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Autore: rosaleona    22/10/2013    3 recensioni
- Ma tu non dormi mai? E' pieno giorno, a quest'ora i vampiri dovrebbero riposare nelle bare! -
- Master, ho dormito per vent'anni. Come posso avere sonno, dopo essermi riposato per così tanto tempo? Sono pieno di energia e sento il bisogno di sfogarla. Giocare con Richard e i suoi uomini non mi è bastato, ho bisogno di molta più azione. Finchè non avrò scaricato tutta l'adrenalina accumulata in due decenni di letargo, non mi sentirò stanco, nè desidererò dormire. -
Negli anni successivi, ogni volta che Integra ripensava a quella conversazione, un sorriso le increspava il volto.
"Mi aveva avvertita. A modo suo, mi aveva spiegato cos'avrei dovuto attendermi di lì a pochi giorni" diceva a se stessa Sir Hellsing.
Ma la ragazzina di dodici anni che sedeva di fronte ad Alucard non poteva capire fino in fondo le parole di un individuo che conosceva appena. Non poteva sapere che il vampiro stava solo mordendo il freno, nell'attesa che la nuova Sir Hellsing si riprendesse dalla morte del padre e dal tentativo di omicidio per mano dello zio. E una volta che Integra fosse stata in grado di tenergli testa, Alucard si sarebbe divertito a metterla alla prova
Genere: Comico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alucard, Integra Farburke Wingates Hellsing, Walter C. Dorneaz
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Prima di cominciare la lettura di questo capitolo, vi suggerisco di andare su Google Immagini (o qualsiasi altro motore di ricerca abbiate per le immagini), digitare “Vampirella” e ammirare per qualche minuto la creatura che vi apparirà. Capirete il motivo della mia richiesta giunti alla fine del capitolo.
  
Il mercoledì trascorse mestamente, con un Walter afflitto e un’Integra ribollente per l’ingiustizia subita.
Una notte di sonno portò ristoro ai loro animi in subbuglio e arrivati al giovedì mattina, tutore e protetta si dissero l’un l’altra che il naso rotto del bullo rimaneva comunque una gran bella vendetta, bastevole a consolare le rispettive frustrazioni. Ciò rasserenò la ragazzina e l’uomo che trascorsero il resto della giornata affaccendati nelle proprie mansioni e nuovamente riappacificati.
 
Hellsing Manor era stata costruita in un’epoca in cui la presenza di una moltitudine di salotti era considerata vitale ai fini delle buone relazioni sociali dei padroni di casa. Era necessario che le signore avessero un salottino tutto per sé, in cui spettegolare ricamando e gli uomini ne possedessero uno analogo, in cui sparlare fumando. C’erano poi i salotti in cui accogliere gli ospiti, differenziati in base all’importanza della persona da accogliere (scarso riguardo, medio riguardo, alto riguardo). C’era il salotto concepito allo scopo di origliare le conversazioni che vi si svolgevano, obiettivo raggiunto grazie ad un finto quadro che celava la presenza del ficcanaso nascosto in una nicchia nel muro. C’era infine il salotto costruito con lo scopo diametralmente opposto, cioè a prova di spionaggio, con le pareti rivestite da spessi pannelli di quercia e la porta rinforzata, così che nemmeno le urla più disumane potessero essere udite al di fuori della stanza.
A questa pletora di salotti, si aggiungeva una pletora ancor più numerosa di camere da letto, necessarie per alloggiare le numerose famiglie del tempo e gli ospiti di passaggio.
Finché dentro Hellsing Manor avevano lavorato dei domestici, il mantenimento di un così alto numero di stanze non era stato problematico ma la fuga delle cameriere e dei camerieri a causa degli scherzi di Alucard aveva posto Walter di fronte a scelte drastiche.
Un maggiordomo da solo non poteva tenere lustra una dimora tanto vasta. Un’unica soluzione plausibile si era quindi affacciata alla mente del signor Dorneaz: solo un esiguo numero di stanze, quelle abitualmente usate dagli unici due umani della villa, sarebbero rimaste aperte, tutte le altre andavano tenute chiuse nell’attesa che tornassero tempi migliori.
Prima di chiudere a chiave la porta di una camera o di un salotto Walter, coscienziosamente, la tirava a lucido, consapevole che non esistesse altro modo di preservarla dai guasti del tempo. Per “tirare a lucido” si intende che il maggiordomo spolverava tutti i soprammobili per poi chiuderli nei cassetti dei vari mobili; toglieva le tende dalle finestre e, nel caso si trattasse di camere da letto, anche le lenzuola e le coperte, per lavarle e riporle in appositi ripostigli; arrotolava i tappeti all’interno di fogli di giornale; spolverava, passava la cera e se era il caso eseguiva anche il trattamento anti-tarlo sulla mobilia prima di coprirla con vecchi lenzuoli; spazzava e lavava il pavimento e allora e solo allora poteva sprangare le persiane, chiudere la porta a chiave a abbandonare la stanza alla sua lotta contro lo stillicidio degli anni.
Si trattava di un lavoro immane che l’uomo aveva affrontato con la sua abituale efficienza, dedicandosi ad una stanza al giorno. In capo ad alcune settimane, tutta Hellsing Manor era stata sprangata, eccezion fatta per le camere del maggiordomo, di Integra e la sala della Tavola Rotonda al primo piano, la cucina, la sala da pranzo e l’unico salotto dotato di un televisore di tutta la villa situati al pian terreno. O almeno, queste erano le uniche stanze che, nelle intenzioni di Walter, dovessero restare vivibili. Peccato che Alucard, come suo solito, finisse per imporgli una deviazione dal suo progetto originale.
Dentro Hellsing Manor esisteva anche un salone da biliardo, tirato a lucido dal maggiordomo come tutte le altre stanze destinate ad essere chiuse. Da quando si era risvegliato, il vampiro non aveva degnato di una sola occhiata quella stanza ma dopo aver assistito alla fatica con cui Walter aveva spolverato, incerato, spazzato e lavato l’ambiente, si sentì afferrare improvvisamente da un desiderio spasmodico di giocare a biliardo ragion per cui, il mattino seguente la sfacchinata del giorno prima, Walter trovò la porta del salone allegramente spalancata, i lenzuoli con cui aveva coperto il tavolo e le stecche buttati a terra e Alucard impegnato a svolgere una partita in solitario. Era seguito un alterco al cui termine il maggiordomo aveva dovuto dichiararsi sconfitto, accettando che anche il salone da biliardo rientrasse nel novero delle stanze aperte.
 
