XX
La
realtà dei fatti
«Incendio».
Il
foglio di pergamena prese fuoco all'istante, riducendosi a un piccolo
cumulo di ceneri nel giro di pochi secondi. Il giovane restò
a
fissare i resti del suo ennesimo tentativo con sguardo annebbiato, le
mani strette a pugno ed una striscia nera d'inchiostro sulla guancia.
Riaccese
la punta della bacchetta con un Lumos
appena bisbigliato, facendo attenzione a non svegliare gli altri
quattro, poi si rialzò a fatica. Guardandosi attorno,
notò con
fastidio la quantità indicibile di cartacce sparse in giro
per la
camera, ed era tutta opera sua. Sussurrò una sfilza di Accio
e stette ad osservare annoiato i pezzetti di carta sfrecciare
sgraziatamente verso di lui, che li afferrò tutti al volo.
Spostò
lo sguardo verso il suo letto a baldacchino, sopra al quale il foglio
scampato alla sua follia giaceva tutto stropicciato, e numerose
macchie d'inchiostro facevano da sfondo ad una serie di lettere e
parole disposte disordinatamente in una grafia quasi femminile.
James
si avvicinò di soppiatto, temendo una qualche reazione da
parte di
quella pergamena consumata che era rimasta a subirsi in silenzio i
suoi sfoghi di stupido adolescente, come a volerlo confortare.
Cara
Lily
Cara
Evans Lily,
molto
probabilmente non mi risponderai, ma sai che sono testardo e... be',
ormai ho cominciato.
Da
anni
qualche giorno penso
solo a te sei nei
miei pensieri, il che non ha assolutamente un
cazzo di senso.
Da quando Mocciosus
ti ha chiamata Sanguesporco
ho iniziato a conoscerti meglio, quest'anno,
sento che qualcosa è cambiato. Non farti strane idee, ma
sento come
se non
volessi più
nessun altra oltre a te
fosse giunto il momento di crescere perché, lo ammetto, sono
stato
un'immensa
testa
di cazzo
veramente immaturo, a
volte.
Non mi sta bene
che mi
tratti così
male e non vuoi ascoltarmi
tu non abbia risposto alla mia richiesta, quel giorno in biblioteca.
Vorrei sposarti
esserti amico,
Lily. Che c'è di male in questo?
Spero
tu
capisca di
amarmi che mi
risponderai.
Tuo
James
James
cominciò a ridere di sé stesso, rise fino ad
avere le lacrime agli
occhi. Quando le lacrime continuarono a scorrere, salate, anche dopo
che le risate si spensero, si chiese cosa gli stesse succedendo,
perché stesse così male al solo pensiero che Lily
potesse soffrire
a causa sua o di ciò che stava accadendo alla sua famiglia.
Una
macchia perfettamente circolare si formò sul foglio di
pergamena,
inumidendolo e sciogliendo l'inchiostro. Il moro tirò su col
naso,
tastò le tasche dei calzoni in cerca di un fazzoletto ed
infine
affondò il capo tra le ginocchia, lasciandosi finalmente
trasportare
dalle emozioni.
Non
si accorse che qualcuno, nella stanza, si era svegliato, fino a che
si sentì avvolgere da un paio di calde braccia che la sua
mente
ricondusse immediatamente al corpo di Sirius che, scivolato fuori
dalle coperte, aveva raggiunto in un baleno i singhiozzi del
fratello, era accorso per sanare le sue ferite. James si
lasciò
stringere senza protestare, non badando a ciò che l'orgoglio
gli
diceva. Si lasciò semplicemente e totalmente
andare, sicuro che sarebbe stato compreso fino in fondo. Sebbene
Black non fosse tanto il tipo da simili smancerie, in quel momento
sentì che ciò che stava facendo era completamente
giusto, ché
James aveva bisogno di lui e lui non l'avrebbe mai abbandonato.
