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Autore: Mignon    19/10/2013    4 recensioni
«Per te».
Raccolse quel foglietto e lo rigirò tra le mani.
«L’ho trovato lì» indicò con il ditino rosa un punto indistinto tra l’erba, poi sorrise arricciandosi ancora i capelli biondi. «Puoi scrivere quello che stai pensando. La mia mamma lo fa sempre».

Ma quel foglio nasconde molto di più.
Se ne renderà conto Harry, ritrovandosi seduto sul suo divano a leggere una lettera, nascosta da un semplice incantesimo.
Nessun mittente, nessuna data. Harry non sa chi è stato a scrivere quelle parole.
E Draco, sicuramente, non si aspetta che a distanza di un anno qualcuno l'abbia trovata... e abbia intenzione di rispondergli.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Pansy Parkinson, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Non fatevi ingannare dall'inizio con Ginny, e nemmeno dal fatto che non si nomini ancora Draco.
Abbiate un po' di pazienza ;) 
Ci vediamo lì sotto, Buona Lettura.








 
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Capitolo 1

Tre cose ci sono rimaste del paradiso: le stelle, i fiori e i bambini





 [ 18 Ottobre, Hyde Park. 15:24 ]
 
«Vieni qui! Abbracciami Harry!» correva veloce tendendogli la mano, voleva essere rincorsa, mentre il vento invernale le sferzava le guance già arrossate per lo sforzo.
Quante volte l’aveva vista rischiare di cadere a terra per aver calpestato una foglia umida e scivolosa?
A Ginny non importava nulla, sapeva che una volta tornata a casa Harry l’avrebbe stretta e riscaldata, per poi coccolarla sotto il getto caldo della doccia.
Quella richiesta si era ormai trasformata in un eco lontano, in mezzo a tutte le altre, insieme alla felicità e ai sorrisi.
Il vento, questa volta autunnale, continuava a far volare i suoi capelli, anche se questi erano diventati cupi, avevano perso lucentezza, non erano più paragonabili alla seta preziosa.
Come lei. Ginny non era più la giovane donna di un tempo.
A soli ventitré anni aveva perso la gioia e l’amore, aveva perso il sorriso.
Harry pensava – anzi, ne era sicuro – che fosse tutta colpa sua.
Con lui era diventata fredda, insensibile. E tutto il malumore si riversava anche contro il resto del mondo.
Dopo i primi quattro anni insieme, la casa di Harry che divideva con lei cominciò ad essere tempestata da gufi, inviati da famigliari preoccupati.
Ginny non era più la stessa, era triste e arrabbiata; tutte le missive ripotavano sempre le stesse cose.
Ma Harry aveva capito che non poteva più salvare tutti. La guerra era finita e lui voleva essere normale.
La storia continuò così per altri due anni. Poi tutto scoppiò, si ruppe.
La famiglia Weasley cominciò ad accusarlo velatamente, con discorsi non troppo diretti, fino a quando le cene alla Tana non furono più dei momenti felici da passare in famiglia, ma occasioni per guardarlo con diffidenza e rancore. Ron ed Hermione lo avevano osservato mentre si allontanava sempre di più da quella famiglia che lo aveva accolto come un figlio, e che ora lo accusava di aver risucchiato la vita alla figlia più piccola.
Harry dovette rinunciare anche a quello.
Ci provava, ci provava costantemente. A volte pensava di riuscirci, quando vedeva un accenno di sorriso sulle belle labbra di Ginny, quando la sua pelle si colorava di rosso per l’eccitazione di un bacio. Ma puntualmente quel breve lampo si speranza scompariva dietro alla tristezza che emanavano i suoi occhi. E con lui se ne andava anche l’amore.
Non erano più una coppia.
Quel giorno ad Hyde Park tutto sarebbe finito. Anche se ad Harry dispiaceva macchiare quel posto con un ricordo così infelice.
«Ginevra, lo sai…» gli occhi stanchi si posarono sul viso ormai più scavato e scarno del ragazzo.
Sentiva le ossa degli zigomi sotto le mani ogni volta che se le passava sul volto con fare esausto.
Continuava a restare in silenzio Ginny, toccandosi piccoli ciuffi di capelli, rigirandosi tra le dita quei pochi che le si staccavano per la foga con cui ci giocava.
Si sentiva solo il respiro affannoso, che venne improvvisamente rotto dalla voce flebile della ragazza.
«Si Harry, lo so. Domani me ne andrò, tornerò da mia madre alla Tana. Occuperò la mia vecchia stanza e tutto sarà come prima» disse con voce piatta, atona; la stessa con cui si rivolgeva a lui da due anni a quella parte.
E così sei anni venivano spazzati via da quella mano invisibile del destino.
Niente poteva competere con essa, nemmeno la magia. Quando arrivava bisognava sopportare e accettare; quello era il loro momento.
«Dimmi almeno perché. Che cosa ho fatto?»
Tutte quelle persone che lo accusavano lo avevano ormai convinto della sua colpevolezza, pensava di non averle dato abbastanza, di non averle fatto vivere il sogno che meritava.
Più ci pensava, però, meno riusciva a colpevolizzarsi. Le aveva dato tutto, l’aveva amata con tutto il cuore, non l’aveva mai trattata come una proprietà.
Ginny era libera, lui sapeva che non doveva trattenerla per non vederla andare via.
«Lo vuoi sapere veramente?»
I capelli neri e ancora disordinati ricaddero sulla sua fronte mentre annuiva e si sistemava gli occhiali sul naso.
«Due anni fa ho perso il bambino che portavo in grembo».
Sentì i movimenti nervosi di Harry accanto a lei, così continuò senza dargli modo di ribattere: «Il bambino non era tuo. Era di Dean Thomas».
Harry sprofondò sulla panchina.
Lasciò che il vento freddo lo schiaffeggiasse. Voleva sentire di nuovo qualcosa. Dolore, frustrazione, delusione, qualcosa che gli ricordasse di essere vivo. E invece niente.
L’inverno era arrivato in anticipo nel suo cuore.
Non proferì parola, osservò Ginny alzarsi dalla panchina e abbandonarlo lì con freddezza disumana.
Due secondi dopo si era Smaterializzata, probabilmente a casa loro per raccogliere le sue cose e andarsene.
Non voleva vederla, non voleva parlarle.
Avrebbe aspettato alcune ore, prima di alzarsi da quella panchina, prima di ricominciare a respirare, prima di ricominciare a far battere il cuore.
 
