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Autore: Sonomi    18/10/2013    4 recensioni
"Fissava le pareti della stanza senza vederle realmente, cercando di captare ogni piccolo rumore. L’unica cosa che sentiva era il suo flebile respiro. Le luci al neon del lampadario rendevano l’atmosfera circostante molto ospedaliera, e quel paragone non fece altro che accrescere l’ansia dentro le sue membra. Non sapeva come mai, ma la sola idea che quella camera potesse sembrare un ospedale lo terrorizzava abbastanza.
Guardò impotente la porta sbarrata davanti a lui, per poi lasciar scivolare gli occhi sulla scarsa mobilia che lo circondava: un comò di medie dimensioni, un traballante tavolino di mogano e una sedia inutilizzata, considerando che era seduto sul pavimento freddo. Ingoiò l’aria, aspettando che qualcosa accadesse. Ma non succedeva niente da almeno cinque giorni.
Uscirò mai da qui?"
(Taoris, Kaisoo, Hunhan, Baekyeol, Sulay, ChenMin)
(Titolo cambiato! Precedente: "Il college degli orrori")
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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16.
A terra.


-Io e te.. Stavamo per caso assieme?-

La domanda era uscita dalla bocca di Minseok prima ancora che il ragazzo potesse fermarla, e non potè evitare di provare un senso di sconforto quando vide Jongdae irrigidirsi di colpo. La possibilità che il giovane avesse potuto tenergli nascosta una tale informazione faceva andare Minseok in pieno panico.
-Jongdae… tu mi ami?- balbettò alla fine, allontanando le mani del compagno dalle spalle e guardandolo con gli occhi lucidi di lacrime.
-Si..-
-Da quanto mi ami?- domandò Minseok pungente. -Dimmi la verità. Ti prego-
Jongdae sospirò, nascondendo il volto fra le dita tremanti, e avvertì la felicità di pochi minuti prima scivolare via dal suo corpo. Non poteva più scappare. In quei mesi aveva costruito talmente tante barriere intorno a sé da non riuscire quasi più a contarle; aveva rinchiuso il suo dolore in un angolino della mente, cercando di apparire forte e rassicurante; aveva anche pregato di non dover mai dire a Minseok la verità. Non gli rimaneva che sperare in una comprensione delle sue intenzioni. 
-Ti amo da molto più tempo di quanto tu possa ricordare- ammise alla fine. -Da prima che tu scomparissi. Da quanto sei arrivato in questa scuola con quella camicia blu notte e i jeans scuri. Ed io ero felicemente ricambiato-
Quelle parole attraversarono la mente di Minseok come frecce appuntite, piantandosi dolorosamente nella sua coscienza. La frase sembrò mettere a loro posto tutti i tasselli che andavano a comporre la figura di Jongdae: i letti uniti, il suo affetto, la sua dedizione, l’eccessiva preoccupazione. Stavano insieme. Per davvero. Da più tempo di quanto pensasse.
-Perché non mi hai detto la verità? Chi ti ha dato il diritto di decidere di tenermi nascosta una parte della mia vita così importante?- domandò Minseok con un nodo alla gola, mentre lo sguardo di Jongdae si faceva piano piano più cupo.
-So di non averne avuto alcun diritto..- iniziò a dire, serio, mentre l’altro lo guardava ferito. -Ma credi che per me sia stato facile? Quando sei scomparso ho passato i mesi peggiori della mia esistenza e la felicità di saperti sano e salvo mi è stata immediatamente portata via dalla tua perdita di memoria!- continuò poi alzandosi in piedi e il suo tono aumentò involontariamente di un’ottava, mentre calde lacrime iniziavano a percorrere il suo volto. 
-Che senso avrebbe avuto dirtelo..? Tu non mi avresti di certo amato di nuovo e di sicuro sapere di aver rimosso il proprio fidanzato sarebbe stato un duro colpo per te..- spiegò Jongdae ingoiando l’aria. -Avremmo sofferto entrambi senza motivo..-
-Senza motivo?!- esclamò Minseok con rabbia. -Dannazione Jongdae! Non avevi nemmeno preso in considerazione l’idea che in un futuro io potessi ricordare?!- 
-Il dottore aveva chiaramente spiegato che non vi era nessuna certezza. Non pensavo nemmeno lontanamente che tu potessi recuperare dei ricordi..- sussurrò il ragazzo abbandonandosi all’ennesimo sospiro. -Io ho sbagliato, me ne rendo conto. Ma vorrei che anche tu cercassi di capire come mi devo essere sentito io, Minseok- 
L’accusato rimase per qualche secondo in silenzio, osservando il compagno con sguardo penetrante. Non sapeva cosa pensare. Si sentiva ferito, ‘truffato’, derubato di una parte importante della sua vita, ma allo stesso tempo non poteva fare a meno di comprendere in qualche modo le intenzioni di Jongdae. Sapeva che non vi era nessuna cattiva intenzione dietro, così come sapeva che gli occhi che lo stavano perforando erano colmi di quello che chiamava ‘amore’. Non poteva arrabbiarsi con Jongdae.. Non ne aveva motivo. Per quella ragione lasciò che la rabbia e il nervosismo lo abbandonassero del tutto, facendosi trasportare da un’improvvisa ondata di tenerezza. 