Passarono
qualche minuto così, James a piangere tutte le sue lacrime e
Sirius
ad asciugarle e poi, dopo un complice scambio di sguardi, i due
corsero fuori nella notte nascosti dal Mantello
dell'Invisibilità.
(Emmeline)
«Emme?»
«Cosa
c'è?» risposi sottovoce, rigirandomi sotto le
coperte con molta
poca voglia di conversare; pioveva da ore, ormai, e le ragazze ed io
ci eravamo rifugiate in cima alla torre di Grifondoro, ognuna
occupata nei propri affari. Io mi ero buscata un fastidioso
raffreddore che mi avrebbe lasciata in pace solamente molto tempo
dopo, mentre Mary e Marlene avevano una spropositata
quantità di
studio arretrato da recuperare al più presto.
«Emmeline,
sono preoccupata».
Era
la sesta volta che Alice lo ripeteva, da quando Lily era tornata a
Londra.
Il
giorno prima, assieme alla Gazzetta del Profeta a colazione erano
arrivate altre innumerevoli brutte notizie dal mondo non-magico;
intere famiglie di babbani erano scomparse nel nulla senza lasciare
tracce e, a sentire Moody, le possibilità che i Mangiamorte
non
c'entrassero erano praticamente nulle.
Sospirai
pesantemente, spostando il piumone e mettendomi seduta sul materasso.
Alice mi stava fissando, gli occhi marroni sgranati ed una tenera
espressione inquieta, i corti capelli biondi sparati in tutte le
direzioni. Mi passai una mano sulla frangetta indomabile, chiudendo
gli occhi per un istante per riordinare i pensieri.
«Lo
siamo tutte, tesoro» le rispose Marlene prima che potessi
spiccicar
parola, abbandonando definitivamente i compiti di Storia della Magia
al loro destino. «Ma Lily ci avrebbe scritto, se qualcosa
fosse
andato storto, non trovi?»
Alice
annuì, poco convinta. Le diedi un buffetto sulla spalla, a
cui lei
rispose con un sorrisino.
Ad
un tratto ricordai: Louis mi aspettava in Sala Grande, prima di cena.
“Ho bisogno di parlarti”, mi aveva detto il giorno
prima dopo
Pozioni.
Indossai
velocemente un pesante maglioncino azzurro e raccattai la sciarpa di
Grifondoro e, dopo aver salutato le ragazze con un bacio volante, mi
avviai di corsa verso il corridoio adiacente alla Sala d'Ingresso,
dove sapevo Louis mi stesse aspettando al solito posticino lontano da
sguardi indiscreti.
Lo
trovai esattamente là, all'incrocio tra i due corridoi,
mentre
conversava allegramente con il ritratto di Geoffrey Von
Füsberg, il
celebre pozionista che aveva scoperto le proprietà del
sangue di
salamandra(1).
Quando
mi vide, mi salutò con il solito tenero bacio sulla fronte,
facendomi fare una giravolta.
«Mel»
disse, sorridendomi. Arrossii, pensando a quanto poco i suoi occhi
scuri fossero belli se messi a confronto con quelli di...
Controllati,
Emmeline!, mi ordinai mentalmente, sconvolta dai miei stessi
pensieri.
Tornata
alla realtà, ricordai il motivo di quell'incontro.
«Cosa
dovevi dirmi, Louis?» balbettai incerta, sentendo solo allora
l'ansia divorarmi lo stomaco.
Louis
perse il sorriso di poco prima, divenendo improvvisamente serio ed
impassibile.
Deglutii
a vuoto, sentendo il volto sbiancare. Che avesse saputo delle lezioni
che davo a Remus a sua insaputa?
«Riguarda
noi, ovviamente» esplicò, schiarendosi la voce. La
sua postura era
assurdamente rigida, i suoi stessi muscoli non erano rilassati. Louis
era... sulle spine.
«Okay»
sussurrai.
«Ho—»
cominciò, interrompendosi subito dopo. Tossì un
paio di volte, poi
si ricompose e fece per parlare nuovamente, senza incrociare il mio
sguardo. «Ho bisogno di una pausa, Mel. Per
riflettere».
