CAPITOLO
3: GIOCHI PERICOLOSI
Durante il pranzo,
Clary si trovò improvvisamente isolata. Dopo quello che era accaduto con
Malfoy, ogni Serpeverde la guardava con circospezione e si teneva ben distante.
Sembrava invece che
avesse acquisito popolarità in tutte le altre Case; specialmente tra gli
studenti di Grifondoro.
Dopotutto però, come
lei stessa si era aspettata, quel suo gesto impulsivo non poteva passare
inosservato, e proprio durante il pranzo, il professor Piton le si avvicinò con
il suo solito passo spedito, dicendole di seguirlo.
A Clary balzò il
cuore in gola; quell’uomo la intimoriva e lei non sapeva cosa diavolo avesse in
mente; non poteva certo mettere a tappeto anche lui, anche avrebbe tanto voluto
farlo.
Certo, il professore
avrebbe potuto tramutarla in una lucertola prima che lei potesse anche solo
accorgersene, dopotutto lei era una Shadowhunter alle prime armi e lui un
insegnante navigato e molto abile nel suo lavoro.
Lo seguì a testa
bassa senza opporre alcun tipo di resistenza.
Mentre si
allontanava, Clary vide Jace, i Lightwood ed Harry e il suo gruppo di amici
guardarla in modo preoccupato.
Non stavano
sicuramente andando a fare una bella chiacchierata davanti ad una tazza di thè
fumante.
La ragazza seguì il
professore di Pozioni lungo i corridoi fino ad arrivare nei sotterranei, nel
suo ufficio.
«Prego, si sieda
signorina Morgenstern», disse lui senza alcuna inflessione nella voce.
Clary obbedì senza
fiatare e poi prese dei profondi respiri.
Si comportava sempre
così quando sua madre era in quello stato che lei era solita chiamare
“spaventocalma”.
Solo che in fin dei
conti, sua madre non avrebbe mai fatto nulla che poteva nuocerle; di quel Piton
non poteva dire altrettanto.
«Sono venuto a sapere
del, come chiamarlo… incidente,
avvenuto nei giardini della scuola con il signor Malfoy. Ha qualcosa da dire?».
Clary inghiottì il
vuoto.
«Lui mi stava facendo
male… ».
Non era proprio una
bugia; Malfoy le stava stritolando il gomito.
«Questo non
giustifica il suo comportamento, Morgenstern».
Nel pronunciare il
suo cognome, a Clary parve che Piton sputasse veleno puro, tanto che lei rimase
raggelata.
«Pensi che non sappia
chi sono tuo padre e tuo fratello? Pensi che non sappia da quale brutale e
violenta famiglia tu vieni? Perché credi di essere stata smistata nella mia
Casa? Da Serpeverde sono usciti i peggiori maghi oscuri di tutti i tempi e tu
puoi andare in giro con quell’aria innocente finché vuoi, ma io non ci casco,
Morgenstern. Fa solo un altro passo falso e ti farò buttare fuori da qui! Non
credere che convincere il resto del corpo insegnanti sarà difficile, tu che sei
la figlia di un assassino traditore!».
Clary pensò che per
un momento il cuore le si fermasse. Va bene, quell’uomo non le aveva fatto una
buona impressione fin da subito, ma parlarle così era come… ricevere uno
schiaffo in pieno viso. Dovette ricacciare a forza indietro le lacrime, poi il
professore continuò: «Non so com’eri abituata a casa tua in America, se andavi
in giro ad uccidere qualunque cosa ti passava sotto mano e quella feccia che
voi chiamate Nascosti, ma… ».
«Oh, cielo, no! Così
potrei davvero sentirmi profondamente offeso!».
Una voce familiare
alle spalle di Clary interruppe la tetra litania di Piton, che rimase raggelato
sul posto, apparentemente inorridito da ciò che gli stava di fronte.
Clary si voltò di
scatto, sapendo già perfettamente chi si sarebbe ritrovata davanti: stivali di
un lucido verde scuro, pantaloni marroni in pelle e una maglietta così gialla
che dava fastidio agli occhi.
Capelli sempre a
punta e glitter ovunque.
«Magnus!», esclamò
Clary esterrefatta.
Cosa diavolo ci
faceva lui ad Hogwarts?!
E poi Clary sperava
che almeno lì avesse un certo contegno nel vestire; ma a quanto pareva, a
Magnus non importava granché. Quello era il suo stile e non sarebbe mai
cambiato.
«Sono Magnus Bane!»,
si presentò l’uomo al professore di Pozioni, che sembrava avesse perso l’uso
della parola.
«Sono spiacente, ma
temo di doverle portare via Clarissa, ora».
Così, senza aspettare
la risposta dell’altro, afferrò Clary per un braccio e la portò via dai
sotterranei.