-Va bene..- mormorò alla fine, con un piccolo sorriso. -Chiudiamo il discorso qui. Ti credo. Non parliamone più- 
Con quelle parole si avvicinò lentamente a Jongdae, prendendogli il volto fra le mani. Le sue guance erano ancora umide, tanto che la pelle delle dita sembrava quasi fare attrito con quella del ragazzo. Ma al contempo era di un caldo rosato, indice di imbarazzo, e a quel particolare Minseok non potè far altro che sorridere maggiormente. Jongdae era davvero qualcosa di incredibile: talmente tanto forte d’animo da esser capace di sorreggere centinaia di persone, ma al contempo così debole da provocare istinti di protezione in chiunque gli fosse accanto. 
-Non.. Parlarne più?- balbettò quest’ultimo titubante, sconcertato dal cambio d’umore di Minseok, mentre quello annuiva convinto. 
-Si, non parliamone più. Fine, adios- rise stritolando le guance di Jongdae fra le dita e scuotendole leggermente. -Ora abbiamo ben altro di cui preoccuparci- 
-E cosa di preciso?-
-Recuperare tutto il tempo perso, ad esempio- mormorò Minseok con un sorrisetto, sfregando il proprio naso contro quello di Jongdae. -A cominciare da questo..- continuò poi lambendo immediatamente le labbra del compagno prima che potesse dire qualcosa. Le dita scivolarono lentamente dal volto fino alla base del collo, stringendo delicatamente qualche ciuffo di capelli, mentre le mani di Jongdae cadevano lentamente lungo la schiena di Minseok, fermandosi sui fianchi. Quest’ultimo rabbrividì quando la lingua dell’altro si fece prepotentemente spazio all’interno della sua bocca, aggrovigliandola alla sua, mentre le dita di Jongdae dalla schiena risalivano lentamente fino al volto del giovane, lasciandoci sopra una dolce carezza. 
-Amo questo modo di recuperare il tempo..- scherzò Jongdae con una risata smorzata dalla mancanza di fiato, mentre Minseok gli si faceva ancora più vicino, allacciando le braccia intorno alla sua schiena. Pochi secondi dopo le labbra erano di nuovo unite, le mani di nuovo vaganti, le gambe di nuovo instabili sotto quella moltitudine di emozioni. Caddero di peso sul letto, senza nemmeno ricordarsi precisamente di come ci fossero arrivati, e Minseok quasi si sentì male non appena avvertì la bocca di Jongdae scivolare mostruosamente lenta lungo la linea sinuosa del suo collo. Il ricordo avuto pochi minuti prima riempì nuovamente la coscienza di Minseok, mischiando le emozioni di allora con quelle del presente: il risultato fu un cocktail di eccitazione e paura, dolcezza e tremore, e il ragazzo rimase pietrificato dalla loro intensità. Trattenne il respiro quando le dita di Jongdae si chiusero alla base della sua felpa, tirandogliela via di dosso, e quasi svenne quando le mani dell’altro presero a vagare lungo il suo torace, fino a risalire poi lungo la schiena. Le labbra si incontrarono ancora, lentamente, in un bacio calmo e sensuale, tanto delicato quanto sconvolgente. 
-La crema pasticcera sulla torta si scioglierà..- sussurrò Minseok non appena Jongdae si separò dalle sue labbra, strappando una risatina al ragazzo. 
-Fra le mani ho qualcosa di molto più dolce della crema pasticcera..- ribattè malizioso quello, facendolo arrossire di colpo, mentre lo sguardo di Jongdae sembrava per un attimo in grado di ucciderlo con la sua intensità. Quegli occhi scuri lo guardarono in silenzio, colmi di dolcezza e, Minseok lo notò con un certo imbarazzo, anche di desidero. Ma erano indubbiamente la cosa più bella che avesse mai visto. 
-Mi sei mancato..- continuò Jongdae e l’altro ebbe la sensazione di sciogliersi come cera al sole. 
-Vorrei poterti dire anche io “mi sei mancato”.. - sussurrò Minseok, leggermente a disagio. 
-Un “ti amo” mi basta e avanza- affermò il compagno con un sorriso, per poi chinarsi per l’ennesima volta sul volto del ragazzo. 
Fu in quel momento particolarmente intimo che Luhan entrò nella camera dei due giovani facendo sbattere la porta sul muro, guardandoli con espressione terrorizzata, come se la scena davanti ai suoi occhi non l’avesse minimamente scalfito. Ma non era solo quello: la sua pelle sembrava sudaticcia, pallidissima, come se da un momento all’altro potesse sbattere in terra; il respiro sembrava venirgli meno. 
-Luhan, che stai facendo?!- esclamò Jongdae arrabbiato, alzandosi dal letto con un gesto secco e sistemandosi la maglietta alla bene e meglio. Minseok afferrò la sua felpa velocemente, infilandosela di corsa e con la malsana voglia di sparire in un buco nel pavimento. 
-Scusatemi.. Ma.. Non so.. Io..-
-Luhan..?-
-Sehun si è sentito male... Siete la camera più vicina.. Aiutatelo..- mormorò il biondo appoggiandosi alla scrivania con una mano. 
-Sta male..? E tu?! Luhan sei cadaverico..- affermò Minseok affiancando l’amico.
-Io.. Non..-
E a quel punto svenne.