«Che cosa stai facendo?» una vocina dolce, gli ricordò di essere ancora seduto immobile su quei pezzi di legno chiaro. Era buio ormai e lui non se n’era accorto.
Una bambina si era seduta accanto a lui e tirava la manica del suo cappotto. Si guardò intorno e vide la madre che correva verso di loro tirando un passeggino con un altro fagottino addormentato al suo interno.
«Sto pensando» fu l’unica cosa che riuscì a risponderle, guardando gli occhietti azzurri e vispi illuminati dalla luce fioca del lampione.
Non sembrò contenta della risposta, così cominciò a tirarsi i capelli stretti in due codini, legati con piccoli elastici con piccole fragole.
Sorrise dolcemente davanti a tutta quell’innocenza, e sorrise ancora di più quando la madre si avvicinò trafelata.
«Mi scusi, l’ha disturbata?»
«Assolutamente no» la donna annuì di rimando e cercò di convincere la piccola a seguirla. Non ci fu verso, la bambina si mise le mani in tasca del cappottino colorato e ne tirò fuori un foglietto piegato.
La madre non parlava più, guardava la figlia con occhi amorevoli, colmi di gioia.
«Per te».
Raccolse quel foglietto e lo rigirò tra le mani.
«L’ho trovato lì» indicò con il ditino rosa un punto indistinto tra l’erba, poi sorrise arricciandosi ancora i capelli biondi. «Puoi scrivere quello che stai pensando. La mia mamma lo fa sempre».
Ad Harry si bagnarono gli occhi, improvvisamente emozionato.
La madre allungò il braccio per tenderle la mano ed invitarla a scendere dalla panchina.
«Andiamo, Amalia. Lasciamo il signore tranquillo».
La piccola si alzò, si sistemò il cappottino con cura e fissò ancora gli occhi in quelli lucidi di Harry, che si sporse verso di lei e le accarezzò la testa.
«Grazie Amalia».
La bimba si avvicinò e agganciò le braccine attorno al collo di quel signore triste, senza sapere che aveva donato un po’ di serenità al suo cuore accartocciato come il foglio bianco che gli aveva donato con gentilezza.
 
 
[ 18 Ottobre. Berkeley Square, Appartamento Harry. 18.16 ]
 
