Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: tortuga1    20/10/2013    1 recensioni
Gli uomini e le donne sono spesso lontani pur vivendo vicini, così tanto da avere difficoltà ad incontrarsi. Pensando a questo mi è venuta l'idea di SPLIT, una storia ambientata in un futuro possibile, nella quale uomini e donne sono stati separati per un esperimento che aveva il fine di salvare l'umanità dall'estinzione. Ma qualcosa non è andato per il verso giusto, e alla fine del viaggio uomini e donne non si sono più incontrati...
La storia comincia così, nella comunità di sole donne che ha colonizzato come previsto il pianeta Terra Due, e da secoli ormai ripete un rituale di clonazione.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

II.

 
Direttive della dottoressa Elisabeth Gide, comandante della missione. Queste informazioni sono riservate e diventeranno accessibili alle giovani solo al raggiungimento della maggiore età di 16 anni.
Le presenti direttive annullano le precedenti. Ogni traccia delle direttive precedenti deve essere cancellata in tutti i supporti fisici, e anche nella memoria di ciascun membro dell’equipaggio. Verrà considerata infrazione grave la trasmissione di informazioni non autorizzate alle generazioni successive.
Le cellule staminali del gruppo sono custodite dalla responsabile del servizio medico. La loro conservazione è una priorità assoluta.
Da questo momento ciascun membro del gruppo dovrà seguire rigorose misure di sicurezza, al fine di preservare la propria integrità fisica. È tassativamente proibita qualsiasi attività potenzialmente pericolosa che potrebbe compromettere la trasmissione delle esperienze.
È assolutamente proibito l’utilizzo di schemi di addestramento virtuale. Quelli preparati in precedenza saranno immediatamente distrutti e sarà vietato svilupparne in futuro. L’addestramento delle giovani dovrà essere effettuato personalmente da ciascun membro del gruppo per quanto riguarda le specificità tecniche. Gli altri membri contribuiranno alla formazione generale delle giovani, seguendo il piano educativo modificato in questi termini…
 
 

Mi sembra una follia! – Rufus Jordan, simile ad un grosso topo, agita i baffetti radi sui denti sporgenti e manda lampi dagli occhiali. – Cloni, usare dei cloni! Non è stato mai fatto prima!

Calmati, Rufus. – la dottoressa Maria Spada, responsabile delle pubbliche relazioni, cerca di mantenere la voce bassa e gentile. Rufus quando ci si mette è un rompipalle micidiale, ma la sua lobby è essenziale per fare passare il finanziamento. – ora ti spiego. Lo sai qual è il guaio dei viaggi interstellari, no?

Dimmi cosa non è un guaio, in queste menate!

E va bene. Sono sperimentali. Nessuno è tornato a dirci che la missione è riuscita. Però dobbiamo, capisci, dobbiamo tentare ancora!

Non ce l’ho con te, Maria… – Jordan si asciuga il sudore con un fazzoletto di carta, malgrado l’aria condizionata la temperatura del piccolo ufficio supera i trenta gradi. – lo so che è necessario cercare di andarcene da qui. Solo che non si vedono risultati…

Fammi finire, Rufus! Il guaio delle missioni precedenti è che le abbiamo pensate come l’arca di Noè, e l’esperimento è fallito.

Miliardi bruciati e duecento anni inutili! L’ultima notizia è la migliore, stavolta hanno rifatto la rivoluzione francese. Tagliando la testa alla direttrice e ai piloti, che però hanno fatto in tempo a distruggere tutti i dati dei computer. E così moriranno tutti ancora una volta. Perché non rinunciamo?

Perché… – Maria lo guarda con rabbia. Ottuso come una rapa. – non capisci? Anche noi moriremo.

E va bene, moriremo. Non è questo il destino di tutti? Chi è che non muore?

Cazzo! Cerca di capire! Sarà l’umanità intera a morire, non resterà niente di noi…

E ti sembra così sbagliato? – si appoggia alla spalliera scomoda e poi cambia di nuovo posizione, da qualche tempo gli prude la schiena in modo insopportabile. – che cos’ha fatto di così importante l’umanità per meritarsi di vivere in eterno? Tutte le civiltà sono crollate una dopo l’altra, e le successive non hanno fatto meglio delle precedenti. Solo che l’alta tecnologia – sogghigna amaro somigliando ancora di più ad un sorcio arrabbiato – ha messo la ciliegia sulla torta. Estinzione di specie animali e vegetali d’importanza vitale. Effetto serra incontrollabile e sconvolgimenti climatici. Guerre micidiali, le peggiori in assoluto le abbiamo avute negli ultimi trent’anni. Se lo merita di crepare, la fottuta umanità.

No! Non è normale quello che dici! Lo dici perché… – Maria s’interrompe all’improvviso. Rufus ha perso tutti e tre i figli nell’ultima guerra, e lei al posto suo sarebbe impazzita. – scusa, non volevo nemmeno pensarlo. È…

Non importa. Forse hai ragione tu, bisogna provarci comunque. – la sua voce nasale si addolcisce – allora, perché i cloni?