Quel giovedì, finché Walter era stato in casa, Alucard aveva trascorso tutto il tempo intorno al biliardo, per riappendere la stecca al muro nel momento stesso in cui il maggiordomo era uscito per svolgere delle commissioni. Curiosamente, agli occhi del vampiro, quel gioco perdeva molto del suo fascino quando lo shinigami era assente perché non poteva gongolare vedendo gli sguardi seccati che l’umano buttava nella stanza ogni volta che passava davanti alla sua porta spalancata, al ricordo dell’inutile fatica svolta per pulirla.
Alucard si sedette quindi su una delle poltrone del corridoio. Era una poltrona del XVIII secolo, un oggetto a cui bisognava usare un certo riguardo, come ammoniva Walter e siccome il vampiro intendeva le parole sempre a modo suo, il riguardo che usò nei confronti di quel pezzo d’antiquariato consisté nell’appoggiare i piedi su di un tavolino lì accanto, in modo da tenere la poltroncina in bilico sulle scricchiolanti gambe posteriori. In quella posizione, Alucard condusse la ricerca sociologica che da alcuni giorni stava svolgendo, cioè constatava quanto fosse cambiato il concetto di bellezza femminile nei due decenni in cui era rimasto in letargo sfogliando le pagine di un Playboy sgraffignato negli spogliatoi delle truppe dell’Hellsing.
Ciò che vedeva sul giornalino, non gli piaceva per niente.
Dov’erano finite le maggiorate di una volta, tutte curve e carne morbida, che a lui piacevano tanto?
Dalle pagine patinate della rivista, una pletora di ragazze magre e consunte ammiccavano con convinzione nella sua direzione, certe del proprio incredibile fascino, ignare di suscitare nel vampiro più irritazione che libido.
Dannazione, era questo che l’attendeva fuori dai cancelli di Hellsing Manor?
Il giorno in cui Walter avrebbe permesso ad Integra di concedergli la sua prima libera uscita, lui, Alucard, sarebbe stato costretto a divertirsi con femmine strette di fianchi e secche di coscia, causa impossibilità di scovare niente di più carnoso?
- Che razza di scherzo da farmi, dopo vent’anni di digiuno! - ringhiò il vampiro, compatendosi da solo.
Uno scherzo invero crudele, soprattutto se rivolto a un tipo come lui, da sempre estimatore dei seni prosperosi. Non a caso, ai tempi in cui Eva era ancora una semplice apprendista dello zio (e solo allora, dato che nel momento stesso in cui la donna diventò la sua master mai il vampiro le mancò di rispetto), spesso Alucard si era divertito a metterla in imbarazzo fissando apertamente il suo prorompente davanzale o ammonendola, quando partivano per una missione:
- Mi raccomando, appena incontriamo il Kelpie, stordiscilo con un colpo di tetta e poi io penso a dargli il colpo di grazia strappandogli il cuore. -
- Volgare! Maschilista! Medievale! - ringhiava la ragazza in risposta.
- Non è colpa mia se le libbre di carne che la natura ti ha appiccicato sul petto sono una potenziale arma da offesa! -
- Non è colpa tua nemmeno il fatto che la natura ti abbia concesso così poco cervello nel cranio! -
Eh, non era facile spuntarla con Eva Wingates Hellsing! Però forniva un così bel ristoro per gli occhi!
Il telefono posto sul tavolinetto su cui Alucard posava i piedi squillò per l’ennesima volta. Dal momento stesso in cui Walter era uscito di casa, quell’apparecchio non aveva più avuto un attimo di requie. Alucard immaginava che qualche membro della Tavola Rotonda avesse improvvisamente e urgentemente bisogno di parlare con lo shinigami.
“ Chissà se questa è l’ipotesi giusta “ si era detto il vampiro ogni volta che il telefono si era messo a trillare. Avrebbe potuto facilmente togliersi ogni curiosità in merito impugnando la cornetta e rispondendo ma non aveva mai compiuto quel semplice gesto per il banale gusto di essere d’intralcio e complicare l’esistenza più che poteva al suo vecchio camerata. Dato che Integra si stava facendo la doccia e fra lo scroscio dell’acqua e il rimbombo della sua voce (a Sir Hellsing piaceva cantare a squarciagola mentre si lavava) non avrebbe udito neanche una cannonata, ne conseguiva che Alucard poteva continuare a compiere il suo piano di sabotaggio in tutta tranquillità.
A quell’ennesimo squillo però il vampiro reagì in maniera diversa. Sarà stata la malinconia che quelle donne con poche mammelle gli suscitavano, ma sentì il bisogno di distrarsi da quei foschi pensieri con un diversivo. Per questa ragione alzò la cornetta e con tono indifferente, continuando a sfogliare il Playboy, disse:
- Organizzazione Hellsing. -
- Buonasera, mi chiamo Basil Irons, sono un compagno di Integra. Potrei parlare con lei? -
Era una vocetta da ragazzino quella che aveva formulato la domanda, in tono educato e al contempo sicuro di sé. Il tono di un ragazzino che pur rispettando gli adulti, non si sentiva in soggezione di fronte a loro.
- Integra è sotto la doccia e ne avrà per un pezzo. Prima che lavi e asciughi quella coperta di capelli che si ritrova, schiaccerà un’ora e passa. Se vuoi ti faccio richiamare quando ha finito. Come hai detto che ti chiami? -
Mentre Alucard così parlava, con la mano libera aveva spalancato il paginone centrale del giornalino, tenendolo sospeso per aria, davanti al viso. Un’espressione di disappunto apparve nei suoi occhi: persino la ragazza della foto più importante della rivista aveva poche tette! Com’era caduta in basso la civiltà umana! Fu mentre traeva queste considerazioni che udì la vocetta ripetere:
- Mi chiamo Basil Irons. Se lo desidera, posso farle lo spelling. -
- Basil? Basil Irons hai detto? - ripetè Alucard, aggrottando le sopracciglia nello sforzo di ricordare.
Dove aveva già sentito quel nome?
Ma certo, ora ricordava! Non lo aveva sentito, lo aveva letto, per la precisione nei diari di Integra!
Era lui, Basil Irons, il ragazzino per cui la sua master aveva preso una cotta, arrivando a scrivere il suo nome mettendo sulla “i” un cuoricino al posto del puntino!
Oh cacchio! Stava parlando con l’ometto riuscito nell’incredibile impresa di far innamorare quel carro-armato di Integra! Consapevole che l’occasione di conversare a tu per tu con l’autore di quel miracolo non si sarebbe ripresentata, Alucard se ne uscì in un giulivo:
- Basil caro! Da quanto tempo desideravo conoscerti! - e così dicendo lanciò dietro di sé il Playboy, ormai privo di importanza, che atterrò in malo modo sul pavimento, perdendo varie pagine.
Con la mano adesso libera, il vampiro arricciò il filo del telefono intorno all’indice mentre con voce suadente proseguiva:
- Integra non fa che parlare di te! -
- Davvero? - chiese la vocetta, sorpresa.
- Ma certo! Non fa che ripetere come tu sia il suo migliore amico! -
La vocetta assunse un tono mesto mentre rispondeva:
- Purtroppo non sono riuscito a comportarmi come tale. Mi sento in parte responsabile del guaio in cui Integra si è cacciata ieri. Sapevo che quel ragazzo più grande la infastidiva e l’avevo diffidato dal continuare, purtroppo senza risultati. -
Alucard coprì la cornetta con le mani, per non far udire all’interlocutore la risata che gli vibrava in  gola.
Non era una risata sprezzante, tutt’altro, era una risata di trionfo.
“ L’avevo diffidato “! Quale dodicenne al giorno d’oggi parlava in quel modo? Nemmeno gli adulti inciampavano in simili espressioni, figuriamoci i ragazzini, eppure era sgorgata dalle labbra di Basil Irons con la stessa semplicità dell’acqua. Un ragazzino che si esprimeva in modo così forbito non era una personcina comune e di ciò il vampiro se ne rallegrò.
Terminata la breve sghignazzata soddisfatta, il vampiro riaccostò la cornetta all’orecchio, in tempo per sentir proseguire la narrazione di Basil:
- Ho cercato di convincere Integra a parlarne con i professori o con voi, a casa, ma ho fallito anche in questa impresa. Ha voluto ostinarsi a risolvere la situazione da sola e il risultato è che stata sospesa per tre giorni. Per questo temo di aver fallito nel mio ruolo di amico. Se fossi riuscito ad essere più convincente… -
- Andiamo, andiamo ragazzo, non ti crucciare! - lo ammonì Alucard - Hai fatto quel che potevi, poi stava anche a Integra e a quel bullo compiere le loro scelte. E comunque non temere, stai pur sicuro che non tutto il male vien per nuocere. Questa esperienza ha insegnato molto ai due diretti interessati, ne trarranno dei preziosi insegnamenti che li accompagneranno per tutta la vita! -
- Lo pensa davvero? - chiese Basil, risollevato.
- Ma certo! Il bullo ha imparato a scegliere con più cura le sue vittime e Integra ha capito che una ginocchiata nei testicoli passa più inosservata rispetto a un naso rotto ed è quindi da prediligere ad uno spargimento di sangue! -
- A-ah! - balbettò Basil, non essendo quelle le parole che si attendeva di sentir uscire dalla bocca di un adulto.
- Ma basta con le chiacchere superflue, veniamo al sodo! Senti, Basil, sono davvero molto curioso di conoscerti e mi giocherei la testa che ad Integra non parrebbe vero di averti qui in casa per spupazzarti come un orsacchiotto, quindi perché non vieni a trovarci? -
- Volentieri signor…signor? -
- Walter C. Dorneaz, tutore di Integra. - mentì Alucard.
- Volentieri signor Dorneaz ma sa come vanno queste cose, non siamo noi ragazzini a poter decidere, siete voi adulti a dover stabilire una data che vada bene ad entrambi. Le passo mia madre, così potrà accordarsi con lei, va bene? -
- Va benissimo! - rispose Alucard, cominciando a sudar freddo.
“ Lei sa come vanno queste cose… “ aveva detto Basil. No, Alucard non aveva la più pallida idea di come andassero simili faccende perché era stato padre in un’epoca in cui non esistevano le scuole e mai aveva dovuto invitare i compagni dei suoi marmocchi al maniero in cui alloggiavano. Cominciò quindi a chiedersi febbrilmente cosa accidenti dovesse dire alla madre di Basil per convincerla a cederle il figlio per un po’. I suoi tormenti furono però interrotti dal giovane Irons che in tono imbarazzato aggiunse:
- Mister Dorneaz, mi vergogno di porle una simile richiesta ma non posso farne a meno. Potrebbe evitare di accennare a mia madre della sospensione di Integra? Vede, i miei genitori non sanno nulla di questa storia e non vorrei che venendone a conoscenza potrebbero giudicare disdicevole mandarmi a casa vostra. Non si offenda, la prego! -
- Ma no ragazzo, non mi offendo, stai tranquillo! - rispose conciliante il vampiro, certo che se al suo posto ci fosse stato il vero Walter, si sarebbe indignato talmente da troncare lì la conversazione.
- Oh, grazie signor Dorneaz! Vado subito a chiamarle mia madre! - giubilò Basil e ciò sprofondò nuovamente Alucard nei suoi timori sul cosa dire alla madre del ragazzino.
Non sapendo come risolvere quel mistero, il vampiro decise che avrebbe lasciato parlare la donna, consentendo che conducesse il gioco. Capiva che avrebbe dovuto essere gratuitamente gentile con questa sconosciuta signora e ciò lo angustiò. Detestava essere gratuitamente gentile con chi non conosceva e che, in una percentuale molto elevata, probabilmente nemmeno meritava il suo rispetto di Re Senza Vita.
Una giuliva voce femminile proruppe dall’altro capo del filo, interrompendo i funerei pensieri del Signore delle Tenebre:
- Oh mister Dorneaz, siete la mia salvezza! Il vostro invito capita proprio a fagiolo! Oh, no accidenti, sto correndo troppo in fretta, non so nemmeno se accetterete o meno la mia proposta! -
Quel fuoco di fila di parole ammutolì il vampiro, che si domandò stupito come potesse, una simile gallina, aver generato una personcina ammodo come Basil. La madre proseguì:
- Vede, questo venerdì, a metà mattinata, sia io che mio marito dobbiamo recarci fuori dall’Inghilterra per lavoro. Lui deve partecipare a una conferenza a Lione e non tornerà prima di domenica mentre io rimarrò fuori più a lungo, dovendo volare a Philadelphia per presentare la mia prossima collezione primavera-estate. Ciò non sarebbe un problema se proprio ieri non avessero ricoverato la nostra tata in ospedale per una polmonite.  Potremmo contattare una baby-sitter d’emergenza perché si occupi di Basil finché non torna mio marito domenica ma chissà quanto ci verrebbe a costare! Quindi avevo pensato…sempre se la cosa non le dispiaccia…se possiamo posteggiare Basil a casa vostra fino a domenica pomeriggio. Venerdì, alla fine delle lezioni, lo prelevate da scuola insieme a Integra e ve lo tenete per quarantott’ore. -
Alucard trattenne il fiato. Ciò andava oltre ogni sua più rosea aspettativa. Avrebbe avuto due giorni per osservare con tutta calma il ragazzino per cui la sua master aveva perso la testa, e il tutto senza che avesse dovuto spiccicare una parola né avesse dovuto essere gentile con quell’oca! La madre intanto proseguiva:
- Oh, so che è tremendamente scortese auto-invitarsi ma ci farebbe un così enorme piacere che … -
- Accetto! - tagliò corto Alucard e subito dovette allontanare dal proprio orecchio la cornetta per non assordarsi con il grido di giubilo lanciato dalla donna.
- Oh signor Dorneaz, siete un angelo! Non so come ringraziarvi, io… -
- Il modo migliore per ringraziarmi è passarmi vostro figlio. - fu la secca risposta del nosferatu, infastidito da tutti quei salamelecchi.
Quando udì nuovamente la voce di Basil, gli disse:
- A venerdì, cioè domani, allora. Toglimi una curiosità, sei stato tu a tempestare questa casa di telefonate per tutto il pomeriggio? -
- No, questa è la prima telefonata che faccio. -
Alucard chiuse la comunicazione, tornando a domandarsi chi diamine avesse cercato di mettersi in contatto con tanta insistenza con l’Organizzazione. Appena finito di formulare la domanda, l’apparecchio tornò a squillare.
Il vampiro si chiese se dovesse rispondere. Infine decise che un’azione educata al giorno era più che sufficiente, non voleva correre il rischio di viziare chi lo circondava. Attese quindi che il telefono terminasse di squillare, dopo di che sollevò la cornetta per appoggiarla sul tavolino, in modo da impedire ulteriori, fastidiose chiamate a quell’apparecchio e meditò sul da farsi con Basil.
Meglio non far sapere nulla a Walter di quell’ospite in arrivo. C’era da scommetterci che quell’ottuso umano, per una questione di principio, si sarebbe affrettato a contattare casa Irons per disdire l’invito. No, decisamente, la mossa migliore consisteva nel rivelarglielo all’ultimo momento, quando ormai i genitori del ragazzino erano in viaggio e il maggiordomo non poteva che sentirsi costretto ad accogliere il compagno di Integra.
“ E alla master? Devo dirlo? “
No, meglio tacere anche con lei, a scanso che la rivelazione che il suo amore avrebbe vissuto sotto il suo tetto per quarantott’ore potesse farla reagire come qualsiasi dodicenne, cioè passeggiare con occhi sognanti per casa emettendo poderosi sospiri. Walter si sarebbe accorto subito che qualcosa non quadrava, avrebbe trovato il modo di far confessare Integra e nuovamente avrebbe avuto la possibilità di disdire l’invito con gli Irons, a dispetto delle proteste, dei pianti e delle urla di Sir Hellsing.
No, meglio tacere a tutti quella novità.
Il vampiro riprese quindi il Playboy da terra e tornò ad affliggersi alla vista di quelle donne così poco chiappute ma le sue meste considerazioni furono interrotte dal suono di una porta che si apriva. Alzò gli occhi e vide Integra uscire dalla propria stanza. Sir Hellsing aveva appena terminato la doccia e ciabattava per il corridoio in accappatoio, i biondi capelli avvolti in un asciugamano sistemato a mo’ di turbante in equilibrio sulla testa.
Alucard osservò la padroncina e quando la dodicenne passò di fronte a lui, disse:
- Master, accetteresti un consiglio dal tuo umile servo? -
- Certo. - rispose Sir Hellsing, fermandosi di fronte al nosferatu, stupita dalla sua espressione seria.
- Stringi l’accappatoio sul petto, non lasciarlo così largo. -
La ragazzina lo scrutò con uno sguardo pieno d’incomprensione e miopia, dato che aveva lasciato gli occhiali in camera. Stringersi l’accappatoio sul petto? E perché mai?
- Sono appena uscita da una doccia bollente, mi fa caldo, non vedi come sono rossa? - spiegò, certa di avere dalla sua una ragione più che solida.
Il volto di Alucard era serio come non mai. Teneva i suoi occhi fissi in quelli della ragazzina. Nuovamente, ripetè:
- Chiuditi l’accappatoio sul petto, ho detto. -
Sir Hellsing mise un broncio irritato. La richiesta del servo non aveva né capo né coda. Lei stava morendo di caldo, impossibile che Alucard non se ne accorgesse e allora perché voleva farla soffrire ulteriormente con quell’assurdo capriccio?
- Perché dovrei farlo? - sbottò la piccola.
Il vampiro emise un breve sospiro seccato. Integra era una ragazzina matura e intelligente ma è umanamente impossibile essere svegli in merito a qualsiasi argomento. Uno degli argomenti su cui l’arguzia di Sir Hellsing difettava, era proprio quello che stava affrontando Alucard. Il vampiro considerò che per farsi comprendere dalla padrona non gli restavano che due strade: o cercava di prenderla alla larga, tentando di stringere il cerchio nel tentativo di condurre Integra a giungere all’esatta deduzione da sola, o ci andava giù diretto e pesante come un colpo di clava.
Optò per la prima strategia.
- Master, ti sei accorta che da qualche settimana non trascorro più la notte nella tua stanza? Te ne sei chiesta la ragione? -
Sì, Integra si era resa conto che Alucard ormai entrava in camera sua solo quando trovava la porta spalancata, e solo nelle ore diurne. No, non si era posta la domanda sul perché di quell’atteggiamento. Anche adesso, con noncuranza, fece spallucce:
- Ti è venuto a noia fare il solitario seduto alla mia scrivania mentre dormo. Adesso preferisci giocare a biliardo. -
Una vena sulla tempia di Alucard cominciò a pulsare pericolosamente. Niente lo mandava più in bestia di quando sua padrona indossava quella maschera di menefreghismo, spegnendo il cervello.
- No master, ho smesso di bazzicare camera tua perché stai crescendo e non è giusto che ti rimanga incollato alle costole notte e giorno! -
Il vampiro attese, sperando che i neuroni della ragazzina fossero in grado di compiere il giusto assioma che collegasse l’abbandono della camera da parte del servo con l’accappatoio che indossava in quel momento ma la testolina di Integra era troppo presa dal caldo, e dalla voglia di scendere in cucina per bere un rinfrescante bicchierone di spremuta d’arancia per prestare attenzione alle parole del non-morto. Rimase a contemplare il vampiro col suo sguardo crucciatamente vuoto e quando cominciò a sventolarsi con una mano per il caldo, Alucard si sentì esplodere dalla rabbia.
Va bene, se l’unico modo per farsi intendere da quella zuccona era andarci giù pesante come un colpo di clava, lui l’avrebbe accontentata!
- Chiuditi l’accappatoio sul petto perché ti si vedono le tette! -
La ragazzina sbattè le palpebre, stordita come l’avessero presa a schiaffi. Abbassò gli occhi sul suo seno in boccio, come se lo vedesse per la prima volta, poi tornò a fissarli nelle pupille del servo, più corrucciata che mai:
- Guarda che le tette le avevo anche quando ti ho risvegliato! -
- Sì, ma erano più piccole! Erano tettine da ragazzina, niente di sconvolgente ma adesso ti stanno crescendo, lo vuoi capire o no? L’ultima volta che sono venuto in camera tua ti stavi cambiando e le tue tette erano lì lì per sgusciare via dal reggiseno, come due arance appoggiate su un bicchiere. Per questo ho smesso di entrare e uscire dalla tua stanza a mio piacimento! -
Integra sentì di odiare profondamente Alucard così come, mesi prima, aveva sentito di detestare la governante, la signora O’Hara.
La donna l’aveva guardata con occhio clinico, sentenziando:
- Mia cara, è ora che cominci a indossare un reggiseno. - gettando Integra nel più nero sconforto.
Sì perché se c’era una cosa di cui la futura Sir Hellsing avrebbe fatto volentieri a meno, era crescere. Da bambina, non comprendeva le coetanee che giocavano a fare le signore e trascorrevano ore a fantasticare e blaterare su quel che avrebbero fatto da adulte. Lei, tutta quest’ansia di diventare grande non la comprendeva. Avvertiva che la sua età adulta sarebbe stata dura e angosciante, per questo motivo non le sarebbe parso vero di rimanere nell’infanzia il più a lungo possibile e quando aveva visto il suo corpo cominciare a cambiare forma, ancora si era ostinata a dare a quelle mutazioni poca importanza, finché la frase della signora O’Hara non l’aveva costretta a prendere atto della realtà. Il suo corpo la tradiva e cresceva a dispetto dei suoi desideri più profondi.
Integra aveva quindi seguito imbronciata e a testa bassa la governante in un negozio di articoli femminili, aveva lasciato che la donna e una commessa le armeggiassero intorno e ne era uscita seguendo la signora O’Hara, sempre imbronciata e a testa bassa e con un sacchetto contenente due reggipetti in mano.
Erano occorse settimane prima che la ragazzina prendesse confidenza con quei nuovi capi di vestiario. Ogni mattina, prima di indossarlo, lo guardava con aria torva, come a ricordargli che lo metteva perché le era stato imposto da altri, non perché lei lo desiderasse. E quando finalmente si era abituata a quella e altre novità (essere orfana, ritrovarsi il capo dell’Organizzazione e la master di un vampiro) ecco che il suo corpo aveva ricominciato a farle il solito scherzetto di cambiare. Nuovamente, Integra si era impegnata a non accorgersene. Sì, lo vedeva che effettivamente i reggiseni acquistati mesi prima contenevano ben poco ormai ma dato che non c’era nessuna signora O’Hara a sottolineare la cosa, la dodicenne aveva potuto fingere che ciò non fosse degno di nota. Come poteva supporre che Alucard potesse sostituire la governante, sbattendole in faccia l’ennesima prova della sua crescita?
Sir Hellsing abbassò la testa, imbronciata, corrucciata e con una gran voglia di piangere. Capiva che non era solo la questione dell’accappatoio, tutti gli ultimi privilegi dell’infanzia le sarebbero stati negati da lì a poco perché ormai stava diventando una ragazza. Walter non le avrebbe più permesso di guardare i cartoni del sabato mattina in pigiama. Probabilmente le avrebbe vietato di vedere i cartoni in toto, con o senza vestiti. E il cestone dei giocattoli sarebbe stato imballato e messo in soffitta e chissà cos’altro sarebbe cambiato.
Integra storse le labbra per impedirsi di piangere. E va bene, dalla prossima volta si sarebbe chiusa l’accappatoio sul seno. Anzi no, dalla prossima volta avrebbe potuto stare in accappatoio solo nella propria stanza, mentre sarebbe dovuta andare a spasso per la casa sempre e rigorosamente vestita.
Tutto questo dalla prossima volta, appunto. Adesso le premeva non darla vinta ad Alucard così, testardamente, ribatté:
- Sono a casa mia e faccio quello che mi pare! -
- Casa tua è anche casa mia e di Walter e se non te ne sei accorta, non facciamo quel che ci pare per rispetto nei tuoi confronti. Ci vedi forse andare a spasso per la villa in mutande? -
Alla malinconia di Integra si mischiò un sottile divertimento, tentando di immaginare il suo maggiordomo e il suo vampiro in mutande ma siccome voleva rimanere seria, storse nuovamente le labbra per impedirsi di ridere. Nel chiedersi se quella di Alucard fosse una battuta o un’affermazione seria, le venne improvvisamente da fare una considerazione mai pensata prima che la stupì talmente da obbligarla a rialzare la testa e fissare il servo con occhi stupiti. Dimentica di tutto il dolore provato poc’anzi, chiese:
- Ma sotto questa tuta di cuoio indossi veramente le mutande? E i calzini? -
Un’espressione stanca si dipinse sul volto di Alucard:
-Perché gli umani sono così morbosamente interessati al mio abbigliamento? -
Gli occhi si Sir Hellsing si sgranarono ancora di più:
- Vuoi dire che non sono la prima persona a farti questa domanda? -
- Certo che no! Prima di te mi posero questa domanda Walter, tuo padre, tua madre, tuo nonno, ogni membro del Consiglio dei Dodici e ogni soldato dell’Hellsing. -
Integra si rese conto che dall’elenco erano esclusi Abraham Van Helsing e sua nonna Eva e non se ne stupì. Era stato Abraham a vestire con la tuta il suo servo, quindi sapeva bene cosa gli aveva o non gli aveva fatto indossare sotto quella corazza di cuoio. Quanto a sua nonna, con tutte le volte che aveva dovuto spogliare e medicare il vampiro prima di restituirgli il controllo dei sigilli, non poteva non sapere come fosse abbigliato. Alucard proseguì:
- Il giorno in cui il governo autorizzò l’Organizzazione Hellsing a spedire me e Walter a Varsavia per combattere contro i ghouls creati dai nazisti, tuo padre andò a ringraziare personalmente il primo ministro Winston Churchill e mi portò con sé. E sai cosa fece Winston Churchill, quando mi rivolse la parola? Mi pose esattamente la stessa domanda che mi hai fatto tu! Dannazione, possibile che un primo ministro non avesse niente di più importante da chiedermi?! -
Integra attese, fiduciosa ma siccome il vampiro sembrava aver esaurito lì la discussione, tornò a chiedere:
- E quindi? Porti le mutande e i calzini oppure no? -
Alucard assottigliò gli occhi con cattiveria:
- Non ti rispondo. Adesso aria, vattene e lasciami leggere in pace! -
- Ma cosa ti costa rispondermi “sì” o “no”? -
- Non mi costa niente ma ho imparato che è perfettamente inutile rispondere a questa domanda. E’ più facile scalfire un diamante che i preconcetti degli umani. Tutti coloro che mi hanno chiesto cosa indossavo o non indossavo avevano già una loro idea su cosa avrei risposto. Se la mia risposta era opposta a quel che si attendevano, semplicemente la ignoravano e continuavano a pensarla come gli pareva e piaceva. Per questo ho imparato a rispondere con un semplice “pensala come ti pare”, così faccio contenti tutti quanti e la piantano di assillarmi. -
- Ma io non ho idee preconcette in merito! Non so davvero come pensarla, per me il “sì” e il “no” si situano in parità, al cinquanta per cento ciascuno. -
- Benissimo, allora pensa pure che indosso le mutande un giorno sì e uno no. Adesso togliti dai piedi e lasciami immalinconirmi in pace contemplando questi manici di scopa. - ringhiò il vampiro, riabbassando gli occhi sul Playboy.
Integra capì che non ci sarebbe stato verso di cavargli nient’altro di bocca e proseguì il suo viaggio verso la cucina, scordando di chiudersi l’accappatoio sul petto.
 