«Zuccherino, si può
sapere che cos’hai combinato?», le chiese quando furono sufficientemente lontani
dall’ufficio di Piton.
Ma le parole
accusatorie del professore continuavano a rimbombarle nelle orecchie come una
sentenza di morte e le lacrime tornarono
a farsi sentire nei suoi occhi, appannandole la vista.
«Oh, per favore,
capisco che tu sia felice di vedermi, ma niente piagnistei cara, altrimenti me
ne torno da dove sono venuto».
«Già, a proposito di
questo… come mai sei qui?» gli chiese la ragazza con voce un po’ incrinata, ma
dandosi un contegno.
«Ma per il cibo
gratis, è ovvio!», esclamò con un sorriso abbagliante.
«Ah, già… di quello
ce n’è davvero molto», disse lei con un sorriso triste. «Seriamente, Magnus…
perché sei qui?».
«Per te, Clary».
«Per me?».
«Ci sono novità su
tua madre… cioè… non proprio novità, ma si è fatta avanti una sua vecchia amica
e mi ha detto che c’è un modo per svegliarla. Serve una pozione e gli
ingredienti li potrò trovare soltanto da queste parti, quindi… eccomi qui».
Clary non poteva
credere alle sue orecchie. Non le importava più delle parole cattive di Piton
di poco prima, ora riusciva a pensare solo a sua madre e di slancio abbracciò
Magnus, che parve colto alla sprovvista.
Proprio in quel
momento arrivarono Jace, Alec ed Isabelle, seguiti da Harry, Ron e Hermione.
Il trio di Hogwarts
fissò Magnus con tanto d’occhi; il Sommo Stregone di Brooklyn era probabilmente
la persona più egocentrica che esistesse sulla faccia della Terra.
Alec invece era
rimasto decisamente impietrito.
«Ciao, sexy!», salutò
allegramente Magnus, rivolgendosi proprio al maggiore dei Lightwood.
Clary rimase
esterrefatta per un momento, come d’altronde sembravano tutti gli altri, a
parte Isabelle, che se la rideva sotto i baffi.
“Sexy”? Che Magnus ed
Alec avessero una relazione?! D’altro canto… Clary sapeva per certo delle preferenze sessuali di Alec, ma non
sapeva che stesse con Magnus.
«Tranquilli ragazzi,
sono solo di passaggio, non mi fermerò per molto!», esclamò l’uomo come se
quella fosse la situazione più normale del mondo. «Infatti, ora devo andare a
parlare con il vostro preside, quindi… vi auguro una buona giornata!», e detto
questo si avviò con passo spedito in cima alle scale, dopo aver rivolto un
occhiolino ad Alec.
Clary si chiese se
sapesse effettivamente dove stesse andando o se, tra due ore, lo avrebbero
ancora ritrovato a vagare per i corridoi che si snodavano all’interno del
castello.
[…]
Harry rimase a
fissare quell’uomo mentre si allontanava. Lui di gente strana ne aveva
conosciuta nella sua vita, ma quel tipo, li superava di gran lunga tutti
quanti!
«Chi cavolo era
quello?», fu Ron a rompere il silenzio.
«Quello lì è Magnus
Bane: il Sommo Stregone di Brooklyn», spiegò Isabelle con noncuranza.
«Beh… è strano
forte».
Harry guardava la
Cacciatrice dai lunghi capelli neri, ma poi i suoi occhi si spostarono su
Clary.
«Oggi ti ho vista
lanciare in aria Malfoy».
La ragazza arrossì di
colpo.
«Sai, sei diventata
il mio idolo».
«Io… Piton mi ha dato
una bella strigliata, forse se non fosse arrivato Magnus, mi avrebbe espulsa»
«Sì, sarebbe tipico
da parte sua. Voi venite mandati qui per la vostra sicurezza e lui ti butta
fuori. Molto maturo».
«È anche vero che
quello che ho fatto non è stato molto corretto».
«E chi se ne importa?
Sei stata mitica!», riprese parola Ron.
Lei rise
sommessamente.
«Non avrei dovuto, ma
mi aveva fatto arrabbiare».
«Oh, Malfoy a
quest’innata capacità e direi che è l’unica cosa che gli viene molto bene».
«Ma noi non dovremmo
tipo… odiarci per contratto? Insomma… tutta la storia di Serpeverde e
Grifondoro… ».
«Io non odio nessuno
che mandi gambe all’aria Malfoy in quel modo», riprese Harry con un gran
sorriso.
A quel punto Clary
rise apertamente e, Harry notò, che Jace osservava la scena a braccia conserte
e con un sopracciglio inarcato.
Quel ragazzo era
strano. Era come se fosse costantemente teso per qualcosa e girava sempre attorno
a Clary.