Un’ora prima.

Silenzio. Sehun aveva sempre amato la sera per la pace che era in grado di donare. Quella pace che durante la giornata era solo un lontano miraggio fra la confusione del commissariato, della scuola, o semplicemente della sua testa. Adorava il modo in cui la luna prendeva il posto del sole, con la sua luce biancastra, fredda e malinconica; adorava l’assopirsi di ogni suono, lasciando spazio solo al fruscio del vento fra i rami ormai quasi spogli del giardino.
Lì, sul terrazzo, Sehun osservava quella luna oramai quasi piena salutarlo dal cielo, osservandone le imperfezioni della superficie ad occhio nudo. Gli sarebbe davvero piaciuto poterci andare, in futuro, proprio come gli astronauti. Indossare quella strana tuta ingombrante e volare nello spazio, al di fuori della gravità. 
-Il diligente e serioso poliziotto Sehun beccato a guardare sognante la luna. Questo è uno scoop con i fiocchi- 
Sehun sorrise quando la voce di Luhan lo raggiunse dal fondo del terrazzo, ma non si voltò, aspettando che il ragazzo gli arrivasse accanto. 
-E qui abbiamo il ficcanaso Luhan, una specie più unica che rara-
-Ehi, andiamoci piano con gli insulti!-
Sehun ridacchiò, lanciando un’occhiata di sbieco all’amico. Luhan se ne stava lì affianco, in una tuta grigio chiaro, le mani in tasta e le guance gonfiate. La sua espressione assomigliava a quella di un criceto intento a mangiare semi di girasole, o almeno così l’avrebbe definita Sehun. Una tenerezza disarmante. Come poteva quel ragazzo avere ben quattro anni in più di lui? Poteva passare per suo fratello minore. 
-Allora agente, mi dica come mai è qui solo soletto nella fredda aria notturna- scherzò Luhan appoggiandosi alla ringhiera del balcone. 
-Volevo stare un po’ nel silenzio.. Ma è arrivato qualcuno a disturbare la mia quiete-
-Ehi! Posso sempre andarmene se la mia presenza non è gradita- bofonchiò il più grande imbronciando le labbra, e Sehun rise.
-Puoi restare- affermò sedendosi sulle mattonelle fredde del terrazzo. -Avanti, accomodati. Guarda la luna con me- 
Luhan scivolò accanto al ragazzo, un po’ sorpreso, ma accettò di buon grado l’invito. Gli piaceva stare con Sehun, forse anche troppo, e si era reso conto che la sensazione misteriosa che il giovane gli aveva fatto provare al suo arrivo stava pian piano svanendo. Il più piccolo non era più un ‘problema’ per lui, ma una persona veramente interessante. 
-Sai Luhan.. Credo che tu avessi ragione il giorno in cui ci siamo incontrati per la prima volta- affermò Sehun dopo svariati minuti di silenzio, mentre il vento faceva muovere leggermente la sua chioma castana.
-Riguardo a cosa?-
-Quando hai sostenuto di conoscermi- 
Luhan strabuzzò gli occhi e una strana sensazione di panico attanagliò il suo stomaco. Fece una risatina smorzata, per poi grattarsi la nuca a disagio.
-Non so come, ma passando del tempo con te anche io ho avuto la sensazione di averti già incontrato prima- continuò Sehun senza smettere di guardare il cielo. -Potrebbe essere davvero così. Solo che non riesco proprio a ricordare la circostanza- 
