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Autore: __deep    22/10/2013    1 recensioni
Immaginate che quando vi sentite prigionieri e già carcasse, vi scriva chi vi conosce da più tempo per tirarvi su: il vento. E immaginate una lacrima bagnare il foglio dopo la lettura. Questo. per la mia migliore amica, come sempre
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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sedici dieci tredici

V.,
sono il vento.

Una volta uno scrittore disse che quando devi ritrarre qualcosa la prima cosa che devi prendere sono gli occhi. E un suo personaggio gli chiese Ma se voglio ritrarre il mare da dove posso partire? E lui disse che gli occhi del mare sono le barche, perché vedono i posti, e i luoghi, e la gente, e la vita, per conto del mare. E il suo personaggio ritrasse il mare.

Però nessun personaggio ha mai chiesto quali siano gli occhi del vento, e nessuno scrittore ha mai dato risposta. Secondo loro io sarei una massa d'aria in movimento, cieca e non viva, rispondente solo e soltanto a leggi termiche e fisiche della natura. Però puoi vedere che non è così.

Ti ho vista l'altro giorno, che dicevi che ti sarebbe piaciuto tanto qualcuno che ti capisse davvero. Ti ho vista proprio con i miei occhi, sai?, perché io gli occhi ce li ho davvero. E mi sono detto che io ti conosco da quando sei nata, e che avrei dovuto scriverti io, che ti ho vista diventare ciò che sei, perché se no chi avrebbe potuto farlo?

Devi sapere che soffiavo io, quando apristi gli occhi per la prima volta. Ero freddo, quel giorno, perché venivo dal nord anche se l'anno non era iniziato da molto. E soffiavo io quando ti sbucciasti il ginocchio e piangevi a terra – ma quella volta venivo dal Marocco e portavo tanta sabbia che sembravo tornare dal deserto e indossare una lunga tunica bianca. Soffiavo insieme a te le candeline dei tuoi compleanni e ti spaventavo, a malincuore, quando ero costretto a soffiare più forte nei giorni di pioggia. Ti ho vista che giocavi stesa sul pavimento mentre ero tramontana e ti ho vista dare il tuo primo bacio che ero già grecale. Ed ero maestrale quando per la prima volta ti si ruppe il cuore, carico di rabbia e pronto a sputare ghiaccio e fulmini in faccia all'autore di tale scempio.

Il vento si ricorda di tutto, lo sai? Perciò mi offendo quando dicono che io non ho occhi.

Oggi ti ho vista piangere di nuovo mentre fuori pioveva, ed avevi il pigiama addosso mentre scrivevi con la biro su un foglio di carta. E sono entrato da una fenditura nella tua finestra per soffiare via le lacrime che avevi sulla guancia. Ho provato a chiederti cosa avessi, ma io non parlo come gli altri. Io sibilo parole fredde e calde emozioni, non le dico. E poi ho letto quello che hai scritto, ed ho pensato che te la passavi proprio male in quella condizione. Ma poi ho ricordato di tutte le cadute che hai preso e le botte che hai subito, e mi sono scoperto sicuro che ce l'avresti fatta.

V., adesso soffierò via insieme a queste nuvole scure, ma sono comunque vicino a te, tempesta quando il tuo cuore è nero di tristezza e libeccio quando invece è riscaldato dal benessere. So che non ti arrenderai, perché neanche i tuoni che provocavo e i temporali che portavo di notte ti hanno mai stesa. Neanche i tagli, neanche quelli, perché sei sempre stata in piedi.

Prima di andare però volevo dirti l'ultima cosa. Che l'altro giorno mentre camminavi ho visto che sei diventata grande davvero, ed ho soffiato fra i tuoi capelli come per scompigliarli come fa un padre con il figlio dopo un grande traguardo raggiunto insieme. Ho visto che si agitavano, i capelli, ma stavano aggrappati alla tua testa in ogni caso. E allora ho detto che erano proprio come te quei capelli, perché erano in balia del caos ma manco per il cazzo che mollavano, ho detto.

Ti voglio bene, sono per sempre con te,
tuo,
il vento.

Post scriptum: non ti ho detto quali sono i miei occhi. I miei occhi siete tu e quelli come te. Perché il mondo visto dagli occhi di chi ride è un mondo non reale, fantoccio. Io mi occupo delle persone che vivono davvero, di quelle che cadono e si rialzano. I miei occhi sono gli occhi delle persone che piangono. E quando vogliono piangere davvero, sono sempre di fianco a loro, soffiando temporali e piogge per nascondere alla gente vuota le loro lacrime di vita.
   
 
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