È una delle poche cose buone che ha fatto l’ingegneria genetica. Cellule staminali che rimangono stabili nel tempo. Se solo ci fossero le risorse…

No! Non è la chiave dell’eterna giovinezza, questa stronzata! Non m’importa di far crescere un fegato nuovo da dieci milioni per tenere in piedi un vecchio! E nemmeno m’importa un cazzo di vedere un altro me stesso vivere un’altra fottuta vita!

Forse… forse hai ragione. Però la clonazione non serve a questo. Pensa ad un equipaggio in cui ciascun membro si rinnoverà nel tempo, rimanendo sempre sé stesso.

Che pazzia… ti rendi conto di cosa chiedi, a questi poveri disgraziati…

Volontari selezionati. Con il carattere stabile. Capaci di sacrificio. Capaci di affettività, di voler bene al loro giovane.

Cosa vuoi dire?

Sì, il dipartimento ricerche ha elaborato una procedura che mi sembra buona. Ciascun membro dell’equipaggio alleverà il suo clone, lo addestrerà e gli trasmetterà tutte le sue conoscenze. Hanno fatto un test che è durato due generazioni e funziona, sembrano esattamente le stesse persone...

Loro elaborano stronzate e poi mandano gli altri, lassù. Ti rendi conto di cosa significa, stare per cinquecento anni in compagnia di sé stessi bambini! E poi non funzionerà. Una nave di ripopolazione deve essere mista. Si accoppieranno, faranno figli, creeranno le fazioni e ripeteranno gli stessi errori degli altri.

No! La procedura… – ecco, è venuto il momento di giocare la carta. – la procedura prevede lo splitting.

Cos’è lo splitting? Che vuoi dire?

Che finché non arriveranno saranno divisi. Maschi e femmine.

Sei pazza… sono tutti pazzi. Cinquecento anni divisi… come potrà funzionare… non si riconosceranno nemmeno, quando s’incontreranno.

Invece sì. Conoscono lo scopo della missione, sanno perché devono fare questo sacrificio. E quando s’incontreranno sarà come se cinquecento anni non fossero passati. Saranno le stesse persone che sono partite, le stesse che ora si stanno addestrando. Li hanno selezionati con cura, vedrai che non falliranno.

Vedrò! – Jordan ghigna ancora ma sembra più ammorbidito, Maria trattiene il respiro. – nessuno di noi vedrà, noi saremo cenere da secoli. Però forse vale la pena di provare.

Grazie! Allora sosterrai la missione…

Lo farò. Che Dio ci aiuti, questa è una delle ultime possibilità. E poi…

Poi non sarà più un problema nostro. – Maria si alza in piedi, sovrastando il piccolo Rufus. – ora vado a dirglielo. Il comunicatore non funziona nemmeno oggi.

Forse si stava meglio quando non c’erano tante diavolerie. Costano troppo e ormai non possiamo più permettercele.

Non essere catastrofico, il collasso è previsto solo fra duecento anni. Tu non lo vedrai, e nemmeno io…

Che importa, si respira nell’aria, il collasso. Fortuna che la gente comune non lo sa. Quanto vorrei essere anch’io come loro…

 
 
Emily è persa nell’esecuzione di un notturno di Chopin. Le mani brune corrono sulla tastiera consunta del campionatore, basta chiudere gli occhi e sembra un gran piano da concerto, anche il peso dei tasti è perfetto. Le note limpide come una cascata risuonano nella semplice stanza di legno, fatta esattamente come le altre e riscaldata da una stufa a legna. Flavia guarda avidamente lo spartito sullo schermo piatto, e le mani della sua maestra, ancora più agili delle sue. Questo passaggio è impossibile da farsi, le dita non ci arrivano e poi sembrano non bastare… e invece lei ci riesce, e non sembra nemmeno fare fatica. Quando il brano finisce Emily rimane immobile ad ascoltare le ultime vibrazioni fedelmente simulate delle corde e della cassa armonica, poi alza gli occhi sulla ragazza.

Come suoni bene…

Anche tu suonerai così. – Flavia è il nome della madre di Emily, lei veniva dall’Italia. Il padre invece era afroamericano, e così Emily ha i lineamenti minuti di una ragazza calabrese e la pelle scura. La mescolanza genetica era uno dei requisiti della selezione, Ester una volta gliel’ha spiegato, e in fondo basta pensarci appena un po’ ed è chiarissimo, il perché.

Non ci riuscirò mai… è così difficile, e tu sei troppo buona con me. Perché non ti arrabbi mai quando sbaglio…

Perché sono sicura di quello che dico. Diventerai brava come me, esattamente come me.

Mi fido di te. – Flavia sorride, il visino sottile incorniciato da un caschetto di capelli crespi. – mi hai insegnato tante di quelle cose…

Già. Raccontami cos’avete fatto oggi a scuola.

Francesca ha fatto uno strano discorso. Aveva a che fare con le mestruazioni, io non ho capito bene. Ha detto che ogni maestra l’avrebbe spiegato con parole sue, solo alla sua compagna. Cosa voleva dire?

