HACKER
CAPITOLO XIV
L’enigma
L'uomo avanzò nell'ombra lentamente, carponi sul
pavimento, mentre la donna al suo fianco gemeva piano per il terrore.
Le fece cenno per l'ennesima volta di starsene zitta.
Al piano di sopra arrivavano attutite le voci concitate
della discussione in corso ma l'uomo non ci fece caso.
Si
guardò intorno e sorrise debolmente, poi si rimboccò le maniche e si preparò
all'azione.
***
E
alla fine, dopo tanti giri, erano ancora lì, nella stessa medesima situazione:
Sherlock scriveva, sparpagliava fogli dappertutto per la cucina; si arrabbiava,
si innervosiva e gettava tutto all’aria; spalancava
gli occhi quando gli arrivava un’illuminazione e si infuriava quando essa si
rivelava errata. E John era lì che guardava, insieme a
Molly e Lestrade, gli unici che il detective avesse accettato nella stanza. L’MI6 era andato chissà dove a preparare chissà cosa:
Freeman aveva solo borbottato qualcosa riguardo al “lo troveremo”, ed era
sparito oltre la porta insieme alla maggior parte degli agenti. Altri erano
rimasti in salotto, in una sorta di sorveglianza a Sherlock.
Il
gruppo riunito in cucina aveva il compito di comunicare immediatamente la
posizione di Moriarty non appena lo avesse scoperto.
Era
passata più di una mezzora del tempo lasciato da Moriarty e ancora non erano arrivati a capo di niente. O almeno, loro no, ma forse
Sherlock sì. Fu allo scadere della prima ora e all’ennesimo foglio
accartocciato da Sherlock che John intervenne. «Manca
solo un’ora Sherlock! Hai intenzione di renderci partecipi dei tuoi
ragionamenti così magari arriviamo alla conclusione di qualcosa?»
Sherlock
si passò una mano tra i capelli. «C’è qualcosa che mi
sfugge! Mi manca il filo conduttore, maledizione…»
«Che
cosa hai scoperto fin’ora?» mormorò John stancamente.
«THE. Non capisco… deve per forza far parte di una frase! Tre esplosioni…
tre luoghi, tre iniziali. THE…»
«Il
codice numerico di Trafalgar Square?» azzardò John.
«Sono sei numeri… 097109.»
«Cifre…
sono sei cifre che compongono un numero solo.» lo corresse
Sherlock con una punta di esasperazione nella voce.
John
lo ignorò. «Si ripete due volte 09, all’inizio e alla fine.» osservò, «La nona
lettera dell’alfabeto è… I. I…71 I. Significa qualcosa?»
Sherlock
sbuffò. «No, non funziona così. Deve esserci qualcosa…
maledizione!»
«Posso
provare a cercare un luogo di Londra con THE nel nome…» provò Lestrade.
Sherlock
si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro. «Non dobbiamo andare per
tentativi, deve essere qualcosa di logico!»
È la tua debolezza. Vuoi che
tutto sia intelligente.
Sherlock
sbuffò. Spostò lo sguardo su Lestrade, che guardava sconsolato il cellulare. Il
suo cellulare.
All together now!
È così noiosa... no? È qualcosa di piatto...
Attraversò in pochi
passi la stanza e gli prese il cellulare di mano, ignorando le proteste
dell’ispettore per i suoi modi bruschi. Cercò la registrazione nei file
multimediali e la fece partire.
I suoi passi sul
cemento. La porta che si apriva. One, Two, Three, Four, Can I have a little more? Five, Six, Seven, Eight, Nine, Ten, I love you.
Spalancò gli occhi.
«Che cos’è?»
I presenti lo
guardarono storto.
Sherlock sbuffò e
sventolò il cellulare, mentre Moriarty cominciava a parlare nella
registrazione. «Questa canzone! Che cos’è?»
Lestrade alzò un
sopracciglio. «Come che cos’è? È una canzone dei
Beatles… non la conosci? È famosissima!» esclamò.
«Beatles, Beatles,
Beatles…» ripeté Sherlock sottovoce come una cantilena. Fece
ripartire la canzone.