Walter stava preparando la cena in cucina e Integra, nel salone del pianterreno, seduta sul divano, ascoltava il telegiornale. Solitamente i notiziari non le interessavano ma da qualche giorno li seguiva attentamente per ascoltare una notizia che le stava particolarmente a cuore. Notizia che veniva data sempre in coda al TG, obbligando così Sir Hellsing a sciropparsi tutti gli aggiornamenti sulle disgrazie avvenute sul pianeta prima di giungere alla “sua” notizia.
Quella sera venne a sapere che i governi dell’Argentina e della Gran Bretagna si preparavano a riannodare le relazioni diplomatiche, rimaste interrotte per 8 anni a causa della guerra per le isole Falkland. In Unione Sovietica, il Partito comunista accettava di partecipare alle prime elezioni multipartitiche. Proseguiva nella Repubblica Sudafricana il conto alla rovescia per la scarcerazione di Nelson Mandela, prevista l’11 Febbraio.
- Si può sapere chi è questo Mandela? - chiese Alucard - E’ da giorni che i telegiornali non fanno altro che parlare di lui e della sua scarcerazione. -
Il vampiro sedeva stravaccato su di una poltrona, impegnato a rimettere al loro posto le facce colorate di un cubo di Rubik e Integra lo guardò armeggiare mentre rifletteva sulla risposta da fornire al servo. In quegli ultimi giorni, a scuola, gli insegnanti avevano spesso parlato di Mandela con gli studenti, incitandoli a prenderlo  ad esempio ma la ragazzina dubitava di riuscire a sortire l’ammirazione del vampiro verso quell’uomo utilizzando le parole che più frequentemente erano uscite dalla bocca dei professori.  “Patria”, “integrità”, “uguaglianza”, “orgoglio nazionale” avrebbero potuto forse interessare il voivoda Vlad III di Valacchia ma c’era il rischio che venissero pesantemente denigrate dal vampiro Alucard. Integra decise quindi di raccontare solo gli eventi che più l’avevano colpita, sperando di riuscire a trasmettere al servo lo stesso rispetto che avevano suscitato in lei:
- Nelson Mandela venne processato nel tentativo di fargli rinnegare le sue idee ma lui non si arrese, anche se sapeva che rischiava di essere condannato a morte. La condanna a morte venne commutata in ergastolo e Mandela venne sbattuto in una prigione che era un isolotto in mezzo all’oceano. Non chiese mai la grazia, continuò a sostenere i suoi ideali. Si è fatto ventotto anni di carcere senza lasciarsi piegare. Si sono arresi semmai quelli che lo imprigionarono e che hanno deciso di liberarlo. -
Il vampiro sollevò gli occhi dal cubo per osservare senza espressione l’uomo di cui parlava la master. Lo scrutò per qualche momento, poi riabbassò lo sguardo sul gioco. Integra sentì l’amarezza attanagliarle il petto: non era riuscita a infondere in Alucard nemmeno un briciolo di rispetto per quella persona coerente. Certamente il servo doveva averlo classificato fra la massa delle nullità, altrimenti avrebbe reagito in ben altro modo che rivolgendo al signor Mandela quell’occhiata distratta.
Sir Hellsing aveva ricominciato a seguire il telegiornale quando udì la voce di Alucard commentare con apparente distacco:
- Più coraggioso di Galileo e più coerente di un certo principe che accettò di farsi scarcerare per diventare consigliere del re che lo aveva catturato. -
Integra trattenne il respiro: per i canoni di Alucard, quella era probabilmente la massima onoreficenza che potesse attribuire ad un’altra persona, arrivando persino a constatare che era stata più in gamba di lui.
Il tg proseguì con varie notizie di politica interna prima di arrivare finalmente alla notizia che tanto stava a cuore a Integra. Sir Hellsing alzò il volume mentre il giornalista annunciava:
- Ancora nessuna novità sulle indagini riguardanti il brutale omicidio in cui quattro notti fa hanno perso la vita l’agente di polizia Mark Victoria e sua moglie Sonja. Dall’Ospedale St. Mary, in cui è ricoverata la figlioletta di nove anni dei coniugi Victoria, l’unico componente della famiglia  scampata al massacro, è giunta la notizia che la bambina è uscita dal coma e anche se i medici non hanno ancora sciolto la prognosi, le sue condizioni sembrano essere stabili e in via di miglioramento… -
Integra sentì il sollievo alleggerirle il cuore. Sin dalla prima volta in cui aveva udito quella notizia aveva provato un’istintiva empatia verso la figlia del poliziotto. Come lei, era rimasta orfana e aveva rischiato di essere assassinata, con l’aggravante che mentre Integra aveva subito queste due esperienze a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, quella bambina le aveva affrontate contemporaneamente.  
La prima sera in cui il telegiornale aveva parlato del massacro della famiglia Victoria, Integra si era voltata verso Walter e con trasporto aveva detto:
- Se questa bambina non muore, l’adottiamo noi? -
Il tutore le aveva rivolto uno sguardo stupito prima di aggrottare la fronte e rispondere con severità:
- Sir Hellsing, da quando in qua siete diventata emotiva come un’anziana zitella? Se avete intenzione di far entrare in questa casa tutti i bambini sfortunati di cui sentite parlare al telegiornale, Hellsing Manor si trasformerebbe in un orfanotrofio! -
La ragazzina era arrossita, mortificata, mentre un’accozzaglia di sentimenti si scontrava dentro di lei. Le parole con cui Walter aveva accolto il trasporto della dodicenne erano state tutt’altro che lusinghiere e facevano vergognare Integra di se stessa, come se avesse commesso una leggerezza nel perdere il suo abituale sangue freddo. Al tempo stesso, la frase del tutore suscitava nella sua protetta un sottile disprezzo nei confronti dell’uomo, sembrandole improvvisamente di una meschinità incredibile. Dato che la diplomazia non difettava nel maggiordomo, intuendo di non aver fornito una risposta adeguata alla Sir, aggiustò il tiro aggiungendo:
- Quella bambina avrà certamente dei parenti che si occuperanno di lei, nonni o zii, non ci avete pensato? Chi siamo noi per strappargliela? E anche quando non avesse nessuno, esistono enti in grado di occuparsi dei minori molto meglio di noi. A ognuno il proprio lavoro, Sir. L’Organizzazione Hellsing è la numero uno nello sterminio dei mostri ma non saprebbe da dove cominciare se ci affidassero un gruppo di bambini da accudire. Analogamente, una casa-famiglia sa come allevare al meglio un’orfana ma non saprebbe come affrontare un vampiro. Capite quello che voglio dire? -
Integra annuì, a capo chino. Sì, razionalmente comprendeva quel che diceva il maggiordomo ma emotivamente continuava a sentirsi in subbuglio. Non aveva comunque più fatto parola della vicenda, limitandosi a seguire il caso in silenzio, tenendo ogni pensiero per sé. Adesso era contenta nell’apprendere che la bambina di cui non conosceva il nome stesse meglio ma contemporaneamente si chiedeva per quanto ancora sarebbe riuscita a seguire la sua vicenda attraverso i media. Integra non si faceva illusioni: capiva che presto i telegiornali si sarebbero disinteressati del caso della famiglia Victoria, buttandolo nel dimenticatoio. Sui quotidiani avrebbe resistito qualche giorno in più ma alla fine sarebbe scivolato via anche dalle pagine stampate e del destino della sconosciuta bambina, Sir Hellsing avrebbe finito col non saperne più niente.
“ Tutto ciò che posso fare è augurarle quanto più bene possibile “ concluse mentalmente Sir Hellsing e con questo pensiero finì di guardare il telegiornale. L’ultima notizia parlava della sonda spaziale Voyager 1 che lanciata nello spazio nel 1977, stava per avvicinarsi ai confini del sistema solare e per celebrare l’evento, al posto della sigla di chiusura, la redazione avrebbe mandato in onda delle immagini della Terra vista dalla luna.
Integra guardò scorrere quelle foto e quei filmati con indifferenza. Non c’era musica di sottofondo commovente che tenesse: la biglia bianca e blu della Terra contro lo sfondo nero dello spazio era un’immagine che aveva visto e rivisto tante di quelle volte da quand’era nata da esserle venuta a noia e stava allungando la mano verso il telecomando, con l’intenzione di cambiare canale, quando udì Alucard esclamare con voce estatica:
- E’ talmente bello da essere commovente! -
Sorpresa, si girò verso il vampiro. Alucard aveva abbandonato il cubo di Rubik e seduto sul bordo della poltrona, sporgendosi in avanti, quasi volesse entrare dentro il televisore, ammirava quelle immagini con volto serio e sguardo rapito.
- Sembra che tu non abbia mai visto la terra dallo spazio. - non poté fare a meno di ridere la master.
- E’ così, infatti. -
Fu la volta di Integra di stupirsi:
- Ma papà ti mise in letargo l’anno successivo allo sbarco sulla luna! Come puoi dire di non aver visto niente di tutto ciò? -
Senza staccare gli occhi dallo schermo, Alucard rispose:
- Filmati e fotografie erano in bianco e nero a quei tempi. Le foto che stampavano sui giornali, le immagini che mostravano ai telegiornali, non erano neanche lontanamente paragonabili a queste. Era tutto così opaco, confuso e sfocato! In confronto, è come se davvero non avessi visto nulla! -
La master rimase in silenzio, colpita da quell’affermazione. Tentò di immaginare cosa potesse suscitare in Alucard quello spettacolo per lei banale ma per quanto si sforzasse, non riusciva a mettersi nei panni del vampiro. Le schiarì le idee il servo esclamando con semplicità:
- Forse è valsa la pena di arrivare a 500 anni per vedere tutto questo! -
Integra rimase in silenzio, permettendo al vampiro di stupirsi in santa pace di fronte alle immagini che passavano sullo schermo e mentalmente si ripromise di mostrargli tutti i libri della biblioteca di Hellsing Manor che parlassero dell’universo.
 
