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Autore: no_light_    20/10/2013    4 recensioni
Gennaio 2013. Ghana.
Zayn non aveva mai visto così tanto dolore in vita sua, ma, sopratutto, non si aspettava di trovare un amico tra quei bambini ancora capaci di sorridere nonostante la loro vita difficile.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gennaio 2013
‘L’aereo è il mezzo più sicuro del mondo’ dicevano, ma non mi avevano convinto.
D’altronde ero un Capricorno, segno che a detta di tutti apparteneva solo alle ‘teste dure’ ed in effetti ero testardo e difficilmente cambiavo idea.

Sapere di essere così in alto nel cielo, infatti, mi incuteva una certa ansia addosso, però il pensiero che avrei dovuto viaggiare per una giusta causa mi consolava parecchio e il terrore lasciava il posto all’orgoglio.
Sì, ero orgoglioso di aver accettato insieme a, Niall, Louis, Liam e Harry la proposta del Comic Relief e di partecipare al Red Nose Day, registrando 'One way or another' con tanto di video ufficiale correlato.

'Attenzione: i passeggeri per il volo diretto in Ghana sono invitati ad imbarcarsi'

Una voce metallica mi riscosse dai miei pensieri, così, dopo aver passato il check- in, mi sedetti accanto a Liam.

-Per favore, fammi stare dalla parte del finestrino- lo pregai.
-Si Zayn non preoccuparti, basta che in Africa ci arrivi vivo- ridacchiò divertito, conoscendo perfettamente la mia paura.
Lui sapeva tutto di me, era il mio migliore amico, la mia persona. Non che agli altri volessi meno bene, ma Liam era speciale ed io ero speciale per lui.
Fu proprio con questi pensieri che mi addormentai profondamente. La pillola che avevo preso aveva funzionato alla perfezione.
 
 
La paura che avevo avuto dell’aereo non era niente in confronto all’enorme magone che mi aveva colpito non appena avevo varcato la soglia dell’ospedale per bambini della città.
Prima di entrare nella struttura insieme a Niall e Louis avevo rilasciato una piccola intervista dicendo che ero nervoso perché non sapevo come avrei reagito alla vista di bambini che soffrivano.
Entrato nella sala, però, dovetti ricredermi. Quello che provavo, infatti, non era nervosismo ma vera e propria tristezza. E anche rabbia.
Sì, rabbia, perché non potevo pensare che dei bambini così piccoli fossero costretti a subire tutto quel dolore.
Tristezza perché per un vaccino servivano solo cinque dollari. Solo cinque dollari per poter salvare una vita.

Volevo fare qualcosa, volevo poter salvare ogni singola creatura che era lì dentro, ma un senso di impotenza mi colpì perché, più che contribuire con i miei soldi e con la mia presenza, non potevo fare altro.
Non ero un medico, ero solo un ragazzo con la voglia di cancellare la sofferenza da quei faccini così belli e pieni di dolore.
Alcuni bambini erano addormentati sui lettini dell’ospedale, altri invece piangevano in braccio alle loro mamme o alle loro nonne.
Louis si era fermato a parlare con una signora anziana che aveva in braccio il suo nipotino e, nel momento in cui le aveva chiesto dove fosse la mamma del piccolo, la verità fu dura da accettare.
Sua figlia era morta e adesso il mio amico stava cercando di non piangere per non peggiorare la situazione, anzi in qualche modo cercava di darle conforto.

Dovetti allontanarmi per non scoppiare a piangere davanti a loro. Sapevo che non sarebbe stato il massimo per quella gente che necessitava forza e speranza e non altra tristezza.
Vidi Niall giocare con la manina di una bambina che, però, non reagiva. La mamma gli spiegò che era troppo malata e ormai non si muoveva neanche più.
I suoi occhi celesti diventarono ancora più limpidi e, conoscendolo, aveva una gran voglia di lasciare libero sfogo alle lacrime, ma cercava di scacciarle.
Dopo un po’ si alzò per lasciare qualche dichiarazione su quello che aveva sentito e visto.

