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Autore: Paris90    11/04/2008    4 recensioni
Ogni tanto qualcuno riesce a trovare la chiave del nostro cuore e decide di impadronirsene, non importa come e quando, lo fa e basta.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti!

Finalmente torno con questa FF, spero che vi piaccia qnt la prima k purtr è stata eliminata.. SIGH!

Ad ogni modo spero che qst risulti anke mejo. Mi racc xò, non siate tr cattivi!

I xsonaggi k descrivo sno reali sotto falsi nomi.

La protagonista, Paris, sarei io, con molta fantasia ovviamente! A partire dal ftt k d anni ne ho 17 e nn 28 :D

Per quanto riguarda le celebrità citate, qualunque loro atteggiamento o comportamento è frutto della mia immaginazione. Purtr nn li conosco. Ancora :P

Buona lettura!

 

CAPITOLO 1.

Paris sapeva che d’ora in poi tutto sarebbe cambiato.

Avrebbe chiuso il suo cuore dentro una cassaforte e avrebbe buttato via la chiave. Per sempre!

Lo aveva promesso a sé stessa.

Ma non sempre si è capaci di comandare le nostre emozioni.

Ogni tanto qualcuno riesce a trovare la chiave del nostro cuore e decide di impadronirsene, non importa come e quando, lo fa e basta. Altre volte siamo noi stessi che decidiamo di donare il nostro cuore, e ancor più spesso, si rivela sempre la persona sbagliata.

Paris aveva sbagliato di grosso. Era cambiata per quello che credeva il suo grande amore. Sapeva che in un modo o nell’altro, nonostante tutto, sarebbe riuscita ad averlo. E così fu.

Si era innamorata di Oliver quando aveva solo sedici anni, e non le importava il fatto che lui fosse anche più piccolo di lei. Pur di averlo divenne completamente un’altra persona, e finito il liceo riuscì a coronare il suo sogno d’amore.

Lei la studentessa universitaria modello, lui lo sportivo in carriera. Il loro era un amore a distanza, ed era proprio questo a renderlo così indistruttibile. Così indistruttibile da durare anni, da pensare al matrimonio, a dei figli.

Ma il destino spesso gioca brutti scherzi.

Era una fresca mattina di maggio, e Oliver era riuscito ad avere un po’ di tempo libero da passare con la sua amata. Purtroppo questo è quello che pensava Paris. Era così felice che decise di fargli una sorpresa in albergo quella mattina.

Comprò quei cornetti alla crema che il suo Oliver tanto amava e si diresse di corsa all’albergo. Prese l’ascensore. Avrebbe voluto gridare dalla gioia. Non lo vedeva da due mesi e non aspettava altro che poterlo riabbracciare.

Camera 304. Arrivata. Amore mio……..”SORPRESAAAA!” gridò entrando nella stanza.

La sua espressione di gioia svanì in pochissimo tempo. Oliver era a letto, ma non era da solo. Emily. Di nuovo lei. Doveva immaginarlo.

“Paris.. fammi spiegare!” disse Oliver, cercando disperatamente i suoi boxer ai piedi del letto.

Non importava più nulla adesso. Ogni parola sarebbe stata inutile. Paris lasciò cadere la busta con i cornetti, che nel silenzio della camera sembrò provocare un rumore assordante per le sue orecchie.

“Non credo ci sia molto da spiegare.” Trattenne a stento le lacrime Paris, prima di uscire dalla stanza cercando di sembrare assolutamente tranquilla. Non una lacrima davanti a lui. Non una sbattuta di porta.

“Paris, tesoro, ti prego aspetta! Non so come sia finita nel mio letto, davvero!”

“Ah! Questa è nuova, non lo sai!.. Oliver, ti prego. Non mentire ancora. Tu non hai mai dimenticato lei. Non è me che amavi in fondo. Non me di sicuro. Non ho voglia di sentire altre scuse, non ho voglia di mollarti un ceffone, perché credimi che sarà quello che farò se continuerai a cercare scuse senza un minimo di senso.”

Paris fece in tempo a dargli le spalle che le prime lacrime iniziarono a sgorgare. Lo aveva sempre saputo.  Ma aveva sempre preferito far finta di niente, perché lo amava. Più della sua stessa vita.

