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Autore: TheGreedyFox    20/10/2013    7 recensioni
Un’amicizia bella e vera, che dura da quasi vent’anni. Diciotto compleanni passati insieme.
Ogni compleanno un regalo straordinario. Ogni compleanno una sorpresa. Ogni compleanno una ferita.
Essere il miglior amico di Arthur Pendragon, significa questo per Merlin.
È essere parte di qualcosa di speciale, eppure a volte sentire che quell’affetto che li lega è come una condanna.
Una condanna a vita alla quale però Merlin non si sottrarrebbe mai.
Perché Arthur è il miglior amico che si potrebbe desiderare e non è colpa sua se Merlin si è innamorato di lui.
Questo finché, poco prima del suo ventiduesimo compleanno, Merlin non trova, per caso, uno dei folli regali di Arthur, un regalo che cambierà tutto, nel bene e nel male.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'You Take My Heart By Surprise'
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Questa storia fa parte della serie "You Take My Heart by Surprise".



Okkkkeeeiii... il nostro viaggio attraverso i vari compleanni di Merlin è finito... si torna al presente (e quindi abbandoniamo anche il fastidioso corsivo a cui vi ho costretto finora... yuppie! Quando ho iniziato a postare mi era sembrata un’idea carina, ma già arrivata al secondo capitolo volevo prendere il corsivo e gettarlo dalla finestra... ma ormai il dado era tratto!)! Siamo ormai giunti al tanto sospirato giorno della festa a sorpresa (a sorpresa per modo di dire... Merlin sa tutto! xD).
Nell’ultimo capitolo avevamo lasciato un Merlin determinato a dare un taglio a tutte le sue fantasie romantiche. L’idea era quella di vivere come ad occhi chiusi accanto ad Arthur per l’ultimo anno di università, alla fine del quale avrebbe messo il suo asino preferito su un aereo verso New York, con la speranza di tornare a considerarlo solo un amico una volta per tutte.
Una scelta a suo avviso saggia e quasi obbligata, dettata da ciò che era accaduto quella notte sul lago, quando si era reso conto di quanto quel suo amore senza speranza l’avesse portato ad un passo dal rovinare tutto....
Ora l’anno è passato, il suo compleanno è di nuovo alle porte e Merlin ha appena scoperto che i suoi buoni propositi non potranno esser messi in atto, perché pare proprio che sarà Arthur a metterlo su un aereo... nel tentativo di realizzare quello che da sempre è il sogno di Merlin: un lungo viaggio intorno al mondo.
Solo che noi sappiamo bene che ormai il sogno di Merlin è un altro...
Povero Arthur... anche con tutta la buona volontà non ne fa mai una giusta!!! xD

Voglio ringraziare ancora e di cuore tutte le persone che stanno seguendo questa storia e specialmente hiromi_chan, AsfodeloSpirito17662, misfatto, chibisaru81, bimbaluna 81, _Serendipity_ e Redhaired per averla commentata. Grazie di cuore ragazze! Il vostro affetto per questa storia mi ha stupito e le vostre parole mi hanno strappato non so più quanti sorrisi...
Voglio inoltre ringraziare la mia amica Foxy per essere una fantastica beta e una problem solver come ce ne sono poche! Senza il suo incoraggiamento, i suoi consigli, la sua pazienza e i suoi fantastici banner, questa storia non sarebbe nemmeno qui!
Ora vi lascio al capitolo.
Enjoy!

Sofy
 

“Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della BBC; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro”.
 



Regalo di Compleanno

 

