?

-”Non ho la minima intenzione di sprecare neppure un istante del mio tempo a discutere con te, sottospecie di troglodita deformato e senza un solo grammo di cervello! Io non sono mica una perdente come te, sai? Io ho un futuro, lo sai questo?! Non osare farmi perdere un minuto di più perché ti giuro che, seduta stante, chiamo i miei avvocati e ti faccio denunciare per avermi importunata! Oh,vedrai! A domani ci arrivi da latitante e....”.

Mentre lo sguardo attento e confuso di Duncan vagava sul suo viso scuro, lei borbottò ancora qualcosa che, però, lui non riuscì a cogliere. Era quasi certamente sicuro che stava cercando di allontanarlo, senza neanche troppo nervosismo, ma lui era rimasto fin troppo sulle sue parole, il suo modo di fare.

Non era tanto per quello che gli avesse detto, in altre occasioni probabilmente sarebbe scoppiato a ridere, il problema era che... dove aveva già sentito quella voce? Perché quella ragazza gli era così famigliare? L'aveva già vista da qualche parte?

Impossibile, pensò incerto, se ne sarebbe ricordato.

Ma quell'atteggiamento, quella voce, quelle minacce, quelle parole... dov'è che le aveva già sentite?

Lo assalì improvvisamente un dubbio, mentre ricordava tutte le ragazze conosciute in quella sua vita. Oh, tante, fin troppe ma... solo una sarebbe mai stata un grado di chiamarlo in causa in tribunale per via di un “Tentato abbordaggio” o “Molestie”, queste sicuramente per lei lo erano, dato che doveva aver detto qualcosa al riguardo mentre Duncan era intento a scrutarla, cercando probabilmente di dare risposta ai suoi dubbi e alle sue domande.

Solo una, una sola.

Conosciuta tre anni fa, al Liceo.

Un tumulto stupito lo colpì appieno quando un lampo di luce illuminò il viso arrabbiato della ragazza.

-”Tu... Courtney?”-

Lei sgranò gli occhi, presa alla sprovvista, sul suo volto parve una più che evidente smorfia vagamente spaventata.

-”Co-come sai il mio nome! Questo... è pedinare, è spiare! Questa è un aggravante terribile alla tua già più che insostenibile situazione e...e...”-

Il suo respiro si fece evidentemente più veloce e pesante, il suo volto era spaventato e arrabbiato nello stesso momento, come se non vedesse l'ora di scappare via. Duncan buffò, guardandola ancora capendoci poco e nulla.

Non poteva crederci.

Quella ragazza che, dopo ogni giorno passato nella classe di quella scuola, rimaneva lì seduta al suo banco per studiare.

Quella ragazza che adorava starsene rintanata ogni ora del pomeriggio in quella biblioteca, con un mano ogni giorno un libro diverso.

Quella ragazza viziata e intransigente, fissata con le sue idee e le proprie ragioni incomprensibili.

Quella ragazza strana, che preferiva stare perennemente sull'attenti invece di riuscire a divertirsi davvero.

Quella ragazza che se ne stava zitta e distaccata dagli altri, sempre, perché sapeva che poche persone sarebbero mai state in grado di riuscire a sopportare quel suo carattere.

Quella ragazza che la prima volta che lo aveva guardato, l'aveva ucciso con lo sguardo,quasi come se volesse vederlo morto.

Quella ragazza che faceva l'eccezione nella sua vita.

Quella ragazza che lui aveva sempre definito:

Impossibile....



 

*= Ho usato appositamente questa specie di “Forma contratta”, per sottolineare la gran considerazione (ovviamente in senso ironico!) che il personaggio ha nei confronti delle ragazza. La addita, se così posso dire, come un comune oggetto di esposizione. (Che cosa triste! XD)

*= In senso più che ironico, ovviamente!

 

Allora... Ciao!

Strano che io non abbia fatto le note iniziali... ma non sapevo che dire!
Come potete vedere, non ho apportato straordinarie modifiche alla storia, ma l'ho riscritta sicuramente meglio di come l'ho buttata giù l'anno scorso... non mi andava di ripubblicarla esattamente uguale!
Spero di non aver fatto stupidi errori di ortografia e di sintassi, magari, se vi va, fatemi sapere che ve ne pensate!
Ho citato precedentemente che, questa storia è dedica a due persone in particolare che ti terrei a citare per correttezza morale:

A Kimberly D Crystal, senza la quale probabilmente questa storia non sarebbe mai più ripreso vita. Grazie per avermi aiutata a rimettermi in gioco con la cosa a cui tengo di più... scrivere!

A Fiorechan (che forse non la rileggerà mai), a cui tanto tempo fa ho fatto una promessa e non sono riuscita a mantenerla. Questa storia è la mia possibilità di riscattarmi, grazie mille per tutto Fiorechan!

E la terza...?

Voi!
La dedico a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggere questo capitolo!
Grazie mille per tutto ragazzi! Grazie per darmi quella piccola soddisfazione che cerco in ciò che scrivo, non avete idea di quanto mi faccia felice che qualcuno legga le mie storie sceme!

A presto,

AnonimaKim

 

  
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