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Autore: aleyiah    20/10/2013    5 recensioni
Non camminare con le dita rivolte all’insù.
Non tenere con ostentazione i calcagni sospesi a mezz’aria.
Non muovere le vesti, una volta seduta.
Non muovere i piedi, una volta coricata.
Prima classificata al contest "Pacchetti e stagioni" valutato da darllenwr.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Giglio Dorato
 
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“In un giorno come tutti gli altri un pescatore, sedutosi nella barca, si mise a remare.
Mentre remava l'acqua batteva delicatamente contro lo scafo.
Assorto nei suoi pensieri, non si rese conto di quanto aveva viaggiato…
Ad un certo punto si guardò intorno: per quanto potesse estendere lo sguardo di fronte a lui, lungo la riva del fiume si stendeva un frutteto di alberi di pesco in fiore che danzavano e roteavano nel vento.
Il pescatore poteva sentire il profumo del fresco prato verde presente sotto gli alberi.
Il pescatore remò e remò fino a che raggiunse la fonte del fiume: là gli alberi di pesco crescevano sparsi, ed egli notò una fessura in una montagna, dalla quale si emanava una strana luce.
Scese dalla barca e vi si avvicinò.
Sembrava abbastanza grande da poterci passare, ed in effetti da lì entrò in una grotta scura che nel procedere al suo interno si dimostrò progressivamente più grande.
Molto presto si imbatté in un vasto paesaggio con case perfettamente ordinate, campi puliti ed arati, stagni chiari e spumeggianti, gelsi, boschetti di bambù e strade lastricate che portavano in tutte le direzioni. Sentiva il canto del gallo e i cani abbaiare, vide uomini e donne che lavoravano nei campi ed indossavano abbigliamenti non familiari; giovani o vecchi, tutti sembravano felici e spensierati.
Alcuni di loro salutarono l'arrivo del pescatore con curiosità, chiedendogli da dove venisse e lui glielo spiegò in dettaglio. Lo invitarono nelle loro case, portarono vino dalla cantina, macellarono alcuni polli e crearono un elaborato banchetto di piatti deliziosi. Quando gli altri abitanti del villaggio sentirono della sua visita, tutti vennero per vederlo.
Anche il pescatore aveva domande e un vecchio abitante del villaggio gli spiegò: "I nostri antenati sono arrivati qui con le famiglie e gli amici durante la Dinastia Qin, per sfuggire alle costanti lotte. Noi non abbiamo mai più lasciato questo posto, così non sappiamo niente del mondo esterno. "
Chiesero al loro visitatore quale dinastia governasse in quel momento. Essi ignoravano quali Dinastie avessero seguito la dinastia Qin: la Han e la Wei e naturalmente non potevano sapere nulla rispetto alla Dinastia Jin, regnante in quel momento; ascoltarono incantati. Il pescatore regalò loro una serie di racconti dal suo mondo.
Egli rimase nel villaggio per alcuni giorni, godendo della loro generosa ospitalità, poi annunciò che doveva lasciarli per tornare a casa.
Gli abitanti lo implorarono di non dire ad alcuno della loro esistenza ed alcuni lo accompagnarono fino all’ingresso della grotta.
I suoi occhi, ancora una volta furono colpiti per il meraviglioso paesaggio.
Dopo un gesto di saluto, si voltò e si avviò lentamente verso l'oscurità della grotta.
Il pescatore passò attraverso la stretta apertura nella roccia, la sua barca era dove l’aveva lasciata.
Durante il ritorno cercò di fissare nella memoria tutti i punti di riferimento che poteva.
Appena arrivato a casa andò ad informare un funzionario provinciale riguardo la sua insolita scoperta.
Il funzionario mandò più persone ad accompagnare il pescatore per scoprire il paese dietro la roccia ma ben presto egli perse il suo senso di orientamento e non poté trovare la strada per il villaggio.
Un nobile di nome Liu Ziji della provincia settentrionale di Nanyang sentì parlare di questo racconto e cercò di trovare il villaggio, ma non fu in grado di completare la sua ricerca: non appena partì per il suo viaggio, una misteriosa malattia lo vinse e in breve morì.
Alla fine, nessuno si occupò più di ricercare la bella terra con la gente felice.
Le generazioni future la chiamarono il "paradiso al di là dei fiori di pesco.”
 
Antica leggenda cinese




 
 
 
Cara mamma,
ricordo come fosse ieri quando mi raccontavi la storia del paradiso al di là dei fiori di pesco, prima che mi coricassi: mi faceva sognare l’idea che un luogo tanto meraviglioso potesse esistere e avevo giurato che, da grande, vi avrei condotto tutta la mia famiglia e avrei corso tra gli alberi in fiore.
Ricordo che la sera prima del mio settimo compleanno mi raccontasti questa favola, come sempre.
Mi dicesti: “Mei, domani è un grande giorno, sei grande ormai, è ora di diventare una donna.”
Tutte le bambine sognano quel momento.
 
Quando ero piccola, passavo ore ad osservare Aiko: la guardavo pettinarsi i lunghi capelli corvini seduta sul letto, mentre osservava il paesaggio dalla grande finestra della sua stanza.
Invidiavo la sua bellezza e il vostro lodarla per la sua femminilità e i suoi piedini perfetti.
Indossava delle piccole scarpette color porpora, finemente ricamate dalla nonna, e ricevute in dono per il suo tredicesimo compleanno.
Di notte, spesso entravo di nascosto nella sua camera mentre dormiva, solo per indossarle e rimirarmi allo specchio immaginando il giorno in cui, anch’io, sarei diventata una donna bellissima e ambita come lei.
 