Da quando Integra era rimasta orfana, Walter aveva preso l’abitudine di cenare con lei. Un giorno, quando la sua protetta fosse diventata maggiorenne, lui avrebbe cessato di essere il suo tutore per tornare ad assumere il ruolo di semplice maggiordomo ma finchè Sir Hellsing era ancora così giovane, lo shinigami comprendeva quanto avesse bisogno di ritagliarsi una fetta di quotidiana vita familiare all’interno della sua nuova esistenza di capo dell’Ordine dei Cavalieri Protestanti e dato che mangiare in compagnia rientrava in ciò che fa sentire una persona “a casa”, Walter stava sempre ben attento a non far cenare la sua principessa da sola.
Anche Alucard contribuiva a creare “un’aria di famiglia” con la sua presenza in sala da pranzo. O tracannava una brocca di sangue seduto a un capo del grande tavolo di noce, o faceva compagnia ai due umani intenti a mangiare stravaccandosi su una delle tante sedie situate lungo il perimetro della sala, intento a passare il tempo smontando qualche apparecchio elettronico sgraffignato nelle camerate delle truppe dell’Hellsing.
Quella sera, mentre master e maggiordomo sorbivano la loro minestra, il vampiro terminò di assemblare le sei facce del cubo di Rubik. Contemplò brevemente la sua opera, poi l’appoggiò sul pavimento, ormai priva di interesse. Alucard si stiracchiò, rimase un poco a meditare sui casi suoi, infine aprì bocca per chiedere:
- E’ ancora aperto il “Sessantanove”? -
Walter rischiò di strozzarsi con l’acqua che stava bevendo: cosa saltava in mente, ad Alucard, di chiedere informazioni su quel locale davanti a Integra?
La sua prima reazione fu di rispondere che non sapeva di cosa stesse parlando il vampiro ma subito scartò quest’idea. Alucard sarebbe stato capacissimo di uscirsene con un serafico:
- Ma come? Non ricordi? E’ quel locale dove… - proseguendo poi con la rievocazione di una sequela di oscenità che il maggiordomo desiderava non far conoscere a Sir Hellsing. Decise così di dire la verità:
- L’hanno chiuso dieci anni fa. -
Tono asciutto e secco, sperando che ciò bastasse a far comprendere al vampiro che la discussione non andava portata avanti.
- Peccato, era una gran bel posto. - commentò Alucard, rimanendo poi in silenzio.
Lo shinigami tirò un sospiro di sollievo, il pericolo sembrava scampato. Non tenne conto però che anche Integra era dotata di una lingua. La vocetta della sua pupilla si librò per la stanza, chiedendo:
- Cos’è il “Sessantanove”? -
Il cuore del tutore mancò di un battito. Si riprese però lestamente, rispondendo:
- Nient’altro che un bar. -
Nel suo tentativo di svicolare l’argomento mediante risposte brevi ed evasive, il povero maggiordomo rimaneva comunque stretto fra due fuochi: se non apriva bocca Integra, allora era Alucard ad intervenire a complicare la situazione. Anche in quel caso, il vampiro sentì il bisogno di ampliare la risposta del collega:
- Il bar costituiva la parte anteriore del locale, accessibile a tutti i passanti. Sul retro del bar si apriva il circolo riservato ai soci. Io e Walter ne eravamo soci. -
Il maggiordomo chiuse gli occhi, affranto. Ecco, ci mancava solo che Alucard raccontasse cosa facevano, in quel luogo di perdizione, e la sua autorità di guida morale ed educatore sarebbe uscita distrutta agli occhi della dodicenne. Tentò quindi di troncare nuovamente la discussione commentando:
- Basta così, Alucard. Ad Integra non interessano questi vecchi ricordi. -
- Invece sì che m’interessano! - chiosò la ragazzina, con le pupille sfavillanti di curiosità - Sono qui a domandarmi che cosa potesse esserci di così interessante in quel locale, da spingere un tipo come Alucard a farsene socio! -
Brividi gelati percorsero la schiena del maggiordomo: e adesso che cosa inventava a quella ragazzina indisponente? Che andavano là a leggere il giornale e fumare il sigaro?
Lo sguardo del vampiro incontrò quello del camerata e un sorriso beffardo si allargò sul suo viso. Capiva cosa turbasse tanto mister Dorneaz. Se avesse desiderato cavare dall’impiccio l’amico, avrebbe potuto rispondere alla curiosità della master con un lapidario:
- Top secret! - trincerandosi poi dietro un muro di silenzio.
Siccome però al nosferatu premeva maggiormente tenere sulla corda il maggiordomo, decise di uscirsene con una spiegazione che pur non infangando Walter agli occhi della sua principessa, riuscisse comunque a tenerlo sulla corda:
- Il “Sessantanove” era il locale fornito del miglior whiskey di tutta Londra e al suo interno incontravi un sacco di gente interessante, sia uomini che donne. -
Il telefono squillò, obbligando Walter ad andare a rispondere. Tremava però al pensiero di cosa potesse uscire dalla bocca di Alucard durante la sua assenza così, puntando minacciosamente un indice contro il nosferatu, in tono gelido annunciò:
- Attento a te! Ci siamo intesi? -
- Ma certo, vecchio mio. - fu la placida risposta del non-morto.
Integra, con la fronte corrugata e il cucchiaio rimasto immerso nel piatto, rifletteva. Dopo che il tutore sparì alla sua vista, bisbigliò al servo:
- Le donne interessanti che incontravate là dentro, erano dello stesso tipo di quelle con cui prendevano appuntamento i clienti della sala da tè che gestivi? -
Stavolta i brividi freddi vennero ad Alucard, comprendendo come il suo gioco si fosse spinto troppo oltre, rischiando di ritorcersi contro di lui. Sì, la fauna femminile che popolava il “Sessantanove” apparteneva alla stessa specie di quella a cui forniva copertura la sala da tè ma ciò che terrorizzava il vampiro in quel momento era che Walter non conosceva nulla del suo secondo lavoro.
Alucard sapeva come condurre i suoi affari e proprio per questo si era ben guardato dal lasciare trapelare alcunché della sala da tè dentro Hellsing Manor. Se l’allora giovane master Arthur e l’ancor più giovane mister Dorneaz avessero saputo che Alucard gestiva un bordello, avrebbero preteso di recarcisi ogni volta che gli pareva, usufruendo di sconti e ciò avrebbe comportato una perdita nei guadagni del vampiro. Per queste ragioni, Alucard si recava a controllare il registro contabile e incassare la sua percentuale alla sala da tè quando era in libera uscita e da solo.
Adesso si chiedeva quale avrebbe potuto essere la reazione di Walter nell’apprendere di essere stato orbato di un simile servizio per decenni. Se non voleva correre il rischio di inghiottire aglio finché lo shinigami fossa campato, era vitale che il camerata non ne venisse a conoscenza così si affrettò a rispondere:
-No, master, cosa vai a pensare? Il “Sessantanove” non era un locale di quel tipo! - poi, accigliandosi e guardando la padroncina con severità, in tono scandalizzato proseguì - Come puoi pensare che il tuo tutore, il rispettabilissimo Walter C. Dorneaz, possa essere stato un giovane talmente scapestrato da frequentare un bordello? -
Nascosto dietro la maschera del finto indignato, Alucard fremeva: il suo tentativo di instillare carognescamente il senso di colpa nella master, assicurandosi il suo silenzio, sarebbe riuscito?
Il faccino di Sir Hellsing sbiancò. Fosse stata una cagnolina, le sue orecchie si sarebbero abbassate dalla mortificazione.
Già, come aveva potuto supporre una simile condotta infamante in Walter? Piena di vergogna, balbettò:
- Hai ragione, Walter non farebbe mai una cosa del genere. Ho parlato senza riflettere. Ho pensato soltanto ai divertimenti che avresti cercato tu, senza pensare che con te c’era lui. Ti prego, non dirgli nulla della nostra conversazione! Chissà come ci rimarrebbe male! -
- Non temere master, il tuo segreto, con me, è in una botte di ferro! - annuì solennemente il vampiro.
Il silenzio regnò nella sala da pranzo per il successivo minuto che il maggiordomo impiegò al telefono.   
- Il generale Walsh con degli impicci burocratici da risolvere. - spiegò poi, raggiungendo i commensali.
Notando il visino ancora mogio di Integra, un terribile dubbio l’assalì e voltandosi come una furia verso il Re-senza-vita, ringhiò:
- Cos’hai raccontato durante la mia assenza? -
- Ho solo rievocato il divertentissimo capodanno del ’68 che passammo al circolo, quando riuscimmo ad ubriacare di “rum e pera” tutti i centoventinove ospiti presenti, armandoci solo di due pistole ad acqua. Ricordi? Caricavi la tua col succo di pera, io nella mia mettevo il rum e correvamo come dei treni per tutta la sala, sparandolo in bocca alla gente. -
Walter, più calmo di prima ma sempre arrabbiato, tornò a sedersi al suo posto:
-Alucard, perché devi sempre eccedere nei tuoi racconti? E’ vero, in quel modo ubriacammo delle persone ma non erano tutti i centoventinove avventori… e poi chi te lo dice che c’erano centoventinove persone là dentro? -
Il vampiro aggrottò le sopracciglia, sforzandosi di far ordine nei propri ricordi. Era sicuro di essere riuscito ad ubriacare centoventinove persone in un colpo solo ma se non era stato in compagnia di Walter al “Sessantanove”, allora quand’era successo? Forse era stata quella volta in cui aveva inseguito un folletto, uno degli ultimi Redcap di cui si era occupata l’Organizzazione Hellsing, intruppatosi alla “Festa della birra”?
Sì, ora ricordava! Era stato proprio in quell’occasione!
Il folletto sgommava veloce come Speedy Gonzales, schivando i colpi che sparava con Casull e i potenti proiettili avevano finito con lo squarciare un numero imprecisato di  botti che avevano riversato cascate di birra sugli avventori, passati nel giro di pochi minuti dalla paura per la sparatoria ad un’ubriachezza molesta e ridanciana.
Ma chi avevano sbronzato allora durante il capodanno del ’68, a pistolettate di rum e pera?
- Ora ricordo! - esclamò giulivo il vampiro, illuminandosi in volto - tu sbronzasti la tizia vestita da Cappuccetto Rosso, e io quella travestita da Catwoman! -
L’occhiata feroce che Walter scoccò al vampiro gli fece intendere quanto fosse deleterio rivangare ulteriori ricordi di quel capodanno e la cena degli umani proseguì in silenzio finché Integra, ripresasi dall’umiliazione di qualche minuto prima, chiese:
- Ma perché si chiamava “Sessantanove”? -
Walter agì con rapidità: la drammaticità della situazione lo imponeva. Per prima cosa, tappò la bocca al vampiro con un lapidario:
- Tu taci! -
Poi si voltò verso la ragazzina spiegando:
- Si chiamava come il suo numero civico. -
- Che era 90. - aggiunse Alucard, col gomito appoggiato al bracciolo della sedia, il mento appoggiato sul palmo della mano, gli occhi rivolti verso il cielo e un’espressione angelica sul viso.
Sir Hellsing, troppo giovane per cogliere l’indizio del vampiro, proseguì a sorbire la sua minestra finché una nuova curiosità l’assalì:
- Alucard, negli anni ’60, quando mio padre ti concedeva una libera uscita, te ne andavi a spasso per Londra con i pantaloni a zampa d’elefante e le camicie con le fantasie psichedeliche? -
Il vampiro fece spallucce e in tono serafico rispose:
- Se conciarmi in quel modo mi consentiva di rimorchiare qualche squinzia, perché no? -
Integra sbatté le palpebre: faticava a immaginare il servo agghindato con i calzoni bicolori e le camicie dal colletto a punta. Non sazia, proseguì:
- Indossavi anche i medaglioni col simbolo del “peace”? -
- Ah no master, quello no! - rispose il vampiro in tono risentito - Per chi mi hai preso? Sono un guerriero, non un pacifista! Gli anni ’60 sono stati indubbiamente una botta di vita rispetto ai seriosi decenni precedenti ma non ho mai digerito quel clima da “pace e amore” che si respirava. A chi mi diceva, alzando l’indice e il medio “peace and love” io rispondevo alzando l’indice e il mignolo e dicendo “war and sex”. Il medaglione col simbolo della pace lo indossava il tizio che ora ti siede accanto facendo finta di niente. E si cotonava anche i capelli! -
La minestra andò di traverso a Walter: e che cribbio, proprio ora che stava mangiando in santa pace dovevano tirarlo a forza in quella discussione?
Gli occhi costernati di Sir Hellsing si piantarono sul tutore. Quella rivelazione sui capelli cotonati spalancava alla ragazzina un mondo di ipotesi sulla gioventù del maggiordomo. Lo shinigami si affrettò a difendersi:
- Mi sono conciato in quel modo solo una volta, per una festa di carnevale! -
Sir Hellsing rimase dubbiosa: doveva credergli o stava spudoratamente mentendo?
- Integra, credimi! Come puoi pensare che un uomo della mia mentalità, del mio modo d’agire e del mio stile di vita avesse alcunché in comune con quei capelloni perdigiorno che si asserragliavano dietro le barricate, tirando sassi ai poliziotti? -
- Credigli master. Walter è il tipo di persona che si sarebbe unita ai poliziotti per caricare e manganellare i manifestanti, non certo per proteggerli. -
- Grazie Alucard, i tuoi interventi mi sono sempre d’aiuto! - rispose sarcastico il maggiordomo, consapevole di aver perso diversi punti nella stima di Integra con quell’accenno alla sua approvazione alle cariche agli studenti.
- Oh, di nulla vecchio mio, è sempre un piacere! - rispose Alucard schiaffeggiando l’aria con una mano, gongolando nell’udire quel che credeva essere un complimento.
Poi, rivolgendosi alla padrona, spiegò:
- Walter non aveva bisogno di seguire la moda del momento per far colpo sulle ragazze. Era un bel giovanotto, gli bastava biascicare qualche parola in spagnolo perché cadessero tutte ai suoi piedi. -
Il maggiordomo arrossì. Quegli aneddoti, rivangati davanti a chiunque non fosse Integra l’avrebbero fatto gongolare ma al cospetto della sua protetta, tutto cambiava.
Compito suo era educare quella ragazzina con polso inflessibilmente severo, così da prepararla al ruolo che avrebbe ricoperto da adulta ma come poteva continuare ad ergersi a sua guida morale se Alucard gli scopriva tutti gli altarini?
Gli occhi di Sir Hellsing scrutarono il tutore con stupore ma a differenza di quanto temeva Walter, non fu il suo passato di Casanova a incidere maggiormente sulla mente della dodicenne:
- Sai parlare spagnolo? Perché non me l’hai mai detto?! -
Spiazzato che quello fosse il principale motivo della riprovazione di Integra, l’uomo farfugliò:
- Non sono spagnolo, sono nato a Gibilterra e lì parliamo il Llanito, un miscuglio di inglese e andaluso. Non lo si può definire spagnolo, per questo non ti ho mai detto che so parlarlo. E comunque sono arrivato a Londra quando avevo un anno e in famiglia abbiamo sempre parlato inglese così che anche di Llanito conosco pochissime parole. -
- Sufficienti però a far colpo sulle squinzie. - s’intromise Alucard - il tuo maggiordomo, master, era ciò che cercavano. Un inglese verace con un pizzico di esoticità che non guastava. Era sempre davanti a me nel conteggio di chi ne rimorchiava di più. Adesso posso ammetterlo: spesso mi sono spacciato per un gibilterrese, sperando così di aumentare le mie probabilità di imbroccare. Buttavo là un paio di “muchacha bonita” e “senorita encantadora” e mi lanciavo all’arrembaggio. -
Integra stentava a credere alle proprie orecchie:
- Ma come! Un tipo orgoglioso come te che si abbassa a simili sotterfugi, appioppandosi una nazionalità che non gli appartiene! -
Senza scomporsi, anzi con una serietà incredibile, il vampiro spiegò:
- Non c’è niente di stupefacente, master. Ricorda: un uomo è disposto a fare quasi di tutto per la… -
- Non ti azzardare a terminare questa frase! - sibilò Walter, minaccioso come un serpente a sonagli.
- Perché? Non sto parlando di qualcosa che Integra non conosce. Ce l’ha anche lei. Ti sei accorto che è una femmina? - rispose placido il vampiro.
- Certo che me ne sono accorto, e molto prima di te! Non hai un’idea di quanti pannolini le abbia cambiato! - tuonò il maggiordomo, paonazzo di indignazione per la direzione che Alucard voleva far prendere al discorso.
Integra, dal canto suo, rimasta col cucchiaio in bocca, girava la testa ora verso un interlocutore, ora verso l’altro. Non comprendeva di cosa stessero parlando, perché Walter sembrava ben deciso a non rivelare il soggetto di quell’alterco, però comprendeva che si trattava di una di quelle discussioni che solitamente gli adulti non intavolano di fronte ai ragazzini, così stava ben attenta a non perdere una sola parola di quell’inusuale conversazione.
Alucard intanto stava annuendo:
- Bene, quindi converrai che sia giusto informarla su quali siano le sue potenziali armi in possesso. -
- Non convengo minimamente! - Tuonò il maggiordomo - Anzi, tappati quella bocca prima che te faccia pentire amaramente! -
- Perché? Cosa c’è di male? Prima o poi ci caschiamo tutti, no? Non c’è niente di imbarazzante nell’ammetterlo. Io, almeno, non me ne imbarazzo. Ad esempio, un’estate volevo andare a succhiare umani nella città di Pucioasa. Le mie Leonesse invece volevano andare a caccia di umani a Bucarest e avere così la scusa di vedere la fiera che allestivano nella capitale. Scartai la loro proposta per una questione di principio: io ero il capobranco e facevamo quello che io dicevo. Se avevo deciso che saremmo andati a Pucioasa, a Pucioasa saremmo andati. Messa in questi termini, anche per le Leonesse diventò una questione di principio. Risposero che essendo le proprietarie del mio giocattolo preferito, decidevano loro se e quando farmi giocare e tutte e tre erano ben decise a non farmela rivedere se prima non fossero state alla fiera di Bucarest. Avevo più di  trecentocinquanta anni sul groppone e quello era il più grave ammutinamento da parte dei miei sottoposti in cui mi fosse capitato di imbattermi fino ad allora. Risolsi la questione nell’unico modo plausibile: galoppai forsennatamente notte e giorno per condurle alla fiera di Bucarest prima che chiudesse. Non volevo correre il rischio di restare a stecchetto fino alla fiera successiva. Le mie mogli erano femmine di carattere, se promettevano una cosa, la mantenevano, quindi potevo star certo che se minacciavano di non farmela rivedere fino all’anno seguente, sarebbero passate dalle parole ai fatti, nonostante questa decisione avrebbe fatto soffrire anche loro. Non avrebbero ceduto  neanche se mi fossi inginocchiato a supplicarle in aramaico. -
- Bene, adesso che hai raccontato questa storiella basta così, capito? Basta! - ammonì Walter in tono severo, desideroso di poter finalmente cenare in pace.
- Perché la definisci “storiella”? Non me la sono inventata! E’ vita vissuta! Anzi, non-vita non-vissuta! - insorse Alucard che tornò all’attacco - Ed è quello che vorrei spiegare ad Integra, se solo tu non m’interrompessi sempre. Ricorda master, quando sarai grande, per far rigare dritto tuo marito… -
- Taci! Taci! Taci! - ruggì Walter, al limite della sopportazione.
- Ma perché? -
- Non sono discussioni adatte alla sua età! -
- Ma se a scuola sentirà dire di peggio! -
- Non è detto che capisca tutto ciò che dicano! -
L’ansia di Walter, Alucard non la comprendeva. Lui era abituato a parlare a ruota libera davanti alla master e sì, lo vedeva bene che molti dei suoi discorsi non venivano compresi dalla padrona, ancora troppo giovane per capire certe affermazioni ma il vampiro aveva fiducia che quelle parole non andassero perdute ma rimanessero chiuse in un angolo della mente di Integra, pronte ad essere ricordate e tirate fuori al momento giusto. Anche adesso, non vedeva che male ci fosse nel mettere a conoscenza la master di quella semplice verità dell’esistenza. Se la capiva, bene, se non la capiva, l’avrebbe compresa più avanti. Il vampiro tentò di far comprendere la semplicità della sua posizione al maggiordomo tirando dalla sua parte l’antica saggezza popolare:
- Ma lo dice anche il proverbio che un carro da buoi non tira quanto… -
- BASTAAA! - ruggì Walter, alzandosi dalla sedia così precipitosamente che questa cadde a terra con gran fracasso.
Voltandosi verso Integra, intimò:
- Va’ subito in camera tua! -
- Perché? - protestò la ragazzina - Non ho fatto niente di male! -
- Lo so ma dato che non riesco a far tacere Alucard, non mi resta che allontanare le tue orecchie! -
- Ma devo finire la cena! -
- Te la porterò in camera. Adesso fila, senza aggiungere altro! - sibilò il tutore e il suo viso era così minaccioso che la ragazzina non ebbe il coraggio di protestare ulteriormente.
Si avviò quindi a testa bassa e con la fronte aggrottata verso il corridoio, ribollendo di sdegno ma la rabbia maggiore non era causata tanto dall’essere punita senza che ne avesse avuto colpa, quanto che la punizione fosse calata prima di scoprire di cosa stessero farneticando i due adulti!
Walter, infatti, dopo aver avviato la sua protetta verso la camera, si era premunito di sigillare la bocca del vampiro sibilandogli con ferocia:
- Un’altra parola e ti farò pentire di essere uscito dal letargo! -
Alucard comprese che stavolta non l’avrebbe spuntata. Troppo imbestialito era il maggiordomo per poterlo sfidare a cuor leggero. Stavolta gliel’avrebbe fatta pagare per davvero.
Il nosferatu guardò la sua master sfilargli davanti con la fronte aggrottata e comprese il motivo della sua frustrazione. Essere puniti senza togliersi neanche la soddisfazione di conoscere il perché di tanto marasma! Il vampiro pensò che anche lui, al posto di Integra, si sarebbe sentito scoppiare il cuore dall’ingiustizia! Ma come svelare alla ragazzina il soggetto inespresso di tutte quelle frasi senza incappare nell’ira di Walter?
Sentimenti contrastanti cozzarono nel petto del vampiro, mentre vedeva la schiena della master allontanarsi nel buio del corridoio, diretta allo scalone: veniva prima la fedeltà alla padrona o l’attaccamento alla propria salute?
Alucard non sapeva decidersi e sarebbe rimasto in stallo per chissà quanto se una terza considerazione non si fosse fatta strada nella sua mente: e il piacere di un bel dispetto, dove lo metteva?
“ Ma Walter me la farà pagare salata! “ pensò una parte del suo cervello.
“ Ma ti sarai tolto la soddisfazione di avergli disubbidito! “ rispose l’altra parte del suo cervello.
“ E se torna a versare l’aglio nelle mie sacche di sangue? “
“ Ti consolerai ricordando la sua sconfitta in questo momento. “
La schiena di Integra stava ormai svanendo nell’oscurità. Alucard non poteva più tergiversare, doveva prendere una decisione, subito! Rapidamente, mise le mani a coppa intorno alla bocca, così da farsi udire anche a distanza e urlò alle spalle della master la spiegazione che meritava di conoscere:   
- Gnocca! Stavamo parlando di gnocca! -
Integra non udì l’ultima frase, coperta del rumore del piatto infranto che Walter ruppe in testa al vampiro.
 