-Nemmeno io ad essere sincero- balbettò l’altro osservando il profilo del giovane. Sul suo volto si riflettevano i tenui raggi della luna, deboli, pallidi, rendendo la pelle ancora più chiara di quanto non fosse. 
-Che cosa bizzarra..- sussurrò Sehun con un mezzo sorriso, chiudendo gli occhi e impedendosi così la vista delle stelle. Fece un profondo respiro, avvertendo anche il profumo dolce di Luhan solleticargli il naso. L’aria sembrava umidiccia, gli pungeva le narici e gli faceva venir voglia di starnutire, come se all’improvviso fosse stata piena di polvere. Tossì di getto, come a voler eliminare quella sensazione, ma sembrava peggiorare invece che diminuire. Aprì di nuovo gli occhi, rispecchiandoli nei tre quarti di luna visibili, e si portò una mano sulla bocca, tossendo di nuovo.
-Ti è andata di traverso la saliva?- scherzò Luhan, dandogli una pacca sulla schiena, ma Sehun si limitò a scuotere la testa. Faceva fatica a respirare. L’aria gli entrava nei polmoni, facendoli contrarre, come se davvero la polvere captata prima ci fosse davvero e il corpo tentasse in tutti i modi di gettarla fuori. Si inginocchiò, cercando di calmarsi, e per un attimo sembrò quasi riuscirci. Tre secondi dopo un nuovo attacco di tosse lo fece quasi sbilanciare. 
-Vado a chiamare qualcuno, cerca di respirare!- esclamò Luhan, totalmente spaventato, ed entrò all’interno della camera di Sehun, vuota, gettandosi in corridoio. Dov’era Kyungsoo quando serviva!? La stanza più vicina era la 27. Si diresse a passo spedito sulla moquette scura, quasi correndo, quando ad un tratto la vista gli vacillò a tal punto da costringerlo ad appoggiarsi alla parete. Guardò il fondo del corridoio sdoppiarsi, ritornare uno e sdoppiarsi di nuovo, ed ebbe un moto di panico. Doveva raggiungere la camera di Jongdae e Minseok.. In fretta. 
Riprese a camminare senza staccarsi dal muro, usandolo come sostegno, fino a quando la porta chiara non spuntò sotto i suoi occhi. Non si prese nemmeno la briga di bussare. Si catapultò all’interno, ritrovando i due amici in un momento alquanto compromettente, ma l’imbarazzo che normalmente avrebbe provato venne cancellato da una forte paura, nausea e una sensazione di completo panico. 
-Luhan, che stai facendo?!- gli urlò contro Jongdae scivolando fuori dal letto, guardandolo quasi con rabbia. 
-Scusatemi.. Ma.. Non so.. Io..- balbettò, rendendosi conto che riusciva a stento a parlare. Cosa diamine gli stava capitando? Ingoiò l’aria, cercando di farsi forza. Stava sudando, ma sentiva il corpo fremere dal freddo.
-Luhan..?- 
-Sehun si è sentito male... Siete la camera più vicina.. Aiutatelo..- mormorò il biondo, cercando l’appoggio della scrivania per non cadere in terra. 
-Sta male..? E tu?! Luhan sei cadaverico..- affermò Minseok, e il ragazzo lo guardò venire nella sua direzione, come a volerlo aiutare. Il volto dell’amico di sdoppiò come aveva fatto il corridoio, diventando sbiadito, quasi evanescente. 
-Io.. Non..-
A quel punto la vista scomparve totalmente, assieme al resto dei sensi, e Luhan cadde a terra, svenuto, mentre a poche camere di distanza Sehun lo imitava. 
Di certo Jongdae e Minseok non immaginavano che, nel corridoio adiacente, anche qualcun’altro aveva bisogno d’aiuto. 


Nello stesso momento, Seoul. 