Ricordo l’orgoglio tuo e di papà nel vedere gli uomini più potenti di Pechino mettersi in fila per chiederne la mano, lodando la perfezione del suo giglio dorato e l’incedere debole ed esile come un ramo di salice che pende in cerca di appoggio e che si piega alla brezza.
Non capivo il significato di quelle parole, ma i vostri occhi erano colmi di gioia, quindi non vedevo l’ora di diventare come lei, per rendervi fieri.
 
La mattina del mio settimo compleanno, mi svegliasti all’alba, mi lavasti i piedi e mi tagliasti le unghie.
Ricordo che desideravo ardentemente correre a piedi nudi sulle foglie secche, sentire il gradevole profumo che lasciavano sulla mia pelle e sdraiarmi a terra, per osservare le nuvole di quel meraviglioso cielo di ottobre, correre veloci.
Invece mi facesti sedere, mi piegasti le dita contro la pianta del piede legandomele con una fascia lunga tre metri, cominciando dal piede destro e passando poi al sinistro.
Dopo questa interminabile tortura, mi ordinasti di camminare ma quando ci provai, il dolore fu insopportabile.
Quella notte piansi per ore, implorandoti di liberarmi dalle fiamme che stavano divorando i miei piedi, e tu mi picchiasti per farmi smettere.
Mi urlasti contro: “Vuoi diventare una di quelle donne che per timore della fasciatura seguono la moda dei piedi naturali delle Manciù?
Ricordo anche che avrei desiderato ardentemente essere una Manciù.
 
Nei giorni seguenti mi costringesti a camminare per ore, nonostante ti implorassi di liberarmi dalle fasciature.
Dopo alcuni mesi tutte le dita, tranne l’alluce, erano schiacciate contro la superficie interna.
Ricordo il sangue e il pus che mi colavano dai piedi e anche che mi dicesti che solo rimuovendo a poco a poco la carne, i miei piedi sarebbero diventati snelli.
Ogni due settimane mi mettevi delle scarpe nuove: ogni nuovo paio era di qualche millimetro più piccolo del precedente.
D’estate i piedi puzzavano tremendamente di pus e di sangue, d’inverno erano gelidi per la mancanza di circolazione.
Ci vollero tre anni perché potessi calzare le scarpe di otto centimetri: le mie caviglie erano sottili, i piedi erano diventati brutti e ricurvi.
 
Ricordo i tuoi rimproveri per il mio modo di fare chiassoso, e le tue regole per plasmarmi nella donna perfetta che credevo di voler diventare:
 
Non camminare con le dita rivolte all’insù.
Non tenere con ostentazione i calcagni sospesi a mezz’aria.
Non muovere le vesti, una volta seduta.
Non muovere i piedi, una volta coricata.
 
La madre tenera e dolce aveva lasciato spazio ad un mostro che scandiva le mie giornate tra lezioni di galateo e di buone maniere e consigli su come diventare una devota moglie ubbidiente.
 
Ancora mi rimbombano nella mente le parole che ripetevi incessantemente, come una cantilena:
 
“Una donna deve essere fragile e delicata.
L’aristocratico di buona famiglia cerca in moglie una donna con un giglio dorato perfetto: un piedino di otto centimetri, perfettamente affusolato, proprio di colei che non ha bisogno di lavorare: è il marito a provvedere a tutti i suoi bisogni.”
 
Come vorrei aver capito prima che cosa significassero veramente le scarpette color porpora di Aiko.
Significavano sottomissione, dolore.
Significavano sogni frantumati ed illusione.
 
Io non voglio essere quello che sono diventata, mamma.
Io non voglio andare in sposa ad un uomo che non amo.
Voglio essere libera di essere ciò che sono, libera di amare, di correre, urlare e cantare.
Io non voglio restare in silenzio, rispettare le regole, ubbidire, osservare la vita a capo chino senza poterla assaporare.
Io voglio conoscere, viaggiare, capire.
 
Per questo motivo ti ho scritto queste righe che troverai accanto al letto al tuo risveglio, prima di scoprire il mio corpo mutilato dalla preziosa Jian che il mio futuro marito vi ha offerto in dono.
Ho deciso di fuggire da questa infame esistenza che mi avete imposto, in questa tiepida mattina di ottobre, nel giorno del mio compleanno che da anni reca con sé solo ricordi di dolore e di sacrifici.
Ho solo un ultimo desiderio e spero che, nonostante il disonore che ho arrecato al buon nome della nostra famiglia, vorrai concedermelo: brucia le mie spoglie e spargine le ceneri al vento di queste profumate giornate d’autunno, cosicché possa danzare con le fragili e soffici foglie cadute dagli alberi una volta ancora, prima di raggiungere il paradiso al di là dei fiori di pesco, dove non esiste l’autunno, dove gli alberi sono sempre in fiore.
 
Vi amo immensamente, nonostante tutto.
Vostra,
 
Mei
 
 
 
Note:
Manciù: popolo di etnia Jurchi, originario della Manciuria, che non praticava l’usanza della fasciatura dei piedi.
Jian: è una spada cinese dritta a doppio filo. In Cina, il jian è considerata l'arma più nobile delle arti marziali
Credits: www.tuttocina.it, www.immenso.org, http://it.clearharmony.net


Innanzitutto ringrazio tutti voi, che avete deciso di dedicare alcuni minuti del vostro preziosissimo tempo per leggere questa mia storia.
Ho svolto molte ricerche a riguardo di questa pratica ora (fortunatamente) in disuso e ci terrei davvero a conoscere il vostro parere.
Un abbraccio,
Al.
 
  
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