 
 
Una dottoressa che armeggiava con siringhe e fialette attirò la mia attenzione, così mi avvicinai e le chiesi cosa stesse facendo.
Non mi accorsi neppure delle telecamere, ero troppo preso dalla sua spiegazione. 
Mi disse che stava preparando i vaccini che erano riusciti a comprare con i soldi delle prime donazioni ricevute.

-Serve davvero una sola fialetta per salvare la vita di un bambino?- fu l’unica cosa che riuscii a chiederle.
Alla sua risposta affermativa mi rivolsi al cameramen e, passandomi le mani tra i capelli, mi sfogai, constatando che tutta quella situazione era alquanto assurda visto che servivano solo cinque dollari per ottenere quei medicinali.
Gentilmente la dottoressa mi permise di mostrare quel vaccino e, con le lacrime agli occhi che lottavano per uscire, ribadii per l’ennesima volta che quella piccola somma di denaro avrebbe potuto fare la differenza.
 
 
Avevo bisogno di aria, così uscii un attimo e mi appoggiai ad un muro cominciando a dondolarmi. Dovevo calmarmi.
Purtroppo, però, il cameramen mi seguì.
L’unica cosa che mi sentii di dire era che non avevo mai visto niente del genere in vita mia e, con un certo nervosismo, spiegai anche che bastava una semplice telefonata per contribuire allo splendido lavoro che i medici cercavano di fare ogni giorno per combattere quelle fottute malattie.
Dopo di che mi passai le mani sulla faccia per scacciare le lacrime che ormai avevano invaso le mie guance. Non ero solito esprimere i miei sentimenti, ma in quella situazione mi era davvero impossibile trattenerli.
Dopo un’altra oretta passata a parlare con la gente lì dentro e a cercare di rallegrare almeno un po’ i bambini svegli che c’erano, ci avvisarono che era arrivato il momento di andare in albergo.
Harry e Liam erano stati in un’altra parte dell’ospedale e ci raccontammo tutto quello che avevamo visto.
Harry aveva ancora gli occhi rossi e gonfi. Era un ragazzo molto sensibile e non mi stupì il fatto che aveva pianto non appena era arrivato lì fino a qualche istante prima di incontrarsi con noi.
Liam ,invece, cercava di non mostrare tutta la sua tristezza e la sua frustrazione, ma i suoi occhi lucidi non convinsero nessuno.
Ci spiegarono che il giorno dopo ci saremmo divisi per incontrare alcuni bambini che ci avrebbero mostrato le loro abitazioni e quello che facevano.
Mentre Niall sarebbe andato con Louis e Liam con Harry, io sarei andato da solo. Questo, però , non mi pesava affatto. Sarebbe stata un’esperienza unica lo stesso.

***

Stavo camminando tra i rifiuti di una discarica a cielo aperto.
La cosa che mi stupì, però, fu la presenza di un sacco di gente intenta a bruciarli per poi raccogliere il ricavato e portarlo chissà dove con una carriola.
L’uomo dell’associazione che mi aveva portato lì mi indicò Christopher, il ragazzo con cui avrei passato qualche ora.
Mi avvicinai immediatamente a lui e, con un sorriso un po’ incerto, mi presentai.
Mi parlò del suo ‘lavoro’, di quello che faceva ogni giorno, della fatica a cui ormai si era abituato.
Era così piccolo, aveva solo quindici anni, e sentire quelle cose mi fece incredibilmente male. Pensai immediatamente a mia sorella Waliyha. Avevano la stessa età, ma, a differenza di mia sorella, Chris aveva già avuto modo di conoscere la sofferenza, quella vera, e sapeva perfettamente quanto guadagnarsi da vivere fosse difficile.

Per smorzare un po’ la tensione cominciammo a parlare di calcio, la sua passione. Mi confessò che tifava per il Chelsea e che durante il tempo libero gli piaceva molto incontrarsi con i suoi amici per giocare a pallone.
Nonostante la sua situazione non fosse delle migliori, mentre mi conduceva verso casa sua, parlammo ancora e ridemmo anche parecchio. Era un ragazzino molto divertente, così come tutti i suoi amici che mi avevano raggiunto.