Fuori dall’albergo si lasciò cadere a peso morto con le spalle poggiate al muro. Senza che le lacrime smettessero si scendere,  staccò con forza la collanina che portava al collo che le aveva regalato Oliver il giorno in cui partì per la prima volta. Aveva un ciondolino, una piccola “O” in diamanti.

Così mi porterai per sempre nel tuo cuore, anche quando sarò lontano da te. Ripensava a ciò che le aveva sussurrato dolcemente quel giorno, e nel frattempo la stringeva così forte nella sua mano quasi da farla conficcare nella sua pelle chiara e fredda.

Freddo come adesso era il suo cuore, incapace di provare emozioni, di qualunque genere.  Si alzò in piedi gettando con quanta forza aveva quella maledetta collanina.

Non accadrà più. Lo giuro. Ripeteva fra sé in continuazione. Mai più soffrirò per amore. Mai più.

******

 

Sono ormai passati otto anni da quel giorno.

Adesso Paris Evans è una persona nuova. Quattro anni fa, subito dopo la laurea, partì per Parigi, coronando il suo grande sogno: diventare giornalista per una prestigiosa rivista di moda.

Paris vive solo per il suo lavoro. Ama viaggiare nelle più importanti città della moda, assistere alle sfilate, intrufolarsi nei backstage, scoprire la nuova moda della stagione, scambiare quattro chiacchiere con le modelle e con gli stilisti, intervistare tutte le celebrità. Era l’unica cosa ormai capace di amare.

Femme Fatale. Questo era il suo soprannome. E sarebbe impossibile non considerarla come tale. Fatale.

Sembrava non vi fosse nulla di imperfetto in lei. Dai morbidi capelli neri che le incorniciavano il viso dai lineamenti sottili, che mettevano in risalto la bellezza e l’espressività dei suoi occhi color nocciola, e il suo fisico scolpito, non troppo magro, ma con ogni forma al punto giusto.

Ne aveva infranti tanti di cuori. E lei lo sapeva bene.

Quella ventottenne era furba e intelligente. E nessuno meglio di lei poteva svolgere questo lavoro. I suoi articoli erano spesso pieni di critiche per i più importanti stilisti. Le sue parole erano sempre pungenti e vere. Ma sapeva anche elogiarli. Era temuta ma allo stesso tempo amata.

Molti si chiedevano cosa avrebbe scritto stasera nel suo amato taccuino.

Era la serata conclusiva della settimana della moda di Milano. Finalmente in Italia.

Paris si sentiva a casa. Anche se in realtà nella sua vera casa non metteva ormai più piede da anni.

Preferiva alloggiare nelle suites degli alberghi più lussuosi del mondo.

Quella sera sarebbe stata interminabile. Non avrebbe smesso un attimo di pensare al suo lavoro, aggirandosi senza sosta per tutto il backstage, prima e dopo la sfilata. Nonostante tutto non avrebbe mai rinunciato a indossare le sue adorate scarpe tacco 12. Sapeva essere elegante in ogni situazione. Anche stasera, con un paio di pantaloni neri a sigaretta D&G che mettevano in risalto le sue gambe slanciate, e una camicetta bianca che faceva appena intravedere il bianco pizzo del suo reggiseno a balconcino. Della sua immensa collezione di scarpe, decise di sfoggiare le Prada perfettamente abbinate alla borsa, nuova di zecca! Si truccò leggermente, e raccolse i capelli in una coda alta, arricciando le punte in dolcissimi boccoli.

“Stasera non manca nessuno! Te ne stai rendendo conto?” la bisbigliò Claire non appena si ritrovarono travolte da modelle impazzite alla ricerca dei loro abiti.

Claire era la sua migliore amica. Si erano conosciute  il primo giorno di lavoro di Paris. Tra loro nacque subito qualcosa, ed erano convinte che loro amicizia sarebbe durata in eterno, nonostante amassero pizzicarsi a vicenda. Ma tra loro bastava sempre solo uno sguardo per capirsi. E quella sera erano decisamente nel panico.

“Bene.. Claire, sorridi! Non farti prendere dal panico o ti verranno le rughe. Come quella che hai già sulla fronte per esempio” disse Paris con aria seria, e sorridendo al tempo stesso.

“Ti sembra il momento di scherzare questo?”

“Sei sicura che io stia scherzando?” e Claire di corsa si precipitò verso lo specchio più vicino cercando disperatamente la sua prima ruga. Paris adorava provocarla. Sapeva che avrebbe passato l’intera serata a cercarla, anche se in realtà non c’era nessuna ruga.

