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Autore: ilaperla    18/10/2013    4 recensioni
Il destino. Questa parola così comune, ma di difficile significato. Cosa celerà dietro una vita tormentata?
Alyssa, passato e presente difficili. Ha paura di combattere, di uscirne perdente. Perchè sa, che qualsiasi cosa farà soccomberà in ogni caso.
Il destino ha completato il suo corso con lei? O uno scontro può dare inizio a qualcosa di diverso?
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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"Alyssa. Lui è Liam Payne”
“Un nuovo ragazzo della scuola?” Domando io, mentre mi avvicino al mio rosso fiammeggiante scooter.
“Hai battuto la testa?” E’ al quanto scioccata.
“No. L’unica cosa che ho battuto è stato il mio fondoschiena” Preciso, sganciando la catena che imprigionava la gomma posteriore del motore al paletto.
“Deficiente! È Liam” Torna a dire con gli occhi sognanti.
“Quando ti decidi a dirmi chi è, sarà troppo tardi” Sbuffo.
“E’ un componente dei One Direction” Risponde, come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo.
“One che?”
“Oddio. Ho un’amica fuori dal mondo” Si passa una mano sulla faccia esasperata.
“Che fanno questi tizi?”
“Cantano”
“Se non hanno a che fare con gli Imagine Dragons, non li conosco”
Detto ciò, salgo sullo scooter e Eloise fa lo stesso, aggrappandosi alla mia vita.
Arriviamo, dopo un quarto d’ora, con l’ora di punta londinese, al suo palazzo.
“Abbiamo visto Liam. Non ci credo!” Continua a borbottare.
Sbuffo sonoramente, non vedendo l’ora di mettere piede a casa, in tranquillità.
“Va bene. Però ora devo andare” Mi giustifico io.
“Vai in ospedale oggi?” Domanda tornando seria.
“Si El. Oggi è giovedì e come tutti i giovedì e come tutti i martedì, vado in ospedale” Specifico leggermente sarcastica.
“Mi farai sapere com’è andata?” Domanda apprensiva.
“E che fine fa il segreto professionale?” Domando a mia volta divertita.
“Che si fotta”
Scoppio a ridere e mi trascino anche lei dietro.
Mi abbraccia e dopo un leggero bacio sulla guancia scappa via.
Eloise, la mia amica tutto pepe ma tremendamente apprensiva.
 
“Come si è sentita oggi?” Domanda la psicologa, dietro i suoi occhiali squadrati, mentre prende appunti su un blocnotes.
“Come sempre” Rispondo vaga, mentre guardo fuori dalla finestra, un sole timido sta tramontando facendo diventare il cielo di mille sfumature rosa, rosse e arancioni. E l’unica cosa a cui penso è che vorrei essere li fuori e correre per raggiungere e salutare il sole che va via.
“Cioè?” Domanda lei.
“Dottoressa, con tutto rispetto, ma glielo dico ogni volta che ci incontriamo” Sbuffo esasperata. Non voglio venire a queste sedute.
Il dottore mi ha detto che mi faranno solo bene. Ma questa donna di fronte a me mi porterà solo all’esasperazione.
“Dimmelo ancora una volta Alyssa”
“Inadeguata” Mormoro. “Vorrei trovarmi da tutt’altra parte. Vivere una vita diversa” Rispondo a memoria. Ormai è sempre questa la risposta che le do.
“Perché?”
“Non è quello che chiedono le persone come me? Non vogliono vivere una vita diversa da quella che stanno vivendo?”
Lei si toglie gli occhiali e mi guarda attentamente.
“Siamo noi li artefici della nostra vita Alyssa. Le scelte che prendiamo, le strade che percorriamo, ci segnano. Ci fanno diventare quello che siamo e di conseguenza decidiamo noi stessi della nostra vita” Spiega lei impassibile.
“Lei mi sta dicendo che se sono in queste condizioni la colpa è la mia?” Domando sconcertata.
“Sei tu che decidi se combattere o essere soprafatta”
“Mi creda, non sono io che comando. Io sono solo una marionetta nelle mani del destino” Rispondo e cala il silenzio tra noi.
“Dovrai rivedere le tue priorità cara Alyssa. Devi cercare di metterti l’armatura e scendere in campo a combattere. Parte tutto da qui dentro” Si sfiora la fronte. “Per poi arrivare qui” Porta la mano al petto. “E’ lui che decide. Devi solo lasciarti andare”
Devo lasciarmi andare. Ma verso le fiamme dell’inferno o verso la salvezza?
 
