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Autore: Narsyl    19/10/2013    0 recensioni
Tutto ebbe inizio con un amore non corrisposto, con un'amicizia finita e con una scintilla che rinasce dalle sue ceneri. Tutto ebbe inizio con maschere cadute, occhi silenziosi che si incrociano, e altri che scrutano nell'ombra. Perchè tutto, tutto ebbe inizio con l'amore, come tutto sarebbe finito. Tutto ebbe inizio con James e Lily, e con un piccolo giglio. Una ricostruzione - fedele a tutte le informazioni esistenti sull'era dei Malandrini - della più potente magia che sia mai esistita.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Marlene McKinnon, Regulus Black, Severus Piton | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Salve! Benvenuti nel mio primo tentativo di fanfiction sui Malandrini. E' da molto, molto tempo che pensavo di scrivere questa storia, e finalmente ho avuto un momento di tempo per buttare giù il progetto e il primo capitolo. La storia inizia alla fine del quinto anno di Lily e James, precisamente con il ricordo di Piton che noi conosciamo dall'Ordine della Fenice (per intenderci, è il 1976). L'ho riportato qui sotto, e specifico che la parte scritta in corsivo è presa integralmente dal libro, quindi NON E' OPERA MIA. Detto ciò, spero che questo capitolo vi piaccia, adoro ricevere feedback, quindi sbizzarritevi, e se volete, potete scrivermi anche su tumblr: follevolo.tumblr.com
Fatto il misfatto!
Narsyl



«Lascialo STARE!»
James e Sirius si voltarono di scatto. La mano libera di James salì subito ad arruffargli i capelli.
A gridare era stata una delle ragazze in riva al lago. Aveva folti capelli rosso scuro che le arrivavano alle spalle e occhi a mandorla di un verde incredibile... gli stessi occhi di Harry.
Sua madre.
«Tutto bene, Evans?» disse James con una voce di colpo più profonda, più matura.
«Lascialo stare» ripeté Lily, fissandolo disgustata. «Che cosa ti ha fatto?»
«Be'...» rispose James, fingendo di ponderare la questione, «è più il fatto che esiste, non so se mi spiego...»
Parecchi studenti risero, Sirius e Codaliscia compresi, ma non Lupin – in apparenza ancora tutto preso dal suo libro - e nemmeno Lily.
«Ti credi divertente, Potter» disse gelida. «Ma sei solo un bullo arrogante e prepotente. Lascialo stare».
«Solo se esci con me, Evans» replicò rapido James. «Esci con me, e non alzerò mai più la bacchetta su Mocciosus».
Dietro di lui l'Incantesimo di Ostacolo stava svanendo, e sputacchiando bolle di sapone Piton prese a strisciare verso la bacchetta caduta.
«Non accetterei nemmeno se dovessi scegliere fra te e una piovra gigante» replicò Lily.
«Ti è andata male, Ramoso» disse Sirius spiccio, e si voltò verso Piton.
«EHI!»
Troppo tardi. Piton aveva già puntato la bacchetta contro James: ne scaturì un lampo di luce, e su una guancia di James comparve un taglio che gli schizzò la veste di sangue. James ruotò su se stesso, partì un secondo lampo di luce e un attimo dopo Piton penzolava per aria all'ingiù, la veste che gli ricadeva sopra la testa mostrando le pallide gambe ossute e un paio di mutande grigiastre.
Un applauso si levò dalla piccola folla; Sirius, James e Codaliscia si rotolavano dalle risate.
«Mettilo giù!» gridò Lily. La sua espressione furiosa aveva per un attimo quasi ceduto il posto al sorriso.
«Ai tuoi ordini». James fece scattare la bacchetta all'insù, e Piton si afflosciò a terra. Districandosi dalla veste, si rialzò rapido, la bacchetta pronta, ma Sirius gridò: «Petrificus Totalus!» e Piton cadde di nuovo, rigido come un palo.
«LASCIATELO STARE!» urlò Lily, ed estrasse a sua volta la bacchetta.
James e Sirius la fissarono preoccupati.
«Dài, Evans, non costringermi a farti un incantesimo» disse ansioso James.
«Allora liberalo!»
James sospirò, poi si voltò verso Piton e mormorò un controincantesimo.