«One,
two, three, four, can I have…»
E Sherlock rise. «One, two, three, four. One,
two, three, four. Uno, due, tre, quattro. Uno,
due, tre, quattro. 1, 2, 3, 4!» Si girò verso
gli amici. «THE!» esclamò infine, puntando un dito sul foglio dove erano
appuntati i tre nomi dei tre luoghi di Londra. «THE!» esclamò nuovamente,
guardando gli amici speranzoso. Poi la sua espressione
diventò stupefatta, accorgendosi che gli altri non avevano capito quello che
aveva capito lui. «Andiamo… è
geniale! THE, sono tre lettere!»
Alle facce ancora
perplesse degli altri si spazientì. «Avanti… 1, 2, 3,
4! È stato sotto i nostri occhi fin da subito…
Appuntamento a Trafalgar Square per le 1 pm,
esplosione a Tower Bridge per le 2 pm, History Museum per le 3 pm e
London Eye per le 4 pm!
THE sono tre lettere…
quindi sono la nostra terza parte dell’enigma. THE
dovrebbe far parte di una frase, quindi è la nostra terza parola. Se funziona
così per tutte avremo una frase di quattro parole: la
prima composta da una lettera, la seconda da due, la terza da tre e la quarta
da quattro.»
Lestrade annuì con un
vago sorriso, mentre John rivolgeva la sua attenzione ai fogli sparpagliati sul
tavolo.
«Allora 097109 sarà la
prima parola della frase!» esclamò Molly.
Sherlock gettò
un’occhiata al tavolo. «No…» mormorò. Afferrò la prima busta che avevano consegnato a John. «Il primo messaggio che ci ha
lasciato… diceva di farci trovare a Trafalgar Square
per… no!» Aprì la busta di scatto e tirò fuori la lettera. «Diceva
al National Gallery! Perché dire lì e poi lasciare il
codice in Trafalgar Square? Le esplosioni sono avvenute dove era stato detto…» Scorse veloce le foto della
piazza che aveva richiesto. Erano prese da un po’ tutte le angolazioni:
una dall’alto, una dalla fontana di destra e una dalla fontana di sinistra. Poi
ne prese una, la guardò per qualche secondo corrugando la fronte e s’illuminò.
«Ma
certo!» esclamò. «Questa è stata scattata dal National Gallery,
no?» la mostrò ai suoi amici, che annuirono silenziosi.
«Se vi dicessi di
trovare una lettera, che cosa mi direste?»
John gli strappò la
foto di mano, guardandola poi attentamente. «Una lettera…» Corrugò
la fronte, scorrendo lo sguardo sulle fontane simmetriche ai lati della piazza,
la colonna dell’ammiraglio Nelson in mezzo, le case sullo sfondo e la
gente immortalata nella foto. «Aspetta…» mormorò. «È una I!»
esultò infine.
Sherlock annuì
soddisfatto. «La colonna è una I» disse, mentre
Lestrade e Molly si passavano la foto l’un l’altro sorridendo compiaciuti.
«A questo punto la seconda parola è
senz’altro una sola… ma andiamo con ordine.» continuò Sherlock. «I… THE…»
Afferrò un foglio e ci scarabocchiò sopra le cifre di Trafalgar Square.
097109
«Questo è il secondo indizio in ordine
cronologico, quindi corrisponderà alla seconda parola, che è di due lettere.
Sono sei cifre: se le lettere sono due, dividiamo le cifre in due gruppi.» E così dicendo tracciò una linea a separarle.
097 | 109
«Ma
Alice che fine ha fatto?» li interruppe Lestrade.
Sherlock sorrise. «Lestrade sei un genio! Esattamente come pensavo… anche se
avrebbe potuto essere ‘LL tutto sommato.»
Lestrade si accigliò.
«Che cosa avrei detto di tanto geniale?»
«ASCII, Lestrade,
ASCII…»
Molly sembrò
illuminarsi e si fiondò al portatile.
«ASCII è l'acronimo di American Standard Code for
Information Interchange. È un sistema di codifica dei
caratteri a 7 bit,
comunemente utilizzato nei calcolatori.» Spiegò Sherlock. «Ogni simbolo o
carattere corrisponde a un numero da 001 a 227.»
Molly andò un urletto di giubilo. «097 e 109 corrispondono a “a” e “m”
minuscole.»
