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Autore: Lilies    21/10/2013    7 recensioni
Inghilterra, fine anni settanta. James, Lily. Il loro settimo anno, l'inizio della fine.
[James♥Lily] «Allora... come te la passi?»
«Bene, prima che arrivassi tu.»
«Amo quando sei così gentile.»
«Odio quando dici che ami quando sono così gentile.»

[Sirius♥Marlene] Senza dire nient'altro, si fece più vicino al viso di porcellana di Marlene, sfiorando le labbra rosse di lei, che irrigidì ogni muscolo. Un secondo più tardi, Sirius stava già cercando di approfondire quel contatto, mentre qualcosa in fondo al suo stomaco iniziava ad agitarsi, spingendolo a continuare.
[Remus♥Emmeline] Improvvisamente, si ritrovò con il naso premuto contro la spalla di Emmeline, lei che si teneva aggrappata al suo maglione grigio, e piangeva.
Genere: Generale, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mary MacDonald, Ordine della Fenice, Severus Piton, Voldemort | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I racconti del fuoco (James/Lily)'
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XX
La realtà dei fatti




«Incendio».
Il foglio di pergamena prese fuoco all'istante, riducendosi a un piccolo cumulo di ceneri nel giro di pochi secondi. Il giovane restò a fissare i resti del suo ennesimo tentativo con sguardo annebbiato, le mani strette a pugno ed una striscia nera d'inchiostro sulla guancia.
Riaccese la punta della bacchetta con un Lumos appena bisbigliato, facendo attenzione a non svegliare gli altri quattro, poi si rialzò a fatica. Guardandosi attorno, notò con fastidio la quantità indicibile di cartacce sparse in giro per la camera, ed era tutta opera sua. Sussurrò una sfilza di Accio e stette ad osservare annoiato i pezzetti di carta sfrecciare sgraziatamente verso di lui, che li afferrò tutti al volo.
Spostò lo sguardo verso il suo letto a baldacchino, sopra al quale il foglio scampato alla sua follia giaceva tutto stropicciato, e numerose macchie d'inchiostro facevano da sfondo ad una serie di lettere e parole disposte disordinatamente in una grafia quasi femminile.
James si avvicinò di soppiatto, temendo una qualche reazione da parte di quella pergamena consumata che era rimasta a subirsi in silenzio i suoi sfoghi di stupido adolescente, come a volerlo confortare.


Cara Lily Cara Evans Lily,

molto probabilmente non mi risponderai, ma sai che sono testardo e... be', ormai ho cominciato.
Da anni qualche giorno penso solo a te sei nei miei pensieri, il che non ha assolutamente un cazzo di senso. Da quando Mocciosus ti ha chiamata Sanguesporco ho iniziato a conoscerti meglio, quest'anno, sento che qualcosa è cambiato. Non farti strane idee, ma sento come se non volessi più nessun altra oltre a te fosse giunto il momento di crescere perché, lo ammetto, sono stato un'immensa testa di cazzo veramente immaturo, a volte. Non mi sta bene che mi tratti così male e non vuoi ascoltarmi tu non abbia risposto alla mia richiesta, quel giorno in biblioteca. Vorrei sposarti esserti amico, Lily. Che c'è di male in questo?