«Ecco fatto» disse, mentre Piton si rialzava a fatica. «Ti è andata bene che ci fosse Evans, Mocciosus...»
«Non mi serve l'aiuto di una piccola schifosa Mezzosangue!»
Lily trasalì.
«Molto bene» replicò freddamente. «Vuol dire che in futuro non mi prenderò la briga di aiutarti. E se fossi in te mi laverei le mutande, Mocciosus ».
«Chiedi scusa a Evans!» ruggì James, puntando la bacchetta contro Piton.
«Non voglio che mi chieda scusa perché l'hai costretto tu!» urlò Lily.
«Siete uguali, voi due».
«Che cosa?» protestò James. «Io non ti avrei MAI chiamato una... tusai-come!»
«Sempre a spettinarti i capelli perché ti sembra affascinante avere l'aria di uno che è appena sceso dalla scopa, sempre a esibirti con quello stupido Boccino e a camminare tronfio nei corridoi e lanciare incantesimi su chiunque ti infastidisca solo perché sei capace... sei così pieno di te che non so come fa la tua scopa a staccarsi da terra! Mi dai la NAUSEA».
Lily si voltò e corse via.
«Evans!» le gridò dietro James. «Ehi, EVANS!»
Lily non si voltò.
«Ma che cos'ha?» bofonchiò James, tentando - senza riuscirci - di comportarsi come se la risposta non avesse per lui alcuna importanza.
«Leggendo fra le righe, amico, direi che secondo lei sei un po' presuntuoso » rispose Sirius.
«Bene» disse James, che sembrava furibondo. «Bene...»
Saettò un altro lampo di luce, e ancora una volta Piton si ritrovò a mezz'aria, a testa in giù.
«Allora... chi vuole vedermi togliere le mutande a Mocciosus?»

_____



Lily esalò lentamente un rivolo di fumo, le labbra rosse tese in una piccola “O”, mentre gli occhi grandi di foresta, i suoi occhi di foglia vergine, occhi di bottiglia, di smeraldo, vagavano nella notte, senza fermarsi, senza fissare mai la stessa cosa due volte. Il volto era appoggiato distrattamente a una mano, rivolto sul panorama disteso che dormiva sotto la Torre di Astronomia, dove era sgattaiolata dopo che tutti erano andati a dormire.
Era una cosa che non faceva da tanto, ma non era la prima volta che le capitava – ne sentiva la necessità, occasionalmente – di abbandonare la maschera di prefetto, di studentessa modello, di ragazza “carina e gentile”, e lasciarsi travolgere dall’astio, dal veleno, dalla rabbia. Non reprimerla, non trasformarla in qualcosa di costruttivo e neppure reagire in base a essa. Solo – lasciarsi travolgere. Annegare nella negatività. Stare da sola, non piangere. Guardare il fumo dipanarsi.
E quel giorno, quel giorno sentiva di avere un ghigno sulla bocca, un ghigno cattivo perché il mondo era cattivo, e non voleva che la gente le vedesse in faccia quel ghigno. Non voleva che la gente pensasse che Lily Evans, a volte, perdeva la speranza e perdeva la pazienza.
Non era arrabbiata con Potter – Potter era stato semplicemente Potter, stupidamente coerente e testardamente esibizionista. Non lo giustificava, certo, ma era una donna, e le donne sanno sempre quando un uomo agisce per sé stesso e quando lo fa invece per attirare l’attenzione. Non la lusingava, ma sapeva che James Potter odiava Severus Piton per colpa sua. Sapeva che lo invidiava, e che questo doveva disturbarlo perché, se c’era una persona al mondo che Potter non voleva essere, era Piton. Immaginava, con quella sua spiccata sensibilità e quella sua capacità di leggere le persone, un po’ inquietante, ma terribilmente efficace, che disprezzare una persona come James disprezzava Severus, eppure al contempo invidiarla, doveva essere incredibilmente sgradevole. E questo avveniva per lei, per Lily.
Non la lusingava.
Ma non poteva neppure ignorarlo, quando pensava alla situazione.
E, c’era da aggiungere, Potter non avrebbe mai fatto seriamente del male a Severus – lo voleva semplicemente umiliare, come lui si sentiva umiliato ogni giorno… Umiliato da lei, Lily.