Sherlock annuì. «I am the…» Afferrò l’ultimo
codice. «Questo ci darà la risposta.»
John guardò la serie di cifre e si
sentì girare la testa. Avevano solo mezzora.
101222102202111021121022
«Sappiamo che sono quattro lettere…
queste sono ventiquattro cifre.» Scribacchiò su un
foglio.
24:4=6
101222 | 102202 | 111021 | 121022
«Potrebbe essere
ASCII…» notò Molly con discrezione ma Sherlock scosse la testa. «Non ha usato un metodo uguale per tutti. Dobbiamo solo
pensare e…» si bloccò. Poi rise ancora una volta. «Oh,
questo enigma!»
John si impose di darsi una calmata per evitare di tirargli un
pugno. «Allora?»
Sherlock balzò
nuovamente in piedi. «Moriarty ha una fissazione per
il tre! Sempre tre… I gioielli della corona, la prigione di Pantonville,
la banca di stato… Sono tre i crimini che l’hanno fatto conoscere al mondo. Tre
sono le buste per il gioco delle fiabe, tre le volte in cui è comparsa la
scritta IOU, composta a sua volta da tre lettere! Coincidenze? Tre cecchini,
tre vittime, ed è tornato dopo tre mesi!» Sorrise
trionfante. «È un codice a base tre!»
Quando gli altri non
sembrarono capire, a parte Molly, si affrettò a spiegare. «È un sistema di
numerazione a base tre, in cui vengono utilizzate solo
tre cifre. In questo caso sono 0, 1, 2. Il numero 3 in base
decimale corrisponderà al 10 in base tre, il 4 corrisponderà all’11 e così
via…» Riprese in mano il foglio, cancellando gli appunti di poco prima mentre
John guardava impaziente l’orologio pensando alla sua Mary. Che cosa le stava
facendo Moriarty?
Sherlock esultò. «È la quarta parola
quindi bisogna togliere un numero ogni quattro!»
101222102202111021121022
«Ora rimangono venti cifre che divise
per quattro lettere sono cinque cifre per ogni lettera…»
10122 | 10202 | 11021 | 11022
«…che in base decimale
vanno a dare i numeri 98, 101, 115, 116…» aggiunse
Molly, che si era già portata avanti mentre Sherlock spiegava a John e Greg.
Sherlock la guardò storto poi
confrontò i nuovi numeri ottenuti con la tabella ASCII.
b e s t
John osservò le lettere sconcertato.
«I
am the best…[1]» Sherlock ripeté quelle quattro
parole lentamente.
«Fantastico…» mormorò Molly.
«Tutto qui?» chiese
invece Lestrade. «E dove si trova Moriarty?»
Sherlock corrugò la
fronte. «Ci deve essere sfuggito qualcosa…» Ricontrollò velocemente tutto ciò
che avevano scritto, ricontrollò i calcoli, tutto
quello che avevano scartato.
Fu John ad
accorgersene, forse per l’ansia rivolta a Mary o per la voglia di rendersi
utile. «Sherlock…» mormorò, guadagnandosi un’occhiataccia dall’amico. John lo
ignorò e prese in mano il foglio dove avevano scritto
l’ultimo codice. «I numeri che hai tolto… 2, 2, 1, 2…
la B è la seconda lettera dell’alfabeto, no? 221B!
Moriarty è al 221B di Baker Street!» esclamò, a metà
tra la felicità di aver scoperto qualcosa anche lui e lo sconcerto.
Con sua grande
sorpresa Sherlock scosse la testa sorridendo. «I numeri sono quelli, è vero
John, ma la soluzione che hai dato tu è troppo
semplice…»
«Come troppo
semplice?» ribatté John irato.
«John… lo hai sentito? Un gioco per
menti geniali! Tu non sei un genio…»
John alzò un
sopracciglio esterrefatto ma Sherlock era già avanti con i propri pensieri. «Sherlock Holmes, James Moriarty e… e Alice. Siamo noi i
geni. E siamo in tre.» sospirò il detective. «È un
codice a base tre, di nuovo…» Svolse altri calcoli sul foglio.