18° Compleanno

Merlin esce dall’ascensore guardando la sagoma di Arthur che si allontana nel corridoio scuro.
Il cuore gli batte a mille ed il colletto stretto della camicia certo non aiuta.
Tutta colpa di Arthur naturalmente, che quel pomeriggio aveva insistito perché indossasse il suo miglior completo. E fa niente se per convincerlo aveva scelto una scusa di una tale banalità da risultare quasi tenera e che la diceva lunga sulla fiducia che riponeva nell’ingenuità di Merlin... Merlin ha finto comunque di credere alle sue baggianate perché sapeva bene il perché di quel suo volerlo tirare a lucido.
Quella era la sera del suo compleanno. La sera della festa a sorpresa. La sera della resa dei conti.
Merlin litiga col primo bottone della camicia mentre cerca di seguire Arthur nel buio. È un brutto vizio di Arthur quello di non accendere mai la luce per le scale quando rientrano a casa, forse perché si è abituato al fatto che Merlin lo faccia per lui.
O forse in realtà Arthur è davvero un essere soprannaturale (come Merlin ha sempre sospettato), ed oltre ad essere sfacciatamente bello in quel suo completo scuro, riesce anche a vedere al buio. Beh, purtroppo per lui, Merlin invece è un essere tristemente normale, quindi si avvicina all’interruttore e illumina a giorno il loro lungo corridoio, rifiutandosi categoricamente di fare ciò che si prefigge da ormai due giorni senza poter neanche guardare Arthur in faccia.
Arthur è già davanti la porta. Merlin sta quasi per raggiungerlo quando lo sente rispondere frettolosamente al telefono, quasi bisbigliando, e Merlin è pronto a scommettere che di qualunque cosa si tratti, riguarda la grande sorpresa. Si ferma a metà strada, in ascolto, sperando che Arthur non se ne accorga e, per sua fortuna, quell’asino è infatti troppo preso dalla conversazione per notare alcunché. Merlin lo vede girarsi velocemente, fino a dargli le spalle, e portare una mano vicino alla bocca per schermare di più la sua voce. Merlin trattiene inconsciamente il fiato. Arthur sembra arrabbiato, anche se cerca di nasconderlo. Le parole “Come non l’hai trovato?” gli arrivano chiare all’orecchio, nonostante Arthur avesse cercato di non ringhiarle troppo forte. Di sicuro doveva esserci Gwaine dall’altra parte dell’apparecchio, Arthur non usa quel tono con nessuno se non con lui, cosa che Gwaine, bontà sua, trova chissà perché esilarante...
Stanno parlando del biglietto”, si dice Merlin colpevole, e si chiede se Arthur a quel punto non si stia già facendo delle domande... Perché Arthur è sì un asino, ma non è di certo stupido...
Arthur chiude piano la telefonata e si gira verso di lui, aspettandolo pazientemente sulla porta... I suoi occhi, ancora vagamente arrabbiati, sono così azzurri da sembrare davvero di un altro mondo, e Merlin si sente sciogliere sotto quello sguardo.
Forse accendere la luce era stato un grosso errore.
Forse, tutto sommato, era meglio il buio.
Merlin si avvicina piano al suo amico di sempre chiedendosi se in futuro sarà ancora in grado di guardarlo così. Solo immaginare di no è abbastanza da farlo sentire male.
Eppure deve andare avanti.
Perché ci ha riflettuto per ben due giorni per arrivare alla conclusione che non avrebbe passato l’ultima sua sera a Londra con Arthur, circondato da amici benintenzionati e sorridenti che gli avrebbero augurato “Buon compleanno” e “Buon viaggio” (Arthur doveva aver già messo tutti a parte della grande notizia) senza avere la minima idea di quello che gli si agitava nel cuore, del dolore che sembrava penetrargli a forza nelle ossa, né del sentimento che da quella sera non sarebbe più stato soltanto suo.
Sì perché alla fine Merlin ha deciso di dire tutto ad Arthur, di confessargli ciò che da cinque anni gli pesa sulla coscienza e sul cuore. Perché si è reso conto che l’onestà è ormai l’unica cosa che può ancora salvare la loro amicizia. L’unica carta che gli è rimasta in mano.
Perché se per miracolo Arthur avesse potuto accettare quell’amore come una delle altre stranezze di Merlin... Come il suo essere maldestro o il suo borbottare... Allora forse... Col tempo...
Amici. Solo amici.
Finalmente. Di nuovo. Come una volta.
Quindi deve dirglielo adesso.
Deve allungare il braccio e fermarlo dall’aprire la porta.
Deve far sì che resti ad ascoltarlo.
Il biglietto aereo, quello che ha rubato dal comodino di Arthur quella mattina, brucia come una torcia nella tasca interna della sua giacca.
Merlin vi poggia sopra una mano, come per darsi coraggio, come a dirsi che se fosse andata davvero male, avrebbe sempre avuto un posto dove fuggire.
Poi prende un gran sospiro e si costringe a guardare Arthur negli occhi.

Merlin non aveva programmato di dirglielo sul loro pianerottolo.