Sdraiata sul letto fisso il soffitto della mia camera.
Stando a come dice la psicologa, siamo noi gli artefici del nostro destino. Ma a quanto pare, io nemmeno ce l’ho un destino.
Sbuffando, esasperata per la piega dei pensieri, mi tiro su e vado alla scrivania accendendo il mio pc.
Subito in chat mi appare Eloise, desiderosa di sapere com’è andata la seduta.
Le racconto le solite cose e chiudiamo la conversazione con l’appuntamento per domani a scuola.
Ad un tratto mi ricordo lo scontro con quel ragazzo e nasce un sorriso involontario.
Il sedere duole ancora un po’, dovrei chiedergli i danni.
Incuriosita, avvio una ricerca su questo fantomatico Liam… Come ha detto che era il cognome?
Cerco su Google e non appena digito solo il nome, milioni di risultati spiccano agli occhi. Payne! Eccolo!
Ha anche un profilo twitter.
Curiosa, apro la pagina e mi perdo nei mille tweet. Questo ragazzo è un tweet dipendente.
Rido ad alcune foto e incuriosita più che mai, cerco su youtube alcuni video delle sue canzoni e ammiro interessata tutti li altri componenti.
Rimango piacevolmente colpita dalle loro canzoni e dall’armoniosità delle loro voci. Devo ammettere che sono veramente bravi. Nulla da togliere ad altri cantanti.
Così, presa dalla curiosità iniziale, decido di seguire proprio il torero che stamani mi ha sbalzata all’aria e, in un moto di pazzia, gli lascio anche un tweet.
 
@Real_Liam_Payn Ti citerò per danni procurati a lesioni personali. Ho il sedere che duole.
 
Sorrido tra me. Chi legge questo tweet, potrebbe rimanere al quanto confuso.
Con un’ultima risatina, spengo il pc e mi infilo sotto le coperte.
Un altro giorno è andato via. Ed è un giorno in meno da vivere.
 
 
“Che hai fatto ieri?” Domanda Eloise, mentre lascia i suoi libri nell’armadietto.
“Dopo che abbiamo parlato in chat, sono andata a dormire” Rispondo sovrappensiero.
“Sei sicura?”
“Dio El. Se mi devi dire qualcosa sputa il rospo” Alzo le braccia al cielo esasperata.
“Non sei entrata su twitter per caso?” Domanda assottigliando li occhi.
“Che fai mi spii?”
“Assolutamente no. Si da il caso che seguo quei cinque e seguo anche te, perciò quello che fai mi esce nella home”
“Ok, ok. Ispettore Derrick. Ho lasciato un tweet innocente”
“Innocente” Ripete dandomi una leggera gomitata.
“Sei una maliziosa” Rispondo ridacchiando.
“Allora, hai sentito qualche loro canzone?” Domanda mentre ci avviamo fuori nel giardino, per la ricreazione.
“Qualcosa, sono bravi” Constato, in cerca di una panchina all’ombra.
Trovo una sotto un pino e trascino Eloise verso quella.
“Già, sono favolosi. Sai che sono a Londra per sponsorizzare il loro film?” Domanda con gli occhi che le brillano.
“Addirittura un film? Sono così famosi?” Dire che sono incredula è dire poco.
“Oh si, hanno letteralmente ai loro piedi milioni e milioni di fan”
“Complimenti” Rispondo ammirata e sbigottita.
“Ma che ci faceva ieri quel Liam alla nostra scuola?” Domando curiosa.
“Ha frequentato questa scuola. Sarà venuto per sbrigare qualche faccenda. Non ne ho idea”
Strano. Quel ragazzo ha frequentato la nostra stessa scuola e io non ne ero a conoscenza. Sono proprio fuori dal mondo comune.
Restiamo in silenzio, godendoci quella mezz’ora di pausa. Chiudo gli occhi per assaporare la tranquillità.
Amo passare il mio tempo qui. Sotto l’ombra di un pino, a parlare con la mia amica, con il leggero venticello caldo che mi scompiglia i capelli scuri già mossi. Mi sento… Viva!
“Che farai oggi?” Domanda strappandomi a quella tranquillità.
“Devo fare i compiti, poi andrò a lezione” Rispondo con ancora gli occhi chiusi.
“Ti va di uscire dopo?”
Apro gli occhi e guardo la mia amica che si morde il labbro impacciata.
“Va bene. Ma perché?”
“Dovrei andare in un posto e mi vergogno”
Sorrido divertita, la mia amica che si vergogna è nuova come spiegazione.
“E sia. Però mi devi offrire un gelato”
“Tutto quello che vuoi” Mi dice abbracciandomi.
 