Giunse il venerdì. Walter era intento a spolverare i mobili dell’atrio e Integra gli dava una mano passando l’aspirapolvere sul pavimento.
Da quando la servitù era fuggita, lasciando nella villa solo il maggiordomo, la ragazzina e il vampiro, lo shinigami aveva stabilito che Sir Hellsing dovesse per lo meno occuparsi della propria stanza e dell’annesso bagno personale. A parte quest’incombenza quotidiana, se alla dodicenne avanzava tempo, doveva dargli una mano nella pulizia dei locali della villa rimasti aperti.
Integra si era assoggettata di buon grado a quella richiesta, comprendendo l’impossibilità che mister Dorneaz potesse provvedere da solo a quei corridoi chilometrici, tanto più che non c’era verso di farsi aiutare da quel perdigiorno di Alucard.
Essere il responsabile della fuga dei domestici non aveva suscitato nel nosferatu il benché minimo senso di colpa capace di spingerlo ad impugnare una scopa o uno strofinaccio e dare una mano a lustrare la propria cuccia e anzi quando Walter ventilava una simile eventualità, il mostro rispondeva indignato:
- Io, il Principe della Notte, il Signore delle Tenebre, il Re Senza Vita, dovrei svilirmi al rango di un servo? Come puoi farmi una simile richiesta?! -
- Visto quello che hai combinato, mi sembrerebbe il minimo che ripagassi i danni aiutandomi in casa! -
- Io non ho combinato nessun danno, non ho colpa se il sistema nervoso delle persone che avevi assunto era tanto eccitabile! Se proprio vuoi saperlo, la responsabilità è solo tua, dovevi essere più accorto nell’assumere dei servi con i nervi saldi! -
- Si dà il caso che quando li assunsi tu eri in letargo e non sembrava che dovessi uscirne alla svelta, quindi perché avrei dovuto considerare la capacità di resistere alla tua nefasta influenza fra le qualità che cercavo nei miei dipendenti? -
Il vampiro faceva spallucce:
- Rimane comunque colpa tua. -
Il maggiordomo si passava una mano sul volto, esasperato. No, non voleva litigare, aveva troppe cose da fare per poter sprecare energie preziose in un alterco. Non per questo però era disposto a demordere:
- Mi spieghi come mai nel libro di Bram Stoker, durante il periodo in cui Jonathan Harker era ospite nel tuo castello, eri tu che ti preoccupavi di servirlo e rifargli il letto? Non ti avviliva, a quei tempi, fare il cameriere? -
- Era un’altra situazione. - rispondeva il nosferatu - Le Leonesse non condividevano il mio progetto di migrare a Londra ed erano disposte a tutto pur di mettermi i bastoni fra le ruote. Se avessi chiesto loro di occuparsi dell’ospite, me lo avrebbero divorato anzitempo, quando ancora mi serviva che rimanesse in vita. Era quindi più salutare per i miei piani che mi occupassi io di quell’idiota. Quella però era una situazione di emergenza. In questo momento non vedo assolutamente nessuna ragione per cui dovrei sporcarmi le mani. -
La ragione la vedeva Walter, oberato di lavoro che non poteva fare a meno di sbottare:
- Maledetto vampiro, tutto ciò che ti ho chiesto è di passare la cera sui mobili! Non mi sembra un’incombenza umiliante! Non ti sto chiedendo di pulire i cessi di casa! -
- Per un Signore come me non esiste una graduatoria: tutto è svilente allo stesso modo, pulire i cessi quanto spalmare la cera sui cassettoni! - replicava sussiegoso Alucard e a quel punto Walter gettava la spugna e tornava alle proprie incombenze imprecando contro i vampiri e anche contro Van Helsing, reo di aver riportato al mondo quel piantagrane.
Quel pomeriggio non era diverso dai soliti e ciò si traduceva in un Walter e in un’Integra al lavoro e in un Alucard che si faceva i fatti propri con le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta. Quelle mani in tasca avevano sorpreso Sir Hellsing. Era certa che nella tuta di cinghie di cuoio non ci fossero tasche.
“ Deve averle materializzate apposta “ concluse la biondina e una volta di più si stupì della capacità del servo di manipolare la materia.
- Manca un’ora alla fine delle lezioni scolastiche, vero? - chiese Alucard con voce sufficientemente alta da sovrastare il frastuono dell’aspirapolvere.
- Sì. - replicò la master, sorpresa da quell’uscita.
- Allora, Walter, è bene che tu vada a prendere Basil Irons a scuola. - disse il vampiro, battendo una mano sulla spalla del camerata.
Integra spense l’aspirapolvere e drizzò le orecchie, essendo stato nominato il suo caro Basil e Walter si girò verso il nosferatu con aria perplessa, non comprendendo il senso di quell’affermazione. Alucard si degnò di spiegare:
- E’ un compagno di Integra. Ieri aveva telefonato per parlare con lei ma la master era sotto la doccia, così abbiamo chiacchierato e alla fine l’ho invitato a venire a stare qui per due giorni. Dici sempre che da quando mi sono risvegliato Integra non ha più vita sociale, così ho deciso di rimediare. -
Istanti di attonito silenzio calarono nell’atrio. Integra si chiedeva se stesse sognando, incredula che il suo amato Basil stesse arrivando per rimanere con lei per ben due giorni! Walter invece stentava a credere che Alucard avesse osato scavalcare in quel modo la sua autorità di tutore di Sir Hellsing. Quando si riprese da quei momenti di sgomento, la sua ira esplose come un’eruzione vulcanica:
- Come hai osato prendere una simile iniziativa senza prima consultarmi?! - sbraitò - Non posso far entrare un minorenne in una villa infestata da un vampiro! E’ troppo pericoloso! -
Il non-morto mise il broncio, seccato dalla mancanza di fiducia dell’umano nei suoi confronti:
- Te l’ho già detto una volta, conosco la buona educazione. So che è scortese bere gli ospiti della propria padrona, non mi sognerei mai di mettere Integra in imbarazzo impedendole di riconsegnare un amico ai rispettivi genitori, quindi perché sei tanto ostile nei miei confronti? -
- Perché saresti capacissimo di traumatizzarlo in altri modi! Passeggeresti sul soffitto, attraverseresti le pareti… -
- Oh, andiamo Walter! Divertirmi a traumatizzare dei servi senza importanza è un conto, mancare di rispetto all’amico della mia master è un altro! Non mi sognerei mai di mettere paura a quel ragazzino giocandogli simili scherzi. Mi comporterò nel più corretto dei modi, fingerò di essere un umano e reciterò così bene che davvero mi crederà una guardia del corpo qualsiasi! -
- Non ti darò la possibilità di recitare! E’ una questione di principio! Solo io posso decidere su quel che riguarda la vita di Integra finché non sarà maggiorenne perché sono il suo tutore! Io e non tu che sei solo un semplice schiavo, capito zuccone? Quindi adesso telefonerò a casa di questo ragazzino per scusarmi e disdire l’invito. -
Ciò detto, il maggiordomo si avviò verso il telefono e fu con enorme stupore che vide Integra, rimasta in silenzio fino ad allora seguendo con la massima attenzione la discussione, scattare come una centometrista verso l’apparecchio, afferrarlo, nasconderselo dietro la schiena e, guardando il maggiordomo con due occhi spiritati, sibilare:
- Dovrai passare sul mio cadavere! -
Per Sir Hellsing la situazione era molto semplice: il suo Basil (di cui anche mentalmente continuava a immaginarne il nome scritto con un cuoricino al posto del puntino sulla “i”) da lì a poco sarebbe giunto per rimanere con lei la bellezza di due giorni filati e la ragazzina era decisa a combattere come una tigre pur di non farsi defraudare di un simile miracolo. Walter, che mai aveva visto la propria protetta ribellarsi alla sua autorità in modo tanto feroce, balbettò:
- Sir, cercate di comprendere…è pericoloso, con Alucard a spasso per la villa… -
Integra per tutta risposta scosse la testa, con occhi sempre più spiritati, decisa a tenersi ben stretto l’amico difendendolo con le unghie e con i denti da tutto e tutti. Alucard intervenne in tono sornione:
- Non temere master, Walter è destinato a scontrarsi con un’amara sorpresa. I genitori di Basil sono partiti per lavoro stamattina e torneranno domenica. La tata del tuo amico è in ospedale a curarsi la polmonite e dentro Irons Manor non c’è nessuno che possa occuparsi del ragazzino. Il tuo tutore è obbligato ad accogliere Basil sotto questo tetto, a meno che non sia un tale cuore di pietra da abbandonare un dodicenne all’aria aperta per quarantott’ore ma sinceramente non mi sembra il tipo. -
Maggiordomo e padroncina osservarono diffidenti il vampiro, non sapendo quanto dar credito alle sue parole. Finalmente Integra si decise a tirare fuori il telefono, seppur con gesti lenti, porgendolo a Walter.
Mister Dorneaz telefonò a casa Irons col cuore in gola. Rispose la donna delle pulizie che confermò parola per parola la storia del vampiro. I signori erano partiti e sarebbero tornati domenica. La tata era ricoverata in ospedale con la polmonite. Era forse accaduto qualcosa al piccolo Basil?
- No, non è accaduto niente, avevo solo telefonato per…per…per sapere se il bambino è allergico a qualcosa o posso dargli da mangiare qualsiasi pietanza. - mentì il maggiordomo, non sapendo che frottola inventare per non allarmare la domestica.
- No, Basil non è allergico a niente, può dargli da mangiare anche i sassi! - esclamò giovialmente la donna, chiudendo la comunicazione.
 Walter si voltò verso master e monster, sconfitto.
- E adesso dove lo mettiamo a dormire? - si lamentò l’uomo - Non c’è una sola stanza degli ospiti che sia pronta! -
- Problema facilmente risolvibile. - assicurò Alucard - Tu avviati a prendere il marmocchio a scuola e io e la master pensiamo a sistemarne una. Io spolvererò e Integra rifarà il letto. -
Walter e Integra guardarono con occhi sgranati il vampiro. Alucard che si metteva a fare le pulizie?! La fine del mondo era certamente vicina! Il Re-senza-vita proseguì convinto:
- Mi basterà spalancare le finestre e soffiare sui mobili e in due minuti non ci sarà più un solo granello di polvere! -
Lo stupore dei due umani cessò. Ah, ecco in cosa consisteva lo spolverare di Alucard! Perfettamente in linea con la sua fissazione di non sporcarsi le mani, fra l’altro. C’era solo un piccolo inconveniente, come fece notare Walter:
- Alucard, non siamo nella favola dei tre porcellini e non si spolvera una stanza soffiandoci dentro. -
Con solennità, il non-morto replicò:
- Non conosci la potenza dei miei polmoni! Se in quella fiaba ci fossi stato io al posto di quel lupo inetto, ti assicuro che quei tre porcelli non ne sarebbero usciti vivi. Non avrei espirato per tentare di buttare giù gli edifici. Avrei inspirato, in modo da cacciarmi nello stomaco tutta la casa col maiale dentro e stai pur certo che sarei riuscito nell’intento! Ma adesso basta chiacchere, passiamo ai fatti!-
Voltandosi verso la master, disse:
- Vai a prendere lenzuola e coperte. Io comincio a soffiare nella stanza. -
- Va bene! - rispose la ragazzina, seria.
Dopo di che master e monster si avviarono in direzioni opposte, verso il ripostiglio l’una e il corridoio degli ospiti l’altro. A Walter non rimase che andare a prendere Basil a scuola.
 
Se Integra, a dodici anni, cominciava già ad avere le forme della donna, Basil, alla stessa età, aveva ancora un aspetto fanciullesco, col faccino imberbe e le spalle strette e il pancino tondo da bambino. A dispetto del suo fisico ancora infantile, il ragazzino emanava un’aurea di maturità ben superiore non solo rispetto a quella dei coetanei ma anche a quella di molti ragazzi maggiori di lui e di questo Walter se ne rese conto parlando col giovane ospite durante il tragitto.
- Vuole sapere una cosa strana, signor Dorneaz? Dal vivo la sua voce è profondamente diversa da come appare al telefono. Mi sembra quasi di parlare con un’altra persona. -
Lo shinigami comprese che Alucard si era spacciato per lui quando aveva invitato Basil ad Hellsing Manor e a denti stretti rispose:
- Me lo dicono in molti. -
Intanto, dentro la villa, mentre finivano di sistemare la stanza destinata ad accogliere Basil, un timore fece voltare di scatto Integra verso Alucard:
- Ti vedrà le zanne! Come puoi passare per umano, con quei canini lunghi? -
Il vampiro serrò le labbra, serio in volto, osservando la master per alcuni istanti. Poi tornò a ghignare e scoprendo i denti, chiese:
- Quali zanne? -
Sir Hellsing si accorse con stupore che i canini di Alucard adesso avevano delle normali dimensioni umane. Ma in fondo, perché sorprendersi? Il suo vampiro non era forse capace di plasmare la materia a suo piacimento? Quindi perché non poteva essere capace di accorciare o allungare i canini come più gli aggradava?
Terminata di sistemare la camera degli ospiti, Integra si sedé sullo scalone d’ingresso, contando ansiosamente i minuti e sfogando il nervosismo dell’attesa battendo le dita sulle ginocchia e i piedi sul gradino. Finalmente il portone d’ingresso si aprì e la dodicenne scattò come una molla, correndo ad accogliere l’amico.
- Sono contentissima che tu sia a casa mia! - esclamò raggiante, con un sorriso che le andava da un orecchio all’altro.
- Anch’io sono contentissimo di essere qui. - rispose Basil, in tono più pacato ma con un sorriso altrettanto genuino.
Gli occhi dell’ospite si spostarono su una figura vestita di nero apparentemente emersa dal nulla alle spalle di Integra. Il nuovo venuto scrutò il ragazzino come se potesse radiografargli l’anima con lo sguardo e con un ghigno si presentò, tendendo la mano:
- Alucard Nosferatu. -
Il faccino di Basil divenne serissimo e mentre ricambiava la stretta non poté fare a meno di esclamare:
- Siete il famoso Alucard? Integra a scuola parla tantissimo di voi! -
Quella frase suscitò reazioni contrastanti. Walter se ne risentì. Durante il viaggio in macchina, Basil gli aveva rivelato:
- Integra parla tanto di voi a scuola. -
Il maggiordomo internamente ne aveva gongolato ma adesso scopriva che la sua protetta, a scuola,  parlava tantissimo di Alucard e dato che “tantissimo” è molto più di “tanto”, sentì la gelosia pungergli spiacevolmente il cuore.
Il vampiro, dal canto suo, a quelle parole aveva fatto sparire il ghigno dal viso per diventare mortalmente serio.
- Davvero? E cosa dice di me? - chiese, sempre tenendo stretta la manina di Basil nella sua.
Il ragazzino arrossì per l’imbarazzo:
- Non credo sia giusto riferire… -
Intervenne Integra, seccata dal fatto che il servo stesse tenendo sotto sequestro il suo ospite e sommamente scocciata che venisse a conoscenza di quel che diceva sul suo conto quando non era presente:
- Smettila di imbarazzarlo! Non vuole parlare, non lo capisci? -
Alucard ignorò totalmente la padrona e rivolgendosi al giovane Irons, lo tranquillizzò dicendo:
- Non temere ragazzo, Integra abbaia ma non morde. Al massimo rompe nasi ma solo in circostanze particolari. Spiffera pure quel che racconta su di me, non ti farà niente, te lo prometto. -
Dato che il dodicenne ancora nicchiava, Alucard, sempre tenendolo per mano, lo trasse in disparte da Sir Hellsing e mister Dorneaz e a quel punto l’ospite si arrese a vuotare il sacco, parlando all’orecchio del nosferatu che si era chinato su di lui.
Pareva che Basil avesse parecchie cose da raccontare perché Alucard rimase curvo a quel modo per un paio di minuti buoni, con un’espressione solennemente seria sul volto, come se stesse accogliendo rivelazioni della massima importanza.
- Ma insomma! - protestò Integra battendo un piede a terra, arrabbiata nel vedersi sottrarre l’amico a quel modo.
Anche Walter, giudicando disdicevole la situazione, non poté fare a meno di intervenire:
- Alucard, metti in imbarazzo il nostro ospite. E’ ingiusto imporgli di rivelare quel che Integra gli ha confidato! -
Il mostro ignorò totalmente i due umani e solo quando Basil non ebbe più niente da dirgli si rialzò in tutta la sua statura. Appoggiando una manona sulla spalluccia del ragazzino, lo accomiatò dicendo:
- Ti ringrazio per la sincerità. Adesso và pure da Integra. -
Il giovane Irons non se lo fece ripetere e i due compagni di scuola salirono di corsa lo scalone, uno di fianco dell’altra.
I due uomini li videro sparire e solo allora Alucard si tolse dal viso la sua maschera di impassibilità per concedersi un largo sorriso trionfante:
- Ah-ah! Lo sapevo che quella ragazzina pensava questo di me! -
Ciò detto, si avviò soddisfatto verso la cucina, evidentemente desideroso di festeggiare quelle che considerava buone notizie scaldandosi una porzione di sangue.
Walter rimase da solo nell’atrio e comprese con disappunto che fra tutte le persone presenti in casa, era l’unico a non avere la più pallida idea di cosa avesse detto Integra, per far gongolare a quel modo lo schiavo. Una curiosità spasmodica lo incitava a inseguire il vampiro, aggrapparsi a una delle sue braccia e chiedergli di mettere al corrente anche lui dei pensieri di Integra. L’orgoglio però lo trattenne: andiamo, aveva appena smesso di rimproverare Alucard perché stava forzando le confidenze di Basil, come poteva abbassarsi anche lui al rango di una comare pettegola?
Fu così che l’angelo della morte si arrese, seppur a malincuore, a non sapere cosa la master dicesse del monster.
 
Walter stava terminando di pulire l’atrio quando vide Alucard dirigersi con le mani in tasca su per lo scalone. Dato che al piano superiore c’erano Integra e Basil, il maggiordomo immaginò che il vampiro volesse recarsi da loro e bloccò i suoi passi ammonendolo severamente:
- Non sei un po’ troppo cresciuto per giocare con dei dodicenni? -
- Non temere, non vado a rompergli le scatole facendo il terzo incomodo. Li spio di nascosto. -
Lo shinigami storse il naso. Ciò che voleva fare Alucard gli sembrava disonesto ancor prima che insensato, così rincarò la dose:
- Ma non puoi lasciarli in pace? -
- Walter, sono una persona che sa stare al mondo quindi abbi un briciolo di fiducia nei miei confronti! Ti prometto che se vedo quei due cominciare a baciarsi e a rotolarsi sul pavimento, tolgo le tende e torno giù. Non sono un guardone, io! -
Il maggiordomo piantò sul vampiro due spiritati, incredulo che avesse potuto fare simili insinuazioni sulla sua master:
- Come osi parlare in questo modo di Integra?! -
Alucard allargò placidamente le braccia:
- Prima o poi dovrà accadere, no? Non crederai che resterà vergine a vita? Povera ragazza, un po’ di sano divertimento lo meriterà anche lei! -
Walter boccheggiò per qualche istante senz’aria prima di riuscire a replicare:
- Appunto, come hai detto tu “prima o poi”, nel senso che è molto meglio “poi” che “prima”! E adesso è decisamente troppo “prima”! Lurido animale, ti rendi conto che Integra e Basil hanno soltanto dodici anni?! -
Il vampiro sospirò spazientito. La situazione cominciava a tediarlo. Con voce seccata, disse:
- Certo che me ne rendo conto e anche se so che esistono dodicenni fin troppo svegli, comprendo che quei due non rientrano nella categoria ma è stato per rassicurarti che ti ho promesso che sarei sceso se quei due avessero cominciato a pomiciare. E lasciatelo dire, Walter: rassicurarti è una faticaccia improba, qualsiasi cosa dica non ti va mai bene! -
- Rassicurarmi?! - sbraitò il maggiordomo - Come ti passa per la testa di potermi tranquillizzare ventilando l’ipotesi che quei due possano rotolarsi sul pavimento?! -
- Perché, non è quel che pensavi che stessero facendo? - chiese Alucard in tono stupito.
- Ma come ti passa per quella zucca vuota che io… - ringhiò il maggiordomo, incapace di terminare la frase tanto era indignato.
Alucard approfittò di quella pausa per concludere la propria difesa nel solito tono calmo:
- Io volevo andarli a spiare solamente perché sono curioso di vedere come passano il tempo i marmocchi di oggi. Chiamalo pure studio antropologico, se vuoi. Poi tu mi blocchi dicendomi di “lasciarli in pace” e mi sono detto “forse lo shinigami pensa che stiano dando libero sfogo agli ormoni” così ho voluto rassicurarti sul fatto che non sono un guardone, promettendoti che sarei tornato giù se un simile evento fosse accaduto. Ma già mentre ti facevo questa promessa, sapevo che non correvo il rischio di dover tornare giù perché è palese che Integra e Basil non abbiano ancora ormoni sufficienti per aver voglia di giocare al dottore e alla paziente e mi stupisco che tu pensi il contrario. -
Walter si accasciò su di una sedia, affranto. Perché seguire i ragionamenti di Alucard lo esauriva in quel modo? Si erano cacciati nella situazione definibile “Io penso che tu pensi che io penso” e adesso il suo animo era tutto in subbuglio, non sapendo più qual’era il suo pensiero originale. Davvero aveva pensato che Integra potesse rotolarsi sul pavimento con l’amico? O era stato Alucard ad attribuirgli quell’idea? Non lo sapeva, non gli interessava neanche di saperlo, sapeva soltanto che la sua pressione stava salendo pericolosamente e aveva una gran voglia di piangere.
Vedendolo così abbattuto, Alucard tornò a consolarlo affermando:
- Tranquillo shinigami, Integra e Basil non stanno facendo niente di male. Puoi andare su a controllare se non ci credi. Hai paura ad andarci da solo? Allora ti accompagno io! Su, dammi la manina e andiamo da Integra. -
A capo chino e con le spalle curve, il maggiordomo tese la mano al camerata. Sentì la manona del vampiro stringersi intorno alla sua e si lasciò passivamente condurre su per le scale.
 