La sua idea originale era stata di trovare il momento adatto durante il corso della giornata e di fare la grande rivelazione ad Arthur a casa loro, circondati dalle loro cose, sul loro divano... Poi però prima Lance l’aveva invitato fuori a colazione per poi costringerlo ad accompagnarlo in un tour de force per le librerie della città alla ricerca di un libro che alla fine non avevano trovato e di cui Merlin non aveva neanche afferrato bene il nome. Poi Arthur aveva insistito perché andassero insieme a pranzo, fingendo che quell’invito fosse tutto ciò che aveva architettato per quell’anno e, nel pomeriggio, l’aveva praticamente obbligato a seguirlo nell’imponente studio di Morgana perché, a suo dire, sua sorella voleva assolutamente vedere il festeggiato visto che “aveva un regalo da dargli” (nient’altro che banali pretesti per farlo allontanare dall’appartamento per tutto il giorno... Tsz... Dilettanti...) e lui aveva accettato.
Si era illuso di avere comunque tempo, di riuscire a dirglielo in macchina, mentre Arthur li portava verso la loro destinazione, o più tardi, mentre passeggiavano insieme per il centro nell’attesa che Arthur decidesse che si era fatta l’ora “giusta” per tornare a casa, o sulla via del ritorno, quando Arthur si era mostrato all’improvviso così impaziente di rientrare...
Ma era stata una giornata così bella... Come non ne passavano da tanto tempo, e Arthur gli era sembrato così eccitato, entusiasta e di buonumore... Quindi Merlin non aveva saputo far altro che rimandare e rimandare, un’altra risata, un’altra battuta, un altro sguardo, un altro sorriso... Fino all’ultimo momento utile, cioè adesso, davanti alla loro porta d’ingresso, con tutti i loro amici che aspettavano nascosti, in silenzio, dentro l’appartamento buio.
Merlin prova ad immaginarseli, tutti eleganti, divertiti, emozionati, desiderosi di rendere indimenticabile una sorpresa per la quale Arthur, ne era sicuro, si era fatto in quattro.
Non erano lì solo per lui si dice, erano lì per tutti e due.
Perché voler bene a lui e voler bene ad Arthur era un po’ la stessa cosa, non si poteva far entrare nella propria vita l’uno senza accettare anche l’altro, l’aveva capito perfino Will, anche se era stato quello che aveva opposto più resistenza di tutti.
Chissà cosa avrebbero pensato tutti quanti, quando non li avrebbero visti entrare insieme, quando Arthur si sarebbe presentato nell’appartamento da solo, leggermente sotto shock, senza una spiegazione.
Lance e Gwaine sarebbero saltati su gridando lo stesso “Buon compleanno”, senza accorgersi di niente, sorridendo come due idioti, parlando contemporaneamente e facendo più confusione che altro.
Gwen avrebbe guardato Arthur preoccupata e la mano le sarebbe corsa al cellulare, perché avrebbe voluto accertarsi che anche Merlin stesse bene, Morgana sarebbe andata dritta da Arthur agitando un dito verso di lui, cercando di ottenere risposte, proprio come quando erano bambini, e Will si sarebbe di sicuro scagliato contro Arthur, accusandolo di chissà cosa, probabilmente la prima sciocchezza che gli fosse passata per la testa.
Tempo prima, quando ormai era palese che avesse finito gli argomenti contro Arthur, Merlin aveva chiesto a Will cosa, insomma, non lo convincesse dell’amico, e Will aveva risposto: - Merlin, non lo so... È così ricco... E biondo! – E poi l’aveva guardato come se quello bastasse a chiarire tutto, come se fosse una spiegazione più che accettabile.
Sì... William avrebbe decisamente fatto passare ad Arthur un brutto quarto d’ora.
Ma forse Arthur non se ne sarebbe neanche accorto, perché Merlin gli avrebbe dato abbastanza da pensare da bastargli per una vita intera.
Il mondo di Arthur era tranquillo, semplice, luminoso, e lui stava per travolgerlo come una tempesta di sabbia.
Voleva davvero farlo?
Voleva davvero fare questo ad Arthur?
No, non voleva. Ma sapeva che non poteva neanche tornare indietro: l’aveva fatto troppe volte e non era mai stata una buona idea. Se fosse salito su quell’aereo senza dirgli una parola, la sua non sarebbe stata altro che una fuga. E Merlin non era mai stato il tipo da voltarsi e scappare.
Arthur intanto continua ad osservarlo in silenzio, un sorriso divertito e impaziente sulle labbra.
Merlin sa che la mente di Arthur non è lì con lui, gli basta guardarlo in volto per capirlo: la mente di Arthur è già oltre quella porta, è già con i loro amici ad aspettare lo scatto della serratura, pronta a gridargli “Sorpresa!” con tutti loro... È in cucina ad accendere le candeline per la sua torta... È al centro del salone a tenere un piccolo discorso per celebrare la sua amicizia con Merlin e a dire quanto gli dispiacerà l’indomani vederlo partire... È lì ad alzare il calice alla sua salute dicendogli “Buon compleanno amico”... A stringerlo in un abbraccio che è più quello di un fratello.
E Merlin sapendolo si odia un po’.
Perché se le cose fossero state diverse, sarebbe stata una festa indimenticabile.
Perché gli dispiace rovinare ad Arthur quel momento.
E perché un’amicizia così non capita a chiunque, eppure lui, con la sua stoltezza, sta forse per buttarla via.
Merlin sente di non poter davvero aspettare oltre.
Un altro minuto e Arthur aprirà quella porta, e lui, nonostante i buoni propositi, finirà per darsela a gambe.

