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Autore: CarlottAlien    20/10/2013    1 recensioni
"[...] L'odore di quel demone l'aveva inebriata, non aveva mai sentito nulla di simile,ma si riscosse immediatamente. [...] Sembrava un daiyokai, ma non ne era sicura. O non voleva crederci. Sapeva che, contro di lui, non avrebbe avuto scampo."
Spero di avervi incuriosito almeno un pochino ^^ se amate Sesshomaru, leggeteeeee ^^
Genere: Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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 CAPITOLO 2

 

Arrivata ai piedi dei monti Urishima, conosciuti anche come Montagne degli Spiriti, il luogo era immerso in una strana quiete, come se tutto forse stato pietrificato. Il silenzio era opprimente. L’aura che emanavano quei monti rendeva quasi impossibile la vita lì intorno, perciò Hitomi uscì lentamente dall’ombra degli ultimi alberi della foresta, cercando qualche segno della battaglia.

  Non si sentiva per niente tranquilla, qualcosa la agitava e la situazione peggiorò quando un’altra folata di quello strano odore le arrivò alle narici. A fatica seguì quella puzza orrenda fino a scorgere una grossa macchia nera informe in mezzo ad alcuni arbusti distrutti. Si bloccò all’istante, mettendosi in posizione di guardia e stringendo l’impugnatura della sua ascia fino ad avere le nocche bianche. Si avvicinò con cautela a quella che ormai sembrava una carcassa. La sua puzza era al limite della sopportazione e Hitomi non aveva mai sentito un cadavere puzzare in quella maniera. Ciò la innervosiva e, quando arrivò vicina al corpo, il suo aspetto la inorridì ancora di più.

Era un demone davvero strano, non era come quelli che di solito giravano da quelle parti, e lei li conosceva bene tutti quanti. Aveva una vaga figura che ricordava quella umana, era privo di qualsiasi pelliccia o di piume, anche se grosse ali membranose si diramavano dalla sua schiena ossuta. Era armato di tre possenti artigli e alcune zanne spuntavano dalla sua bocca, aperta in un urlo terrificante. Ma ciò che rendeva quel demone inquietanti erano i due buchi vuoti che spiccavano sul suo volto contorto.

   ‘Non ha occhi…cosa è questa roba?’ pensò Hitomi, non riuscendo a staccare gli occhi dal demone. All’improvviso gli balenò in mente, come un lampo, un ricordo di quando era più piccola. Una storia che gli anziani del suo clan erano soliti raccontare ai giovani lupi che, tutti in cerchio attorno al fuoco, ascoltavano le loro leggende.

 

   “..non erano né demoni né esseri umani. Scendevano silenziosi come spiriti dalle montagne, con le bocche urlanti da cui non usciva alcun suono, con occhi che non erano occhi, ma soltanto buchi neri e vuoti come le loro anime.”

 

In quel momento una consapevolezza agghiacciante si fece strada nella mente di Hitomi che, d’istinto, indietreggiò di qualche passo dalla creatura.

   ‘Questo…questo è un Gaki. Che diavolo ci fa qui un demone dell’Oltretomba…?’

Si credeva che i Gaki fossero solamente delle leggende, demoni antichi come lo Spirito del Mondo di cui non si avevano mai avuto conferme della loro esistenza. Ma Hitomi sapeva che non era così, suo padre le raccontò della Grande Guerra che lui e sua madre dovettero affrontare contro i demoni dell’aldilà, torturatori di anime affamati degli spiriti dei vivi. Quella guerra fu sempre tenuta nascosta, era pericoloso parlare di ciò che sta oltre il confine, perciò solo i daiyokai ne erano a conoscenza. Tutto ciò la turbava, poteva essere un solo demone ad aver attraversato la soglia dell’Oltretomba oppure poteva essere l’inizio di qualcosa di molto più grande.