Poi si ricordò delle
parole di Isabelle quella mattina a colazione: “Solo perché tu e la piccola Morgenstern avete avuto dei trascorsi,
questo non fa di lei una tua proprietà, mio caro”.
Allora Clary e Jace
stavano insieme? O insomma… lo erano stati?
Quegli Shadowhunters
lo incuriosivano sempre di più.
«Che lezioni ci sono
adesso?», sentì poi dire ad Hermione.
Ron guardò il suo
orario: «Storia della Magia con Corvonero e Trasfigurazione doppia con
Tassorosso».
«Voi invece? Avete
qualcuna delle vostre lezioni?», chiese la strega rivolta agli Shadowhunters.
«Rune», disse Alec
con scarso interesse.
Da quando quel Magnus
Bane se n’era andato, il ragazzo pareva essere tornato in quel suo stato di
noia misto a diffidenza nei confronti di tutti tranne che sua sorella e Jace.
«Anche noi abbiamo
una materia che si chiama Rune Antiche», proseguì Hermione.
«Allora infondo non
siamo poi così diversi; in fin dei conti… studiamo materie simili, voi avete i
maghi oscuri e noi abbiamo i demoni. Per combatterli voi avete gli Auror e noi
siamo Shadowhunters e poi… voi avete i doni della morte, mentre noi gli
strumenti mortali… », disse Clary.
«E tu come fai a
sapere dei doni?», chiese Harry, stupito.
«Già, Clary, come lo
sai?» gli occhi di Jace la scrutarono, inquisitori.
Lei parve in
imbarazzo e si mise a tormentare una ciocca di capelli, rigirandosela tra le
dita e infilandola dietro un orecchio.
«Luke mi ha dato un
libro, voleva che fossi preparata».
«Dev’essere un libro
molto particolare, è strano che sia sfuggito alla supervisione del Conclave; un
manufatto del genere dovrebbe stare nella biblioteca dell’Istituto», continuò
il biondo.
«Era nella biblioteca
di Valentine, d’accordo!? Nella tenuta dei Wayland, forse dovevi accorgerti tu della sua esistenza, dato che ci hai
vissuto per dieci anni!».
Quelle parole
uscirono con impeto dalla bocca di Clary, tanto che si portò una mano alla gola,
come se fosse improvvisamente sul punto di strozzarsi, e guardò Jace con aria
stranita, non credendo lei stessa alle parole che aveva appena pronunciato.
Il ragazzo, dal canto
suo, divenne di colpo rigido e perfino Alec ed Isabelle parevano guardinghi e a
disagio.
Clary non aspettò un
secondo di più e filò via lasciandosi il gruppo alle spalle.
Harry non capiva cosa
fosse successo; insomma… si comportavano tutti in modo così strano!
[…]
Clary era seduta sui
gradini di pietra che davano sul giardino, con indosso nient’altro che un paio
di jeans vecchi e una felpa. Seduta sullo scalino più in basso, continuava a
tormentare l’erba, strappando dal prato dei consistenti ciuffi verdi e
buttandoli all’aria.
Respirava a fondo e
si sentiva tremendamente in colpa. Aveva sbagliato a rivolgersi in quel modo a
Jace.
Dopo diversi minuti
di meditazione, sentì una voce chiamarla alle sue spalle. Si voltò, per
trovarsi davanti Harry.
«Ciao», disse in tono
mesto la ragazza.
«Ciao. Impressione
mia o tu e Jace non riuscite ad andare molto d’accordo?».
«Abbiamo alti e
bassi».
«E quel Valentine che
hai nominato prima c’entra qualcosa?».
«Valentine è il punto
della situazione. Lui è il nostro… nemico da combattere; è lui il Cacciatore
cattivo che ha costretto il Conclave a mandarci tutti qui. Pensano che questo
sia l’unico luogo sufficientemente sicuro. Ed è mio padre».
A quelle parole Harry
la guardò stupito.
«Che cosa?».
«Già. Lui mi odia, ma
ha cresciuto Jace per i primi dieci anni della sua vita, anche se poi ha
cercato di ucciderlo. Mio fratello, Jonathan, ha ucciso il fratellino minore di
Alec, Isabelle e Jace».
Clary non sapeva
perché stesse dicendo tutte quelle cose a Harry, ma quel ragazzo… in qualche
modo le ricordava Simon e Simon le mancava da morire. Aveva bisogno del suo
migliore amico, ma lui era troppo lontano.
«Mi dispiace», le
disse solo Harry.
«Beh, adesso è il
caso di andare in classe; non voglio arrivare in ritardo alla prima lezione di
Rune».
«Certo, anch’io devo
andare», e detto questo i due rientrarono nel castello.
[…]
Jace camminava a
passo spedito lungo i corridoi della scuola; non capiva come diavolo quella
ragazza riuscisse a farlo imbestialire tanto.
