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Autore: CUCCIOLA_83    12/04/2008    4 recensioni
[..]La stanza era immersa nell’oscurità, l’unica striscia di luce proveniva dalla porta semi aperta che dava sul corridoio ma non era solo per quello che il bambino non riusciva a dormire. A tormentarlo era tutto l’ambiente che lo circondava, privo di colori e pieno di persone che non conosceva. Certo erano tutti sempre molto gentili con lui, fin troppo gentili, ma quell’atmosfera lo inquietava molto.[..]
Come può un bambino così piccolo affrontare un destino crudele? Forse, grazie alla magia e alla speranza ci riuscirà.
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un bambino con i capelli castani che gli ricadevano sugli occhi e di circa sei anni, se ne stava disteso privo di sensi in que

Rieccomi! Vi sono mancata vero? (se certo come no)

Bene, bene, è arrivata l’ora di pubblicare Butterfly e quale migliore occasione per farlo se non un giorno speciale come questo?

Tanti Auguri Rainsoul!

Non vi voglio svelare niente sul contenuto di quello che state per leggere quindi,

Buona lettura! ;)

 

 

Butterfly

 

Un bambino di circa sei anni, con i capelli castani che gli ricadevano sugli occhi chiusi, se ne stava disteso privo di sensi in un letto dell’ospedale San Mungo ormai da una settimana. Tutti gli sforzi per salvargli la vita sembravano inutili. Naturalmente, tutti sapevano che se anche si fosse ripreso da quel genere di ferite, non sarebbe mai guarito. C’erano solo due possibilità: la morte, o una vita da reietto a causa della licantropia e, sinceramente, nessuno sapeva qual’era il male minore tra i due.

La madre passava tutto il suo tempo libero al capezzale del figlio; il padre, invece, non riusciva nemmeno a varcare la soglia della stanza, probabilmente a causa dei sensi di colpa, in fondo era stato lui a mettere in pericolo tutta la sua famiglia rifiutandosi di aiutare Grayback.

 

Verso il nono giorno, il bambino cominciò lentamente a dare segni di miglioramento, fino a quando si svegliò completamente.

«Mamma…» Mormorò con voce roca, cerando di muoversi. «Mi fa male la spalla. Ma perché piangi?»

«Non è niente piccolo mio. Non ti preoccupare». Mentì, accarezzandogli la testa.

«Dov’è papà?» Chiese, cercando di guardarsi in torno, ma la ferita cominciò a fargli ancora più male e a sanguinare attraverso le fasciature.

«Non è qui, ma arriverà presto», cercò di tranquillizzarlo. «Ora devo andare a parlare con il guaritore. Stai qui e non muoverti, altrimenti ti farai male. Torno subito». Gli diede un bacio sulla fronte, lui annuì lentamente per evitare altre fitte di dolore.

 

*****

La stanza era immersa nell’oscurità, l’unica striscia di luce proveniva dalla porta semi aperta che dava sul corridoio ma non era solo per quello che il bambino non riusciva a dormire. A tormentarlo era tutto l’ambiente che lo circondava, privo di colori e pieno di persone che non conosceva. Certo erano tutti sempre molto gentili con lui, fin troppo gentili, ma quell’atmosfera lo inquietava molto.

Improvvisamente due infermiere passarono davanti alla porta della sua camera.

«E’ qui?» Chiese una delle due.

«Sì. Poveretto, è segnato per la vita. Sarebbe stato meglio se fosse morto», confermò la seconda.

«Già, non lo augurerei mai a nessuno quello che è successo a lui. E’ così piccolo».

«Vero, ma tutto questo lo farà crescere in fretta, purtroppo». Sentenziò ancora l’altra infermiera, mentre si allontanavano insieme.

Il piccolo rimase come pietrificato nel suo letto. Possibile che stesso parlando proprio di lui? E se sì, cos’aveva di così brutto da far dire cose così cattive?

Il panico cominciò a prendere il sopravvento. Si alzò velocemente dal letto, forse troppo velocemente perché non appena provò a mettersi in piedi, crollò a terra emettendo un grido soffocato causato dal brusco contatto delle sue esili ginocchia col pavimento duro e freddo.

A fatica, si rimise in piedi e si diresse in bagno. Tremante, si alzò sulle punte dei piedi per riuscire a specchiarsi, si toccò più volte le sopracciglia, il naso e le orecchie: niente verruche strane sbucate in faccia, niente di strano nei suoi occhi, i quali erano sempre di un bel colore ambrato. Perplesso, tornò a letto cercando di riflettere su tutto quello che aveva sentito poco prima. Sembrava tutto a posto, allora perché dicevano che era segnato per tutta la vita?