Qualcosa
in fondo al mio stomaco si attorcigliò dolorosamente,
impedendomi di
rispondere.
Louis
cercava ancora di non guardarmi in faccia, e non pareva minimamente
provato da ciò che aveva appena detto. Come se nulla fosse
successo.
«Una
pausa? Perché?» domandai incerta e più
confusa che mai.
Vidi
le sue guance tingersi curiosamente di rosso, ed una smorfia indecisa
si fece spazio sul suo volto.
«Ehm...
lo sai anche tu, Emmeline» tergiversò, fissando
con ostinata
attenzione un punto alle mie spalle.
Scossi
la testa, stringendomi nelle spalle e facendomi piccola piccola sotto
il peso di ciò che era appena successo. Sentii una
fastidiosa
lacrima calda scendere lungo lo zigomo destro, e mi affrettai a
cancellarne le tracce con il pollice. Louis sembrò notarlo,
ma non
fece nulla per consolarmi.
Gli
diedi le spalle, pensando sul da farsi. Lo sentivo chiaramente
agitarsi, come se non volesse assolutamente trovarsi lì, con
me, la
sua ragazza.
«Chiaro»
mentii allora, iniziando a camminare ed allontanandomi sempre
più da
Louis che, per la seconda volta, non si mosse. Non mi trattenne
né
mi supplicò di non abbandonarlo in mezzo al corridoio.
Restò
semplicemente lì, appoggiato al muro, un'espressione dura
nelle
iridi cristalline.
(Remus)
Stavo
tranquillamente camminando verso la Biblioteca in cerca di un nuovo
libro da assaporare, la testa piena di pensieri. Anche io –
come
tutti, del resto – ero terribilmente preoccupato per Lily e
per la
sua situazione, un po' perché le volevo un bene infinito, un
po'
perché in lei riconoscevo parte del dolore che avevo provato
io
durante la malattia di mia madre.
Non
mi ero nemmeno accorto degli attutiti singhiozzi che si levavano da
un'aula in disuso alla mia destra, almeno fino a che la porta venne
improvvisamente spalancata e la figura di una ragazza dalla lunga
treccia castano chiaro fece capolino da dietro di essa, gli occhi
dall'appena accennato tratto orientale gonfi di lacrime.
Rimasi
bloccato dove mi trovavo, chiedendomi se avessi riconosciuto
correttamente la ragazza oppure avessi solamente avuto
un'allucinazione. Decisi di sfidare la sorte.
«Emmeline?»
provai, incerto.
La
ragazza sussultò, e si passò repentinamente una
mano sulle guance
inumidite.
Mi
guardò dritto negli occhi, e mi sentii immediatamente
arrossire.
«Remus!»
esclamò, la voce malferma ed un finto sorrisino sul bel
volto
delicato.
Mi
avvicinai di qualche passo, cercando di capire perché stesse
piangendo, cosa fosse successo di così grave da ridurla in
quello
stato. Mi sentii in
dovere
di interessarmi a lei, e ciò mi fece pensare di essere
completamente
impazzito.
«Remus»
ripeté, una volta che fummo faccia a faccia. I suoi occhi
scuri
erano lucidi, ed in quel momento non potei fare a meno di pensare a
quanto fosse bella. Com'era fortunato, quel Louis Johnson...
«Io...»
cominciò lei, evitando il mio sguardo. Prese un profondo
respiro,
chiudendo le palpebre per qualche istante. Rimasi impalato a
fissarla, il cuore che per qualche motivo batteva più
velocemente,
in modo quasi spasmodico. Improvvisamente, mi ritrovai con il naso
premuto contro la spalla di Emmeline, lei che si teneva aggrappata al
mio maglione grigio, e piangeva.
Andai
in panico, non sapevo assolutamente cosa fare; l'ultima volta che mi
ero ritrovato così a stretto contatto con una ragazza
risaliva al
quarto anno, e Lily piangeva esattamente come Emmeline.
