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Autore: Lilies    19/10/2013    1 recensioni
Era comparsa alla porta dell'appartamento in un freddo mattino d'inizio febbraio, qualche giorno dopo il compleanno di Jas.
Aveva un'abnorme quantità di zaini e bagagli colorati alla mano, ed un biglietto aereo appena acquistato.
Era un biglietto di quelli low-cost, di quelli che si comprano all'improvviso, all'ultimo minuto. All'ultima decisione.
I capelli scuri le incorniciavano il viso lentigginoso, arruffati, imperlati di sudore.
Aveva appena corso.
La sua bocca, resa bluastra dal pungente freddo invernale, era schiusa in una strana smorfia indecisa.
«Torno a Dublino» aveva sussurrato, senza preavviso. «Questo non è il mio posto.»
Genere: Romantico, Suspence, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Echo




«Dio, sono esausto», brontolò il ragazzo lasciandosi cadere di peso sul piccolo divano del salotto, già occupato per metà dalla snella figura di una giovane dai lunghi capelli castani.
Mandy si stiracchiò, appoggiando il capo sul petto di lui, che prese ad accarezzarle i capelli con lenti movimenti della mano sinistra.
Quanto le amava, le mani di Jas.
Erano grandi, grandi quasi il doppio delle sue – così piccole e tozze, infantili. Le mani di Jas avevano lunghe dita affusolate con cui spesso scompigliava gli impossibili ricci scuri che aveva in testa ed erano morbide come il pane appena sfornato, e calde.
Mandy si allungò verso il viso del suo ragazzo, posando un leggero bacio proprio sulla punta del mento spigoloso. Jas sospirò, sfiorandole gli zigomi con l'indice.
«Non dovresti lavorare così tanto, Jasper», lo rimproverò, cercando lo sguardo cristallino e contornato da un paio di marcate occhiaie violacee di Jas, che si limitò ad una bassa e roca risata.
Lei alzò di scatto la testa, cozzando contro la mascella di lui, che sbatté i denti con forza.
«Mandy!» si lamentò con un mugugno, la mano sinistra volata a massaggiarsi il punto colpito.
Lo baciò velocemente sulle labbra, prima di sistemarsi meglio sul divano, le corte gambe incrociate ed un'espressione quasi sognante nei piccoli occhi grigi.
«Che c'è?» domandò, piegando la testa di lato; Mandy chiuse gli occhi, sospirando piano.
«Sai», esordì, una sottile rughetta a solcarle la fronte, «pensavo a una cosa.»
«Spara», la incoraggiò Jas, sistemandole un ciuffetto ribelle dietro l'orecchio.
Mandy rimuginò tra sé per qualche istante, ponderando attentamente le parole.
Quell'idea le frullava per la mente da qualche giorno ormai, da quando Jas aveva brontolato, credendo di non essere udito, di aver bisogno di “staccare la spina da tutto e tutti” dopo essere rientrato dall'ennesima, stancante giornata di lavoro in casa di produzione.
«Non— non ti annoi, qui?» chiese Mandy, le dita che disegnavano cerchi immaginari sulla mano di lui.
Jas rimase per qualche istante in silenzio, non capendo cosa intendesse.
«Cioè?» domandò infatti, aggrottando le sopracciglia.
«Cioè», riprese Mandy, incastrando la sua testa nell'incavo tra il collo e la spalla del ragazzo, il suo giaciglio preferito, «non temi che da un momento all'altro tutto questo possa trasformarsi in una noiosa routine? Non pensi che ti stancherai di fare questa vita, del tuo stupido lavoro, di me? Non senti la necessità di evadere, partire, esplorare il mondo e tutto ciò che ha da offrirci?»
Le parole si erano riversate fuori dalle sue labbra screpolate alla velocità della luce, rincorrendosi instancabilmente.
«Amanda», mormorò lui, rauco, chiamandola con l'odiato nome di battesimo, «non dire sciocchezze. Come posso stancarmi di te e del mio stile di vita? Amo quello che faccio, Mandy. E amo te; questo è quel che conta di più» concluse, la voce sempre più debole, sempre meno udibile.
Mandy si accoccolò stretta al petto di lui, inspirando il suo profumo di miele. Si morse l'interno del labbro inferiore così forte da sentire il sapore metallico del sangue spargersi sulla lingua, mentre percepiva la mano di Jas insinuarsi sotto la sua sgualcita camicetta bianca, cominciando a carezzare lentamente un angolo di pelle come a volerla rassicurare che lui era e sarebbe sempre stato lì, per lei.
«Ti amo, sciocca», mormorò poi, stringendo la presa sul fianco di Mandy.
Lei non rispose; serrò gli occhi, una mano ancora stretta a quella di Jas, la testa piena di pensieri.
Il suo respiro si regolarizzò in un paio di minuti e così fece quello del ragazzo, le mani saldamente intrecciate, i battiti del cuore calmi e tranquilli.
Pacifici, come il mare prima di una tempesta.


Era comparsa alla porta dell'appartamento in un freddo mattino d'inizio febbraio, qualche giorno dopo il compleanno di Jas.
Aveva un'abnorme quantità di zaini e bagagli colorati alla mano, ed un biglietto aereo appena acquistato.
Era uno di quei biglietti low-cost, di quelli che si comprano all'improvviso, all'ultimo minuto. All'ultima decisione.
I capelli scuri le incorniciavano il viso lentigginoso, arruffati, imperlati di sudore.
Aveva appena corso.
La sua bocca, resa bluastra dal pungente freddo invernale, era schiusa in una strana smorfia indecisa.
«Torno a Dublino», aveva sussurrato, senza preavviso. «Questo non è il mio posto.» 
E non aveva aggiunto altro.
Erano giunte come un'eco, quelle sei parole messe insieme nel tempo di un battito di ciglia.
Erano arrivate come un'eco lontana, smorzata. Indefinita.
Jas non aveva saputo – o potuto – replicare, era semplicemente rimasto con la mano appoggiata allo stipite, l'ombra del suo tipico sorriso sghembo sulle labbra, il rimbombare assordante del suo cuore sulle orecchie.
Il respiro trafelato di lei.
Non l'aveva detto davvero.
No.
Si aspettava di vederla scoppiare a ridere all'improvviso, correndogli incontro e stringendolo in uno dei suoi confortevoli e caldi abbracci. E l'avrebbe rassicurato. Di sicuro.
E invece no, Mandy era rimasta lì, la smorfia di prima ancora impressa in faccia.
Irrespirabile, l'aria era soffocante.
«Allora vai.»
Quelle parole erano uscite da sole, senza la possibilità di porre loro un freno.
Lei era rimasta ancora là, impalata. La piccola mano era corsa al ventre, che aveva assunto una strana forma appena lievemente tondeggiante, impossibile da percepire per un occhio non allenato.
E nemmeno Mandy, d'altronde, aveva dato importanza a quello stupido ritardo di due giorni.




Nda: Non ho mai scritto un'originale. E, per inciso, non ho mai scritto storie così... tristi?
Non lo so, cosa sia. Ma mi piace.
Il fatto è che ascolto praticamente quotidianamente una certa canzone, il cui titolo è Don't let me go e l'autore... non ve lo dico chi è, l'autore. No. Tanto probabilmente lo conoscete. È alto, riccio, ha gli occhi verdi, è bello da morire... ecco, lui.
Per l'amor di Dio, come mi sono fatta melodrammatica! Sparisco, che è meglio per tutti ;)
E niente, spero soltanto che qualcuno di voi la noti...
Buon week-end!



  
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