Odiava ancora Smaterializzarsi, non aveva ancora superato quel fastidio allo stomaco ogni volta che girava su se stesso e finiva in quella specie di vuoto.
Senza contare la paura che lo pervadeva ancora tutte le volte che lo faceva, e la speranza di non ritrovarsi Spaccato o in tutt’altro luogo.
Destinazione, Determinazione, Decisione.
Ricordava ancora quel piccolo professore di Materializzazione giunto fino a Hogwarts, con la sua pelle quasi trasparente.
Destinazione, pensò, una casa vuota in cui dovrò vivere da solo.
Determinazione, per non lasciarmi andare e ricominciare.
Decisione… quella parte gli sfuggiva.
Si lasciò cadere sul divano, deciso a non pensare a lei.
Ecco, trovata anche l’ultima D.
Non l’amava più da tanto tempo ormai, ma era difficile abituarsi a non avere più una presenza costante accanto.
Avevano scelto quella casa perché era vicina al parco, con tanti alberi intorno, il verde e la natura.
Inconsciamente si sentiva ancora vicino a Hogwarts, con il suo parco immenso, il Lago Nero, la capanna di Hagrid.
Era ancora vestito, con la sciarpa annodata stretta al collo. Una sciarpa verde regalata da qualcuno per un qualche lontano Natale.
Per appendere tutto all’attaccapanni passò accanto allo specchio sistemato all’entrata. Guardando la sua immagine riflessa non riuscì a non immaginarsi con i colori di Serpeverde, al suo quasi Smistamento in quella Casa.
Rise al pensiero e si tolse tutto, cercando nelle tasche le sigarette e l’accendino, l’unico vizio Babbano che non era riuscito ad evitare, che gli fece compagnia molte notti insonni mentre Ginny piangeva distesa nel letto.
Il foglietto regalatogli da Amalia cadde per terra.
Si accucciò per raccoglierlo e sentì di nuovo quella strana sensazione a cui prima non aveva prestato attenzione, pensando si trattasse solo delle emozioni che si confondevano in lui.
Ma quel pezzo di carta aveva conosciuto la magia, lo poteva sentire, percepire. Si ricordava quella giornata con Silente, in quella grotta. Il modo in cui il vecchio mago aveva sentito quella traccia che resta a tutti i luoghi o agli oggetti che sono entrati a contatto con essa.
Si risedette sul divano, dimenticando la cena, tirò fuori la bacchetta rigirandosela tra le dita. Quel foglio bianco era aperto sul tavolino e lui ricordò il giorno in cui Piton lo avevo interrogato sul perché la sua testa si trovava davanti alla Stamberga Strillante e alle ripetute prove che aveva fatto per scoprire il segreto della Mappa del Malandrino.
Puntò la bacchetta di Agrifoglio e l’agitò con forza.
«Mostrati» ma non accadde nulla, come previsto.
«Rivela il tuo segreto» sussurrò, sentendosi ancora più simile a Severus per aver ripetuto le sue stesse parole; si aspettava di veder comparire qualcosa di simile a quello che apparve sulla vecchia pergamena tanti anni fa, invece rimase sorpreso quando macchie di inchiostro cominciarono a tracciarsi, per poi risultare chiare e ben leggibili.
Una lettera scritta a mano era nascosta in quel foglio, con parole delineate, scritte da una mano delicata.
Il proprietario voleva che a trovarla fosse un mago. Sorrise quando ripensò alla bambina, che per uno strano gioco del destino aveva scelto proprio lui.
Si accomodò meglio, più emozionato di prima con il foglio tra le mani.
 
“Questo che hai in mano è il gesto di una persona decisamente disperata e caduta in basso, che si è ridotta a scrivere per degli sconosciuti.
Chissà se questa lettera sarà mai trovata da qualcuno.
Qualcuno in grado di padroneggiare la Magia, che abbia vissuto la stessa guerra, gli stessi orrori e le stesse paure, che possa anche lontanamente sentirsi vicino a me, a tutte quelle persone che l’hanno provata sulla propria pelle o indirettamente.
La solitudine porta a tutto. Sentirsi soli in mezzo a milioni di persone è il passo che si compie prima di impazzire.
E tu, a che punto sei arrivato?”
 
Nessun nome, nessuna data. Solo un indirizzo generico di un ufficio postale Londinese.
 
Non si accorse del tempo che aveva passato ad osservare la missiva, indeciso sul da farsi.
Quella lettera poteva avere parecchi anni, ma la curiosità era troppo forte.
Osservò Athena, la bruna civetta che gli regalò Hermione dopo la fine della guerra per il suo diciottesimo compleanno, il cui nome non era stato scelto a caso.
La piccola pennuta dormiva tranquilla con il muso nascosto sotto l’ala, non aveva il coraggio di svegliarla.
Ci avrebbe pensato la mattina dopo, in fin dei conti un altro giorno non avrebbe fatto differenza.






 



__
Bene bene, se siete arrivati fin qui vuol dire che ho attirato la vostra attenzione.
Non sapete che dispiacere scrivere di Ginny in quel modo, io che amo il suo personaggio, nei libri. 
Ma la mia mente ha deciso che dovevo descriverla così, avrà le sue buone ragioni :D
E così ha trovato quella lettera, o meglio una tenera bambina gliel'ha data, perché potesse scrivere i suoi pensieri... un po' come ha fatto Draco, ma questo Harry ancora non lo sa, quindi non diciamoglielo ;) sarà il nostro segreto.
Quindi nel prossimo capitolo vedremo come reagisce il biondo... e magari qualcosa di più, chi lo sa. Devo ancora scriverlo, ma di sicuro domani mattina sarà pronto ;)

Come al solito non ho un giorno preciso per pubblicare... 
Vi lascio, con tanti baci per aver letto e un super abbraccio se recensite, anche se sono dolce e l'abbraccio lo do lo stesso anche a chi non scrive nulla... ma non evitate di farlo :P 
Al prossimo capitoloooo *__*


 
  
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