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Autore: angelikakiki    19/10/2013    1 recensioni
Dal primo capitolo:
“ Tu non hai amici” sussurra. Resto di sasso. Ma come…?
“ E hai sofferto tanto. È per questo. Hai difficoltà ad aprirti con le persone, ma quando lo fai, gli dimostri chi sei veramente, senza censure. La gente, allora, si spaventa. Non è facile adattarsi al cambiamento che fai. Quindi scappano tutti. È normale, sai? Lo fanno anche con me” ammette alzando le spalle. Non riesco a rispondergli. Come diamine fa a sapere… mi ha capita meglio lui in dieci minuti che le persone che mi conoscono da una vita. Non è possibile. Al mio sguardo stupito, mi risponde con un sorriso radioso.
“ Quando hai sofferto tanto, impari a riconoscere la sofferenza altrui!”mi spiega velocemente Finnick. Abbasso lo sguardo.
“ Ti riferisci agli Hunger Games?”
La storia di Finnick e Annie.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Annie Cresta, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi sveglio, dolcemente stavolta. Nessun incubo. Ma che ore sono? È presto. È sempre presto. Mi sveglio quasi sempre alla stessa ora. Perfetto. Mi affaccio velocemente alla finestra. Ma niente. Non c’è nessuno. Sento i miei muscoli facciali scivolarmi di dosso. Lui non è lì. Non sta pescando. Scuoto la testa, come per far uscire gli spiacevoli pensieri che mi si insinuano nella testa. Arriverà. Ne sono certa. Continuo a scrutare la spiaggia. Di tanto in tanto, getto un’occhiata sugli altri oggetti della mia camera, per poi rifar posare lo sguardo fuori dalla finestra, nella speranza di vederlo comparire all’istante. Ma niente. Sbuffando, comincio a prepararmi. Butto altre occhiate, indugiando in altri punti della spiaggia. Forse è fuori dalla mia visuale. Ma come è possibile? Lui viene ogni mattina. È da tre anni che lo fa quotidianamente. E a volte, si tratteneva anche più del solito. Ma oggi non c’è. Sento aprirsi una porta alle mie spalle.

“ Annie…

“ Amadeus! Sto in mutande!” esclamo infastidita infilandomi velocemente i pantaloni. Lui indugia sulla porta, aspettando che gli dia il permesso di entrare. Quando lo fa, rimango sempre spiazzata da quanto siamo simili: capelli color porpora, pelle chiara e occhi neri come la pece. Somiglia in modo impressionante a papà.

“ Scusa se ti disturbo, mamma ha detto che oggi va lei a prendere i polipi.

“ Ma perché vi siete svegliati così presto?” domando considerando questo strano evento.

“ Mamma ha avuto uno dei suoi attacchi, stanotte” mi spiega Amadeus. Sì, vedo le occhiaie contornare i suoi occhi scuri.

“ Potevate svegliarmi, no?” gli dico stizzita, girandomi verso la finestra. Finnick non c’è. Stringo le labbra.

“ Lo sai che non vogliamo farti preoccupare.

“ Il fatto che io sia la più piccola, non vi dà il diritto di nascondermi le cose. Adesso sta bene, vero? Almeno questo puoi dirmelo, spero” affermo scoccandogli un’occhiata di fuoco. Lui annuisce debolmente.

“ Sì, Annie… ma per farla guarire, ci servono le medicine giuste” dichiara mettendosi a sedere sul mio letto. Gli vado vicino, mettendomi a sedere senza guardarlo negli occhi.

“ Non ci arriviamo con i soldi, eh?

“ Sarebbe inutile anche solo provarci. Se mettessimo da parte i soldi necessari per almeno una delle medicine che le servirebbero, non dureremo neanche due giorni” mi spiega tra i denti. Il mio sguardo indugia sulle sue mani. Ha i pugni serrati. Sbuffo. Dovremo tenercela così, e sperare che non muoia da un momento all’altro, in preda ai suoi attacchi. Il dottore si era raccomandato con noi. Ma nonostante la tenessimo lontana dagli stress emotivi, almeno una volta al mese, dava di matto. Le servono i tranquillanti, psicofarmaci, comunque. E quelli hanno  un costo.

“ Voglio offrirmi volontario” sussurra Amadeus. Mi casca il mondo addosso. No, non può averlo detto sul serio.

“ Che cosa? Stai scherzando?” gli chiedo io alzando lo sguardo. No, è terribilmente serio. Nessuna traccia di ironia o sarcasmo.

“ No. Io… non posso convivere con questo peso, Annie. È colpa mia se papà è morto e tu lo sai. Sei l’unica che non mi odia qua dentro” esclama con gli occhi lucidi.

“ Amadeus, non dire assurdità…

“ E’ vero! È colpa mia! Se non avessi voluto per forza andare a fare quella gita sugli scogli…” dice.