La sua mano sul tessuto della manica di Arthur è più leggera di un sospiro.
Arthur la guarda sorpreso, come se la delicatezza di Merlin fosse qualcosa di buffo, che non gli si addice.
Merlin si dice che ricorderà quell’espressione per sempre, quindi socchiude gli occhi un momento, per fissarsela bene nella memoria.
Poi si schiarisce la gola.
- Arthur aspetta... –
- Aspetta cosa? –
- Non aprire la porta. –
- Perché? – Gli chiede lui, divertito, l’irritazione di poco prima dissolta, la mano già sulla maniglia.
- Perché ho qualcosa da dirti. –
- Qui? – Arthur accenna con lo sguardo al corridoio e sembra davvero che voglia mettersi a ridere.
- Sì, qui. – Merlin stenta persino a riconoscere la propria voce.
- Merlin, siamo ad un passo da casa. Letteralmente. Andiamo, non essere assurdo. Entriamo, lasciami fare una doccia, mangiamo qualcosa e poi potrai dirmi ciò che vorrai. – Arthur gli sorride e lo prende per un gomito, spingendolo sicuro verso l’ingresso. Che pessimo attore...
Merlin si libera con uno strattone.
- Non posso farlo dentro! – Ecco, proprio quello che gli ci vuole, che l’agitazione inizi a parlare per lui.
Arthur lo guarda stupito.
- Non posso farlo dentro – Gli dice Merlin, la voce ora più dolce – Perché so bene cosa mi aspetta oltre quella porta. –
- Lo sai? – Il tono di Arthur è più incredulo che mai.
- Sì, Arthur, e ti ringrazio. Ti ringrazio davvero. Non solo per stasera ma per tutte le magnifiche sorprese di questi anni. Non hai davvero idea di quanto abbiano significato per me. Ma stasera io non festeggerò con te e tutti gli altri. So che ti sarà costato tanto organizzare questa festa a sorpresa, che avrai fatto i salti mortali per far arrivare... Chi c’è? Mia madre? Will? Non dirmi che hai trascinato qui anche Gwen... Sarebbe proprio da te... Comunque, grazie. Però ti prego, non costringermi ad entrare. Resta qui con me per un minuto invece. Ho davvero qualcosa da dirti. –
Gli occhi di Arthur si accendono di una luce strana, come se stesse pensando in fretta, arrivando quasi a cambiare colore.
Come se si sentisse preso in castagna e volesse a tutti i costi impedire a Merlin di rovinare tutto.
- Festa a sorpresa? Non so di cosa tu stia parlando. – Gli dice spalancando i suoi begli occhi e cercando di suonare sorpreso. - Ti giuro, Merlin, che non c’è nessuna festa... Non ho organizzato proprio niente...–
Ma Arthur non è mai stato bravo a mentire, non è nella sua natura, ed ora sembra più imbarazzato che mai, davvero troppo imbarazzato per sembrare credibile, perfino per lui.
Merlin allora comincia a temere che ci sia qualcosa di più ad attenderlo nell’appartamento, che il termine “festa” non si adatti affatto a ciò che Arthur ha architettato, che stupido... Come al solito lo ha sottovalutato, con tutta probabilità dietro quella porta lo sta aspettando una vero e proprio ricevimento.
Peggio di così, non potrebbe proprio andare.
Merlin decide di ignorare il suo misero tentativo di negare l’evidenza, ora non ha il tempo di arrabbiarsi con lui per quello, ha un cuore da spezzare e un’amicizia da cambiare per sempre, fermarsi a bisticciare con Arthur per la sua testardaggine non è in agenda quel giorno.
Prova quindi a procedere con il suo discorso.
- Arthur... – Ecco, fin lì tutto bene, peccato che da quel punto in poi non abbia idea di come continuare. Anche quella mattina, davanti allo specchio, continuava a bloccarsi proprio lì. – Arthur io... – È che non era proprio riuscito a decidere cosa dirgli... E alla fine aveva deciso di confidare nella sua capacità d’improvvisazione... Grande errore naturalmente.
Come si fa a dire alla persona che ti conosce meglio al mondo che per tutto quel tempo non ha capito nulla di te? Conoscendo Arthur, c’erano buone possibilità che una volta sentita la sua confessione scoppiasse a ridergli in faccia, prendendola per uno scherzo.
Merlin aveva considerato quell’eventualità, però sperava davvero che non accadesse.
Sarebbe stato troppo umiliante convincerlo del contrario.
Arthur gli poggia una mano sul braccio, stringendogli piano la manica della giacca.
- Merlin, amico, siamo tutti e due stanchi, tu molto più di me a quanto pare... Quello di cui hai bisogno ora è farti una bella dormita. È inutile restare qui sul pianerottolo... Non riesci neanche a parlare! Forza, vieni a casa con me. –
A quelle parole Merlin drizza le orecchie, che improvvisamente diventano di un bel rosso acceso.
Arthur aveva quel tono.
Il tono che usava sempre quando voleva spingere qualcuno a fare qualcosa contro la sua volontà. Era un tono così ragionevole, così autentico... Ci cascavano tutti, e a Merlin, il più delle volte, non dispiaceva far finta di cascarci anche lui e dargliela vinta... Ma che stesse cercando di usarlo proprio allora, proprio in quel momento, per un attimo lo manda su tutte le furie.
Accidenti a lui e alla sua malnata festa!
- No! Allora non mi ascolti! Ho qualcosa da dirti e devo dirtela adesso, adesso, somaro! –
- È per New York? È per quello che sei così strano? – Arthur adesso sembra quasi irritato - So che è stata una decisione improvvisa, che credevi che sarebbe andata diversamente e che forse avevi fatto altri piani, ma se solo entrassi in casa con me per un secondo sono sicuro che sistemeremmo tutto. –
- Quale parte del “Non voglio entrare in quella stramaledetta casa” non riesci a capire? –
Ecco, aveva perso le staffe, ed ora sua madre e Morgana sarebbero uscite nel corridoio credendoli litigare, e lui ed Arthur sarebbero stati incredibilmente fortunati se non li avessero presi entrambi per un orecchio e scossi fino a quando non avessero recuperato la ragione.
Mentre Merlin adocchia preoccupato la porta, Arthur ne approfitta per mettergli le mani sulle spalle, stringendole appena, come suo solito, e cerca il suo sguardo con quella che Merlin chiama la sua “aria da coach”... Arthur per qualche anno aveva allenato una squadra di ragazzini delle elementari e da allora non si era più scrollato quell’aria paternalista, di chi è più vecchio, più saggio e la sa più lunga di te... A volte Merlin si chiedeva se non fosse il caso di fargli notare che lui era solo un mese più giovane di lui...
- Merlin, so che sei stanco, so di averti trascinato a destra e sinistra e che è stato un giorno lungo e difficile, dannazione, è stato tutto un anno difficile ma se solo... –
- Difficile? DIFFICILE? Arthur, tu non hai davvero idea di quanto sia stato difficile... – Non gli aveva mai parlato in un tono così amaro. Mai. Ma dov’era finita la confessione onesta e matura che si era immaginato nella testa così tante volte? Non avrebbe mai creduto di potersi arrabbiare tanto con Arthur.
Eppure era vero, era arrabbiato con lui. Profondamente, irrazionalmente arrabbiato con lui.
Perché solo un anno prima aveva pensato che vederlo partire su un aereo sarebbe stata una liberazione ma poi lui, come suo solito, aveva cambiato tutto, aveva preso quel suo povero cuore e la sua patetica determinazione e ne aveva fatto quel che voleva, di nuovo, come sempre.