Spero tu capisca di amarmi che mi risponderai.
Tuo James

James cominciò a ridere di sé stesso, rise fino ad avere le lacrime agli occhi. Quando le lacrime continuarono a scorrere, salate, anche dopo che le risate si spensero, si chiese cosa gli stesse succedendo, perché stesse così male al solo pensiero che Lily potesse soffrire a causa sua o di ciò che stava accadendo alla sua famiglia.
Una macchia perfettamente circolare si formò sul foglio di pergamena, inumidendolo e sciogliendo l'inchiostro. Il moro tirò su col naso, tastò le tasche dei calzoni in cerca di un fazzoletto ed infine affondò il capo tra le ginocchia, lasciandosi finalmente trasportare dalle emozioni.
Non si accorse che qualcuno, nella stanza, si era svegliato, fino a che si sentì avvolgere da un paio di calde braccia che la sua mente ricondusse immediatamente al corpo di Sirius che, scivolato fuori dalle coperte, aveva raggiunto in un baleno i singhiozzi del fratello, era accorso per sanare le sue ferite. James si lasciò stringere senza protestare, non badando a ciò che l'orgoglio gli diceva. Si lasciò semplicemente e totalmente andare, sicuro che sarebbe stato compreso fino in fondo. Sebbene Black non fosse tanto il tipo da simili smancerie, in quel momento sentì che ciò che stava facendo era completamente giusto, ché James aveva bisogno di lui e lui non l'avrebbe mai abbandonato.
Passarono qualche minuto così, James a piangere tutte le sue lacrime e Sirius ad asciugarle e poi, dopo un complice scambio di sguardi, i due corsero fuori nella notte nascosti dal Mantello dell'Invisibilità.




(Emmeline)

«Emme?»
«Cosa c'è?» risposi sottovoce, rigirandomi sotto le coperte con molta poca voglia di conversare; pioveva da ore, ormai, e le ragazze ed io ci eravamo rifugiate in cima alla torre di Grifondoro, ognuna occupata nei propri affari. Io mi ero buscata un fastidioso raffreddore che mi avrebbe lasciata in pace solamente molto tempo dopo, mentre Mary e Marlene avevano una spropositata quantità di studio arretrato da recuperare al più presto.
«Emmeline, sono preoccupata».
Era la sesta volta che Alice lo ripeteva, da quando Lily era tornata a Londra.
Il giorno prima, assieme alla Gazzetta del Profeta a colazione erano arrivate altre innumerevoli brutte notizie dal mondo non-magico; intere famiglie di babbani erano scomparse nel nulla senza lasciare tracce e, a sentire Moody, le possibilità che i Mangiamorte non c'entrassero erano praticamente nulle.
Sospirai pesantemente, spostando il piumone e mettendomi seduta sul materasso. Alice mi stava fissando, gli occhi marroni sgranati ed una tenera espressione inquieta, i corti capelli biondi sparati in tutte le direzioni. Mi passai una mano sulla frangetta indomabile, chiudendo gli occhi per un istante per riordinare i pensieri.
«Lo siamo tutte, tesoro» le rispose Marlene prima che potessi spiccicar parola, abbandonando definitivamente i compiti di Storia della Magia al loro destino. «Ma Lily ci avrebbe scritto, se qualcosa fosse andato storto, non trovi?»
Alice annuì, poco convinta. Le diedi un buffetto sulla spalla, a cui lei rispose con un sorrisino.
Ad un tratto ricordai: Louis mi aspettava in Sala Grande, prima di cena. “Ho bisogno di parlarti”, mi aveva detto il giorno prima dopo Pozioni.
Indossai velocemente un pesante maglioncino azzurro e raccattai la sciarpa di Grifondoro e, dopo aver salutato le ragazze con un bacio volante, mi avviai di corsa verso il corridoio adiacente alla Sala d'Ingresso, dove sapevo Louis mi stesse aspettando al solito posticino lontano da sguardi indiscreti.
Lo trovai esattamente là, all'incrocio tra i due corridoi, mentre conversava allegramente con il ritratto di Geoffrey Von Füsberg, il celebre pozionista che aveva scoperto le proprietà del sangue di salamandra(1).
Quando mi vide, mi salutò con il solito tenero bacio sulla fronte, facendomi fare una giravolta.
«Mel» disse, sorridendomi. Arrossii, pensando a quanto poco i suoi occhi scuri fossero belli se messi a confronto con quelli di...
Controllati, Emmeline!, mi ordinai mentalmente, sconvolta dai miei stessi pensieri.
Tornata alla realtà, ricordai il motivo di quell'incontro.
«Cosa dovevi dirmi, Louis?» balbettai incerta, sentendo solo allora l'ansia divorarmi lo stomaco.
Louis perse il sorriso di poco prima, divenendo improvvisamente serio ed impassibile.
Deglutii a vuoto, sentendo il volto sbiancare. Che avesse saputo delle lezioni che davo a Remus a sua insaputa?
«Riguarda noi, ovviamente» esplicò, schiarendosi la voce. La sua postura era assurdamente rigida, i suoi stessi muscoli non erano rilassati. Louis era... sulle spine.
«Okay» sussurrai.
«Ho—» cominciò, interrompendosi subito dopo. Tossì un paio di volte, poi si ricompose e fece per parlare nuovamente, senza incrociare il mio sguardo. «Ho bisogno di una pausa, Mel. Per riflettere».
Qualcosa in fondo al mio stomaco si attorcigliò dolorosamente, impedendomi di rispondere.
Louis cercava ancora di non guardarmi in faccia, e non pareva minimamente provato da ciò che aveva appena detto. Come se nulla fosse successo.
«Una pausa? Perché?» domandai incerta e più confusa che mai.
Vidi le sue guance tingersi curiosamente di rosso, ed una smorfia indecisa si fece spazio sul suo volto.
«Ehm... lo sai anche tu, Emmeline» tergiversò, fissando con ostinata attenzione un punto alle mie spalle.
Scossi la testa, stringendomi nelle spalle e facendomi piccola piccola sotto il peso di ciò che era appena successo. Sentii una fastidiosa lacrima calda scendere lungo lo zigomo destro, e mi affrettai a cancellarne le tracce con il pollice. Louis sembrò notarlo, ma non fece nulla per consolarmi.
Gli diedi le spalle, pensando sul da farsi. Lo sentivo chiaramente agitarsi, come se non volesse assolutamente trovarsi lì, con me, la sua ragazza.
«Chiaro» mentii allora, iniziando a camminare ed allontanandomi sempre più da Louis che, per la seconda volta, non si mosse. Non mi trattenne né mi supplicò di non abbandonarlo in mezzo al corridoio. Restò semplicemente lì, appoggiato al muro, un'espressione dura nelle iridi cristalline.