Amadeus era curiosissimo di vedere la visuale dagli scogli. E papà gli aveva promesso che il 14 giugno ce l’avrebbe portato. Solo che c’era un temporale, e il mare era mosso. Ma Amadeus voleva andarci a tutti i costi, anzi, il fatto che il mare fosse mosso era un motivo in più per osservare un panorama particolare. Mio padre non voleva, ma alla fine aveva caduto. E fu lì che accadde tutto. Papà scivolò da uno degli scogli. I tentativi di salvarlo da parte di Amadeus furono inutili. Se lo portò via il mare. Amadeus non aveva parlato per settimane. Mamma e Alexander lo evitavano. Solo io cercavo di stargli vicino, nonostante il dolore.

“ La tua morte non lo riporterà indietro! E se proprio vuoi suicidarti per i sensi di colpa, puoi pure andarti ad impiccare su quell’albero lì!” dico indicando un alberello poco distante dal recinto di casa nostra.

“ E chi ha detto che devo morire? Se vincessi, avremo i soldi necessari per…

“ Oh, andiamo, la tua assomiglia molto di più a una missione punitiva contro te stesso, piuttosto che a un atto di amore verso di mamma” affermo io incrociando le braccia. Lui scatta sulla difensiva.

“ E comunque è una cosa che devo decidere io e io soltanto! Non so neanche perché te ne ho parlato! Sei solo una bambina, dovresti pensare agli svaghi e ai ragazzi piuttosto che atteggiarti da adulta!” urla alzandosi in piedi.

“ Per tua informazione ho solo due anni in meno di te, e dai discorsi che fai sembri tu quello poco maturo! Come la prenderebbe mamma, eh? Morirebbe se ti vedesse salire su quel palco!” grido io in preda alla rabbia, alzandomi a mia volta.

“ Ne sarebbe solo che felice, una bocca in meno da sfamare!

“ Vedi? Tu non vuoi vincere, tu vuoi solo trovare un pretesto per ammazzarti! Non dirmi che ti aspettavi un mio assenso! Tu puoi fare come ti pare, ma ti stai comportando da vigliacco!” dichiaro fuori di me. Vedo l’ira salirgli negli occhi. Diventa tutto rosso e stringe le labbra facendole diventare violacee. Può arrabbiarsi quanto vuole: non cambierà quello che penso. Con un’ultimo sguardo carico d’odio, esce dalla mia stanza sbattendo la porta. Mi tuffo sul letto. Ma è impazzito? Si aspettava davvero che appoggiassi la sua decisione? Lui vuole ammazzarsi. Ma non ha il fegato di suicidarsi. Vorrebbe che qualcuno lo facesse al posto suo. Ecco perché infastidisce tutti i ragazzi del Distretto. Ci va sempre a finire a botte. Spera che qualcuno, un giorno, lo finisca. Potrei ammazzarlo io, se me lo chiedesse. Almeno così eviteremmo queste sceneggiate da piccolo eroe tragico e incompreso.

Considero cosa fare durante questa giornata. Il pensiero di Finnick Odair mi ossessiona, ma lo scanso via facilmente. Potrei andare in barca e godermi il panorama. Ma no, mamma ha preso la barca. Sento bussare alla porta.

“ Avanti…

Entra Alexander. Mi sorride dolcemente, mentre mi scruta le guance. Devono essere ancora rosse per lo scatto di ira avuto prima. Alexander, come me, ha il fantastico dono di capire al volo le persone. Si siede accanto a me.

“ Che voleva Amadeus?” mi domanda.

“ Dimostrarmi la sua stupidità” gli rispondo con un sorrisetto sprezzante.

“ Una cosa nuova, insomma” afferma lui fissando il muro della stanza. Dopo un attimo di esitazione, mi chiede:

“ Senti… ieri mattina ti ho vista mentre andavi a controllare i polipi. Sbaglio o con te c’era… Finnick Odair?

Arrossisco un po’. Ma provo a mettere su un atteggiamento normale e distaccato.

“ Sì. Perché me lo chiedi?

“ Perché non sono sicuro a lasciarti con quello lì. Si dicono cose strane su di lui” mi dice serio.

“ Se è per gli Hunger Games, immagino che non avesse scelta. Lì sono tutti assassini” dichiaro fiera e decisa. Alexander scuote la testa.

“ No, io non mi riferisco agli Hunger Games. Le sue visite a Capitol City, per esempio. Ti ricordi il mio amico Salem, il custode della stazione? Bhe, mi ha detto che, quando Finnick va a Capitol City, torna sempre alle cinque di notte… Cioè, parte il pomeriggio verso le tre e torna alle cinque di notte. Che cosa va a fare lì fino a quell’ora? E torna sempre carico di gioielli o altra roba costosa. Non ti sembra strano?” mi domanda.

“ Non mi importa se è strano. Ognuno fa quello che vuole nella vita. So solo che non penso sia una cattiva persona. Ci hai mai parlato?” gli chiedo io. Lui scuote la testa. Ora capisco. Se ci parlasse, se ne accorgerebbe subito. Il nostro talento condiviso è più utile di mille racconti o confessioni varie.

“ Dovresti. Glielo si legge negli occhi!” dichiaro dandogli una pacca sulla spalla. Mi alzo in piedi.

“ Dove vai?” mi chiede lui.