Erano ormai passate due ore e noi ancora camminavamo, sotto un sole troppo forte e il sudore che ormai aveva fatto attaccare alla pelle i vestiti.
Pensare che per lui quella era la normalità era davvero spaventoso.
Ci fermammo e facemmo una piccola sosta sotto un gazebo.
Dovetti rilasciare qualche dichiarazione e fui molto sincero, dicendo apertamente che ero esausto, sveglio dalle cinque di mattina, ma quello che mi distruggeva di più era il fatto che Chris dovesse affrontarlo ogni giorno.
A telecamere spente proprio il ragazzino mi abbracciò.
Quel gesto mi fece sciogliere e, con gli occhi lucidi, gli dissi che era speciale e che non mi sarei dimenticato mai di lui.  


Riprendemmo fiato e, dopo esserci divisi una bottiglietta d’acqua, ricominciammo il nostro cammino.
Passammo attraverso molte bancarelle e, la cosa che mi colpì particolarmente, furono i capi di abbigliamento tutti cuciti rigorosamente a mano e prodotti sul momento. Avrei proposto agli altri un giro in quel mercato stracolmo di gente e, per fortuna, di vita.
-Siamo arrivati- mi disse Christopher, aprendo una porta senza serratura, marrone e con qualche traccia di vernice blu .
Quello che vidi mi fece accapponare la pelle.
Lui e altre due persone vivevano in una specie di stanza, fatta di cemento e legno. La doccia non era altro che un bidone bianco, i letti dei materassi vecchi, senza coperte, messi a terra.

I suoi occhi divennero lucidi e, con voce roca, mi spiegò che viveva lì con i suoi fratelli. I loro genitori erano morti, quindi lavoravano in quella discarica a cielo aperto per cercare di sopravvivere.
Ero scioccato e, spontaneamente, lo strinsi tra le mie braccia.
Quando cominciò a singhiozzare sulla mia spalla cominciai a piangere anche io. Nonostante le lacrime, però, cercai di consolarlo e gli promisi che avrei fatto di tutto per aiutarlo.

Parlammo ancora un altro po’, finché non mi chiamarono per ritornare dagli altri.
Guardai Chris e un profondo senso di malinconia pervase la mia anima. Non volevo lasciarlo lì, volevo portarlo a Londra con me, dargli un futuro, una speranza, ma sapevo che non me lo avrebbero mai permesso.
Cercai di rassicurarlo ancora, anche se le mie parole mi sembravano davvero inutili.
Mi disse che non si sarebbe mai dimenticato di me, il che fu un ulteriore colpo al cuore.

Tutto quello che riuscii a dire rivolto alle telecamere fu che non avrei mai dimenticato quell’esperienza e che speravo nella clemenza di chi stava a casa. Sollecitai la gente a donare, prendere il telefono e donare quei cinque dollari per cercare di cambiare la vita dei bambini, la vita del mio amico Chris.