(Remus)

Stavo tranquillamente camminando verso la Biblioteca in cerca di un nuovo libro da assaporare, la testa piena di pensieri. Anche io – come tutti, del resto – ero terribilmente preoccupato per Lily e per la sua situazione, un po' perché le volevo un bene infinito, un po' perché in lei riconoscevo parte del dolore che avevo provato io durante la malattia di mia madre.
Non mi ero nemmeno accorto degli attutiti singhiozzi che si levavano da un'aula in disuso alla mia destra, almeno fino a che la porta venne improvvisamente spalancata e la figura di una ragazza dalla lunga treccia castano chiaro fece capolino da dietro di essa, gli occhi dall'appena accennato tratto orientale gonfi di lacrime.
Rimasi bloccato dove mi trovavo, chiedendomi se avessi riconosciuto correttamente la ragazza oppure avessi solamente avuto un'allucinazione. Decisi di sfidare la sorte.
«Emmeline?» provai, incerto.
La ragazza sussultò, e si passò repentinamente una mano sulle guance inumidite.
Mi guardò dritto negli occhi, e mi sentii immediatamente arrossire.
«Remus!» esclamò, la voce malferma ed un finto sorrisino sul bel volto delicato.
Mi avvicinai di qualche passo, cercando di capire perché stesse piangendo, cosa fosse successo di così grave da ridurla in quello stato. Mi sentii
in dovere di interessarmi a lei, e ciò mi fece pensare di essere completamente impazzito.
«Remus» ripeté, una volta che fummo faccia a faccia. I suoi occhi scuri erano lucidi, ed in quel momento non potei fare a meno di pensare a quanto fosse bella. Com'era fortunato, quel Louis Johnson...
«Io...» cominciò lei, evitando il mio sguardo. Prese un profondo respiro, chiudendo le palpebre per qualche istante. Rimasi impalato a fissarla, il cuore che per qualche motivo batteva più velocemente, in modo quasi spasmodico. Improvvisamente, mi ritrovai con il naso premuto contro la spalla di Emmeline, lei che si teneva aggrappata al mio maglione grigio, e piangeva.
Andai in panico, non sapevo assolutamente cosa fare; l'ultima volta che mi ero ritrovato così a stretto contatto con una ragazza risaliva al quarto anno, e Lily piangeva esattamente come Emmeline.
Presi ad accarezzarle goffamente la schiena con lenti movimenti circolari, le guance rosse e le mani leggermente tremanti.
Che diamine mi stava succedendo?
La sentii muoversi contro il mio torace, e mi ritrovai a guardare incantato i suoi occhi profondi e neri come la pece, mentre un timido e umido sorriso le si dipinse sulle labbra rosa pallido.
«Grazie, Remus...»