“ Sotto il promontorio. Voglio andare a nuotare un po’” gli rispondo. Esco di casa e mi avvio verso gli scogli del promontorio. Non sono troppo distanti, e comunque è piacevole fare una passeggiata sulla spiaggia. Ed eccomi arrivata. Alzo lo sguardo. Sopra la parete di roccia che emerge dalla sabbia, il Villaggio dei Vincitori. Casa di Finnick. Mi guardo intorno. Qui sotto non ci viene mai nessuno. Non è un posto molto conosciuto, ed è difficile nuotare qua dentro per via degli scogli e della corrente. Ma sono una delle migliori nuotatrici del Distretto, me lo dicono tutti. Mi spoglio velocemente, lasciandomi addosso solo la biancheria intima. E così, mi butto. Sento l’acqua salata invadermi le membra e, una volta tornata in superficie, sospiro. E così bello poter nuotare lì dentro. D’un tratto, però, sento una voce.

“ Mi hai trovato, eh?” chiede. Mi volto. Finnick Odair mi guarda attentamente, uscendo dal suo “ nascondiglio” dietro uno scoglio. Nonostante la sorpresa e l’imbarazzo, riesco a ciancicare:

“ Non ti stavo cercando!

“ Ma io mi stavo nascondendo da te” afferma un po’ troppo serio. Questo ragazzo parla per enigmi, non riesco a seguirlo. Mi avvicino verso gli scogli, per poterci parlare meglio.

“ Perché oggi non sei venuto sulla spiaggia?” gli domando.

“ Te l’ho detto, no? Mi stavo nascondendo da te” mi spiega mettendosi a sedere sullo scoglio al quale sono aggrappata. Rido sarcastica.

“ Sì, certo.

“ Te lo giuro. E comunque, te ne accorgeresti se stessi dicendo una bugia, no? Tu sei brava a capire le persone” mi sussurra guardando l’orizzonte. Infatti è proprio questo che mi spaventa: non riesco ad individuare segnali di gioco o di scherzo nel tono della sua voce. Cerco di cambiare argomento.

“ Non ti tuffi?” chiedo.

“ Vorrei, ma non so quanto la cosa ti potrebbe far piacere” mi dice sorridendomi con lo stesso sorriso di ieri.

“ E per quale motivo?

“ Stai in biancheria intima, Annie” mi spiega con una risata. Impallidisco prima di sentire il sangue salirmi sulle guance. O Santo Cielo, è vero. Mi spingo più giù, facendo sprofondare le spalle sotto il pelo dell’acqua.

“ Oh, già. Em… allora fammi risalire, dai. E girati, ti prego!” esclamo. Lui si volta sghignazzando, posso sentirlo. Che avrà da ridere non lo so. Mi arrampico sullo scoglio e afferro i miei vestiti. Non ho il tempo di farmi asciugare la biancheria, quindi mi infilo velocemente la camicetta e i pantaloni. Si bagneranno, ma non mi importa. Quando Finnick si volta, vedo i suoi occhi indugiare sulla parte bagnata della mia camicia, dovuta al contatto con il reggiseno bagnato. Ed in quel momento ho paura. Ma l’istante dura davvero un attimo, perché poi i suoi occhi incontrano i miei.

“ Oggi non sono venuto sulla spiaggia perché non volevo rincontrarti, Annie” ammette serio.

“ E per quale assurda ragione?” gli chiedo.

“ Perché ieri non ho fatto altro che pensare alla nostra conversazione” mi spiega velocemente. Ma mi sta prendendo in giro?

“ Non vedo cosa ci sia di male. Anche io ho ripensato a ieri” replico sinceramente mentre mi asciugo con un’asciugamano i capelli.

“ Io non posso permettermi di legarmi a nessuno” dichiara. Lo guardo interrogativo. Indugio sui suoi occhi. Non riesce a guardarmi fisso. Mi sta nascondendo qualcosa. E non vuole mettermi al corrente di quello che gli passa per la testa.

“ Ti chiederei perché. Ma so che non me lo dirai, dico bene?” domando io acida.

“ Ci hai preso anche stavolta… sei incredibile… ”afferma continuando a tenere lo sguardo basso e accennando una risata.

“ Ok. Ci sono delle cose che vuoi tenerti per te. Lo capisco. E poi, io e te non siamo amici” sussurro a bassa voce. Lui annuisce.

“ Esatto. E non dobbiamo esserlo, assolutamente. Mi dispiace, Annie” mi risponde. Sospiro.

“ Bhe, potevi dirmelo ieri. Anzi, potevi non avvicinarti proprio, per quanto mi riguarda. Mi avresti fatto solo che un favore” replico afferrando la roba e andandomene. Sento che mi chiama. Ma non mi volterò. Mi ha detto chiaro e tondo che non vuole/ può vedermi. Quindi i giochi sono chiusi. Ho avuto un assaggio di Finnick Odair. E se me ne importasse qualcosa, sarei anche triste di aver perso così la possibilità di conoscerlo meglio. Cosa che non sono. Credo.

 

 

  
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