Quella mattina aveva deciso di seguirlo, ed era proprio quello che Chanyeol stava facendo. Baekhyun era uscito di casa verso le sette del mattino, con una sciarpa avvolta intorno al collo come a voler nascondere parte del viso. Un berretto scuro era calato fin sopra le orecchie, accentuando il mascheramento. Chanyeol lo aveva seguito fino alla metro, prendendo il suo stesso treno a una distanza di sicurezza, ed era sceso ad una fermata un po’ in periferia, incamminandosi dietro al fidanzato con un distacco di una decina di metri. C’era abbastanza gente per le strade, la folla lo avrebbe nascosto per bene. Lo aveva tenuto d’occhio per tutto il giorno, analizzando ogni suo movimento.
E in quel momento, alle 21:08 precise, mentre Baekhyun si infilava in un edificio dall’aria malandata, Chanyeol si sentì completamente cretino. Stava pedinando il suo ragazzo, la persona per lui più importante. Eppure non poteva negare che veder entrare il fidanzato in quel palazzo decrepito non aveva fatto altro che aumentare in lui quella strana sensazione di ansia che lo coglieva da mesi. Rimase a riflettere per qualche minuto sui messaggi letti quella notte, riportando a galla il nome di quel Zitao e il proprio. In qualche modo, qualunque cosa Baekhyun stesse facendo, riguardava anche lui. Quel pensiero lo fece sentire in po’ meno in colpa, e un po’ più sospettoso nei confronti di Baekhyun, ma non ebbe il tempo di cambiare ancora idea che il ragazzo uscì dall’edificio assieme ad plico di fogli, racchiusi dentro delle cartelline color verde chiaro, e circa cinque uomini in giacca e cravatta. 
Chanyeol spalancò gli occhi sorpreso, facendo qualche passetto avanti, e si nascose per un attimo dietro ad un cartello pubblicitario dall’aria malandata, osservando con attenzione Baekhyun salire su una lussuosa auto nera. I cinque uomini fecero altrettanto, sparendo all’interno dell’abitacolo, e la macchina partì a tutta velocità nella direzione opposta a quella di Chanyeol, portandosi via il suo Baekhyun. Per un attimo, il giovane si sentì perso. Guardò il suo respiro condensarsi nell’aria fredda, e gli occhi presero a bruciarli all’improvviso. Si sentiva deluso, sconfortato. Perché Baekhyun era salito su quell’auto, dove stava andando? quei tizi chi erano? E quelli che aveva fra le mani erano.. Fascicoli? 
-Park Chanyeol..- 
Una voce femminile alle sue spalle lo fece sobbalzare e il ragazzo si voltò di getto, andando ad incontrare la figura snella di una bellissima donna. Era circondata da due uomini pressoché identici a quelli che avevano affiancato Baekhyun, con la sola differenza che questi sembravano più.. Giganti. 
-Chi è lei, scusi?- domandò Chanyeol con un mezzo sorriso, cercando di essere cordiale, ma l’espressione negli occhi di quella signora sembrava volerlo gelare sul posto. 
-Questa zona non è raccomandabile per ragazzi della tua età, a quest’ora della sera. Potrebbero accaderti brutte cose- rispose quella, inclinando leggermente il capo. 
-Non me ne preoccupo..- 
La donna fece un sorrisetto freddo, più simile ad un ghigno, e si portò l’indice al labbro. 
-Dovresti, invece. Sai.. Se c’è un genere di persone che io detesto.. Beh, sono proprio i ficcanaso- commentò poi, cancellando quella mezza smorfia dal volto. -I ficcanaso che seguono i miei aiutanti andando a cadere in una rete troppo grossa per loro..-
A quelle parole Chanyeol si sentì quasi svenire. I muscoli divennero rigidi, il fiato sembrò azzerarsi, e il battito cardiaco sembrava esplodere nel petto. 
-Mi dispiace, ma devo farlo- aggiunse la donna scuotendo leggermente il capo. -Baekhyun non ne sarà contento..-
-Cosa..?-
-Prendetelo- 







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CI SONO GENTE. 
-prende i ponpon e festeggia-
Che dire, mi vergogno per il GIGANTESCO ritardo, ma davvero, il tempo per scrivere si è ridotto moltissimo e penso che da ora in poi vi sarà un capitolo ogni due settimane circa.. :( in caso dovessi riuscire prima, ovviamente aggiornerò. Comunque continuerò a pubblicare, non ho intenzione di abbandonare questa storia ora che si entra nel vivo ;)
Spero che il capitolo 16 sia stato di vostro gradimento, è abbastanza un capitolo di svolta e ci ho messo qualcosa come una settimana a scriverlo o.O 
Ci tengo a ringraziare tutti coloro che mi seguono e commentano, mi rendete la persona più felice del mondo :') grazie di cuore <3 spero di essere riuscita a soddisfare le vostre aspettative con questo scritto :)
Ora mi dileguo, vado a studiare ç___ç
-dannata quinta sodfsicbfdi-
Ci vediamo al capitolo 17! <3 

 
  
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