Presi
ad accarezzarle goffamente la schiena con lenti movimenti circolari,
le guance rosse e le mani leggermente tremanti.
Che
diamine mi stava succedendo?
La
sentii muoversi contro il mio torace, e mi ritrovai a guardare
incantato i suoi occhi profondi e neri come la pece, mentre un timido
e umido sorriso le si dipinse sulle labbra rosa pallido.
«Grazie,
Remus...»
◊◊◊
«Ne
sei sicura, mamma?»
Rose
Evans annuì con fermezza alla domanda della secondogenita,
stringendole le spalle in una muta richiesta di comprensione. Lily
sospirò pesantemente, annuendo a sua volta alla madre che,
non
volendo sentir ragioni, aveva deciso che per lei fosse giunta l'ora
di fare ritorno a scuola.
Rose
la strinse in un tenero e spontaneo abbraccio che Lily accolse con
gioia, beandosi del profumo del maglione della madre che le ricordava
la sua serena infanzia, quando la sua unica preoccupazione era di non
spaventare Petunia con le sue magie accidentali.
Si
abbassò un poco per afferrare la maniglia del baule, mentre
con
l'altra mano reggeva un vecchio scrigno rovinato dal tempo.
Rose
si staccò dall'abbraccio e carezzò dolcemente le
guance della
figlia, posando sopra entrambe un bacio di arrivederci.
«Ah,
classico» sibilò una voce graffiante alle loro
spalle, in un tono
di scherno che non lasciava trasparire altro che rabbia.
«Ovvio, ora
te ne tornerai in quella gabbia di mostri senza neanche preoccuparti
di stare accanto a papà. Tu mi disgusti».
Petunia
passò accanto alla sorella con qualcosa di molto vicino al
disprezzo
più totale nelle iridi azzurre, le mani strette a pugno
attorno al
tessuto caldo del suo vestito color zucca.
«Sai
che non è così, Tunia» rispose Lily con
voce rotta, trattenendosi
dall'impulso di scoppiare a piangere.
E
chi se ne frega del mio stupido orgoglio.
Petunia
la gelò con un solo, cattivo e distaccato sguardo.
«No,
certo che no» rise
senza gioia.
«Io
mi sbaglio sempre. Non è così? Quando mai ho
fatto qualcosa di
buono? Quando, se Lily è sempre stata la
migliore?»
Lily
si sentì morire, a quelle affermazioni. Dopo tutti quegli
anni di
cose non dette, il rancore che sua sorella serbava nei suoi confronti
stava venendo a galla proprio allora, in un momento difficile per
tutta la famiglia.
«Petunia,
io non—» cominciò, venendo interrotta da
una risata
incontrollabilmente isterica.
«Tu
cosa?» gridò la bionda. «Osi
negare la realtà dei fatti? Osi
sul serio dire che non sei mai stata la
favorita?»
Rose
si lasciò cadere sul divano del piccolo salotto, la testa
tra le
mani. Lily la guardò per un istante, sentendo le budella
attorcigliarsi in modo infinitamente doloroso.
«Non
puoi dire queste cose, mamma e papà amano
entrambe...»
La
voce le si fece sempre più fioca, finché
scomparve del tutto.
«VATTENE!»
L'urlo
di Petunia rimbombò nella stanza, poi un silenzio innaturale
si fece
spazio tra le tre donne. Lily guardava la sorella maggiore dritta
negli occhi, Petunia fissava a terra con una spaventosa espressione
imperturbabile.
La
rossa lanciò un'ultima occhiata alla madre, che ancora si
teneva il
capo tra le mani e poi, dopo un singhiozzo che non riuscì a
trattenere, uscì dalla porta e si ritrovò sola
nel giardino ben
curato, il vecchio portagioie d'argento stretto tra le mani. Quando
quest'ultimo s'illuminò di un'abbagliante luce azzurrina,
Lily sentì
per la seconda volta un forte strappo all'ombelico, poi il sorriso
sereno di un vecchio dalla candida barba contenuta in una cinta
dorata le riempì lo sguardo.