“Papà! Io esco” Urlo scendendo le scale e fiondandomi all’ingresso, mentre apro la porta.
“Dove vai?” Domanda lui assonnato.
Sbuffo e mi giro a guardarlo.
Un uomo sulla quarantina, alto, magro e con i capelli brizzolati, visibilmente stanco, mi si para nel campo visivo. È provato, triste e assonnato.
Passa le sue giornate in sala operatoria, a guarire chi non ce la fa, dice lui, però non è capace di guarire me.
Io e lui viviamo soli, ormai da anni, da quando mia madre, nonché sua ex moglie, ha deciso di abbandonarci per intraprendere la carriera di giornalista specializzata in guerra, come la definisco io.
Siamo rimasti solo io e lui, in questa casa e alle volte sentiamo la mancanza di quella figura di protezione.
Lui, dal canto suo, non ha voluto e non è riuscito a intraprendere una nuova vita. E mi dispiace. Perché quando sarà il momento non ci sarò più nemmeno io a fargli da spalla.
“Vado a lezione, poi più tardi vado con Eloise in centro” Spiedo posizionandomi la tracolla della borsa, con gli spartiti, sulla spalla.
“Vai con lo scooter?” Domanda apprensivo.
“Si papà, è il mio unico mezzo di trasporto” Spiego con un risolino.
“Sta attenta, per favore” Ecco le solite raccomandazioni.
“Si papà, ora vado. Riposati” Mi avvicino, gli lascio un bacio sulla guancia e scappo via. Senza però evitare di sentire un “Ti voglio bene” che mi riscalda il cuore.
 
Danzo con le dita su quei tasti bianchi e neri, come se fosse l’ultima cosa che io potessi fare prima che l’infermo mi inghiottisca.
Sono completamente in un altro mondo. Un mondo che piace a me, dove non devo mentire su me stessa, dove posso correre a perdifiato senza sentire poi quel dolore lancinante al fianco.
Le note di “Moonlight” di Beethoven risuonano nella stanza, infrangendosi sui muri. Facendo prendere vita fino all’ultimo oggetto inanimato di questa calda stanza.
La testa che oscilla a ritmo forsennato della melodia, le mani che hanno vita propria, senza nessun coinvolgimento con il cervello, che ora è in balia di pensieri tutti suoi personali.
La sonata si conclude con due battute e riprendo quel leggero fiato che mi è venuto a mancare in quei sette minuti scarsi.
Torno sulla terra e mi volto a guardare il professore.
“Strabiliante come sempre signorina Miller. L’invito per l’orchestra scolastica è sempre aperto. Ci pensi meglio”
“La ringrazio professore, ma sono già impegnata” Declino per la centesima volta la sua offerta.
È sempre così, ogni qualvolta finisco un pezzo, mi rimbecca con questo fatto dell’orchestra.
Io voglio solo suonare e sentirmi libera, senza intoppi di alcun genere.
“Sono rammaricato. Ma qualora lei cambi idea, mi faccia sapere. Ora tocca a Richardson!” Torna a dedicarsi al resto dell’aula e io torno al mio posto.
Mi passa accanto un ragazzo che mi sorride e rispondo al suo sorriso immediatamente.
Cedric Richardson, è un portento nel suonare il piano. ogni volta che le dita si appoggiano su quel strumento, ha il potere di farmi viaggiare con la mente, anche se non stia suonando io stessa.
 
La lezione finisce dopo un’ora e mezza e ci avviamo tutti, verso l’uscita.
“Sei stata bravissima oggi Aly”
Mi volto e sbatto gli occhi in due pozzi scuri.
“Grazie Cedric” Rispondo impacciata, strascicando i piedi sul freddo parquet della sala.
“Figurati, allora non ti va di entrare in orchestra?” Domanda anche lui, aprendo la porta di uscita e spostandosi di lato per farmi uscire per prima.
“In verità no. Mi toglierebbe molto tempo ai miei impegni”
“Capisco. Però ti divertiresti” Mi sprona lui.
Nel frattempo siamo usciti finalmente all’aria aperta e posso riprendere a respirare a pieni polmoni.
“Miller! Finalmente ti sei decisa! Muovi quel culo, che siamo in ritardo” Una soave voce giunge alle mie orecchie facendomi ridere.
“Perdonala, la mia amica non conosce le buone maniere” Mi scusa da parte di Eloise.
“Figurati, sembra che abbiate da fare. Dove siete dirette?” Domanda lui.
“In verità non lo so” Mi gratto la nuca in imbarazzo.
“Sarà una sorpresa allora. Non voglio trattenerti. Alla prossima e buona serata Alyssa”
“Grazie Cedric”
Lo guardo andare via, mentre la sua alta figura si intrufola nel sedile di guida di una macchina scura.
“Figo il tipo. Pretendente?” Domanda Eloise alle mie spalle.
“Ma smettila! Non avevi fretta di andare?”
Detto ciò saliamo sullo scooter e dopo le indicazione della mia amica ci dirigiamo a Time Square.
 
