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Autore: Drew Bieber    20/10/2013    2 recensioni
Casa nuova, città nuova, scuola nuova, persone nuove e una madre e un fratello nuovi per Tory. Una ragazza di 14 anni la cui vita ora è completamente cambiata. Con la perdita della madre da più di 6 anni, ora vive ad Atlanta e sarà tutto diverso per lei. Per saperne di più leggete il primo capitolo.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gli amici sono la cosa più importante che si possa avere, riescono a renderti la vita migliore. Io ho degli amici che mi vogliono molto bene, so che a me ci tengono, qualcuno anche troppo. André è il mio migliore amico, all’inizio pensavo fosse Justin, ma ora è un nemico, André non mi considera più un’amica, forse da più tempo di quello che pensavo, quando me l’ha detto non è stato niente più di una sorpresa, io non voglio essere la sua ragazza, non perché non mi piaccia, ma perché non voglio farlo soffrire, so che per stare con lui dovrei rinunciare alla mia libertà, alla lametta, e non posso più vivere senza, non posso sostituirlo col suo amore, non mi basterebbe, e se continuo a tagliarmi starà male lui, per me, e lui è troppo buono per meritarsi questo, noi non possiamo stare insieme. Nonostante tutto siamo qui, in questa stanza, per cercare di alleviarmi le pene di questa inutile esistenza, quando mi abbraccia tutto mi sembra diverso. Non voglio farlo soffrire, ma se non gli svelo il mio segreto mi sembra di tradirlo. Lui mi vede molto confusa, ma non mi dice nulla, per non mettermi in difficoltà, lo capisce che sto male. Dopo che se ne è andato, mi ritrovo nella stanza di Justin. Ci sono entrata come se ci fosse qualcosa di troppo importante da ignorare, infatti è così. Apro l’ultimo cassetto della scrivania. Ci sono alcuni fogli, sono le canzoni che ha scritto per me. Le prendo tutte e mi siedo sul letto e le leggo. Piango. Sono troppo belle, sono tutto ciò che Justin prova per me, tutti i suoi sentimenti, di cui era convinto, prima che facesse soffrire. Cerco di stringere più forte possibile il ricordo di un passato che in realtà non è mai esistito, ma non ce la faccio, non solo per i tagli, sono quelle parole a farmi diventare debole. Mi accorgo di Justin sulla porta che mi fissa, ha lo sguardo di prima, quello che non vedevo da un sacco di tempo, che mi fa capire quanta dolcezza ci può essere in una persona. Ho paura, paura che mi possa illudere di nuovo, che mi abbracci, facendomi sorridere, ma con un sorriso dannatamente falso. Me ne vado, lascio i fogli sul letto, voglio dimenticare tutto, perché quelle parole fanno parte di una realtà che non vedrò più, fanno parte di un ragazzo, che ora, è morto. Per sempre. Esco per fare una passeggiata, ho bisogno di cambiare aria, non ce la faccio più a stare rinchiusa il quella dannata casa, mi faccio solo del male restando lì. Non so dove andare, e dopo aver vagato per qualche minuto mi ritrovo d’avanti la casa di Andrè. Suono, ma la madre mi dice che non c’è, è agli allenamenti di basket, abbandono quella casa e abbandono la speranza di poter parlare con qualcuno che mi capisce. Cerco di camminare veloce ma non ce la faccio, mi fanno malissimo i tagli, mi fermo per riposarmi un po’, mi accorgo che sono vicino alla fast food dove io e Justin andavamo sempre a mangiare quando uscivamo la sera. Chiudo gli occhi per qualche secondo immagina quelle risate che riempivano tutto il locale, nella mia mente riaffiora il suo sorriso, e tutto ciò di lui che mi rendeva felice, e tutto il dolore che sto provando ora. Una lacrima mi attraversa il viso, resto indifferente al bruciore all’occhio che mi provoca, ci sono abituata. In quell’istante mi sento morta, senza forze, completamente indifesa. Non riesco a stare in piedi e sto per cadere, ma vengo raccolta come un fiore da delle braccia che conosco molto bene. È lui. È Justin. Mi sta abbracciando. Sento la sua voce che mi dice “piccola”, come faceva sempre. Non ci credo. Ma apro gli occhi e mi accorgo che era solo la mia immaginazione. È Andrè. Non è