Non
si era mai sentita più sola.
(Sirius)
James
schizzò fuori dalla sala comune rapido quanto un Boccino
d'Oro,
senza curarsi del fatto che la camicia della divisa non l'avrebbe
sicuramente protetto dal freddo dei corridoi del castello.
«Ramoso,
aspettaci!» abbaiai, faticando a stargli dietro a causa del
pranzo
troppo abbondante ingurgitato senza ritegno quel giorno.
Peter
e Remus incespicavano dietro di me, entrambi troppo confusi anche
solo per chiedere cosa stesse succedendo.
Il
fatto è che nemmeno il sottoscritto sapeva la ragione di
quell'improvvisa agitazione, ma non c'era stato il tempo necessario
per chiedere spiegazioni che James si era fiondato oltre il buco del
ritratto della Signora Grassa, il fogliettino spiegazzato
consegnatogli da tale Noah Jackson ben stretto tra le dita tremanti.
Ci
fermammo solamente una volta raggiunto il Salone d'Ingresso, dove un
gruppetto di ragazze da noi ben conosciute stava festeggiando
qualcuno.
Quel
qualcuno si rivelò essere, ovviamente, Lily Evans, e ci fu
subito
chiaro come il sole il motivo per cui Ramoso si era così
tanto
allarmato.
Lo
vidi avvicinarsi un poco alla Evans che, inaspettatamente, gli
rivolse un piccolo sorriso di gratitudine.
Non
fui l'unico ad essere così sconvolto dall'accaduto; accanto
a Lily,
il volto di porcellana di Marlene era aperto in una smorfia comica,
gli occhi blu sgranati all'inverosimile sfrecciavano senza sosta da
James a Lily esigendo una spiegazione logica.
Ridacchiai
tra me e me, ricordando la conversazione avuta in Infermeria appena
qualche giorno prima. Marlene aveva dimenticato il mio maldestro
bacio, e sembrava disponibile ad una nuova amicizia. O, almeno,
questo era ciò che pensavo io.
(1) ovviamente è una mia invenzione :)
NdA:
Ugh,
questo è probabilmente
uno dei capitoli più brutti e melensi dell'intera storia.
Insomma,
un piagnisteo dietro l'altro! Vabbè, mi è uscito
così e non sapevo
cosa fare altrimenti, così ho preferito non cambiare nulla.
Spero di
non avervi annoiati :(
Probabilmente l'unico pezzo che mi piace è
quello di James, all'inizio. Trovo estremamente tenera la sua
lettera, e voi? :')
Lasciatemi
pure tutte le critiche che volete, ne farò sicuramente
tesoro! :)
Ah,
a proposito: SIETE
DELLE
MERAVIGLIE. 93
RECENSIONI? PER ME E' UN TRAGUARDO NON INDIFFERENTE :D VI RINGRAZIO
INFINITAMENTE!!!!
E,
ultimo ma non meno importante, un grazie speciale va anche a tutte le
seguite, le preferite (*^*) e alle ricordate... davvero, mi
è venuto
un colpo quando ho visto quanti siete!
Mi
scuso con quelle a cui ho promesso di passare, ma non ho davvero
tempo :( ho cominciato il triennio e si sta rivelando un impegno non
indifferente, già fatico a trovare un po' di spazio per
scrivere...
non sapete nemmeno quanto mi dia fastidio questa situazione :(
Bene,
spero che (nonostante mi faccia schifo) il capitolo vi sia piaciuto
–
incrocia le dita – :D
Alla
prossimaaaaaaaaaaaaaaaaa!
Ps: Per chi volesse, ho scritto una piccola originale (romantica, ovviamente. Ahahah) che si intitola “Echo”. Mi lascereste una recensioncina? Vi preeeeego :3