2212
2x33
+ 2x32 + 1x31 + 2x30
54 + 18 + 3
+ 2
77
Molly, Lestrade e John
osservarono il numero che ne venne fuori, ma solo John sembrò non capire. «77?»
Sherlock si rabbuiò e
annuì piano. «77 Montague Street,
John…»
Lestrade scattò in
piedi e contattò Scotland Yard. Sherlock si lasciò
cadere sulla sedia, poi dopo qualche secondo si rialzò.
«Era il suo vecchio
indirizzo… quando abitava con Alice…» spiegò Molly a John con una punta di
tristezza nella voce.
Sherlock s’infilò il
cappotto e la sciarpa. «Andiamo?» chiese al medico che annuì suo malgrado.
Sentì una strana stretta allo stomaco
quando guardò l’espressione di Sherlock. Gettò ancora uno sguardo al 77, e improvvisamente capì. Ovunque Alice fosse finita, non
sarebbe andata con loro.
***
L’intero isolato era
stato circondato. Nessun civile aveva il permesso di accedervi, nemmeno gli
stessi residenti. Le case vicine erano state evacuate e gli abitanti spostati
negli alberghi vicini. Molti curiosi si erano appostati nelle strade attigue e
numerosi giornalisti si aggiravano nelle vicinanze con la speranza di qualche
esclusiva.
Le acque si erano agitate, e
parecchio, causando esattamente quello che voleva Moriarty: confusione,
incredulità e molta, molta pubblicità. Dappertutto ora non si parlava d’altro:
L’EROE DELLE
REICHNBACH FALL È TORNATO
FALSA MORTE
PER L’EROE DELLE REICHNBACH FALL
IL GENIO DELLE REICHNBACH FALL È
VIVO, DI NUOVO
erano solo alcuni dei titoli che
capeggiavano in tutti i notiziari.
La macchina nera si
fermò al nastro arancione che delimitava la zona controllata dalle forze
dell’ordine e John e Sherlock scesero.
Mancavano solo pochi
minuti alle sei del pomeriggio, e John continuava ad aprire e chiudere la mano
in un gesto che esprimeva tutta la sua preoccupazione. Se fosse successo qualcosa a Mary non se lo sarebbe mai perdonato.
Sherlock si sistemò la
sciarpa al collo e lisciò con le mani il lungo cappotto blu scuro, poi avanzò
nella strada deserta a passo felpato. John si mosse al suo fianco. «Mi sembra
quasi di essere il protagonista di Io sono leggenda…» mormorò. «Camminiamo in una strada deserta… non c’è nessuno. Solo noi
due.»
Sherlock gli lanciò
un’occhiata interrogativa.
«Lascia
perdere…»
Percorsero in silenzio
il lungo viale dove si affacciavano le villette
bianche. I numeri civici al loro fianco passarono senza che nessuno dei due
proferisse parola.
Alla fine fu Sherlock
a spezzare il silenzio, quando ormai avevano raggiunto il numero 50[2]. «Mi
dispiace di averti tirato in mezzo fino a questo punto…» sospirò.
«No che non ti
dispiace.» scosse la testa John in risposta.
Sherlock sorrise
beffardo. «Era un tentativo di…»
«Beh, lascia perdere. Voi Holmes non ne siete in grado. E poi…
dopo tutto quello che abbiamo passato insieme non mi
sorprendo più…»
Sherlock annuì mentre
sorpassavano il 55. «Mi dispiace per la tua ragazza…»
John strinse la mano a
pugno.
«È probabile che non ne usciremo vivi,
lo sai? O per lo meno io…»
John ridacchiò
nervosamente. «Giuro che se moriamo ti verrò a cercare all’inferno pur di
fartela pagare.»
«Dico sul serio, John. L’ultimo gioco…»
«No, non lo sarà. Hai già beffato la
morte una volta. Lo farai anche oggi.»
Sherlock abbassò lo
sguardo con un lieve sorriso sul volto.
Rimasero in silenzio
ancora qualche minuto, sempre avanzando passo dopo passo,
poi toccò a John spezzare il silenzio. «Nel caso questa fosse l’ultima volta
che posso parlarti… beh, volevo dire che sono veramente onorato di essere stato
il tuo unico amico, e soprattutto di essere stato l’unico a non sapere della
tua falsa morte.»