Justin, lui non c’è più. Mi aiuta a rialzarmi e mi appoggio sulla sua spalla per non cadere di nuovo, non ci metto neanche la volontà di resistere. Non c’è n’è motivo. Ci sediamo su una panchina lì vicina e lui mi tiene ancora tra le sue braccia per paura che possa cadere. Andrè: ehi, Tory, ti senti bene? Dai apri gli occhi … forza Io: non ce la faccio Andrè: riprenditi su Io: non voglio Andrè, non voglio Andrè: perché? Io: perché non serve a niente, non ha senso, è inutile Andrè: è inutile aprire gli occhi o guardare in faccia la realtà? Io: è difficile stare sulla faccia della terra Andrè: perché devi dipendere da lui? Io: perché a lui ci tengo Andrè: che vuol dire? Io: che lo amo Andrè, io lo amo Gli gridai in faccia quella frase con tutta la forza che avevo con il viso inondato dalle lacrime, al punto di alzarmi di scatto, non riesco ancora a capire dove ho trovato tanta forza, in quel momento non capii se avevo reagito così per rabbia o per debolezza, ma non ce la facevo più a tenermi tutto dentro Io: io lo amo, lo sempre amato, gli voglio un bene dell’anima, ci sto male per lui, per colpa sua io vorrei morire, mi sento sola e abbandonata perché lui non è con me, perché non è più quello di una volta, perché ora è uno stronzo, per lui sto impazzendo, non esco più, non mangio più, sono anche arrivata al punto di tagliarmi, sono piena di ferite perché lo amo, e non posso provare nient’altro per lui, io lo amo e anche se volessi non potrei neanche far finta che lo odio perché dipendo da lui perché senza di lui non posso esistere e io non ce la faccio più, neanche la morte potrebbe darmi pace ora, sono stanca di soffrire, sono stanca, non ne posso più, voglio morire, voglio morire, voglio morire Scoppiai in un pianto ancora più disperato di prima, avrei solo voluto la lametta per farmi del male, per sentirmi bene, invece avevo Andrè che mi fissava con occhi di compassione, li aveva lucidi, ma non volevo fargli pena. Mentre piangevo a dirotto mi abbracciò forte e mi abbandonai a quel gesto d’affetto. Ma non ci trovai pace, non serviva a niente. Mi riaccompagnò a casa in macchina. Ho pianto per tutto il tempo. Mi accorsi che aveva iniziato a piovere sempre più forte. Quando ho aperto la porta con Andrè, vidi Justin sul divano, tremendamente tranquillo. A vederlo così corsi subito fuori in giardino a sedermi sulla veranda, sotto la pioggia che ormai era diventata fortissima. Nonostante piangessi ancora più forte riuscivo ad accorgermi che Andrè e Justin stavano litigando, per me, ero io la causa. A sentirli ero sempre più triste, non mi aiutavano affatto. Andrè era rimasto calmo tutto il tempo, in macchina, ma ora era irriconoscibile, era arrabbiatissimo. Andrè: tu non ti rendi conto di quanto la stai facendo soffrire Justin: guarda che io non centro niente Andrè: a no? E allora perché sta piangendo Tory? Perché sta soffrendo così eh? Justin: io non lo so, non gli ho fatto niente ok Andrè: tu le stai facendo passare le pene dell’inferno, ti rendo conto che sta male per te? Justin: io non so perché sta male per me e non mi importa, i suoi problemi devi vederseli da sola Andrè: ma cosa stai dicendo? Guardala, guarda come piange, e sai perché? Perché lei a te ci tiene, ti vuole bene, la stai facendo sentire così male che si taglia, te ne accorgi si o no, per colpa tua vuole morire, per colpa tua rimpiange di essere nata e si tiene sempre tutto dentro per non farti preoccupare, per non darti noie, perché senza di te non può vivere e tu fai l’egoista dicendo che deve risolvere i suoi problemi da sola, il suo unico e più grande problema sei tu, chiaro, sei tu e non puoi neanche scomparire dalla sua vita, non ti sei preoccupato di ascoltarla, di capire il perché della sua tristezza, hai solo pensato a te stesso, sei solo un egoista e non ti importa di nessuno se no di te, tu Tory non la meriti Gli amici sono la cosa più importante che si possa avere, riescono a renderti la vita migliore. Io ho degli amici che mi vogliono molto bene, so che a me ci tengono, qualcuno anche troppo. André è il mio migliore