È troppo presto… – Emily distoglie lo sguardo dal viso aperto di Flavia, finge di guardare con attenzione lo spartito che conosce a memoria. – ma sì, è sempre troppo presto. Tu mi vuoi bene, vero, Flavia?

Certo che ti voglio bene.

E hai detto che ti fidi di me. È importante che ti fidi, perché quello che ti dirò è strano e difficile. Secondo te chi sono io?

Ma sei la mia maestra, è chiaro. Sei la prima persona che mi ricordo. Mi hai dato la pappa quando ero piccola e…

Va bene, ma chi sono davvero, tu non lo sai. Non dovevi saperlo, fino ad ora. Ora è venuto il momento. Io ho settantasei anni, e tu fra un mese ne farai sedici.

Cos’è questo mistero, che non si può sapere prima…

Non scherzare. C’è poco da scherzare, anche se non è una cosa brutta. Io sono… te. E tu sei me. Sei mia sorella gemella, più uguale di qualunque gemella naturale. Sei identica a com’ero io alla tua età.

Che stai dicendo, Emily! Stai scherzando…

Ti ho detto che non c’è niente da scherzare. Perché credi che andiamo tanto d’accordo? Come mai ci piacciono le stesse cose? E fra un paio di mesi, vedrai, anche la nostra voce sarà uguale. Almeno per un po’ di tempo. – già, altri sei anni. Poi la voce di Emily diventerà falsa perché qualcosa le crescerà lentamente nella gola.

Ma com’è possibile…

Vedrai. Domani ti farò vedere. Anche questo fa parte del tuo lavoro. Ci sono macchine che ancora non conosci, e invece devi imparare in fretta come funzionano e come si riparano. Intanto credimi. Ti ricordi le lezioni di genetica? Quelle sulle cellule staminali?

Certo, le ricordo ma le ho trovate un po’ noiose. Che c’importa delle cellule staminali…

E invece c’importa. Da una cellula, una sola, può nascere una di noi. Le cellule di Emily Williams sono state preparate settecento anni fa. Da allora Emily è nata cinque volte, e tu sei la quarta Flavia.

Non ci credo! È impossibile! Che stai raccontando… oppure sei diventata così vecchia da dare i numeri…

Chi ti ha insegnato a parlare così?

Lo dice sempre Marzia, chiama la sua maestra la vecchia.

Vecchia è per davvero, ha la mia età… però non sto dando i numeri, questo no.

Ma come faccio a crederti…

Guarda qui. – Emily si scopre il braccio sinistro e mostra quattro nei sporgenti che formano un disegno a losanga. – metti il tuo braccio vicino al mio.

Sono… sono uguali, che strano. E allora? – guarda Emily da sotto in su con aria di sfida Che vuol dire?

Svegliati, Flavia! La statistica te l’ho insegnata io! Calcola la probabilità che due persone diverse abbiano la stessa identica disposizione di quattro nei.

È…

È vicina allo zero. E ora tocca qui. – scopre una gamba ancora liscia e passa il dito lungo il bordo della tibia. – ecco, proprio qui, la senti questa pallina?

Ce l’ho anch’io! L’ho sempre avuta!

E ora calcola la probabilità che coincidano insieme la pallina (si chiama osso sesamoide) e i nei, dai, calcola.

Ho paura, Emily…

Anch’io ho avuto paura, quando Flavia me l’ha detto. Stavo per compiere sedici anni, esattamente come te.

Ma… perché?

Perché è il solo modo di restare in vita, durante un viaggio nello spazio. Il nostro viaggio è durato più di cinquecento anni.

Nello spazio… e com’è che non ne hai parlato mai prima d’ora?

Ho ancora molte cose da insegnarti.

E perché ci siamo messe in viaggio? Lo sai, tu?

I dati dei computer sono cancellati, ed è proibito anche solo parlarne. Ma io ti dirò tutto quello che so.

Mi sembra una cosa assurda, da non crederci…

Quando salirai sulla nave ci crederai.

C’è una nave…

Sì, quella che ci ha portate qui. È sepolta sotto una collina, così nessuno la vede. Però alcune sue parti funzionano ancora, e tu devi conoscerle a fondo. Impiegheremo i prossimi due anni a studiarla.

Allora le macchine che mi hai disegnato esistono davvero, la fonderia, la pressa, il micromanipolatore…

Sì, esistono. Noi abbiamo un compito delicato, mantenere la tecnologia. Riparare le macchine, ricostruire i pezzi che si consumano.

E cosa usiamo, come materie prime? Noi non possiamo estrarre i metalli…

Ricicliamo. Tutto quello che è possibile smontare, fondere e riutilizzare. E poi, se dovesse servire, useremo lo scafo, le sue parti ridondanti. Ho calcolato che ci basterà per… mille cicli.

Mi gira la testa…

È normale, è capitato anche a me. Non pensiamoci, per ora. Sai che facciamo? Prepariamo qualcosa di buono da mangiare.

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: tortuga1