L’ultimo gruppo di domestici, quello che era fuggito sulla macchina della cuoca per sfuggire ad Alucard che, liquefatto in una pozzanghera nera colma di occhi rossi, li aveva tampinati per tutta la casa e il giardino, aveva lasciato i propri averi dentro la villa. Alcuni di loro, nei giorni successivi, avevano mandato ditte di traslochi a prelevarli da Hellsing Manor, o si erano recati a prenderli con le proprie mani ma debitamente scortati dai più energumeni fra i propri parenti e amici, timorosi di un nuovo tiro mancino da parte della guardia del corpo di Integra. Il signor Chandra, l’autista, aveva fatto eccezione: aveva totalmente abbandonato ogni suo avere nella stanza che occupava dentro la villa, senza neanche incaricare qualcun altro di andarli a prelevare.
- Evidentemente teme che la pozzanghera piena d’occhi possa annidarsi fra i suoi oggetti e invadergli la casa una volta riportati sotto il suo tetto. - aveva ipotizzato Walter.
In verità, quella dello shinigami era più una certezza che un’ipotesi e non poteva non condividere le paure del signor Chandra. Quando un ex-dipendente, o chi per lui, veniva a prelevare i propri averi dalla camera che aveva occupato, il maggiordomo sorvegliava attentamente che Alucard non tentasse di fare una capatina non autorizzata fuori dal cancello di Hellsing Manor proprio mediante quel trucchetto.
Mister Dorneaz aveva comunque deciso che la stanza dell’autista non dovesse essere toccata, nell’eventualità che un giorno l’uomo potesse tornare a reclamare le sue cose. Integra aveva ubbidito all’ingiunzione del tutore ma non poteva dimenticare che fra i tanti oggetti, il signor Chandra aveva abbandonato in casa sua la play-station.
Master Arthur era stato categorico: ai suoi occhi i videogiochi, così come la televisione, erano rei di bacare la mente dei giovani. Conseguenza di questa mentalità era stata la decisione di tenere in tutta la villa un unico televisore, quello situato nel salone del pianterreno, così da poter facilmente controllare che la figlia non “sforasse” le risicate mezz’ore che le venivano concesse davanti allo schermo. Per quel che riguardava i videogiochi, Arthur aveva semplicemente proibito di regalare simili oggetti infernali a Integra. La novella Sir Hellsing, pur non considerando i videogiochi degli strumenti di perdizione come aveva fatto il padre, non li giudicava comunque interessanti. Quel giorno però si chiese se a Basil non potesse fare piacere giocare con la play-station, così l’aveva condotto nella camera del signor Chandra. Adesso Integra era seduta sul tappeto e guardava armeggiare l’amico, intento a ricollegare ogni cavo alla giusta presa.
La sensazione di essere spiata costrinse la ragazzina a voltarsi di scatto. La porta della stanza era socchiusa e attraverso lo spiraglio vide distintamente un occhio azzurro sovrastato da un occhio rosso che guardavano nella camera. Scoperti, i due occhi si allontanarono fulmineamente dallo spiraglio ma ormai il danno era fatto. Integra si alzò, uscì nel corridoio e affrontò a muso duro Alucard e Walter, addossati alla parete, ancora speranzosi di non essere stati scoperti.
- Ci state spiando? - chiese con un filo di indignazione.
- No! - si affrettò ad assicurare il maggiordomo.
- Sì. - replicò placidamente il vampiro, accavallando la propria voce a quella del camerata che si sentì afferrare da una furia omicida nei confronti del mostro.
La diffidenza di Integra aumentò:
- Insomma si può sapere cosa state facendo? -
Walter aveva già la scusa pronta, una giustificazione perfettamente credibile, che si affrettò a pronunciare:
- Siamo passati a controllare se aveste bisogno di qualcosa. -
Fu quindi con sgomento che il pover’uomo udì nuovamente la voce di Alucard accavallarsi alla propria e inquinare il suo plausibilissimo alibi con un serafico:
- Siamo passati a controllare se vi stavate rotolando sul pavimento. -
Se Integra avesse colto il vero significato delle parole del servo, Walter si sarebbe sentito autorizzato ad avventarsi sul vampiro con la sua corda della morte, badando di fargli quanto più male possibile ma la ragazzina comprese soltanto il significato superficiale della frase e con sdegno rispose:
- Non siamo bambini piccoli, non giochiamo alla lotta e non imitiamo gli animali, quindi perché dovremmo rotolarci sul pavimento? -
Nel timore che Alucard potesse perdere un’altra occasione per star zitto, Walter lo dissuase dal rispondere mollandogli un calcio nello stinco e pazienza se il gesto fu talmente plateale da essere notato da Integra. La ragazzina comunque ne aveva abbastanza. Non capiva cosa volessero quei due da lei ma era decisa a non lasciarsi sciupare quel primo pomeriggio con Basil per niente al mondo, così rientrò in camera e chiuse sonoramente la porta in faccia al tutore e al servo.
Walter era rimasto impalato al suo posto, mortificato ma Alucard, che non si perdeva d’animo, già s’era inginocchiato davanti alla porta per spiare dal buco della serratura ma tutto ciò che vide fu la chiave entrare nella toppa. Il secco rumore dello scatto della serratura echeggiò per il vasto corridoio.
Il volto di Walter diventò terreo mentre un sudore freddo gli colava giù per la schiena:
- Si è chiusa a chiave con lui. E adesso? -
- Tranquillo, me ne occupo io! -
Alucard mise le mani a coppa intorno alla bocca, simulando un megafono e a voce alta, in modo da farsi sentire anche attraverso la porta, disse:
- Master, se ti propone di farvi le coccole, non lo ascoltare! Uomini e donne intendono due cose diametralmente opposte con la parola “coccole”! -
Walter si passò una mano sul viso affranto:
- Perché hai questo dono di complicare ulteriormente situazioni già tese? -
- Macchè complicare! - insorse il vampiro, rialzandosi in piedi - Basterà che la master segua il mio consiglio e sarà in una botte di ferro! -
Ciò detto, il nosferatu si avviò soddisfatto verso il pianterreno, certo di aver agito per il meglio. Walter ebbe la tentazione di chiedergli cosa intendesse lui, con la parola “coccole” ma alla fine desistette. C’era il rischio che quando la frase “facciamoci le coccole” finisse in bocca ad Alucard, questa fosse accompagnata dalla presenza di una frusta o qualche altro strumento di tortura fra le mani del vampiro e di quel che accadesse poi, il maggiordomo non voleva saperne niente.
 
Integra e l’ospite giocavano da quasi due ore quando un sonoro bussare alla porta obbligò la padrona di casa ad abbandonare la propria postazione per andare ad aprire. Sulla soglia trovò Alucard.
- Cosa c’è ancora? - domandò la dodicenne, diffidente. Cosa avessero l’uomo e il vampiro quel giorno non lo capiva, sapeva solo che all’atto pratico la infastidivano con il loro atteggiamento bizzarro.
- Walter mi ha mandato a dirvi di lavarvi le mani e scendere, è pronta la cena. -
- Va bene. - fu la secca risposta della master ma prima che potesse voltare la schiena al servo per portare l’ambasciata all’amico, Alucard la bloccò appoggiandole una mano sulla spalla e chinandosi su di lei, bisbigliò:
- Quando scendi, fai pace con Walter. E’ dispiaciuto per quello che è successo. Pensa, per farsi perdonare è arrivato a cucinarvi le patatine fritte! -
Master Arthur, nella convinzione di temprare la sua unica erede, preparandola al difficile compito che l’attendeva da adulta le aveva imposto, di comune accordo con Walter e la governante, una ferrea disciplina che si traduceva essenzialmente nel vedersi centellinare i piaceri della vita. Un unico televisore accessibile in poche fasce orarie, i giocattoli di un’intera infanzia in quantità così modeste che trovavano posto tutti quanti insieme in un cestone e le pietanze più amate dai bambini, come le patatine fritte e i dolci, serviti poche volte l’anno, giusto per celebrare feste e occasioni speciali, come una pagella piena di buoni voti.
Per questa ragione, la notizia che Walter aveva preparato le patatine fritte in un qualsiasi giorno dell’anno, in cui non ci fosse niente da festeggiare, a tutta prima sbalordì Integra, fornendole l’indice del rimorso del maggiordomo per quanto era successo. Riacquistando poi la lucidità consueta, pur con gli occhi ancora sgranati dallo stupore, non poté fare a meno di commentare:
- Questo non è chiedere scusa, è un tentativo di corruzione! -
- Perché, c’è differenza? - chiese Alucard in tono malizioso.
In altri momenti Integra sarebbe stata capace di piantare una discussione infinita col servo sull’argomento ma quella sera non aveva voglia di cavillare: un vassoio colmo di patatine fritte l’attendeva in sala da pranzo e per lei che le mangiava così di rado rappresentava una manna dal cielo, l’ambrosia degli dei, il più paradisiaco degli alimenti. Dimentica quindi della sua abituale compostezza cominciò infantilmente a saltellare intorno a Basil esclamando giuliva:
- Ci sono le patatine fritte! Ci sono le patatine fritte! Presto, andiamo a lavarci le mani, andiamo, su, dai, staccati da quel gioco! -
- Mi sono già staccato, devi solo darmi il tempo di salvare la partita e spegnere tutto. - replicò placidamente il dodicenne che godendo in casa di una disciplina molto più umana rispetto a quella impartita dentro Hellsing Manor, era abituato a mangiare patatine abbastanza spesso e quindi non poteva condividere né comprendere l’entusiasmo dell’amica.
Integra, incapace di contenersi oltre, tagliò corto con un:
- Va bene, ti aspetto giù! - e così dicendo, schizzò verso le scale.
Alucard fischiò ammirato: le patatine fritte avevano avuto il sopravvento sull’amore per Basil. Che potenza! Voltandosi verso l’ospite, ghignò:
-Adesso devi proprio scendere giù ragazzo, prima che la tua cara Integra sbafi anche la parte che ti spetta! -
 
Sdraiato nel suo letto, con le mani incrociate dietro la nuca, Basil rifletteva su quella serata. Era stata molto piacevole. Terminata la cena, saputo che l’amico sapeva giocare a poker, Integra aveva proposto una partita a carte a cui avevano partecipato anche mister Dorneaz e mister Alucard. Come Basil si era presto reso conto, l’amica e il maggiordomo erano fermamente convinti che la guardia del corpo barasse e per tutta la partita era stato un fioccare di punzecchiature sull’onestà del gioco di Alucard a cui lo spilungone rispondeva a tono. Quel fuoco di fila di botta e risposta aveva divertito Basil che girava la testa ora a destra, ora a sinistra, a seconda di chi sparasse la battuta, sentendosi come a teatro. Era andata avanti a quel modo finché Integra, dopo aver visto calare un sei di picche ad Alucard, aveva esclamato:
- Ehi, ma io ho già calato un sei di picche cinque mani fa! -
- Ricorderai male. - aveva risposto seraficamente la guardia del corpo ma la padroncina aveva insistito:
- Ricordo benissimo invece! Quel sei di picche me l’ero tenuto in mano per un bel pezzo, nella speranza di usarlo in modo costruttivo e mi sono arresa a buttarlo via perché era incompatibile con tutte le carte che pescavo. Come si spiega quindi che in questo mazzo ci siano due carte col sei di picche? -
Alucard aveva tentato nuovamente di insinuare che la master ricordasse male ma a quel punto Walter aveva già afferrato le carte abbandonate sul tavolo e controllandole, si era accorto che effettivamente esistevano non solo due “sei di picche” ma anche due “quattro di cuori” e controllando fra le carte che i giocatori avevano in mano, erano presenti ben tre “ cinque di quadri”.
- Come si spiega questa moltiplicazione di semi, secondo te? - aveva sibilato Walter rivolgendosi ad Alucard.
- Il mazzo che hai comprato è difettoso. - era stata la placida risposta dell’interpellato.
A quel punto Integra aveva condotto Basil in camera sua per lasciare Walter libero di sbraitare contro il vampiro.
- Ti chiedo scusa per questa figuraccia. - aveva mormorato imbarazzata la giovane Sir Hellsing.
- Non dirai sul serio, Integra? - era stata la replica di Basil, con un sorriso sincero sul faccino tondo - Se avessimo giocato puntando soldi era un conto ma così, per passare una serata tutti insieme, non mi sembra il caso di farne un dramma se mister Alucard ha voluto scherzare un po’. -
- Chiamiamolo scherzare! - aveva sospirato la dodicenne, procedendo lungo il corridoio.
- Posso capire che avere a che fare tutti i giorni con una persona così sia pesante ma se devo essere sincero, Integra, a me la tua guardia del corpo fa molta simpatia! -
Ripensando a quel dialogo, Basil, nel suo letto, annuì: sì, il bodyguard dell’amica gli stava davvero molto simpatico. A dire la verità, tutti i componenti di quella famiglia gli facevano simpatia.
Quell’ultimo pensiero fece aggrottare le sopracciglia al ragazzino. Poteva definire “famiglia” tre persone non unite fra di loro da un vincolo di parentela?
Un’orfana, un maggiordomo-tutore e una guardia del corpo. La logica gli suggeriva che una simile accozzaglia di individui tutto potesse considerarsi fuorché una famiglia ma la percezione diretta andava in un’altra direzione. Integra e i due uomini che di lei si occupavano erano uniti e affiatati quindi perché avrebbe dovuto negar loro il titolo di famiglia?
Basil scoprì così, all’improvviso, quanto i rapporti umani potessero essere intensi pur senza essere vincolati da parentele e amicizie e si disse che questa era una scoperta su cui valeva la pena di meditare a lungo. Fu con questo senso di stupore nel cuore che lentamente si addormentò.
 
Un bisogno impellente lo costrinse a ridestarsi nel bel mezzo della notte. Mentre scostava le coperte, il ragazzino cercò di ricordare dove fosse il bagno. Integra glielo aveva detto prima di lasciarlo all’ingresso della sua stanza ma adesso non ricordava più le parole dell’amica.
“ Dovrò aprire tutte le porte finché non lo trovo? “ si domandò Basil ma con suo enorme sollievo, fuori dalla propria camera, trovò la guardia del corpo di Integra seduta su di una vetusta poltrona del corridoio, intento a lucidare un oggetto metallico.
- Mi scusi, il bagno? - farfugliò Basil.
- Due porte più giù di camera tua. -
- Grazie. -
Di ritorno dal bagno, già un po’ più sveglio rispetto all’andata, Basil si fermò davanti ad Alucard, incuriosito dall’oggetto che teneva fra le mani. Una volta messolo a fuoco, pur nell’oscurità del corridoio, non poté fare a meno di sgranare gli occhi dallo stupore:
- Ma è una pistola? Non credevo ne esistessero di così enormi! -
- E’ calibrata sulla stazza del proprietario, Basil. - ghignò Alucard compiaciuto.
Il ragazzino puntò lo sguardo a terra, vagamente imbarazzato:
- Posso chiederle un piacere, signor Alucard? -
Il vampiro alzò sull’interlocutore uno sguardo attento.
- Potrebbe chiamarmi Barry anziché Basil? -
Il silenzio di Alucard era carico d’incomprensione e il ragazzino si affrettò a spiegare:
- Basil era il nome di mio nonno e io lo detesto. Il mio nome intendo, non mio nonno. Insomma, Basil è così…vecchio! Per questo ho lasciato che amici e compagni mi soprannominassero Barry. Non che Barry mi faccia fare i salti di gioia, trovo anche questo un nome piuttosto antiquato ma è pur sempre migliore di Basil. A parte i miei genitori, l’unica che si ostina a chiamarmi col mio vero nome è Integra. Quando le ho detto che preferirei essere chiamato Barry, mi ha risposto che Integra è un nome pesante tanto quanto Basil ma a lei sembra più giusto portare a testa alta il proprio nome che trincerarsi dietro ridicoli vezzeggiativi. E’ intransigente su questo punto, sa? A scuola più volte hanno tentato di soprannominarla Inty o Teggy ma lei si è sempre opposta, pretendendo di essere chiamata col suo nome per intero. -
Un’espressione soddisfatta comparve sul viso del nosferatu: ciò che gli stava rivelando quel ragazzino sul conto della sua master lo rallegrava. Era contento di apprendere che la tempra di Integra si rivelasse anche nelle inezie. Intanto il giovane Irons concludeva il suo discorso:
-Passi che mi chiamino Basil i miei genitori e Integra ma sarei contento se anche lei, signor Alucard, mi chiamasse Barry. -
Il vampiro scrutò l’interlocutore a lungo prima di aprire bocca:
- Ragazzo, sai qual è il mio vero nome? -
Basil alzò la testa, stupito:
- Non vi chiamate Alucard? -
- Alucard è…il mio secondo nome. Il mio vero nome è Vladislav, Vlad per gli amici. -
Il nosferatu tacque a lungo, per dare il tempo al dodicenne di assimilare in tutta la sua portata la pregnanza di “Vladislav”. Quando fu certo che avesse interiorizzato ogni singola lettera e suono del suo nome originale, chiese:
- Adesso, ragazzo, sii sincero: è peggio chiamarsi Basilio o Vladislao? -
- Vladislao. - ammise Basil.
Il vampiro annuì:
- Quindi non venirmi più a dire che Basil è un nome talmente orrendo da non poterlo portare a testa alta. Cosa dovrei dire io allora? -
- Ma lei si fa chiamare con il suo secondo nome! - insorse a questo punto il piccolo ospite.
Touché. 
In verità Alucard avrebbe preferito mille volte di più sentirsi chiamare col suo vero nome, per quanto brutto potesse essere, che con quel nuovo nome impostogli nella schiavitù ma queste cose non poteva spiegarle a Basil che nulla sapeva della sua reale natura di vampiro, così glissò abilmente sulla questione chiedendo:
- Tu ce l’hai un secondo nome? -
Basil tornò ad abbassare la testa, vergognoso:
- Sì, ho un secondo nome, che sarebbe il nome dell’altro nonno, ma lo trovo ancor più desueto di Basil. -
- Perché? Che nome è? -
- Cecil. -
Il vampiro annuì pieno di comprensione: effettivamente, fra Basilio e Cecilio,  forse era un tantinello migliore Basilio.
- Sì, sei iellato con i nomi, bisogna riconoscerlo. - e nel tentativo di consolarlo aggiunse - Se ti fa piacere essere chiamato Barry,  ti chiamerò così. -
 