Sherlock deglutì.
«Avevi detto che…»
«Non posso dimenticare quello che ho
vissuto in questi mesi, Sherlock. Non lo dimenticherò mai.»
Sherlock sospirò.
«L’hai capito o no, alla fine?»
John lo guardò di
sbieco. «Che cosa?»
«Sei stato il mio
primo e unico amico John…» sembrava agitato e John si impietrì.
«Nel senso che non ho mai avuto amici prima di te…»
John ebbe
un’illuminazione, mentre avvistava il 77, ormai
vicino. «Quindi Alice…»
«Non era mia amica.»
«Né tua nemica…» John
annuì, mentre un peso gli si toglieva dallo stomaco. «Ora ho capito, sì.»
Si fermarono. La
targhetta sul cancelletto indicava il numero 77. John
prese un respiro profondo e aprì il cancello. Attraversarono il giardino in
silenzio e si fermarono di fronte al portone.
«Hai la rivoltella?»
chiese Sherlock.
John si batté una mano
sulla tasca della giacca.
«Buona fortuna John.»
Bussarono.
Dall’interno si
udirono dei passi e un tramestio di chiavi, poi la porta si aprì e John dovette
trattenersi per non lasciarsi andare preda alla rabbia.
«Buonasera Sherlock.»
Salutò Alice, un sorriso beffardo ad illuminarle il
volto. «E ciao John. Perfettamente puntuali. Facile
vero?»
Sherlock era
impassibile. «Un gioco da ragazzi.»
Alice scosse la testa.
«Un gioco per menti geniali.» Si spostò di lato e li lasciò entrare, poi
richiuse la porta dietro di sé. Fece loro cenno di salire la scala e John seguì
Sherlock sul primo gradino, Alice dietro di loro. Varcarono la porta e si
ritrovarono in una stanza, un salotto per la precisione. I mobili erano stati
accatastati tutt'intorno per lasciare spazio libero al centro della stanza,
dove Mary era legata alla sedia.
«Bentornato
Sherlock, bentornato a casa...» Moriarty era vicino
alla finestra e si girò verso di loro appena varcarono la soglia.
Sherlock
fece una smorfia. «È diversa da come la ricordavo...»
«Oh beh... Immagino. Per prima cosa Alice non è al tuo fianco. No? Ora c'è
John...»
Alice
girò loro intorno e affiancò Moriarty. Poi, con
estremo disgusto di John, Moriarty la avvicinò a sé e la baciò. Alice si staccò
e sorrise divertita. «Avevi detto niente umiliazioni, Jim...»
Moriarty
si voltò verso Sherlock e sorrise sprezzante. «Non
credo che a Sherlock importi molto. Guardalo, Alice,
non è più umano di un bastone di legno.»
John
avvertì Sherlock irrigidirsi al suo fianco. Era sicuro che gli importasse, e
molto, e questo non fece che accrescere la sua rabbia: Alice li aveva traditi,
presi in giro con il più sporco dei giochi.
«Vogliamo
concludere Moriarty?» disse Sherlock senza fare una
piega.
«Oh
sì, Sherlock, sì...» Si avvicinò ad
un tavolo dove un portatile era stato posto sopra una pila di libri. Ci lavorò
per qualche secondo, poi piegò lo schermo, regolandolo. «Eccoci
qui! All'epilogo di questa grande quanto intricata storia!»
esclamò, poi si spostò.
Con
grande orrore John si vide nello schermo: Moriarty li stava riprendendo in
diretta. Cosa aveva intenzione di fare?
«Sherlock Holmes e John Watson, di nuovo insieme, come tre
mesi fa. Uniti
contro il crimine...» stava intanto dicendo Moriarty.
John
strinse i denti per non cedere alla tentazione di saltargli addosso e prenderlo
a pugni. Poi i suoi occhi si spostarono verso Mary che lo fissava con gli occhi pieno di lacrime. Sapeva che cosa pensava: perché sei venuto, John?
«Allora
Sherlock... vuoi spiegare ai tuoi fan come hai risolto l'enigma?» continuò
Moriarty. Sembrava felice come un bambino nel giorno del suo compleanno.