◊◊◊

«Ne sei sicura, mamma?»
Rose Evans annuì con fermezza alla domanda della secondogenita, stringendole le spalle in una muta richiesta di comprensione. Lily sospirò pesantemente, annuendo a sua volta alla madre che, non volendo sentir ragioni, aveva deciso che per lei fosse giunta l'ora di fare ritorno a scuola.
Rose la strinse in un tenero e spontaneo abbraccio che Lily accolse con gioia, beandosi del profumo del maglione della madre che le ricordava la sua serena infanzia, quando la sua unica preoccupazione era di non spaventare Petunia con le sue magie accidentali.
Si abbassò un poco per afferrare la maniglia del baule, mentre con l'altra mano reggeva un vecchio scrigno rovinato dal tempo.
Rose si staccò dall'abbraccio e carezzò dolcemente le guance della figlia, posando sopra entrambe un bacio di arrivederci.

«Ah, classico» sibilò una voce graffiante alle loro spalle, in un tono di scherno che non lasciava trasparire altro che rabbia. «Ovvio, ora te ne tornerai in quella gabbia di mostri senza neanche preoccuparti di stare accanto a papà. Tu mi disgusti».
Petunia passò accanto alla sorella con qualcosa di molto vicino al disprezzo più totale nelle iridi azzurre, le mani strette a pugno attorno al tessuto caldo del suo vestito color zucca.
«Sai che non è così, Tunia» rispose Lily con voce rotta, trattenendosi dall'impulso di scoppiare a piangere.
E chi se ne frega del mio stupido orgoglio.
Petunia la gelò con un solo, cattivo e distaccato sguardo.
«No, certo che no» rise senza gioia. «Io mi sbaglio sempre. Non è così? Quando mai ho fatto qualcosa di buono? Quando, se Lily è sempre stata la migliore?»
Lily si sentì morire, a quelle affermazioni. Dopo tutti quegli anni di cose non dette, il rancore che sua sorella serbava nei suoi confronti stava venendo a galla proprio allora, in un momento difficile per tutta la famiglia.
«Petunia, io non—» cominciò, venendo interrotta da una risata incontrollabilmente isterica.
«Tu cosa?» gridò la bionda. «Osi negare la realtà dei fatti? Osi sul serio dire che non sei mai stata la favorita?»
Rose si lasciò cadere sul divano del piccolo salotto, la testa tra le mani. Lily la guardò per un istante, sentendo le budella attorcigliarsi in modo infinitamente doloroso.
«Non puoi dire queste cose, mamma e papà amano entrambe...»
La voce le si fece sempre più fioca, finché scomparve del tutto.
«VATTENE
L'urlo di Petunia rimbombò nella stanza, poi un silenzio innaturale si fece spazio tra le tre donne. Lily guardava la sorella maggiore dritta negli occhi, Petunia fissava a terra con una spaventosa espressione imperturbabile.
La rossa lanciò un'ultima occhiata alla madre, che ancora si teneva il capo tra le mani e poi, dopo un singhiozzo che non riuscì a trattenere, uscì dalla porta e si ritrovò sola nel giardino ben curato, il vecchio portagioie d'argento stretto tra le mani. Quando quest'ultimo s'illuminò di un'abbagliante luce azzurrina, Lily sentì per la seconda volta un forte strappo all'ombelico, poi il sorriso sereno di un vecchio dalla candida barba contenuta in una cinta dorata le riempì lo sguardo.
Non si era mai sentita più sola.