- No, lasci stare, mi chiami pure Basil. A che servirebbe chiamarmi Barry in casa di Integra? Tornerebbe a protestare che il proprio nome, per quanto brutto, è comunque migliore di un ridicolo soprannome e non ho voglia di litigare con lei in questi giorni. -
Il vampiro sorrise con indulgenza. Gli piaceva, Basil Irons. Lo giudicava un temperamento adatto ad Integra. Se la sua master era un fiume di lava sotto una crosta di ghiaccio, Basil era invece un ragazzetto placido e pragmatico, in grado di smussare le preoccupazioni di Integra.
Tanto Sir Hellsing era passionale e prendeva gli avvenimenti di petto, quanto il giovane Irons era un porto tranquillo in cui la nave della sua master poteva approdare per ritemprarsi dopo qualsiasi fortunale.
Sì, Basil era ciò che avrebbe fatto comodo ad Integra nei duri anni che l’attendevano come guida dell’Ordine dei Cavalieri Protestanti. Peccato che, essendo entrambi due dodicenni, il loro non poteva essere certamente l’amore della vita. Quell’infatuazione sarebbe durata pochi mesi, dopodiché l’oblio li avrebbe cancellati l’una dalla mente dell’altro.
Alucard poteva comunque dirsi soddisfatto: la master gli aveva dimostrato di essersi slegata dalla deleteria usanza degli Hellsing di innamorarsi delle persone sbagliate. Tutto lasciava sperare che, così come a dodici anni aveva dimostrato buon senso prendendo una cotta per una personcina con la testa sulle spalle come Basil, una volta adulta si sarebbe fatta scaldare il letto da un compagno degno di stima. Un compagno che il vampiro avrebbe rispettato e accettato come un nuovo componente del suo branco umano, e non come un semplice mezzo che consentisse al master di turno di scodellare un erede e di cui il succhiasangue si sarebbe affrettato a sbarazzarne la presenza dalla villa  una volta che tale compito fosse stato assolto, com’era accaduto con i consorti di Eva e di Arthur.
Eppure, Alucard doveva ammetterlo: lo scocciava sommamente l’idea di perdere il giovane Irons. Il ragazzino prometteva di venir su bene, era quello che ai suoi tempi sarebbe stato definito “un ottimo partito” e gli dispiaceva lasciarlo andare via. Era un vero peccato che in quei barbari tempi moderni fosse andata perduta la civile usanza di combinare i matrimoni fra ragazzini. Se solo ne avesse avuta la possibilità, Alucard non si sarebbe lasciata sfuggire l’occasione di legare la sua master a Basil con un fidanzamento e una volta che i diretti interessati avessero raggiunto l’età giusta, il giovane Irons sarebbe entrato a vivere dentro Hellsing Manor, in qualità di marito della sua master.
Oppure, ipotesi ancora migliore, Basil avrebbe potuto fare il suo ingresso nella villa della futura moglie sin da ora e se ne sarebbe occupato lui, Alucard, di cavar fuori da quel ragazzetto un consorte degno di una Hellsing.
Il vampiro si costrinse a cacciare via quelle fantasticherie dalla mente; inutile sognare su ciò che non si poteva realizzare. Però sperare lo poteva sempre, giusto? E allora perché non continuare ad augurarsi che un giorno la master avrebbe scelto come compagno Basil, usandolo per sfornare uno o più eredi al casato degli Hellsing?
Fu nella prospettiva che quella speranza potesse avverarsi che il vampiro, appoggiando una manona sulla spalluccia ancora esile del ragazzino, guardandolo dritto nelle pupille domandò:
- Basil, accetteresti un consiglio da amico? -
- Certo, signor Alucard. -
Il tono del vampiro divenne solenne:
- Se mai un giorno Integra dovesse afferrarti per le orecchie e buttarti per terra, non impaurirti. Lasciala fare e vedrai che il risultato finale sarà di giovamento per entrambi. Non fare mai la prima mossa con tipe scalmanate come quella, rischi soltanto di ritrovarti con il naso rotto da una testata o fatto in tanti pezzi con una spada mentre dormi. Lascia che sia lei a prendere l’iniziativa e vivrai a lungo e in salute. -
- Signor Alucard, confesso di non aver capito nulla di quel che mi avete detto. -
- Oh, non preoccuparti ragazzo. Nemmeno Integra comprende la buona parte di ciò che le dico ma ho fiducia che le mie parole rimangano chiuse in qualche cassettino della sua memoria, pronte per essere recuperate e capite quando sarà più grande. Promettimi soltanto che anche tu terrai a mente ciò che ti ho detto e vedrai che un giorno tutto ti sarà chiaro. -
- Va bene, prometto. -
Basil riflettè sulle frasi del vampiro. Che il “naso rotto” si riferisse al bullo che aveva molestato Integra era palese ma “essere fatto a pezzi con una spada” chi diamine voleva indicare?
- Signor Alucard…ma lei è stato fatto a pezzi con una spada mentre dormiva? -
- Sì, gran brutta esperienza, te lo posso assicurare! -
-Allora come si spiega che è ancora vivo e vegeto e sta parlando con me? -
Solo allora Alucard ricordò che Basil non sapeva di trovarsi al cospetto di un vampiro. Con la stessa disinvoltura con cui camminava, costruì all’istante una menzogna con cui cavarsi dall’impiccio:
- Essere fatto a pezzi con una spada è un modo di dire delle mie parti, per indicare che qualcuno ci ha pestato sodo. -
- Capisco. - Basil rimase interdetto mentre il suo cervellino metteva insieme i pezzi del puzzle.
Infine, preso coraggio, chiese:
- Se ho ben compreso, una tizia che in precedenza vi ha picchiato tantissimo, successivamente vi ha afferrato per le orecchie e sbattuto per terra? -
- Esattamente! -
- E voi avete agito in modo che gli eventi andassero in questa direzione, permettendo a quella donna di prendere una simile iniziativa? -
- Ma è logico! Ero già stato fatto a pezzi una volta, non ci tenevo a replicare l’esperienza! Va bene che sono un amante del rischio ma ho i miei limiti anch’io! Mi dissi che se Sekure si sentiva attratta da me, avrebbe avuto il coraggio di fare la prima mossa, quindi perché rischiare io in prima persona? Mi limitai a consentire che gli eventi si verificassero, sfoggiando nei confronti di quella belva una sovrana indifferenza per un bel po’ di mesi. -
Basil non capiva. A lui, l’immagine di una ragazza che lo afferrava per lo orecchie sapeva tanto di mossa wrestling, cioè qualcosa di parecchio doloroso. Com’era quindi possibile che la guardia del corpo di Integra ne parlasse come di un evento non solo auspicabile ma addirittura piacevole? 
- Ma non fa male? - chiese il ragazzino, dubbioso.
- Ammetto che le orecchie ne risentono ma ti assicuro che in quei frangenti sono la parte del corpo a cui presti meno attenzione. -
Basil si sforzò di usare la fantasia ma niente, non riusciva a visualizzare la scena descrittagli da Alucard.
- Continuo a non capire. - confessò infine.
- Lo vedo che annaspi nel buio. Hai lo stesso sguardo smarrito di una pecora che ha perso il pastore. Fa niente, ragazzo, comprenderai più in là. Adesso torna a coricarti. Buonanotte. -
- Buonanotte. -
 
Il giorno seguente, terminati i compiti, Integra guidò Basil all’interno di Hellsing Manor, in quella che agli occhi dell’ospite apparve come una vera e propria visita turistica. A lui che risiedeva in un attico, la dimora dell’amica appariva una reggia.
- Ma come fai a non perderti qua dentro? -  non poteva fare a meno di esclamare il ragazzino alla scoperta di una nuova rampa di scale, di una nuova porta, di una nuova stanza.
- Come posso perdermi in casa mia? - replicava Integra, divertita dalla sorpresa dell’amico.
Poi, certa di fare colpo su Basil, gli svelò che Hellsing Manor era un edificio antico con molti passaggi segreti, fatti erigere dai primi proprietari per garantirsi vie di fuga in caso di problemi.
- Mi prendi in giro! - aveva messo il broncio Basil, convinto che l’amica stesse approfittando del suo stupore.
Per tutta risposta, Sir Hellsing l’aveva condotto in un ripostiglio e davanti all’amico aveva spinto all’indietro, come fosse una porta, une delle pareti dello stanzino che si spalancò su di un varco buio.
- Ma come… - balbettò sbalordito il giovane Irons.
- La parete che ho spinto è una porta di legno, dipinta in modo che sembri un muro. Vieni, entriamo, ti faccio vedere dove sbuca. -
- Ma sei impazzita? In questo cunicolo buio, dove non vediamo nemmeno dove mettiamo i piedi?! -
- Tranquillo, Basil. Ormai tutti i passaggi segreti della villa sono dotati delle comodità moderne. - e così dicendo, Integra accese l’interruttore della luce, schiarendo l’antro buio e permettendo a Basil di distinguerlo per ciò che era: un corridoio stretto e basso che degradava lentamente verso il basso.
Camminarono curvi per un bel po’, infine Integra spinse una botola arrugginita davanti a sé, uscendo all’aria aperta. Basil le andò dietro e si ritrovò nel bel mezzo del giardino della villa.
- Proprio come nei film! - esclamò giulivo il ragazzino.
- Semmai sono i film che scopiazzano la realtà. Adesso rientra nel tunnel Basil e torniamo a casa. Fa troppo freddo per stare all’aria aperta senza giubbotto. -
Integra guidò l’amico nell’esplorazione degli altri passaggi segreti della villa, tranne quelli che conducevano nei sotterranei, non volendo correre il rischio che Basil, spalancando un portellone, trovasse un trono di legno e una bara e cominciasse a tempestarla di domande sulla presenza di quegli strani oggetti.
All’ora di cena, Walter vide i due ragazzini arrivare a tavola con i capelli impolverati e abbondanti filamenti di ragnatele incollati sul vestiario. Sapeva bene cosa volesse dire tutto ciò e proruppe indignato:
- Sir Hellsing, possibile che debba ripetervi sempre le solite raccomandazioni? A dodici anni rifiutate ancora di capire quanto sia pericoloso bazzicare i passaggi segreti? Come se ciò non bastasse, trascinate in queste azzardate esplorazioni anche il vostro ospite! -
Integra aggrottò le sopracciglia, irata. Sì, è vero, sin da quando aveva cominciato a camminare le erano piovute sulla testa ammonizioni di ogni genere volte a scoraggiarla dall’intrufolarsi nei vecchi passaggi della villa, a cui lei aveva regolarmente disubbidito. Col senno di poi aveva dovuto riconoscere che senza quell’esperienza pregressa, mai avrebbe avuto la prontezza di spirito di intrufolarsi nel condotto dell’aria per scendere fin nelle segrete, nel tentativo di salvarsi da Richard e i suoi scagnozzi. Che Walter quindi continuasse a rimproverarle una disubbidienza che le aveva salvata la vita, era qualcosa che Integra non tollerava. Combattuta fra il desiderio di rispondere a tono al tutore e di non far sospettare nulla a Basil, risolse la situazione con un:
- Perché non mi hai rimproverata anche quando sono entrata nella conduttura dell’aria? -
I lineamenti del maggiordomo si indurirono. Capiva cosa intendesse la sua protetta e dovette ammettere a se stesso che la ragazzina aveva ragione. Inghiottì la replica che gli vibrava in gola e servì la cena.
 
- Svegliati, Basil! -
Il ragazzino aprì un occhio, obbligato a ridestarsi non tanto dalla voce di Integra quanto dalle sue energiche scrollate.
- E’ già ora di andare a messa? - farfugliò l’ospite.
Gli Hellsing non sarebbero potuti diventare i paladini posti a difesa dell’anglicanesimo se non fossero stati anche dei ferventi religiosi, cosa che difatti erano. Come Basil aveva capito già da tempo, da quando Integra era nata, aveva trascorso ogni domenica mattina a messa. L’ovvia conseguenza di tanta devozione era che alla sua amica non passava neanche per la testa di andare in chiesa col maggiordomo e lasciare l’ospite a casa a dormire. No, l’ospite doveva venire ad assistere alla funzione religiosa con lei.
Basil, che proveniva da una famiglia laica ed aveva dimenticato quand’era stata l’ultima volta che aveva messo piede in chiesa, si era preparato psicologicamente sin dalla sera prima ad affrontare la prospettiva della domenica mattina trascorsa seduto su di una scomoda panca in una fredda chiesetta di campagna ad ascoltare un noioso sermone ma gli scrolloni con cui Integra lo stava strappando al regno di Morfeo lo lasciarono totalmente impreparato: cribbio, ma a che ora si alzavano in quella casa, per andare a messa?!
La risposta di Integra però lo lasciò basito:
- No, non ti sto svegliando per andare in chiesa, è troppo presto. Voglio solo sapere se ti va di venire a guidare l’automobile con me e Alucard. -
- Co-cosa? - biascicò il ragazzino, ormai completamente desto, stropicciandosi un occhio.
Integra annuì:
- E’ una cosa che facciamo spesso, il sabato mattina prestissimo o la domenica prestissimo. Prima che Walter si svegli, andiamo nel piazzale di cemento e lì mi metto al volante di qualche jeep posteggiata. E’ così che Alucard mi ha insegnato a guidare. Se anche tu sei curioso di imparare a guidare, puoi alzarti e uscire adesso, con me. -
Solo allora il giovane Irons si accorse che l’amica era già vestita di tutto punto, con tanto di giubbotto, guantoni e berretto con cui affrontare il freddo antelucano. Basil non rimase a pensarci a lungo:
- Vengo anch’io! -
 
 Dato che Integra aveva appreso già da alcuni mesi i rudimenti della guida, quella lezione fu lasciata tutta a Basil. Sir Hellsing si sedette sul sedile posteriore della camionetta, mentre l’amico si metteva al volante e il vampiro si sedeva al suo fianco, spiegandogli come funzionavano le marce e i pedali.
- Adesso ingrana la prima e parti. - incitò Alucard.
La jeep sobbalzò spegnendosi diverse volte prima che il ragazzetto riuscisse col giusto tempismo a staccare il piede dalla frizione per pigiare l’accelleratore.
- E adesso dove vado? - chiese preoccupato.
Master e monster scoppiarono a ridere.
- Basil, hai un’intero piazzale davanti a te, vai dove vuoi. Puoi fare una grande “O”, oppure un grande “8”, o puoi andare a zig-zag. - lo rassicurò Sir Hellsing.
L’amico diede ascolto al consiglio. Lasciò la sua fantasia libera di scegliere il percorso da far seguire alla vettura e col passare dei minuti, la sua euforia aumentò. Gli sembrava di non essersi mai divertito così tanto in vita sua e pensò quanto sarebbe stato bello se fosse potuto rimanere a Villa Hellsing per un tempo indefinito.
 
In pochi bocconi avevano fatto sparire l’uovo fritto e la pancetta che occupavano i loro piatti. Con delle fettone di pane più grandi delle loro mani ripulirono le stoviglie da ogni traccia di unto e di tuorlo, lasciandole così nette che si sarebbe potuto riporle senza lavarle. In poche sorsate scolarono le loro spremute d’arancia e a quel punto Basil, imbarazzato all’idea di chiedere ancora da mangiare, abbassò pudicamente lo sguardo sul ghirigoro blu che decorava il suo piatto.
Integra non aveva di simili debolezze e con la sicurezza di chi sa che verrà accontentata, allungò verso il maggiordomo il proprio piatto e il proprio bicchiere chiedendo:
- Ancora! -
Basil prese quindi il coraggio a due mani e allungò a sua volta piatto e bicchiere, pur senza articolare suono.
Walter, seduto di fronte a loro, li guardò con un misto di stupore e sospetto prima di ricordargli:
- Ragazzi, non è che non voglia darvi da mangiare ma quello che avete appena finito di inghiottire è il bis. Non vi pare esagerato cominciare la giornata con tre piatti di uova e bacon? -
Basil arrossì fino alle orecchie ma Integra, forte di trovarsi nel proprio territorio, sostenne lo sguardo del tutore senza scomporsi.
- Accontentali, shinigami. Sono nella fase della crescita, mangerebbero anche i sassi se potessero. Non hai un’idea di quel che ingurgitavo io, quando avevo la loro età. -
Era stato Alucard a parlare, seduto in un angolo della sala da pranzo, intento a lustrare un paio di enormi stivali di cuoio. Gli occhi del maggiordomo si posarono su di lui, pieni di diffidenza:
- Tu sei sicuro di non avere niente a che fare con l’appetito anomalo di questi due? -
I ragazzini trattennero il fiato. Certo che Alucard era responsabile della loro fame. Avevano guidato per quasi un’ora e mezza, in una fredda mattina di fine inverno, ridendo e schiamazzando per tutto il tempo. Tanta agitazione non poteva non mettere loro addosso una fame da lupi!
Ma dato che Mister Dorneaz non doveva sapere niente di quella prodezza, che l’avrebbe fatto uscire dai gangheri oltre ogni dire, i due amici si erano affrettati a tornare nelle rispettive camere prima che la sveglia del maggiordomo suonasse. Per non destare sospetti, si erano nuovamente messi il pigiama, infilandosi poi sotto le coperte. Inutile sperare però in un sonno ristoratore: la fame ruggente che li assalì dopo pochi minuti impedì loro di chiudere occhio e attesero con ansia che il maggiordomo venisse a bussare alle loro porte, per intimargli di alzarsi. La domanda che Walter aveva rivolto ad Alucard fece quindi tremare fin nel profondo le loro coscienze sporche.
Il vampiro sollevò sul camerata due occhi innocenti:
- Cosa vuoi che c’entri con la loro fame? Credi che possa comandargli con la bacchetta magica quanto appetito avere? -
Mister Dorneaz si sentì ribollire. Avvertiva che quei tre gli nascondevano qualcosa ma non aveva prove a sostegno della sua tesi. Piantò sui dodicenni due occhi severi prima di rispondere:
- Vedete di farvi bastare una tazza di latte e cereali! -
 
Integra guardò la sveglia sul comodino. Segnava le ventitré. Riabbassò seccata la testa sul cuscino, chiedendosi se sarebbe riuscita ad addormentarsi. Per quanti sforzi facesse nel tentativo di liberare la mente e cercare di rilassarsi, i suoi pensieri tornavano sempre a Basil. L’amico era andato via solo qualche ora prima, a bordo della macchina del padre che era venuto a riprenderlo, mettendo addosso a Sir Hellsing una malinconia indicibile.
Basil era stato con lei per quarantotto ore, ma quelle ore erano trascorse dense come anni. A Integra era sembrato come se l’amico vivesse con lei da sempre e per sempre potesse continuare ad abitare dentro la villa ed era stato con un misto di sorpresa e piacere che aveva scoperto come il giovane Irons percepisse le stesse sensazioni. Quando l’aveva accompagnato nella sua stanza per riprendere le proprie cose e andarsene col padre, Basil si era accomiatato dicendo:
- Mi piacerebbe tanto rimanere qui per un tempo indefinito. La cosa più strana però è che mi sembra di aver vissuto qui dentro da quando sono nato. Credo sia una bella cosa, penso voglia dire che mi sono trovato bene, come se fossi a casa. Be’, comunque ci rivediamo domani, a scuola. -
Già, la sospensione era finita, il giorno seguente, lunedì, Integra sarebbe rientrata a scuola.
Sir Hellsing sospirò. Chissà se ci sarebbe stata l’occasione per far tornare Basil ad Hellsing Manor?
Tornò a guardare la sveglia. Le ventitré e un quarto.
“ Al diavolo! Così non riuscirò mai ad addormentarmi! “ pensò la dodicenne. Decise di scendere in cucina per prepararsi una camomilla. Chissà che lo stomaco caldo non l’aiutasse a scacciare la malinconia.
 