***
Aprile 2013
Era una giornata nuvolosa, e quel tempo rappresentava alla perfezione il mio umore.
Ero seduto da mezz’ora nella sala d'attesa dell’ospedale dei bambini di Londra.
Come ogni mese mi ritrovavo lì per donare una somma di denaro diretta alla sede di Accra.
Erano passati tre mesi dalla mia esperienza in Ghana e, dopo essere stato lì, avevo deciso di donare un tot di soldi ogni mese.
Io ed i ragazzi avevamo donato cinquecentomila dollari quando eravamo in Africa, ed io avevo deciso di aggiungerne altri centomila di tasca mia.
Inoltre avevo chiesto espressamente agli organizzatori del Comic Relief di farmi rimanere in contatto con Christopher e, per fortuna, avevano acconsentito.
Mi informavano sempre sulle sue condizioni e mi permettevano di parlarci attraverso delle lettere.
Lo avevo rivisto un’altra volta, il giorno in cui eravamo andati a visitare una scuola. Appena mi aveva visto entrare nella sua aula mi era corso incontro e mi aveva abbracciato.
Parlai tantissimo con lui, lo aiutai perfino a fare i compiti di inglese che non riusciva a capire bene.
Quando era arrivato il momento dei saluti facemmo entrambi una foto, che portavo sempre nel mio borsellino. Per me era un tesoro prezioso da custodire, un modo per sentirlo sempre vicino a me e non sentire la sua mancanza.
-Signor Malik?-
La voce di Angela, la dottoressa addetta alle donazioni, mi distolse dai miei pensieri.
Con un sorriso tirato mi diressi verso di lei e, dopo aver chiuso la porta, mi accomodai davanti la sua scrivania.
-Oggi è 20 aprile. Deduco che è qui per donare dei soldi all’ospedale di Accra, giusto?- mi domandò cominciando a compilare il solito modulo.
-Giusta deduzione-
Firmai le carte e, dopo averle comunicato la somma di denaro che avevo intenzione di dare, mi alzai da lì.
-Signor Malik, aspetti-
Mi girai verso la donna e la fissai con sguardo interrogativo.
-In questi giorni ci è arrivato un pacco dal Ghana per lei. Sa, i tempi di consegna sono molto lenti visto la distanza tra i due stati. Si accomodi-
Feci come mi aveva detto e il cuore cominciò a battermi più forte.
Aprii e scoppiai a piangere non appena vidi che si trattava di una lettera di Chris. Cercai di ricompormi e, con ancora gli occhi lucidi e le mani tremanti, lessi il suo contenuto.
 
Caro Zayn,
la professoressa mi ha aiutato a scriverti questo piccolo pensierino. Non so perché, ma in questi giorni non ho molta forza nelle mani.
Ieri sono andato a fare la visita all’ospedale.
Grazie a te ho avuto tanti regali. Ho delle lenzuola pulite, un pallone nuovo e addirittura una maglia del Chelsea!

Vorrei parlare ancora con te. Mi sei molto simpatico e sei un amico speciale.
I medici mi hanno consigliato soltanto di stare a riposo. Mi hanno anche detto di non giocare più a calcio, e questo mi rattrista molto. In effetti, però, mi fa un po’ male la pancia e mi sento stanco, ma voglio continuare ad andare a scuola perché imparare è bello.
Mi manchi tanto.
Spero di rivederti un giorno.
Con affetto,
il tuo amico Chris
 
Ovviamente il mio proposito di calmarmi andò molto elegantemente a farsi fottere e cominciai a piangere ancora più forte di prima.
Non appena lessi la data in cui mi aveva scritto il dolore aumentò a dismisura e, con la lettera stretta al petto, mi lasciai andare completamente.
Angela tentò di consolarmi, ma sapeva bene quanto fossi legato a quel ragazzino così dolce e forte. Sapeva perfettamente perché da due mesi avevo deciso di presentarmi all’ospedale pediatrico di giorno 20.
Nonostante la leucemia lui aveva continuato ad andare a scuola per imparare, per scrivermi.
Lui non stava bene, ma non sapeva che la sua situazione era grave ed era quasi impossibile curarlo.
Il 18 febbraio mi aveva mandato quella lettera con la speranza di rivedermi un giorno.
Il 18 febbraio lui aveva pensato a me.
Il 20 febbraio, poi, era morto.
 
 

Salve a tutti!
Come una cretina ho dimenticato di inserire un piccolo ‘angolo autrice’ ahah
Colpa di quello che ho scritto..
Avevo in mente questa os da un po’ di tempo e finalmente oggi ho avuto il tempo, ma soprattutto la voglia, di scriverla.
Inizialmente non doveva finire così, ma dopo aver rivisto i video di Zayn in Ghana mi è venuto in mente di finire in questo modo..
Ammetto di aver pianto. Sono troppo sentimentale.
Nonostante la drammaticità spero che vi sia piaciuta lo stesso.
Grazie a tutti quelli che la leggeranno e chi mi lascerà un parere.
Un bacio :)
 
  
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