Alzò pensierosa lo sguardo verso le nubi scure che nascondevano perennemente le cime delle Montagne, ma un altro odore attirò la sua attenzione. Annusò l’aria che ora sapeva di erba fresca, di rugiada e le balenò in mente l’immagine della luna, ma sentiva anche l’odore forte e deciso del sangue e della morte. Si voltò di scatto, stringendo istintivamente la mano attorno all’impugnatura di Masakari, e scorse davanti a sé una figura imponente che si stagliava nella penombra della boscaglia. La stava fissando, sentiva il suo sguardo addosso anche se non riusciva a vederlo in volto. L’odore di quel demone l’aveva inebriata, ma si riscosse immediatamente, tornando alla realtà.

   “Tu chi diavolo saresti?” domandò Hitomi con aggressività. Non aveva mai visto quel demone nel suo territorio e la sua aura demoniaca la spaventava ancora di più. Poteva essere un daiyokai, ma non ne era sicura. O non voleva crederci. Sapeva che, contro di lui, non avrebbe avuto scampo.

Di risposta, il demone uscì dalla penombra, mostrandosi a Hitomi. Ora lei poteva vederlo chiaramente, in tutti i suoi due metri di altezza. Non sembrava uno dei soliti mostri che giravano da quelle parti, aveva il volto di un giovane, ma i suoi lineamenti erano affilati e taglienti, come anche il suo sguardo. Aveva un’aria mistica grazie al kimono bianco che indossava, pareva non essere il proprietario di quell’aura mostruosa e di quelle spade demoniache che portava strette alla cintola. Hitomi riuscì a scorgere delle striature sulle guance e una mezzaluna blu che spuntava sulla sua fronte, seminascosta da ciuffi di cappelli color della luna. La pelliccia bianca che portava sulla spalla destra fece capire a Hitomi che quello che aveva di fronte era un demone cane.

Lui continuava a fissarla intensamente, senza però far trasparire nessun tipo di emozione, tranne la pura indifferenza per tutto ciò che lo circondava. Tutt’ad un tratto le parlò e per Hitomi sembrò  come risvegliarsi da uno stato di trance, tale era l’effetto che aveva quel demone su di lei.

   “Penso tu abbia capito.” Le disse, indicando con un impercettibile movimento dello sguardo la carcassa del Gaki riverso a terra. “Per puro caso l’ho trovato sul mio cammino, cerca di aprire gli occhi. Hai la responsabilità di un branco.”

Detto questo si voltò e si diresse verso il cuore della foresta, sparendo dalla vista di Hitomi, ora parecchio innervosita dalle parole di quel tale. Come si permetteva di usare quel tono con lei? Oltretutto le dava anche consigli su come gestire un branco! No, di certo non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa in quel modo.

   “Ehi, tu! Come ti permetti di voltarmi le spalle!!” urlò Hitomi verso il demone che spariva pian piano nella foresta. Non si degnò neanche di voltarsi a risponderle, così lei corse nella sua direzione, intenzionata più che mai a non fargliela passare liscia. Appena mise piede nella foresta, l’oscurità opprimente che c’era l’avvolse e ci volle una frazione di secondo prima che i suoi occhi si abituassero al buio pesto del bosco.

Ma fu proprio dopo quell’istante di distrazione che Hitomi si ritrovò a terra, sovrastata dall’enorme massa del demone cane che le puntava una delle sue spade alla gola.

   ‘No...non può essere stato così veloce.’ Pensò Hitomi, che fissava sbigottita e sorpresa quel demone, che da vicino le sembrava ancora più grande e imponente. I suoi occhi dorati, freddi come il ghiaccio, erano puntati in quelli sbarrati di Hitomi.