Probabilmente il motivo per cui non era arrabbiata con Potter era che si sentiva in colpa, perché Severus pagava le conseguenze di quello che Lily faceva subire a Potter respingendolo apertamente e ostinatamente ogni giorno.
A volte non sapeva neppure perché lo faceva.
Si, lo sapeva, invece: Potter era un idiota. Un idiota terribilmente affascinante, divertente, leale e brillante. Ma pur sempre un immaturo, bullo, egocentrico, presuntuoso idiota. Un idiota così egocentrico che Lily spesso si chiedeva se quella sua ossessione nei suoi confronti, quello che lui dichiarava essere un interesse sincero, non fosse solo una caccia, un gioco, un gioco di cui Lily, se avesse ceduto, sarebbe diventata il trofeo abbandonato su uno scaffale impolverato.
Doveva pur proteggersi, no? Doveva pur difendersi. Soprattutto adesso.
«Non mi serve l'aiuto di una piccola schifosa Mezzosangue!»
Lily nella sua vita aveva amato e perduto due persone più di ogni altra: e oggi aveva perduto l’ultima che le era rimasta. L’aveva perduta senza motivo, e perdendola le era sembrato che non ci fosse più casa, per lei, che non ci fosse più un rifugio sicuro pronto ad accoglierla. Severus era tutto ciò che le restava, a Hogwarts, che le ricordasse di casa sua. Della sua vita, quella fatta di tostapane e automobili, penne a biro e telefoni, adesso non le restava nulla. Certo, aveva sempre mamma e papà, ma loro non sapevano cosa significava, essere giovani e soli, e avere paura.
Petunia le stava accanto, prima, quando la sera aveva paura che nel buio ci fossero i fantasmi. Sgattaiolava fuori dal suo letto e si infilava in quello di Lily e le stringeva la mano con le sue dita lunghe e ossute.
Severus non le stringeva la mano, ma c’era sempre, in silenzio.
Fino ad oggi.
Lily buttò fuori un’altra boccata di fumo; per qualche strano motivo, questa volta uscì tutto tremolante e frastagliato. Si morse il labbro inferiore per impedirgli di tremare ancora.
Un rumore, da dietro di lei, la fece voltare, mentre la mano che non teneva la sigaretta subito volava nella tasca interna del mantello, dov’era la sua bacchetta. Quando individuò l’intruso, tuttavia, si rilassò subito e, stringendo impercettibilmente gli occhi, si voltò di nuovo e tornò a fissare il cielo e la terra come se nulla fosse successo.
- Me ne dai una?
Senza voltarsi, Lily frugò nella tasca e tirò fuori un pacchetto di Pall Mall; lo appoggiò silenziosamente sul muretto al quale era appoggiata, accanto a sé. James si avvicinò, si servì una sigaretta, e aspirando il primo tiro appoggiò entrambi i gomiti sul ciglio della torre, a pochi centimetri da dove erano posizionati quelli di Lily. Sorprendentemente, James notò che Lily non si era allontanata. Ma sembrava ancora non aver riconosciuto la sua presenza.
- Ho una cosa da dirti – esordì il ragazzo, passandosi la mano libera fra i capelli e voltandosi un po’ a guardarla. La luce della luna faceva brillare la sua pelle bianca e danzare le sue lentiggini. Tutto attorno a loro sembrava offuscato, come coperto da un filtro di polvere perlacea, eppure lei , lei sembrava l’unico particolare a colori in una fotografia in bianco e nero. James si chiese, per la millesima volta, come facessero i suoi capelli a essere così, così rossi, e vivi.  Ne sentiva il profumo da lì: sapevano di cannella.
Lily non rispose. Non era sicura di volerlo affrontare, ma era troppo curiosa per interromperlo. James, comunque, non era il tipo d’uomo che chiedeva il permesso, e questo lei lo sapeva bene.