amico, all’inizio pensavo fosse Justin, ma ora è un nemico, André non mi considera più un’amica, forse da più tempo di quello che pensavo, quando me l’ha detto non è stato niente più di una sorpresa, io non voglio essere la sua ragazza, non perché non mi piaccia, ma perché non voglio farlo soffrire, so che per stare con lui dovrei rinunciare alla mia libertà, alla lametta, e non posso più vivere senza, non posso sostituirlo col suo amore, non mi basterebbe, e se continuo a tagliarmi starà male lui, per me, e lui è troppo buono per meritarsi questo, noi non possiamo stare insieme. Nonostante tutto siamo qui, in questa stanza, per cercare di alleviarmi le pene di questa inutile esistenza, quando mi abbraccia tutto mi sembra diverso. Non voglio farlo soffrire, ma se non gli svelo il mio segreto mi sembra di tradirlo. Lui mi vede molto confusa, ma non mi dice nulla, per non mettermi in difficoltà, lo capisce che sto male. Dopo che se ne è andato, mi ritrovo nella stanza di Justin. Ci sono entrata come se ci fosse qualcosa di troppo importante da ignorare, infatti è così. Apro l’ultimo cassetto della scrivania. Ci sono alcuni fogli, sono le canzoni che ha scritto per me. Le prendo tutte e mi siedo sul letto e le leggo. Piango. Sono troppo belle, sono tutto ciò che Justin prova per me, tutti i suoi sentimenti, di cui era convinto, prima che facesse soffrire. Cerco di stringere più forte possibile il ricordo di un passato che in realtà non è mai esistito, ma non ce la faccio, non solo per i tagli, sono quelle parole a farmi diventare debole. Mi accorgo di Justin sulla porta che mi fissa, ha lo sguardo di prima, quello che non vedevo da un sacco di tempo, che mi fa capire quanta dolcezza ci può essere in una persona. Ho paura, paura che mi possa illudere di nuovo, che mi abbracci, facendomi sorridere, ma con un sorriso dannatamente falso. Me ne vado, lascio i fogli sul letto, voglio dimenticare tutto, perché quelle parole fanno parte di una realtà che non vedrò più, fanno parte di un ragazzo, che ora, è morto. Per sempre. Esco per fare una passeggiata, ho bisogno di cambiare aria, non ce la faccio più a stare rinchiusa il quella dannata casa, mi faccio solo del male restando lì. Non so dove andare, e dopo aver vagato per qualche minuto mi ritrovo d’avanti la casa di Andrè. Suono, ma la madre mi dice che non c’è, è agli allenamenti di basket, abbandono quella casa e abbandono la speranza di poter parlare con qualcuno che mi capisce. Cerco di camminare veloce ma non ce la faccio, mi fanno malissimo i tagli, mi fermo per riposarmi un po’, mi accorgo che sono vicino alla fast food dove io e Justin andavamo sempre a mangiare quando uscivamo la sera. Chiudo gli occhi per qualche secondo immagina quelle risate che riempivano tutto il locale, nella mia mente riaffiora il suo sorriso, e tutto ciò di lui che mi rendeva felice, e tutto il dolore che sto provando ora. Una lacrima mi attraversa il viso, resto indifferente al bruciore all’occhio che mi provoca, ci sono abituata. In quell’istante mi sento morta, senza forze, completamente indifesa. Non riesco a stare in piedi e sto per cadere, ma vengo raccolta come un fiore da delle braccia che conosco molto bene. È lui. È Justin. Mi sta abbracciando. Sento la sua voce che mi dice “piccola”, come faceva sempre. Non ci credo. Ma apro gli occhi e mi accorgo che era solo la mia immaginazione. È Andrè. Non è Justin, lui non c’è più. Mi aiuta a rialzarmi e mi appoggio sulla sua spalla per non cadere di nuovo, non ci metto neanche la volontà di resistere. Non c’è n’è motivo. Ci sediamo su una panchina lì vicina e lui mi tiene ancora tra le sue braccia per paura che possa cadere.
Andrè: ehi, Tory, ti senti bene? Dai apri gli occhi … forza
Io: non ce la faccio
Andrè: riprenditi su
Io: non voglio Andrè, non voglio
Andrè: perché?
Io: perché non serve a niente, non ha senso, è inutile
Andrè: è inutile aprire gli occhi o guardare in faccia la realtà?
Io: è difficile stare sulla faccia della terra
Andrè: perché devi dipendere da lui?
Io: perché a lui ci tengo
Andrè: che vuol dire?