Ne approfittò per iniziare ad aggirarsi nel backstage alla ricerca di qualche stilista, il meno possibile in preda a una crisi isterica, per poterlo intervistare.

“Carissima!!! Come sta la mia femme fatale preferita?” riconobbe subito quella voce. Valentino non rinunciava mai a farsi intervistare da lei.

“Devo supporre l’esistenza di altre donne fatali oltre me?” rispose voltandosi sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi di circostanza.

Smack smack. “Sciocchina!” disse sghignazzando lo stilista. “Scommetto che cercavi qualcuno da intervistare”

“E guarda caso tu sei libero vero?” meglio di niente. Iniziò a fare qualche domanda allo stilista che rinunciava mai a pavoneggiarsi davanti tutti gli altri, senza rendersi conto del fatto che fossero troppo impegnati per ascoltarlo, a differenza sua, che preferiva delegare tutto ai suoi collaboratori, restando a sorseggiare champagne criticando chiunque gli passasse davanti.

Dopo una buona mezz’ora Paris riuscì a terminare l’intervista. Sapeva già che almeno la metà delle domande le avrebbe tralasciate nello scrivere l’articolo. Sapeva bene che ai suoi lettori non importava molto del fatto che Valentino avesse comprato un attico nel centro di NY.

Nella confusione riuscì a scorgere Claire ancora appiccicata allo specchio. Cercò di farsi strada per raggiungerla, non le era per niente di aiuto quella sera. La prossima volta che avrebbe voluto farle una battutina delle sue in un momento simile si sarebbe morsa la lingua. Inavvertitamente nel pensare queste parole urtò una modella troppo magra anche per reggersi in piedi.

“Perché non cerchi di stare un po’ attenta e ti togli di mezzo?” sbottò con acidità la ragazza.

“Scusami davvero. Non era mia intenzione, e comunque a fine serata ti consiglio un’ottima camomilla.” Paris fece per andare via, ma la modella la fermò per un braccio. Ha intenzione di picchiarmi adesso questa anoressica isterica?

“tu sei Paris, vero? Devo dire che sei cambiata molto nel tempo. Vedermi a letto con il tuo ragazzo otto anni fa devo dire che ti ha fatto bene!”

“C..come scusa?” balbettò Paris, senza riuscire a capire di cosa stesse parlando.

“Ma come non mi riconosci? Sono Emily” iniziò a sorridere malignamente.

“Emily.”

In un momento si sentì trasportare indietro nel tempo. A otto anni fa. Il cuore iniziò ad avere qualche fitta. Qualche forte fitta. Aveva dimenticato quegli occhi azzurri, aveva scordato quanto il suo cuore fosse capace di battere per lui.

Oliver. No. Aveva promesso. Mai più soffrire.

Sentiva le guance bruciare, gli occhi sgorgare di lacrime. Non avrebbe potuto perdere il controllo così davanti a tutti.

Corse verso il bagno, senza curarsi del fatto di aver spintonato almeno la metà della gente presente nel backstage.

Mantieni la calma Paris. È acqua passata. Mentre posava le mani gelide e bagnate sul suo viso incandescente.

Faceva respiri profondi, mentre il battito del cuore rallentava, riprendendo il suo battito normale.

In quel momento fece capolino da uno dei bagni un uomo dai capelli scompigliati e la barba incolta. Gli sguardi dei due si incontrarono nel riflesso dello specchio. Paris sobbalzò. Il ragazzo sorrideva perplesso.

“Non so se quando eri bambina te lo hanno detto, ma le donne vanno nel bagno dove è disegnato l’omino con la gonnellina”

“Oh mio Dio! Scusa, non ho parole. Ma non ci stavo proprio con la testa.”

“Tranquilla. Può capitare a tutti. Per un attimo ho pensato fosse qualche ragazzina con intenzioni strane. Ormai nulla mi sorprende più.” Rispose sfoggiando un sorriso irresistibile.

“Ehm no! Ahah sinceramente non sono il tipo che salta addosso alle persone nei bagni” disse Paris ricambiando il sorriso.

“Ad ogni modo, tu sei?”

“Oh, piacere Paris. Paris Evans.”

“Piacere mio. Orlando. Orlando Bloom.” E senza smettere di fissarla, continuò a sorridere.

  
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