La giovane donna con gli occhiali dalle lenti rosse era in quella posizione ormai da ore: l’attesa era la base di ogni buon cacciatore. E lei era la migliore, la Night Hunter.
Quel giorno teneva sotto controllo un piccolo paesino di montagna, qualcosa la insospettiva.
“I smell black magics”.
Lo aveva percepito distintamente: un fuoco che le premeva dai piedi alla punta delle dita, la scaldava in modo insistente, la riempiva, la inglobava. La sensazione era iniziata non appena aveva visto i primi tetti del villaggio ed era pian piano scemata fino ad andarsene del tuto, ma era sempre presente dentro di lei, come il fuoco d’odio che le brillava negli occhi.
Le dava fastidio quella sensazione, non era logica. Le cose illogiche e irreali, come quando sapeva di essere vicino a un bersaglio, le davano repulsione e affanno. Ma allo stesso tempo le trovava stranamente piacevoli: era inondata dal basso verso l’alto da un soffio maligno e caldo, che la stregava. Si sentiva attratta da quella emozione, almeno quanto una donna dal piacere carnale. Anche per questo lo odiava, la magia che non sopportava le faceva provare un’attrazione quasi fisica, che poi andava a distruggere come una mantide religiosa uccideva il suo partner. Scosse la testa, scosse i pensieri.
Il sole stava calando, lei sorgeva: la caccia era aperta.