Io: che lo amo Andrè, io lo amo
Gli gridai in faccia quella frase con tutta la forza che avevo con il viso inondato dalle lacrime, al punto di alzarmi di scatto, non riesco ancora a capire dove ho trovato tanta forza, in quel momento non capii se avevo reagito così per rabbia o per debolezza, ma non ce la facevo più a tenermi tutto dentro
Io: io lo amo, lo sempre amato, gli voglio un bene dell’anima, ci sto male per lui, per colpa sua io vorrei morire, mi sento sola e abbandonata perché lui non è con me, perché non è più quello di una volta, perché ora è uno stronzo, per lui sto impazzendo, non esco più, non mangio più, sono anche arrivata al punto di tagliarmi, sono piena di ferite perché lo amo, e non posso provare nient’altro per lui, io lo amo e anche se volessi non potrei neanche far finta che lo odio perché dipendo da lui perché senza di lui non posso esistere e io non ce la faccio più, neanche la morte potrebbe darmi pace ora, sono stanca di soffrire, sono stanca, non ne posso più, voglio morire, voglio morire, voglio morire
Scoppiai in un pianto ancora più disperato di prima, avrei solo voluto la lametta per farmi del male, per sentirmi bene, invece avevo Andrè che mi fissava con occhi di compassione, li aveva lucidi, ma non volevo fargli pena. Mentre piangevo a dirotto mi abbracciò forte e mi abbandonai a quel gesto d’affetto. Ma non ci trovai pace, non serviva a niente. Mi riaccompagnò a casa in macchina. Ho pianto per tutto il tempo. Mi accorsi che aveva iniziato a piovere sempre più forte. Quando ho aperto la porta con Andrè, vidi Justin sul divano, tremendamente tranquillo. A vederlo così corsi subito fuori in giardino a sedermi sulla veranda, sotto la pioggia che ormai era diventata fortissima. Nonostante piangessi ancora più forte riuscivo ad accorgermi che Andrè e Justin stavano litigando, per me, ero io la causa. A sentirli ero sempre più triste, non mi aiutavano affatto. Andrè era rimasto calmo tutto il tempo, in macchina, ma ora era irriconoscibile, era arrabbiatissimo.
Andrè: tu non ti rendi conto di quanto la stai facendo soffrire
Justin: guarda che io non centro niente
Andrè: a no? E allora perché sta piangendo Tory? Perché sta soffrendo così eh?
Justin: io non lo so, non gli ho fatto niente ok
Andrè: tu le stai facendo passare le pene dell’inferno, ti rendo conto che sta male per te?
Justin: io non so perché sta male per me e non mi importa, i suoi problemi devi vederseli da sola
Andrè: ma cosa stai dicendo? Guardala, guarda come piange, e sai perché? Perché lei a te ci tiene, ti vuole bene, la stai facendo sentire così male che si taglia, te ne accorgi si o no, per colpa tua vuole morire, per colpa tua rimpiange di essere nata e si tiene sempre tutto dentro per non farti preoccupare, per non darti noie, perché senza di te non può vivere e tu fai l’egoista dicendo che deve risolvere i suoi problemi da sola, il suo unico e più grande problema sei tu, chiaro, sei tu e non puoi neanche scomparire dalla sua vita, non ti sei preoccupato di ascoltarla, di capire il perché della sua tristezza, hai solo pensato a te stesso, sei solo un egoista e non ti importa di nessuno se no di te, tu Tory non la meriti
Quelle parole mi fecero un male tremendo, erano la verità, la verità da cui volevo scappare, mi maledii per aver ascoltato tutto, mi tormentavano. Il vuoto al cuore si espanse in tutta me stessa fino all’anima. Sarei corsa subito in camera mia a prendere la lametta ma anche quella mi sembrava inutile, non mi dava abbastanza dolore. Provai ad alzarmi, ero così debole che le gocce d’acqua mi pesavano in un modo inimmaginabile. Ritornai dentro. Non riuscivo neanche a respirare. Per non cadere dovetti appoggiarmi al tavolo in cucina. Aprii il cassetto dove erano sistemate le posate e presi un coltello, con la mano tremante, alzai la maglia a maniche lunghe e lo misi sulle vene, non tremavo per la paura di morire, ma per la paura di non poter più rivedere Justin. Lui e Andrè non si accorsero di niente perché stavano ancora discutendo e lanciai uno sguardo malinconico a Justin, come se fosse l’ultimo, mi accorsi che Andrè aveva notato la mia presenza in cucina e a vedermi in quel modo capì subito le mie intenzioni, gli feci no con la testa per fargli capire che era inutile fermarmi. Poi il buio.
  
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