Quell’anno non era stato difficile... Era stato un’esplosione nucleare. E Merlin ne stava uscendo distrutto, consumato, a pezzi... E pensare che fino a Capodanno...
Era stato assurdo certo.
Era stato da pazzi.
E naturalmente si era risolto tutto in un’altra delusione...
Eppure fino a Capodanno Merlin aveva quasi creduto che...
Il solo ricordare quei mesi gli fa così male da fargli desiderare di sparire e quindi scrolla le spalle, scappando dalla stretta di Arthur, arretrando di un passo, fuggendo dalle sue mani e da lui.
Aveva veramente creduto che Arthur potesse ricambiarlo?
Sì, l’aveva fatto.
Perché fino a Capodanno la sua vita con Arthur era stata perfetta. Così bella che Merlin aveva dimenticato ogni suo buon proposito, persino quella notte disperata sulle sponde del lago, e aveva sperato che Arthur restasse con lui per sempre.
Perché per sei mesi lui gli aveva fatto vivere la vita che aveva sempre sognato.
Arthur era stato così... Presente. Non avrebbe saputo descriverlo in altro modo.
Tra loro non era cambiato niente eppure era cambiato tutto.
Arthur, che restava sempre fuori fino a tardi, tra l’università ed il lavoro con suo padre, in quei mesi era rientrato presto a casa più spesso che mai, e Merlin aveva praticamente perso il conto delle serate che avevano trascorso insieme, sdraiati sul divano a guardare la TV, oppure a ridere davanti ad una birra, in un pub con Gwaine e Lance, o a passeggiare per le vie del centro fino a tarda notte, solo loro due, a chiacchierare.
Arthur, che non era mai stato un tipo mattiniero, aveva improvvisamente preso l’abitudine di alzarsi presto e quindi era capitato sempre più spesso che facessero colazione insieme, dividendo il giornale e litigando per le sorprese dei cereali. Durante i weekend era sembrato che Arthur non chiedesse nulla di meglio che andarsene in giro per Londra con lui, ora per una mostra, un cinema, o anche solo una corsa in macchina... E poi c’erano state le telefonate durante la giornata e i messaggi senza senso mandati senza un vero motivo, solo per il gusto di farlo...
Ogni minuto di ogni giorno era stato come se Arthur fosse con lui.
Merlin si era sentito cercato, voluto, amato.
Ed era stato meraviglioso.
Per Natale, Arthur aveva persino proposto che passassero le feste insieme a casa della madre di Merlin, visto che Morgana sarebbe stata via col suo ragazzo e Arthur non aveva nessuna intenzione di restarsene il giorno di Natale, chiuso in ufficio, ad intrattenere dei clienti stranieri con suo padre.
Merlin si era sentito svanire dalla felicità.
Era stato come se quelle vacanze fossero uscite da un quadro, in assoluto le più belle che avesse mai vissuto, e al loro ritorno a Londra, durante la mega festa di Capodanno organizzata da Gwaine, Merlin era stato ad un passo dal confessare ogni cosa perché, dal modo in cui Arthur l’aveva guardato alla mezzanotte, aveva davvero pensato che se gli avesse detto quello che provava, lui gli avrebbe detto di sì.
Quella sera poi le cose non erano andate come aveva sperato, perché tra l’agitazione e l’alcool aveva finito per vomitare anche l’anima, ed Arthur aveva dovuto passare la notte a fargli da balia... Però il mattino seguente lui era stato così... E gli aveva sorriso in un modo... Che le speranze di Merlin erano raddoppiate, triplicate, tanto che Merlin si era detto di aver bisogno di un cuore più grande per potercele stipare tutte.
Ma ora sapeva che era stata solo la paura del distacco a far agire quell’asino così.
Due giorni dopo Arthur aveva prenotato un posto su un aereo per New York ed era sparito per cinque mesi. Cinque. Mesi.
Era tornato solo brevemente per gli ultimi esami e per laurearsi.
Si erano sentiti, certo, ma non più di un paio di volte alla settimana, e solo per pochi minuti, quando Arthur rientrava stanchissimo dopo una giornata di lavoro e non aveva tempo per nulla se non una doccia e dormire. Gli era sembrato così impegnato, lontano... Merlin aveva iniziato a capire cos’avrebbe significato averlo dall’altra parte dell’oceano.
Era stato un periodo freddo e spaventoso quanto un’eclissi. Merlin aveva sempre saputo che quel giorno sarebbe arrivato, in quegli anni l’aveva temuto, aspettato, odiato, desiderato... Non sapeva però che avrebbe fatto tanto male. Non così. Non così tanto.
Poi di punto in bianco, Arthur era tornato a casa.
E c’era stata quella telefonata.
Merlin aveva sentito le urla di Arthur raggiungerlo violente attraverso le pareti della sua stanza chiusa, ed i suoi passi consumare il parquet sul pavimento. Era rimasto ad ascoltare solo per pochi minuti, fin quando non aveva deciso di infilare la porta di casa ed uscire.
Ad Arthur non sarebbe piaciuto che sentisse lui e suo padre litigare così.
Quando era tornato a casa aveva trovato un Arthur incredibilmente calmo, come spossato, seduto sul divano con la testa appoggiata allo schienale, gli occhi chiusi, un bicchiere di whisky in mano poggiato in bilico su un ginocchio.
Arthur non beveva mai da solo, e assolutamente mai del whisky (infatti doveva aver aperto la bottiglia che Merlin gli aveva regalato per scherzo quando Arthur ad una festa si era mascherato da James Bond) e quello era bastato per mettere Merlin in allarme.
Si era seduto veloce accanto a lui e appena Arthur aveva sentito la pelle del divano piegarsi sotto il suo peso, aveva aperto gli occhi e guardato dritto davanti a sé.
- Non vado più a New York. Resto a Londra. – Aveva detto al soffitto.
E per quanto Merlin non riuscisse a respirare e stesse soffocando dal bisogno di saperne di più, di chiedergli di più, gli aveva risposto soltanto: - Ok. – Ed aveva poggiato una mano sulla sua, per fargli sapere che andava bene, che sarebbe andato tutto bene.
Arthur non aveva mosso un muscolo ma Merlin aveva sentito il suo respiro rallentare, come se quel tocco avesse avuto il potere di calmarlo, soffiargli via i pensieri dalla fronte.
Non gli aveva chiesto altro, sicuro che Arthur gli avrebbe raccontato tutto non appena si fosse sentito pronto, e nonostante la preoccupazione per lui, Merlin per un certo periodo era stato di nuovo felice, ed aveva creduto che le cose sarebbero tornate alla normalità.
Aveva quasi sperato di poter riprendere da dove avevano lasciato a Natale.
Poi aveva trovato il suo regalo.
Ed aveva avuto la prova di non aver capito niente.
Sapeva di essere tremendamente ingiusto, che Arthur aveva solo voluto farlo felice... Proprio come aveva cercato di fare in tutta la sua vita.
Però non riusciva proprio ad accettarlo... Ma come? Arthur infine restava a Londra eppure decideva di mandarlo mille miglia lontano da lui?
Il messaggio non sarebbe potuto essere più chiaro.
Era una grande freccia a neon che diceva “Non Interessato” puntata al cuore di Merlin per farlo scoppiare.
Puff.
Ed ora lui parlava di un anno difficile...
Non c’erano speranze, Arthur era un somaro fatto e finito e non aveva mai capito niente.
Non avrebbe mai capito niente.
L’unico modo affinché capisse era...