- Quello che è successo oggi… E’ stata l’ultima volta. – Lily, per la prima volta, si voltò a guardarlo. Aveva certi occhi, grandi così. E c’era qualcosa, dentro, di proprio strano: ne sentiva provenire un’energia inspiegabile e si chiese subito a cosa l’avrebbe potuta associare  – Non umilierò più nessuno, soprattutto me stesso, solo per attirare il tuo sguardo su di me. So che tu pensi che io sia un immaturo, stupido, egocentrico pallone gonfiato, e non ti biasimo per questo. Lo sono, quando so che tu mi stai guardando, e credo che sia perché tu… Mi fai sentire piccolo così – avvicinò il pollice all’indice quasi fino a farli sfiorare – Quando tu sei attorno a me, io mi sento insignificante, e trasparente, e non ci sono abituato. Di solito, te lo giuro, non ho bisogno di comportarmi come un idiota per farmi notare dalle persone, ma tu… Tu mi vedi solo quando devi rimproverarmi di qualcosa, e anche allora mi sembra che non guardi davvero me quanto l’immagine che tu hai di me. Un’immagine che io stesso mi sono costruito – non ti sto dando nessuna colpa – probabilmente perché per la prima volta nella mia vita, quando ti ho incontrata, sentivo di avere qualcosa da dover dimostrare. Ho sempre avvertito questa necessità. Ma fin’ora, credo di averti dimostrato tutte le cose sbagliate… E ho finito per costruirmi una maschera, capisci? E oggi, sentirti dire che io e Mocciosus siamo uguali… Merlino, ti ha chiamato tu-sai-come! E dovremmo essere uguali, io e lui? Io non sono questa persona! E troppo spesso non sono riuscito a distinguere la maschera dalla pelle… Ho cominciato ad essere davvero idiota, davvero egocentrico, davvero ingiusto e immaturo e spaccone e… Non mi piaccio più. Non mi piaccio davvero più. Quindi basta. Ho chiuso… Ti lascerò in pace e lascerò in pace Mocciosus. Ti chiedo davvero scusa per oggi.
Cadde il silenzio, ma sorprendentemente, non era un’atmosfera tesa e irrespirabile. Era un silenzio bello, come quello prima di un’alba, quando il mondo sta quasi per svegliarsi. Lily stava aspettando che le parole di James la attraversassero.
Non era così disillusa da non credere che fosse sincero – nelle intenzioni. Sapeva bene che aveva ragione: tutto quel teatrino era sempre stato fatto per attirare la sua attenzione. Ma lei non conosceva il vero James Potter, non aveva mai avuto voglia di conoscerlo. Aveva Severus, prima, e le bastava.
Prima.
Non si fidava di lui, in ogni caso. Non si fidava del proprio giudizio, che prima d’allora troppe volte le aveva permesso di affidare il suo affetto a persone che le avevano strappato il cuore e ridotto a brandelli.
D’altronde, Potter non le stava chiedendo niente. Non le stava chiedendo di essere amici, o di fidarsi di lei. Le stava solo comunicando un’intenzione.
E questo la rassicurava, perché in quel momento, forse per la prima volta nella sua vita, Lily Evans sentiva di non avere nulla da dare.
Sentì lo sguardo di James addosso, e gli concesse di incontrare il suo.
Gli occhi, è risaputo, hanno sempre il colore di qualcosa, di evocativo ed etereo da utilizzare in tutte le poesie. Quegli occhi invece non le ricordavano niente. Sembravano miele ma non lo erano, erano più scuri, più taglienti, più amari. Sembravano castagno chiarissimo ma non lo erano, erano più morbidi, più liquidi, più luminosi… Non riusciva ad inquadrali e per questo, per qualche momento, si sentì disorientata. Non poteva capire una persona se non ne capiva lo sguardo, soprattutto un uomo. Negli uomini gli occhi parlano continuamente, molto più delle labbra. I suoi tacevano. Non erano schivi, non si nascondevano né la evitavano: la fissavano in religioso silenzio. C’era un che di inquietante, e di bello, in quel silenzio, come in un segreto. Non sembrava attendere nessuna risposta – e la cosa le piacque – ma Lily comunque annuì. James tirò un ultimo tiro di sigaretta, poi appoggiò il mozzicone sul muretto e lo colpì delicatamente con la punta della bacchetta.
Con quest’ultimo gesto, senza dire altro, se ne andò.
Lily prese in mano il piccolo giglio, e suo malgrado, sorrise.
 
  
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