    “Non fare questo gioco con me, ragazzina.” Le disse in un tono glaciale che incuteva ancora più timore di qualsiasi tono aggressivo. Detto ciò, rinfoderò la spada e sparì velocemente tanto quanto gli era servito per atterrare Hitomi. Con lui sparì ogni traccia dell’odore di erba che portava con sé, lasciando Hitomi da sola ancora stupita di ciò che era appena successo. Ma chi diavolo era quello li? Non sapeva se essere più innervosita dai toni che aveva usato o più intimorita dalla facilità con cui l’aveva atterrata. Avrebbe potuto ucciderla. Ma non l’aveva fatto. Anzi l’aveva avvertita riguardo ai timori che lei stessa aveva. Pensò al cadavere del Gaki. Cosa stava per succedere? Reagì in un baleno, alzandosi in piedi e scattando verso la sua Quercia. Si arrampicò agilmente fin sulla cima. Da lì vedeva ogni singolo angolo della valle che tanto amava. Ma non era quello il momento di ammirare il paesaggio. Si protese in avanti e ululò. Lanciò un ululato strano, diverso da tutti gli

altri, che solo un lupo poteva comprendere. Stava chiamando suo padre.

 

 

   Akeshi, come qualsiasi capoclan rispettabile, rimane sempre col suo branco, tranne in casi eccezionali di battaglie particolarmente violente. Anche quella notte era rimasto nei pressi della sua tana, seduto di fronte ad un piccolo fuoco sopra ad uno spuntone di roccia, a meditare. Nonostante avesse raggiunto ormai una certa età, la sua stazza rimaneva sempre imponente e metteva tutti in soggezione. Il suo corpo e il suo volto erano ricoperti da decine di cicatrici, segni indelebili delle sue battaglie, mentre i suoi lunghi capelli e la sua folta barba portavano i segni bianchi della vecchiaia. Nonostante avesse un’espressione molto dura e severa, i suoi occhi erano quelli di un demone saggio e che ha affrontato ogni tipo di difficoltà con coraggio.

Le fiamme si riflettevano sulle sue iridi scure, mentre il suo sguardo scrutava il fuoco e la sua mente vagava in profondi misteri, quando sentì in lontananza un ululato. Tese meglio le orecchie, e riconobbe immediatamente sua figlia che lo chiamava. Capiva dai toni dell’ululato che Hitomi si sentiva nervosa e tesa, evidentemente qualcosa di importante doveva essere successo.

   Correte, padre, non ci sono buone notizie.”

Akeshi si alzò in piedi e la sua ombra si allungò sulla parete di roccia alle sue spalle, facendolo sembrare ancora più imponente. Rispose all’ululato della figlia e scese verso la boscaglia, correndo agilmente verso il luogo dove si trovava Hitomi, cogliendo subito il motivo della sua agitazione. Sua figlia si trovava ai piedi dei monti Urishima.

 

 

   “Aspettami.”

Fu la risposta che ricevette immediatamente dal padre. Sapeva che lui le avrebbe dato qualche risposta. O almeno lo sperava.

Si era allontanata da quella carcassa nauseabonda, sedendosi su un tronco poco distante, senza però perderla di vista. Tendendo le orecchie, riusciva chiaramente a sentire i passi di suo padre che si avvicinava a lei. Pochi attimi dopo, la figura di Akeshi emerse dal sottobosco, individuandola immediatamente e lanciandole uno sguardo intenso. Hitomi pensò che suo padre avesse già capito la situazione, anche perché il fetore di quel cadavere non era difficile da percepire.

Tra i due non vi furono inutili parole, una serie di sguardi e si capirono immediatamente. Hitomi si alzò e condusse il padre vicino al corpo del Gaki. Akeshi sembrava indifferente mentre osservava i buchi neri e la bocca spalancata del cadavere.

   “Un Gaki…” esordì il capoclan dopo qualche secondo. “Com’è finito qui, ne sai qualcosa?” domandò alla figlia.

   “Dovrebbe provenire dalle montagne. L’ho trovato morto dopo una battaglia.”

   “Una battaglia?” disse il demone lupo, questa volta fissando sua figlia dall’alto.