- Io ti amo. –
Gliel’ha detto così, di getto. Le braccia strette intorno al corpo, come se avesse freddo, come se dovesse proteggersi.
La luce forte del corridoio gli ferisce gli occhi, facendolo sentire d’un tratto così scoperto, debole e spaventato...
Aveva sempre pensato che dire finalmente quelle parole gli avrebbe dato coraggio, invece si scopre ad arretrare di un altro passo mentre il silenzio impietoso di Arthur inizia a scavargli un buco nel cuore.
Non un suono è uscito da quella bocca.
Non un verso.
Non un respiro.
- Io ti amo. – Lo ripete allora, più forte, per rilanciare contro quel silenzio, come una sfida, una di quelle sfide che Arthur ama tanto e che non fa che lanciargli.
Forse, per una volta, uno dei due si sarebbe tirato indietro... E non sarebbe stato lui.
– Ti amo, Arthur... Ma già parlare d’amore è troppo poco per farti capire. Il fatto è... Che ci sei sempre stato solo tu. Non l’ho scelto io, non è qualcosa che ho cercato. –
Quel pensiero, dopo tanti anni, lo fa ancora arrabbiare.
- È qualcosa che ho sofferto, negato, combattuto... Oh... Avresti dovuto vedermi Arthur, mi sono battuto come un leone... Se solo mi avessi visto, saresti stato fiero di me... Ho tentato con tutto me stesso di oppormi a ciò che provavo... Ho tentato così a lungo... Ma a che pro? Alla fine tornavo sempre da te. Ero come stregato. Tu mi avevi stregato. Con i tuoi occhi azzurri e il tuo dannato sorriso e quel tuo buon cuore... Non ho potuto fare a meno di innamorarmi di te. Come un vero sciocco... – 
E mentre dichiara il suo amore ad Arthur se lo chiede ancora una volta, quasi per esserne sicuro... Avrebbe potuto evitarlo? Avrebbe potuto essere più forte? La risposta è no. Come sempre.
- Oh... Anche tu hai le tue colpe, non credere! – Ed ora insofferenza e ironia è come se facessero a gara nella sua voce. - Chi ti ha chiesto di starmi sempre vicino? Chi ti ha chiesto di volermi così bene? Chi ti ha chiesto di sorprendermi, di completarmi, di essere lì per me ogni maledetta volta in cui avevo bisogno di te? Non potevi essere più ordinario, noioso, meno perfetto... Per me, meno speciale? E togliti quel sorriso dalla faccia! Non pensarci neanche a sorridere... Non è certo il momento di gongolare! –
Quella era stata una frase un po’ azzardata. Non aveva modo di sapere che Arthur stesse effettivamente sorridendo, impegnato com’era a dichiararsi al pavimento... Però conoscendo Arthur poteva anche essere che tutte quelle lodi gli stessero dando al cervello... Magari di tutto quel suo discorso quell’idiota non stava registrando null’altro che i suoi complimenti per lui. Stupido Arthur!
– Non avrei mai voluto dirtelo, credimi. Questo era un segreto che mi sarei portato davvero nella tomba... Poi tu te ne esci con questo! –
E così dicendo tira fuori dalla tasca della giacca il biglietto aereo, ancora infilato nella sua busta bianca, lo agita davanti al naso di Arthur in un gesto d’accusa, come se fosse il suo asso nella manica, la prova tangibile delle sue malefatte.
E finalmente riesce a guardarlo negli occhi.
Arthur è a due passi da lui, con un’espressione che non gli ha mai visto prima. Le sue labbra sono un'unica linea rossa, stretta e perfetta, e i suoi occhi sono fissi nei suoi, così intensi...
Merlin capisce di avere per una volta tutta la sua incondizionata attenzione, come se Arthur stesse impiegando tutte le sue energie per restare concentrato e ritardare lo shock, perché gli avrebbe impedito di sentire la fine della storia.
Perché sente di dovergli almeno quello.
Perché non c’è nessuno leale come Arthur e lui l’ama anche per questo.
I suoi occhi comunque gli fanno anche paura. Merlin se ne sente come invadere, come se potessero frugargli nel cuore, anche se ormai non c’è più nulla che gli debba nascondere.
Quegli occhi gli fanno perdere un po’ di coraggio, e dentro è come se qualcosa di lui si spezzasse un po’... Si era ripromesso di non piangere ma qualcosa gli dice che non potrà mantenere quella promessa ancora per molto.
La sua voce sta già diventando buffa, come quella di un cartone animato.
- L’ho trovato nel tuo cassetto l’altro ieri mattina... Diamine Arthur, sei sempre così sbadato! Se vuoi mantenere un segreto con qualcuno e quel qualcuno è il tuo coinquilino, devi fare un po’ più d’attenzione, soprattutto se quel qualcuno mette a posto il tuo bucato! Questo è solo l’inizio, vero? È solo il primo di molti altri. Perché vuoi essere la mia dannata fata madrina fino in fondo e permettermi di realizzare ciò che sogno da tutta una vita. Perché tu sei fatto così! Perché non puoi mai lasciarmi stare! Però hai fatto male i tuoi calcoli... Perché sai... Ciò che sogno ormai ogni notte, da così tanti anni, non è più questo viaggio ma sei tu... Sei tu... E quindi per una volta, anche se ti dispiace, non puoi darmi quello che voglio... Non puoi farmi felice... Non è così... Arthur? –
E si sforza di sorridergli, un sorriso calmo e coraggioso, ma è una bugia e mentre ci prova già sente quel misero tentativo cadere, dissolversi, e si asciuga con la manica della giacca gli occhi umidi di frustrazione, sentendosi nient’altro che un bambino capriccioso, viziato e petulante.
Cosa gli sta chiedendo esattamente?
Se potrà mai amarlo?
Vuole ferirlo, farlo sentire in colpa?
È per quello che ha aspettato per ben cinque anni?
No.
Assolutamente.
- Io non voglio niente da te. – Si affretta a spiegare. - Tutto quello che sto cercando di dirti, con un terribile tempismo ed un’ancor più terribile scelta di parole, è che qualcosa tra noi deve cambiare, Arthur. Perché ci ho provato, ma ormai non riesco più a starti accanto come prima. Perché tu sei come un temporale, arrivi quando ti pare e mi cogli sempre alla sprovvista, ed io non riesco a proteggermi... Perché m’incanti... Perché sei così bello da guardare... Perché è emozionante vederti vivere, e perché per un attimo porti acqua e vento anche nella mia di vita. Poi però te ne vai, te ne vai sempre, ed è così difficile e fa così male... Fa talmente male... –
All’improvviso, guardarlo ancora in viso diventa impossibile.
Merlin si gira di lato, appoggiando le spalle al muro, come se fosse stanco, e non capisse neanche più cosa ci fa lì.
- Nonostante ciò che provo, ho cercato davvero di essere lo stesso un buon amico per te. La tua amicizia per me vale più di tutto. Più del mio amor proprio, più del mio orgoglio, e sicuramente più di questa folle attrazione che provo per te. È l’unica cosa che abbia mai cercato di difendere. L’unica cosa che non ho permesso al mio dolore di toccare. Perché pensavo che quest’ossessione mi sarebbe passata, come un raffreddore... Qualcosa che prima o poi avrei dovuto prendere per poter poi vivere accanto a te, finalmente immune, per sempre. Solo che non è andata così. Non ancora. Per questo voglio andarmene. Anche se fino a cinque minuti fa ero arrabbiato a morte con te perché mi stavi mandando via. A quanto pare, come al solito hai anticipato i miei desideri... Hai sentito a pelle cosa fosse meglio per me... Non è straordinario, Arthur? –
Prova ad alzare gli occhi che però non arrivano al viso di lui, si fermano al muro davanti a sé.