Sherlock
esitò. «Lascia andare la donna...»
Moriarty
rise. «Oh no... E poi come ti faccio parlare? Anzi... Non voglio passare qui le ore.» Fece un cenno ad Alice, la
quale tirò fuori una pistola, caricò il colpo e la puntò alla testa di Mary,
che cominciò a piangere in silenzio.
Sherlock
deglutì. Poi, fissando Moriarty, cominciò a raccontare da come aveva scoperto
che le tre esplosioni andavano a formare la parola "the" a come
infine era arrivato all'ultima parola, "best".
«I am the best... Già, già. Bello no?» Rise nuovamente. «Bene, bene... Hai qualcosa da
dire, Sherlock?»
Il
detective non rispose.
Moriarty
si girò verso la webcam. «Penso... Sì. Penso di poter
dare l'annuncio finale. Qualche mese fa pensavo... quale potrebbe essere la
fine ideale per delle menti geniali come le nostre, Sherlock?» Moriarty tornò a
guardare il detective e John si irrigidì sul posto.
Sherlock
lo scrutò attentamente senza rispondere.
«Non lo sai? Beh, dopo un po' di tempo mi è arrivata la soluzione... Mi
sono detto: perché fare che Sherlock si suicidi?
Certo, lui morirebbe nella vergogna, ma io poi che farò? Come morirò? Spararsi
in bocca... beh no, nessuno avrebbe mai saputo della mia grandezza.» Fece una pausa. «E poi la
soluzione... Un grande gioco che mi avrebbe reso famoso al mondo. Una semplice
frase che avrebbe espresso tutta la mia grandezza, un enigma che avrebbe espresso
tutta la mia genialità. Una fine che si sarebbero ricordati tutti per sempre...»
Afferrò
qualcosa dalla tasca e la mostrò nella webcam. «Una grande esplosione...»
Alice
sorrise e a un cenno di Moriarty guardò i due amici. «Il
sotterraneo della casa è riempito di esplosivo. Un semplice gesto...» indicò il pulsante che Moriarty teneva in mano, «...e
salteremo tutti in aria.» Alzò il mento e li guardò,
fiera. «Qualcosa di diverso dalle solite storie. Né
vincitori né vinti.»
Gli
occhi di Sherlock saettarono dalla donna a Mary. «Va
bene, va bene, moriremo tutti. Tutti e tre. Lascia andare John e la sua ragazza...» disse piano.
Alice
scosse la testa. «No, John morirà. Nessuno soffrirà
più per causa tua, Sherlock.»
John
sentì la testa girargli. Alice voleva che morissero tutti, voleva
che lui non soffrisse per un'altra morte del suo amico? Fissò Mary sconcertato. «Mary...» Guardò
Alice, supplichevole. «Lei non c'entra niente in tutto
questo. Lasciatela andare maledizione!»
Alice
lo guardò impassibile. «Mi dispiace, John.»
«Tutto
quello che ti ho detto è vero!» John spostò lo sguardo
verso Sherlock. «Non sono solo fantasie! Ti prego,
credimi...»
Alice
chiuse gli occhi.
John
si rivolse all'amico. «Maledizione, Sherlock! Digli
qualcosa!»
Ma il detective scosse la testa. «Basta John.» Guardò Alice. «Non ti
ascolterà...»
La
donna sorrise e fece un cenno a Moriarty, il quale la baciò ancora una volta.
Poi si staccò e cominciò il conto alla rovescia.
«Dieci,
nove...»
John
fissava Mary, incapace di fare alcunché. La donna lo
fissava di rimando, le guance bagnate da calde lacrime.
«...otto, sette...»
Sherlock
fissava Alice.
«...sei, cinque...»
Alice
guardò Jim.
«...quattro, tre...»
Trattennero
tutti il respiro.
«...due, uno.»
Note:
[1] “Io sono il migliore”. (Forse è
futile dirlo, ma non si sa mai…)
[2] I numeri civici si fermano al 24 se
non sbaglio. Immaginate di prolungare la strada xD
Un
ringraziamento a mio padre che mi ha aiutato con il codice, spiegandomi tutte
le varie trasformazioni tra sistemi di numerazioni ecc. Da sola non ci sarei
mai arrivata :)