(Sirius)

James schizzò fuori dalla sala comune rapido quanto un Boccino d'Oro, senza curarsi del fatto che la camicia della divisa non l'avrebbe sicuramente protetto dal freddo dei corridoi del castello.
«Ramoso, aspettaci!» abbaiai, faticando a stargli dietro a causa del pranzo troppo abbondante ingurgitato senza ritegno quel giorno.
Peter e Remus incespicavano dietro di me, entrambi troppo confusi anche solo per chiedere cosa stesse succedendo.
Il fatto è che nemmeno il sottoscritto sapeva la ragione di quell'improvvisa agitazione, ma non c'era stato il tempo necessario per chiedere spiegazioni che James si era fiondato oltre il buco del ritratto della Signora Grassa, il fogliettino spiegazzato consegnatogli da tale Noah Jackson ben stretto tra le dita tremanti.
Ci fermammo solamente una volta raggiunto il Salone d'Ingresso, dove un gruppetto di ragazze da noi ben conosciute stava festeggiando qualcuno.
Quel qualcuno si rivelò essere, ovviamente, Lily Evans, e ci fu subito chiaro come il sole il motivo per cui Ramoso si era così tanto allarmato.
Lo vidi avvicinarsi un poco alla Evans che, inaspettatamente, gli rivolse un piccolo sorriso di gratitudine.
Non fui l'unico ad essere così sconvolto dall'accaduto; accanto a Lily, il volto di porcellana di Marlene era aperto in una smorfia comica, gli occhi blu sgranati all'inverosimile sfrecciavano senza sosta da James a Lily esigendo una spiegazione logica.
Ridacchiai tra me e me, ricordando la conversazione avuta in Infermeria appena qualche giorno prima. Marlene aveva dimenticato il mio maldestro bacio, e sembrava disponibile ad una nuova amicizia. O, almeno, questo era ciò che pensavo io.






(1) ovviamente è una mia invenzione :)

NdA: Ugh, questo è probabilmente uno dei capitoli più brutti e melensi dell'intera storia.
Insomma, un piagnisteo dietro l'altro! Vabbè, mi è uscito così e non sapevo cosa fare altrimenti, così ho preferito non cambiare nulla. Spero di non avervi annoiati :(
Probabilmente l'unico pezzo che mi piace è quello di James, all'inizio. Trovo estremamente tenera la sua lettera, e voi? :')
Lasciatemi pure tutte le critiche che volete, ne farò sicuramente tesoro! :)
Ah, a proposito:
SIETE DELLE MERAVIGLIE. 93 RECENSIONI? PER ME E' UN TRAGUARDO NON INDIFFERENTE :D VI RINGRAZIO INFINITAMENTE!!!!
E, ultimo ma non meno importante, un grazie speciale va anche a tutte le seguite, le preferite (*^*) e alle ricordate... davvero, mi è venuto un colpo quando ho visto quanti siete!
Mi scuso con quelle a cui ho promesso di passare, ma non ho davvero tempo :( ho cominciato il triennio e si sta rivelando un impegno non indifferente, già fatico a trovare un po' di spazio per scrivere... non sapete nemmeno quanto mi dia fastidio questa situazione :(
Bene, spero che (nonostante mi faccia schifo) il capitolo vi sia piaciuto – incrocia le dita – :D
Alla prossimaaaaaaaaaaaaaaaaa!

Ps: Per chi volesse, ho scritto una piccola originale (romantica, ovviamente. Ahahah) che si intitola “Echo”. Mi lascereste una recensioncina? Vi preeeeego :3


  
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