- Forse quest’anno separati servirà. Forse finalmente scoprirò che non sei poi questa gran cosa... E forse, senza le tue scempiaggini ad annebbiarmi il cervello, tornerò quello di una volta. Qualcuno che può guardarti negli occhi senza arrossire. Sapessi quanto mi sento ridicolo quando succede... –
La sua voce si spegne in un mormorio incerto, come se fino a quel momento avesse bruciato come una candela ed ora fosse rimasta senza ossigeno.
Arthur continua a restare in silenzio e arrivati a quel punto Merlin vuole davvero solo andarsene via di lì.
- Io, ora... Me ne devo andare. – Maledizione! Gli tremano le mani, gli tremano le ginocchia, gli tremano persino i pensieri. - Lo capisci da te. E anche tu avrai bisogno di tempo per... Non so... riprenderti... Probabilmente... O ricominciare a respirare... –
Gli scappa una mezza risata. Stava davvero tentando di fare dell’umorismo?
- Sei sicuro di star bene piuttosto? Non è che ti ho causato qualche danno permanente ed ora inizierai a parlare al contrario o a camminare a testa in giù, vero? –
Sta blaterando a briglia sciolta ormai, se ne rende conto anche lui, ma diavolo, lui potrebbe anche dir qualcosa, almeno un’esclamazione... Qualunque cosa sarebbe meglio di quel silenzio...
Forse la sua rivelazione gli ha davvero fritto il cervello... Suo padre l’avrebbe di sicuro citato per danni...
Si azzarda a lanciargli un’occhiata di sbieco, giusto per capire cosa aspettarsi.
Arthur ha le braccia incrociate sul petto e continua a guardarlo, a scrutare il suo viso senza dire una parola.
Merlin si sente quasi deluso. Forse non l’ha presa male.
Forse se l’aspettava! Forse l’ha sempre saputo... Per tutti quegli anni...
E aveva deciso di non dire niente ed ora lui ha rovinato tutto...
Il solo pensiero gli fa accapponare la pelle...
Oppure più semplicemente non gli importa. Pensandoci bene sarebbe proprio da Arthur liquidare il tutto con una scrollata di spalle. Sorridergli e dirgli che è tutto ok.
E forse Merlin dovrebbe sentirsi sollevato, però lo ferisce la sua indifferenza.
- Allora, non hai proprio niente da dirmi? Davvero vuoi farmi credere che non ti ho sconvolto, neanche un po’? –
- Sconvolto... No, non direi... – Gli risponde Arthur, molto lentamente, scandendo bene le parole.
Finalmente...” Sospira Merlin nella sua testa. Certo, la sua voce sembra provenire da qualche caverna profonda e buia dove probabilmente Arthur è andato a nascondersi, ma almeno gli sta parlando...
- Sorpreso... Sì. Ciò che hai detto è stato sicuramente... Illuminante. –
Illuminante? Aveva davvero detto illuminante? Lui gli apriva il suo cuore e tutto quello che lui sentiva era una lampadina che gli si accendeva in testa? Ma brutto, arrogante, pomposo...
- Ed è chiaro che dovremo riparlarne. Ci sono... Cose da dire. Ma non ora. E mi dispiace dirtelo, ma non puoi neanche andartene. –
Tipico! Gli faceva capire di avere un “piccolo” ascendente su di lui e subito quell’asino si sentiva in diritto di mettersi a dare ordini... Ma gliel’avrebbe fatta vedere lui... Certo che se ne sarebbe andato. L’avrebbe lasciato lì con un palmo di naso!
Gli occhi di Arthur però lo fermano. O meglio, il fatto che i suoi occhi non lo stiano guardando.
Arthur non evita mai lo sguardo di nessuno. Men che meno il suo.
- Merlin... Non so come dirtelo... Di certo non mi aspettavo che tu... pensavo stessi facendo i capricci... Sei sempre così restio a festeggiare come si deve! Altrimenti non avrei mai... Di certo io non... Insomma... La verità è che prima ti ho mentito. –
Ok, ora lo sta spaventando, sembra davvero agitato... E si sta passando una mano sul collo... Brutto segno... Quello è un gesto che Arthur compie solo in due casi, se è imbarazzato o se si sta sentendo in colpa.
Che aveva combinato adesso?
- In effetti ci sono più di cento persone in attesa dietro questa porta. Persone che conosciamo, amici, parenti, ex compagni di scuola... Che hanno fatto di tutto, davvero di tutto Merlin, ti assicuro, per essere qui presenti per salutarti. Persone che ti vogliono bene e che se non hanno sentito tutta la nostra conversazione... Cosa che credo... Visto che Will non si è ancora precipitato fuori come una furia per picchiarmi... Si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto e cosa diavolo ci impedisca di entrare... –
Merlin lo vede abbassare un attimo gli occhi per poi riportarli svelto su di lui, colpevole, come se avesse altro da confessare ma esitasse a farlo. Mordersi nervoso un labbro prima di dargli il colpo finale:
- Prima al telefono era Gwaine... Mi aveva chiamato perché... C’è stato un contrattempo col tuo regalo... Non riuscivano a trovarlo... Cosa che non mi spiegavo... Comunque sanno che siamo qui, gli ho detto di tenersi pronti... Ci stanno praticamente aspettando. –
Arthur è l’immagine della mortificazione e Merlin, nonostante la voglia di strozzarlo, sente quasi il bisogno di scostargli i capelli dagli occhi e rassicurarlo. Stupido fino all’ultimo...
Poi lo vede prendere un gran sospiro e stringere risoluto la mascella prima di continuare:
- Quindi, anche se le cose sono andate diversamente da come avresti voluto... E da come io mi aspettavo... Non possiamo deluderli tutti. Questo non è davvero il momento giusto per parlare di... Per parlare di noi. –
E sembra quasi che quel pronome gli si fermi in gola.
- So di chiederti molto, ma ora ho davvero bisogno che tu entri con me, anche solo per poco, almeno per salutare Gwen e tua madre, che sono venute fin qui apposta per te, e non far irritare inutilmente Morgana... Basterà anche una mezz’ora e poi ti lascerò andare. Non esagererò lì dentro, lo giuro, non ti darò neanche il regalo, tanto sanno già tutti quanti di che si tratta. Entri, sorridi, ringrazi, mangi la torta e te ne vai. Parleremo poi. Te lo prometto. Io... Non avevo capito. Non avevo capito nulla. Perché sono un somaro, come mi dici sempre tu. –
Gli sorride appena, quasi vergognandosi.
- Scusami. Puoi farlo, Merlin? –
Merlin per un secondo non sa che rispondergli.
- Per me. – Gli dice Arthur, inclinando la testa e guardandolo con quei suoi occhi blu, per cui qualcuno dovrebbe davvero trovare un antidoto.
Oh sì... Arthur sarebbe diventato di sicuro un buon avvocato. Perché non aveva paura di nulla. Perché nulla lo fermava. Perché otteneva sempre ciò che voleva, senza neanche doversi sforzare. E perché, accidenti a lui, sapeva sempre qual era la cosa giusta da dire.
Merlin piega il capo sconfitto e si lascia scappare un sospiro d’assenso.
La sua dichiarazione era stata archiviata, sacrificata in nome di un bene più grande.
Precede Arthur attraverso l’ingresso buio, troppo sconcertato perfino per parlare.
Le loro ombre si stagliano per un momento nello spicchio di luce davanti a loro, quella forte e salda di Arthur che sembra abbracciare quella sottile e stanca di Merlin, e l’ironia di quella visione ferisce Merlin forse più di ogni altra cosa.
Poi Arthur chiude la porta, ed il buio scende sulle loro espressioni, ed anche se sa che non durerà che un momento, Merlin lo ringrazia silenziosamente, per nascondere affettuoso il suo dolore.