Per recarsi in cucina era obbligata a passare davanti al salone del pianterreno e così facendo, attraverso le sue porte spalancate, vide Alucard seduto sul divano, impegnato a guardare la televisione. Una volta pronta la camomilla, la master decise di andare a berla seduta accanto al servo.
Sullo schermo scorrevano le imprese di una bella ragazza vestita con una V di stoffa rossa, un’esile striscia che le copriva i capezzoli e il pube, lasciando vedere quante più ampie porzioni di pelle possibile.
- Ma chi è questa tizia? - chiese Integra, soffiando sulla sua camomilla.
- Vampirella. - rispose Alucard in tono rapito, tanto che la master non poté fare a meno di alzare lo sguardo su di lui.
Sì non poteva sbagliarsi: non solo il tono ma anche il volto di Alucard aveva la stessa espressione estatica che Sir Hellsing vedeva nei suoi compagni maschi quando per i corridoi della scuola scorgevano passare qualche professoressa giovane, appena uscita dall’università. Accidenti, era così potente quella Vampirella da ridurre il suo servo al livello di un preadolescente accalorato?
Tornò a guardare la succhiasangue sullo schermo:
- Esiste veramente? -
- Certo che esiste, così come esiste Dracula, cioè io. Ovviamente quella che vedi sullo schermo non è la Vampirella autentica. E’ solo un’attrice umana, così come tutti i Dracula che compaiono nei film sono semplici attori che mi imitano, in modo scadente per di più! Anche quest’attrice, non credere che renda la Vampirella autentica in modo fedele. La vera Vampirella è molto più crudele e sensuale! -
- Allora perché guardi questo film con aria tanto estatica? -
- Perché per quanto sia una pallida copia dell’originale, mi aiuta a ricordare colei che considero l’Imperatrice-della-notte. Sì master, ho incontrato Vampirella dal vivo! Anzi, dal non-vivo considerando che siamo non-morti. Era già da una cinquantina d’anni che sentivo parlare delle sue imprese ma non sapevo quanto dar credito a quelle leggende. Devi sapere che i vampiri sono come i pescatori: esagerano sempre. Un pescatore prende una sardina di due etti e va dicendo che ha preso a mani nude uno storione di tre tonnellate…ecco i nosferatu agiscono più o meno così. Si salvano da un cacciatore di vampiri armato di paletto di frassino mollandogli un cazzotto al mento e raccontano di aver fatto fuori con la sola forza del pensiero un’intera legione di sterminatori armati di croci d’argento. Per questa ragione prestavo poco orecchio alle leggende sulla crudeltà di Vampirella. Una notte però mi sono dovuto ricredere! Tuo padre mi aveva spedito in missione in Cornovaglia, un vampiro col suo battaglione di ghouls stava imperversando in una zona industriale. Arrivo, massacro i ghouls, mi metto alla ricerca del vampiro-madre all’interno di una fabbrica abbandonata, spalanco un portellone e cosa mi trovo davanti? Una vasca circolare, probabilmente costruita per decantare chissà cosa, piena di sangue e a fare il bagno là dentro lei…senza scomporsi, mi dice “Se cerchi il vampiro che ha generato quei ghouls, lo puoi trovare lassù” e indica un punto verso l’alto. Seguo il suo dito e vedo appeso a dei ganci del soffitto un cadavere decapitato. La questione era semplice: Vampirella utilizzava quella fabbrica abbandonata come suo albergo personale e il vampiro-madre era incappato in lei proprio quando Sua Sanguinarietà aveva deciso di concedersi un bagno ristoratore. -
Integra rimase in silenzio, attendendo il resto della storia. Doveva esserci un seguito, lo capiva bene! Alucard glielo aveva ripetuto fino allo sfinimento che per un vampiro, gli unici non-morti con cui può stringere un’alleanza sono quelli con cui ha uno scambio di sangue, tutti gli altri sono avversari e prede al contempo. La logica conseguenza di tutto ciò è che fra Alucard e Vampirella doveva essere seguito uno scontro mortale. Siccome il servo non accennava a proseguire, Integra si decise a dargli una spintarella suggerendo:
- E quindi? Come l’hai uccisa? -
Il vampiro piantò sulla master uno sguardo scandalizzato:
- Uccidere?! Vampirella?! Io?! Come puoi pensare una simile blasfemia?! -
- Ma se non hai fatto altro che ripetermi che chi non appartiene al tuo branco è un avversario da divorare! - s’inalberò Integra e il servo fu costretto a darle ragione.
La padrona vide Alucard arrossire vagamente per l’imbarazzo mentre in tono dimesso rispondeva:
- E’ vero, è quel che avrei dovuto fare ma arriva sempre il momento di compiere un’eccezione. Non potevo uccidere una simile Imperatrice-della-notte, la quintessenza del vampirismo, una creatura che faceva il bagno nel sangue con una simile voluttà! Sarebbe stato un sacrilegio orbare la nostra specie di un simile esemplare! -
Integra stentava a credere alle sue orecchie:
- Quindi l’hai risparmiata?! -
- Sì. - monosillabo pronunciato a testa bassa - Rimasi a guardarla qualche minuto fare il bagno e poi tornai dal mio master. -
Quei minuti di contemplazione non erano trascorsi serenamente perchè Alucard aveva dovuto lottare ferocemente con se stesso per acquietare un istinto che gli martellava dentro e che non consisteva nel desiderio di uccidere l’avversaria.
Avrebbe voluto immergersi anche lui in quella vasca ma per fare ben altro che il bagno. La ragione però aveva avuto la meglio: il tempo era tiranno, doveva tornare dal master, aveva a disposizione pochi minuti di pausa e la tizia che gli stava davanti non era disposta a concedersi per una cosetta veloce. Così aveva voltato le spalle a Sua Crudeltà e ogni passo che aveva mosso per allontanarsi da lei gli era pesato come un macigno sul cuore.
Di tutto questo Integra non sapeva nulla e anche quando ne fosse stata informata, avrebbe liquidato tutto con una mossa sprezzante della mano. La questione importante era un’altra, il suo servo aveva commesso un’insubordinazione gravissima!
- Non avrei mai creduto che potessi disubbidire agli ordini del tuo master! - sibilò Sir Hellsing, più sgomenta che indignata.
- Ma io non ho disubbidito agli ordini del mio master! Ho fatto fuori i ghouls che appestavano una zona della Cornovaglia, come mi era stato comandato! Non ho ucciso anche il vampiro-madre solo perché un’altra si era incaricata di farlo prima che lo raggiungessi, altrimenti avrei ammazzato anche lui! -
- Però hai lasciata viva una succhiasangue incontrata nella stessa zona! E non trincerarti dietro la scusa “nessuno me l’ aveva ordinato”! A rigor di logica non era necessario specificarlo perché normalmente avresti scannato con piacere qualsiasi mostro in più incontrato nel corso di una missione! -
Il vampiro tacque, non potendo che dare ragione alla padrona. Integra incalzò:
- Hai lasciato su questa Terra un pericolo potenziale, un mostro che si sarà succhiata chissà quanta gente e si sarà creata un suo esercito di ghouls! -
- Ah no, master, posso assicurarti che questo non è accaduto! - replicò energicamente il Re-senza-vita - Vampirella è un’anima vagabonda, non riesce a star ferma a lungo in un posto. Era arrivata in Gran Bretagna da pochi mesi, io e tuo padre lo sapevamo con certezza grazie a varie segnalazioni, e ripartì poco dopo il nostro incontro. Evidentemente non apprezzava il clima dell’isola. Ergo, essendo stata così poco nel Regno Unito, non ha avuto la possibilità di compiere chissà quali stragi. Per quel che riguarda l’esercito di ghouls, sono solo i vampiri di mezza tacca che si circondano di quella robaccia. Noi vampiri superiori ci guardiamo bene dal creare simili servitori e Vampirella è un nosferatu superiore. Come vedi, non ho commesso nessuna incoscienza non uccidendola! -
- Non sperare di darmela a bere così facilmente! - ringhiò Integra che a proposito di scolare, aveva terminato di inghiottire la sua camomilla senza che la tisana sortisse alcun effetto. La discussione con Alucard la stava innervosendo più di quanto non lo fosse al momento in cui era scesa in cucina. Agguerrita, proseguì:
- Ipotizziamo pure che Vampirella non sia tipo da crearsi un esercito di ghouls. Rimane il fatto che deve nutrirsi, giusto? Quando la incontrasti, non potevi sapere che sarebbe ripartita quasi subito. Per quel che ne sapevi tu, poteva anche aver deciso di restare qui fino alla fine dei suoi giorni, succhiandosi chissà quanta gente! Hai agito in modo sconsiderato, lo sai bene! E se quella belva dovesse tornare in Gran Bretagna inghiottendo i nostri concittadini? La risparmieresti ancora, anche se ti ordinassi esplicitamente di eliminarla? -
- La risparmierei ancora, sì, ma perché ho elaborato un piano per renderla innocua, my master! -rispose Alucard con convinzione - Se la dovessi incontrare nuovamente, la legherei ben bene, la porterei qui a Villa Hellsing e l’assumerei come mia allieva! Una volta entrata a lavorare per noi, non rappresenterebbe più un pericolo, no? -
Integra rimase a fissarlo per lunghi istanti di attonito silenzio prima di chiedere:
- Ma l’allieva non dovrebbe essere una ragazza vergine da te vampirizzata? -
- Ehm…bhe…sì, teoricamente è così… -
- E allora come puoi pensare che una vampira adulta ti accetti come master? -
Alucard mise il broncio mentre rispondeva contrariato:
- Master, perché devi far crollare i miei sogni come un castello di carte? -
- Perché questo sono, un evanescente castello di carte. -
Il vampiro, cocciuto, non si arrese:
- Va bene, lo ammetto: sarà difficilissimo farmi accettare da una vampira adulta ma sono deciso a non arrendermi! Tanto insisterò finché non si ammansirà. Ci sono riuscito con quella capocciona di Sekure e dovrei fallire con Vampirella? Alla fine, l’amore vincerà! -
- Eeehhh?! - esclamò Integra, incredula - L’amore?! -
Il vampiro emise un sospiro seccato:
- Oh, insomma, chiamalo come ti pare! Definiscilo amore, definiscilo sesso, definiscilo fissazione libidinosa, definiscilo come ti pare, ma quel che provo per Sua Sanguinarietà Vampirella alla fine la spunterà su qualsiasi difficoltà! -
“ Oh Signore, ma questa è una cotta in piena regola! Coltivata per di più da chissà quanti anni! “ pensò Integra.
Sir Hellsing rimase in attonito silenzio, bisognosa di assimilare gradualmente quella nuova sfaccettatura del suo servo. Gli occhi febbrili di Alucard, puntati su di lei, la costrinsero a riscuotersi dalle sue meditazioni.
- Allora master? Se dovessi incontrare Vampirella mi autorizzi a portarla dentro Hellsing Manor come aiutante? -
Un senso di angoscia attanagliò i visceri della ragazzina:
-Ma per me è già difficilissimo gestire te, come posso sobbarcarmi di un altro osso duro? -
- Mi occuperò io di lei, te lo prometto! Non ti darà il minimo fastidio! - esclamò febbrilmente Alucard. Vedendo che Integra continuava a tentennare, istintivamente si inginocchiò davanti a lei e con le mani giunte e una faccia da cane bastonato cominciò a supplicare:
- Oh master, ti prego! Tipregotipregotipregotipregotiprego! -
- V-va bene. - farfugliò infine la ragazzina, facendo accendere un sorriso raggiante sul volto del vampiro.
- Grazie master! Il tuo servo fedele da questo momento sarà ancora più fedele! -
Ciò detto, si sedette nuovamente accanto alla padrona, continuando a guardare il film con un’espressione di giuliva soddisfazione. Integra resistette ancora qualche secondo, poi augurò la buonanotte e arrancò su per le scale, verso la sua camera, col cuore in tumulto, timorosa di essersi cacciata in un guaio madornale.
Impiegò molto tempo ad addormentarsi e quando ci riuscì, il suo sonno fu funestato da incubi. Sognò che Vampirella era entrata a far parte di Hellsing Manor, trascorreva tutte le giornate battagliando furiosamente con Alucard per recuperare la libertà perduta e Sir Hellsing vedeva la sua dimora ridursi ad un campo di battaglia, con i pavimenti divelti e intere pareti abbattute.
Quando la sveglia la ridestò, la ragazzina si augurò mentalmente che il clima inglese avesse nauseato talmente tanto Sua Sanguinarietà da farle perdere ogni velleità di rimettere piede in Gran Bretagna.
 
 1) Chiedo venia ai fan di AlucardxSeras, AlucardxIntegra, AlucardxWalter, AlucardxAndersen, AlucardxChivipare ma ogni volta che mi imbatto in Vampirella, non posso fare a meno di pensare “Che coppia farebbe con Alucard”! Me li immagino, intenti a seminare morte e distruzione fianco a fianco per tutto il Pianeta, come una vera arma di distruzione di massa. Per questo ho deciso di far comparire la seducente vampira in un “cameo” televisivo. ^^
Vampirella è un fumetto di Forrest Ackerman edito dalla Warren Publishing.

2) Per motivi di ordine temporale non posso inserire Seras Victoria in questa storia ma siccome mi dispiace escludere totalmente il quarto componente dell’Hellsing, ho deciso di farla comparire sottoforma di notizia nel telegiornale.

3) Spendiamo anche due parole su Basil Irons. ^^
Come finisce il manga di Hellsing? Prima di dare il proprio sangue all’appena ritornato Alucard, l’anziana Integra lo avvisa: “Ormai sono una vecchia nonna”. I lettori possono interpretare questa battuta come meglio credono. Possono pensare che Integra stia parlando realmente, cioè è davvero una nonna, oppure possono ipotizzare che Sir Hellsing sia rimasta nubile e stia semplicemente scherzando sulla propria età. A me piace intenderla in senso realistico. ^^
Sarà che le storie d’amore in cui uno aspetta l’altro tutta la vita non le trovo romantiche ma angoscianti, sarà che giudico altrettanto angosciante l’idea che una persona sia l’ultimo esponente del gruppo a cui appartiene (che sia stirpe, popolo o altro), sarà che percepisco Integra e Alucard come due alleati ma non come due innamorati, fattostà che preferisco pensare che nei trent’anni di assenza di Alucard, Integra abbia vissuto la propria esistenza, ritagliandosi una fetta di vita privata nella missione a cui si è dedicata, trovando un compagno, facendo l’amore, partorendo figli e diventando nonna. Anche perché la motivazione che viene data per giustificare lo smantellamento dell’Organizzazione Hellsing alla morte di Integra è “non è più tempo delle organizzazioni tramandate per linea familiare”. Insomma, sembra che l’Hellsing venga eliminato per una questione burocratica, non per mancanza di eredi, anzi la frase che ho riportato mi fa sospettare che degli eredi ci siano eccome!
Nell’OVA la battuta sulla nonnità di Integra scompare ma in compenso viene aggiunta una scena assente nel manga. L’ormai vecchissimo Lord Walsh parla con un giovanotto di nome Irons, mai visto prima.
La domanda sorge spontanea: chi accidenti è quest’Irons? Mistero! Però è biondo come Integra, ha gli occhiali come Integra, il viso affilato come Integra…sarà mica il figlio di Integra?
Ho deciso di fondere insieme la battuta sulla nonnità di Integra del manga col giovane misterioso con cui discute Lord Walsh e così ho creato Basil che nelle mie perverse fantasie sarebbe il futuro padre di Irons. :)
Ovviamente non penso che Basil e Integra si siano amati ininterrottamente da quando avevano 12 anni (anche perché nessuno spasimante di Sir Hellsing compare nell’opera di Hirando :D). Ipotizzo che terminata la scuola si siano persi di vista, dimenticandosi l’uno dell’altra ma potrebbero essersi reincontrati anni dopo fra le rovine di una Londra distrutta. A quel punto, da cosa potrebbe essere nata cosa (e Integra avrebbe afferrato Basil per le orecchie sbattendolo a terra :D).
Ovviamente voi siete liberissimi di pensarla come vi pare. Se preferite immaginare Integra vergine a vita, o innamorata di Alucard, Seras, Maxwell o chiunque altro appassioni la vostra fantasia, siete liberissimi di considerare il piccolo Basil come una cottarella adolescenziale, una meteora che non avrà influenza sulla futura esistenza di Sir Hellsing. Io vi ho solo fatto sapere come la penso sulla fine di Hellsing. :D
4) Se il linguaggio usato in questo capitolo non è adatto ad un rating verde, segnalatemelo, e alzerò il rating di “Spirali di fumo” al giallo.
Un abbraccione e al prossimo capitolo.
 

  
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