 

Il giorno seguente la madre entrò nella stanza del figlio. Aveva l’aria stanca, come se non dormisse da giorni mentre gli occhi erano lucidi e arrossati.

«Ciao mammina, stai bene?» Chiese guardandola preoccupato.

«Certo piccolo mio. Tu, invece? Ti senti meglio?» Chiese a sua volta, cercando di cambiare discorso.

Il bimbo annuì richiudendo l’album da colorare che aveva danti. Improvvisamente però sorprese la madre con una domanda che la spiazzò completamente.

«Mamma, era meglio se non mi svegliavo più?»

La donna si portò le mani alla bocca per soffocare un grido di dolore, mentre gli occhi cominciarono a riempirsi nuovamente di lacrime.

«Piccolo… Mio…» Balbettò in cerca delle parole più giuste per rispondergli, ma il pianto prese il sopravvento.

«Mamma, cosa succede?» Chiese allarmato, non l’aveva mai vista così disperata, e il fatto che questo cambiamento improvviso fosse a causa sua lo fece sentire incredibilmente colpevole. «Scusa non volevo farti stare male!» Urlò il bambino andando verso di lei per abbracciarla.

A quel contatto la madre emise uno strano gemito strozzato; perché proprio al suo dolce bambino doveva succedere una tragedia simile? Cadde a terra in preda ai singhiozzi.

La guardò terrorizzato, non riusciva a capire perché fosse così disperata, le accarezzò una guancia rigata dalle lacrime, poi una di esse gli finì sul palmo della mano.

Il bimbo osservò attentamente e la lacrima, invece di scivolare via, cominciò a vibrare.

 Mentre la fissava delle strane immagini cominciarono a comparire sulla superficie della goccia e dei suoni inquietanti gli riempirono la mente.

 

La luna piena splendeva in cielo in quella calda serata di primavera. Lui se ne stava in giardino per prendere un poco di aria fresca mente osservava il cielo stellato. Improvvisamente sentì alle sue spalle un ringhio furioso, non fece nemmeno in tempo a voltarsi che un dolore lancinante alla spalla lo fece urlare.

Delle fauci insanguinate risplendevano alla luce della luna, il suo sangue. L’odore di sale e ruggine era intenso, tanto da fargli salire un forte senso di nausea. Il dolore era insopportabile, qualcosa premeva sul suo stomaco, una zampa grossa e pelosa.

L’odore nauseante e il dolore erano troppo per un bambino piccolo come lui, dopo pochi istanti tutto divenne buio.

 

Distolse lo sguardo. Quelle immagini, quei suoni, quegli odori sembravano così reali. Si toccò la ferita che aveva cominciato a pulsare dolorosamente, fu in quel momento che capì la disperazione della madre.

«Diventerò cattivo…» Sussurrò mentre dai suoi occhi cominciarono a scendere calde lacrime.

La madre alzò lo sguardo incredula.

«No piccolo mio non dire così! Tu sarai sempre il mio dolce bambino», così dicendo lo attirò a sé. In quell’istante una lacrima del bambino si unì a quella della madre che ancora se ne stava nella sua mano, e dopo pochi secondi si trasformò in una piccola farfalla dai mille colori vivaci.

La madre smise per qualche istante di piangere osservando, stupita, quello che era successo. Poi passò il suo sguardo sul figlio. Lui era ancora incredulo, teneva la farfalla sul palmo della piccola mano, non appena cercò di toccarla prese il volo compiendo ampi cerchi sopra le loro teste. In quel momento tutte le ansie che poco prima lo avevano attanagliato scomparvero come per magia.

 Lo stesso accadde alla madre.

«Vedi Remus? Una persona che è in grado di creare una cosa così bella non potrà mai essere cattiva», gli sussurrò stringendolo ancora di più a sé continuando a guardare quella farfalla dai colori dell’arcobaleno.

Remus rimase come ipnotizzato da quella piccola creatura.

Come prima nuove immagini si fecero strada nella sua mente.

 

Un uomo alto dai capelli castani striati di grigio stringeva a sé una giovane ragazza dai capelli di uno sconvolgente rosa. La giovane donna non sembrava intimidita da lui si lasciava cullare dolcemente. Entrambi sorridevano, mentre lei fissava un piccolo anello che brillava alla luce delle fiamme accese nel camino.

 

Il piccolo Remus non sapeva perché, ma quello che vide gli fecero capire che nonostante tutto la vita per lui, forse, non era finita.

 

 

Cosa ne dite? Vi è piaciuta? Spero davvero di sì. Tengo molto a questo racconto, non so perché.

Quindi, rinnovando ancora gli auguri alla carissima Rainsoul, vi do appuntamento alla prossima pubblicazione (che non so ancora quando sarà… forse sì hihihi).

Tao tao Smack! :*

 

 

   
 
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