   “Ho sentito due aure scontrarsi e quando sono arrivata qui l’ho trovato già morto. Mi è bastato seguire la sua puzza.”

   “Quindi non hai visto cosa è successo?”

   “No, ma ho incontrato il demone che ha ucciso questa roba.”

   “Chi sarebbe? Uno dei nostri?”

   “No, era un demone che non avevo mai visto da queste parti. Un demone cane.”

A quell’affermazione, Akeshi ammutolì, riflettendo su qualcosa che Hitomi non capiva. Solo dopo qualche minuto riprese a parlare.

    “Non l’hai seguito spero.”

Hitomi rimase stupita dalla freddezza con cui suo padre le aveva fatto quella domanda così strana.

    “No…l’ho lasciato andare per la sua strada.” Mentì lei. Suo padre la fissò,con uno sguardo che non riuscì a decifrare, per un tempo che le sembrava interminabile.

    “Bene, meglio così.  Ora occupiamoci di questo tanfo.” Esordì ad un tratto.

    “Come?” chiese Hitomi, perplessa.

    “Non rischierò che qualcun altro trovi questa carcassa come hai fatto tu. Allontanati.” Detto ciò, Akeshi puntò il cadavere riverso a terra e lo incenerì, grazie alla sua potente aura. Hitomi non poteva crederci.

    “Padre, perché lo avete fatto? Dobbiamo assolutamente avvisare il clan e trovare da dov’è venuto quel mostro! Potrebbero arrivarne altri!” esordì incredula rivolta al padre.

    “Non ne arriverà nessun’altro, te lo assicuro. E ti garantisco anche che nessuno verrà a sapere di questo.”

Hitomi era sconvolta. Suo padre le nascondeva qualcosa, ne era sicura. Come poteva non capire la

gravità di quella situazione?

   “Ma come fai a non capire? Dobbiamo andare a fondo di questa cosa e avvisare anche i clan vicini! Credi sia normale che un demone dell’Oltretomba trapassi la soglia ed entri nel mondo dei vivi?” lo attaccò Hitomi.

    “Non ti rivolgere a me in quel modo, Hitomi!!” tuonò Akeshi, guardando autoritario sua figlia. “Comando io qui e tu sei tenuta ad ascoltarmi!”

La giovane lupa era sbigottita. D’un tratto, il suo stupore si trasformò in  rabbia verso ciò che le aveva appena detto suo padre. Come poteva essere così indifferente? Avrebbe voluto ribattere, urlare quanto non fosse giusto il fatto di nascondere ogni cosa al resto del branco, rischiando che succedesse qualcosa di brutto. Ma rimase zitta, strinse i pugni fino a piantarsi gli artigli nei palmi delle mani e digrignò i denti. Guardò suo padre inoltrarsi di nuovo nella foresta, sparendo nell’ombra e lasciando dietro di sé solo un segno nero, lì dove c’era stato il cadavere del demone. Frustrata e arrabbiata, ringhiò e cominciò a correre verso Ovest, tornando alla sua Quercia e non seguendo di proposito suo padre. Correva veloce, cercando una spiegazione a quello che aveva fatto suo padre. Ma non ne trovava.

Arrivò ansimando ai piedi dell’albero, si arrampicò e salì in fretta fin sulla cima. Rimase ad ammirare la valle in tutto il suo splendore. A Est riusciva a scorgere le prime luci dell’alba e il nuovo giorno che stava arrivando. Non poteva rischiare che tutto ciò a cui teneva di più potesse cadere in rovina solo perché suo padre le teneva nascosto chissà quale segreto. Gli avrebbe disubbidito. Avrebbe capito da sola cosa stava succedendo.

 

 

Ciao a tutti! ^^

Spero che questo capitolo non sia troppo lungo o noioso xD

Spero anche di rendere la storia interessante

e non banale!

 A presto col prossimo capitolo, grazie a chi legge ^^

 

  
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