 

Quando si ama qualcuno da così tanto tempo, sognare il momento in cui finalmente si confessa quell’amore è forse il passatempo più inflazionato per i poveri sventurati che soccombono a tale sentimento...
Si sognano tante cose... le parole che si useranno, gli occhi della persona amata al momento della rivelazione, la sua reazione... e... anche se non lo si ammette nemmeno con se stessi... un inevitabile, dolcissimo lieto fine.
Però diciamocelo, quante volte le cose vanno proprio come ci si aspettava?
In questo capitolo mi sono divertita a mettere Merlin davanti alla peggior situazione possibile.
Il nostro caro ragazzo ha rimandato l’inevitabile fin quando ha potuto, per ritrovarsi a dichiarare il suo amore ad Arthur nell’ultimo momento utile, in un corridoio, impossibilitato a rientrare in casa, mentre il suo principe azzurro sembra averne combinata una delle sue e reagisce alle sue parole con una faccia di bronzo del tutto degna di quell’asino che è...
Povero Merlin! Eppure credo che se la sia cavata bene tutto considerato... Già il non aver strozzato Arthur è un bel risultato secondo me!!!
Ragazze, che dirvi... siamo praticamente alla fine. Il prossimo sarà l’ultimo capitolo e così sapremo in che modo i nostri ragazzi finiranno per vivere felici e contenti... Ho scritto “in che modo” e non “se”... perché chi voglio prendere in giro? Come ho detto mille volte, il lieto fine è assicurato! xD
Quindi niente paura, tra una settimana caleremo il sipario sui nostri due innamorati...
Nell’attesa, qualche piccola anticipazione!

 

Arthur si sistema i bordi della giacca e scrolla le spalle, recuperando in un momento la sua solita faccia da schiaffi, come se l’avesse appena tirata fuori dal taschino, inamidata e perfetta.

* * *

Per un intero secondo... No, per molto meno a dir la verità, la mente di Merlin prova a proteggerlo da quel commento, come se il suo significato fosse a portata di mano ma lui per qualche motivo non riuscisse ad afferrarlo. È una sensazione frustrante e spiacevole, perché anche se per poco, lui sembra essere l’unico nella stanza a non afferrare qualcosa di importante... Di fondamentale... Ma non è nulla di paragonabile a quando la comprensione lo colpisce in pieno viso.

* * *

- Mi hai stanato ovunque mi nascondessi, mi hai sconfitto ogni volta in cui credevo di poter combattere. Tu non sapevi nulla certo... Ma quanto si può essere stupidi? Davvero? Quanto si può essere ciechi? Tu sei il mio migliore amico... Chi altri mai avrebbe dovuto capire cosa mi accadeva se non tu? –

  
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