“Non ci credo!” Sibilo nervosa.
Mi trovo in mezzo a, credo, altre cento mila individui, urlanti e sudati.
“Ti odio. Lo sai vero?”
“Smettila, è divertente!” Mi apostrofa una allegra ed elettrizzata Eloise accanto a me.
“Divertente un corno. Voglio tornare a casa” Mi lamento, cercando di fare dietro front.
“Non sei curiosa di rivedere Liam?” Domanda.
Ingoio a vuoto e mi giro ad osservarla.
Siamo in mezzo a tutta questa gente, non so come ne perché, ma dovremmo vedere un’uscita straordinaria della band del momento.
Ragazzine urlanti che mi strappano a suon di macete i timpani da tutte le pari e lei mi dice che sarà divertente?
Non ho nemmeno il tempo di risponderle a tono, che una forte musica risuona tutt’intorno.
Non conosco la canzone, ma devo ammettere che è coinvolgente.
Escono a poco a poco tutti i cinque componenti della band e si posizionano per improvvisare una canzone inedita solo per i fan più accaniti, ergo, io che ci faccio qui?
Però devo ammettere che la canzone è simpatica e mi ritrova a canticchiarla involontariamente.
Quando questa finisce, Liam prende il microfono e ringrazia i presenti per invitarli da li a due settimane alla visione del film.
Mi ritrovo a guardarlo con attenzione, i suoi occhi non sono più nascosti dietro quegli occhiali da sole, ma ora posso guardarlo indisturbata. E ne rimango piacevolmente affascinata.
Oggi scuri, bruni e profondi. Sono allegri, fanno capire che quello che sta facendo gli piace. Che è la sua vocazione.
Un po’ lo invidio, perché ha quella grinta, senza pudore, di parlare di fronte a tutta questa gente. Non ha paura del giudizio.
Mentre io, non ho rivelato a nessuno quella che sono, tranne a Eloise, per timore di essere giudicata, di essere apostrofata e di essere trattata con l’ultima cosa che vorrei: pena.
Ho persino paura di entrare a far parte di un’orchestra, che diamine.
Dopo qualche chiacchiera, si congedano tra urla e proposte indecenti, delle fan, facendomi sorridere.
“Allora, chi ti piace tra i cinque?” Domando rivolta alla mia amica.
Lei diventa rossa e prende a balbettare.
“Ma che ti viene in mente”
“Si,si come se non ti conoscessi. Ora per punizione mi accompagni al negozio di musica che devo comprare degli spartiti nuovi”
Lei sorride e mi prende sotto braccio.
“E comunque grazie” Precisa lei.
“Di niente” Le faccio uno scherzoso occhiolino e ci avviamo verso il negozio.
 
Mentre Eloise civetta con la commessa per sapere dove può trovare l’ultimo libro dei One direction, io girovago per le file di dischi in vinile, per aumentare la mia collezione.
Sognante, afferro uno dei Pink Floyd e decido, seduta stante, che questo viene con me a casa.
Con in mano due pacchi di spartiti e con il mio nuovo tesoro, mi volto di scatto e finisco tra le braccia di un ragazzo, constatando la durezza dei suoi muscoli d’acciaio.
Alzando il viso rimango stupefatta.
“Dobbiamo smetterla di incontrarci così” Dice sicuro di se, con un sorriso divertito.


Kumusta a tutti quanti!  
Non spaventatevi.. Non è una maledizone, semplicemente un saluto in filippino :) Mi piaceva..
Orsù, bando alle ciance! 
Eccoci nuovamente qui, capitolo più lungo ovviamente.
Bene, bene, bene. Liam Payne signori e signori.. In questa storia troverete il vero e inimitabile Liam, (mi sembra di stare a vendere un prosciutto alla fiera) e non uno di fantasia.
Anche se alcune cose, le inventerò al momento per quadrare la storia.
Non so che dire, mi sento intimidita, stano a dirlo! Perchè di solito parlo e parlo a vanvera. Per chi mi conosce sa di che sono capace, ma non lo so, in questo fandom mi sento piccola piccola.
Vi chiedo qualche parere per chi legge, sono veramente curiosa di sapere i vostri giudizi.
La storia prometto sarà interessante e pubblicherò settimanamente. Non lasciatemi sola please! 
Siamo una famiglia noi no? 
Confido in voi. :*

                                               

                                               

                                                 

 
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