Isabelle aveva
provato ad inseguirlo, ma Alec l’aveva fermata. Il suo parabatai lo conosceva a
fondo e sapeva che in quel momento l’unica cosa di cui Jace aveva bisogno era
stare da solo.
Percorreva a grandi
passi i corridoi, passando davanti ad aule vuote dalle porte spalancate e altre
stanze chiuse a chiave. C’era così tanto da scoprire in quel castello! Ad un
certo punto udì delle voci provenire da una rampa di scale alle sue spalle,
così tornò indietro e, senza fare alcun rumore, si avvicinò.
Nascosto in
un’intercapedine tra la scala ed il muro, distinse chiaramente la voce di
Magnus Bane e un’altra, più anziana, che lo ricondusse al professor Silente.
Quando aveva sentito
il nome del preside per la prima volta, Jace aveva pensato che si sarebbe
trovato di fronte qualcuno di simile ad i Fratelli Silenti; non avrebbe potuto
sbagliarsi di più.
Ad ogni modo, riuscì
a cogliere un brandello di conversazione.
«Io capisco la sua
preoccupazione, signor preside, ma non c’è nulla che la mia magia possa fare
per localizzare una cosa talmente intrisa di potere e persa nei secoli. Senza
contare il fatto che la sua magnifica scuola non è un posto esattamente…
piccolo. Mi servirebbero mesi per setacciarla da cima a fondo e l’oggetto in
questione potrebbe trovarsi ovunque. Io ho detto alla ragazza che sono qui per
ritrovare gli ingredienti per la pozione che mi aiuterà a risvegliare sua
madre, ma non è così semplice mentirle. Clary è sveglia e se si accorgerà che
resto qui troppo a lungo, comincerà a farsi domande. A peggiorare le cose, e
questo è stato, lo confesso, un mio errore, è stato il fatto che ai ragazzi ho
detto che sarei ripartito nel giro di poco e quando noteranno che sono ancora
qui, beh… ».
Magnus lasciò in
sospeso la frase.
«Questo potrebbe
rappresentare un problema, signor Bane, ma le garantisco che metterò a
disposizione tutto il personale di cui dispongo per aiutarla nella ricerca. Quel…
gioco, deve essere ritrovato».
«Su questo non potrei
essere più d’accordo, professor Silente. Sono dell’opinione che certi giochi pericolosi non dovrebbero essere
presi tanto a cuor leggero e un posto come la sua scuola non è certo il posto
adatto per custodirlo, in mezzo a tanti ragazzi curiosi e, ahimè, terribilmente
inconsapevoli del pericolo che correrebbero affrontando una cosa simile».
A quel punto il
preside riprese parola e Jace avrebbe voluto stare ancora ad ascoltarli, ma un
rumore di passi lo avvertì che qualcuno si stava avvicinando, così, con la
solita grazia che lo contraddistingueva, scivolò via come un’ombra.
«Jace, sei sicuro di
aver sentito bene?», gli chiese Isabelle quella sera, mentre lei e i due
fratelli se ne stavano in disparte nelle sedie della sala comune di Grifondoro.
«Stai forse mettendo
in dubbio il mio udito da Cacciatore, Izzy?».
«Non sia mai, vostra
maestà il Re dei Fraintendimenti!».
«Ehi!», scattò Jace,
piccato.
Alec scosse la testa
tra il divertito e l’esasperato.
«Jace, penso che Iz
voglia dire che è estremamente
improbabile che Magnus e Silente si stessero riferendo ad un vero gioco».
«Ah, adesso prendi
pure le sue difese? Alla faccia del parabatai!» esclamò ferito.
«Ehi, Mr-Chioma-Fluente,
prima che essere tuo parabatai, lui è mio
fratello!».
«Zitta tu, Medusa! Dì
un po’, usi una runa per quei capelli? Dove li tieni nascosti i serpenti?».
«Non pensavo di
essere così conteso», intervenne Alec in tono conciliante, prima che sua
sorella potesse rispondere a tono, cosa che avrebbe fatto senz’ombra di dubbio.
Come sempre toccava a lui mediare tra i due fratelli.
Sia Isabelle che Jace
avevano degli animi che prendevano fuoco molto facilmente.
«Piuttosto… sbaglio o
oggi Magnus ti ha chiamato… “sexy”?».
Alle parole di Jace,
Alec rimase di sasso.
«Credo che dovremmo
parlare di quello che hai sentito oggi», disse senza affrettandosi a cambiare
argomento.
«E di cosa vuoi
parlare? Ma sì, forse sarà stato una specie di linguaggio in codice per non
farsi capire da eventuali orecchie indiscrete», continuò il biondo.
«Sì, tipo le tue».
Isabelle parlò sovrappensiero, girando la pagina di un libro intitolato “Storia
di Hogwarts”, che aveva preso in biblioteca quel pomeriggio.
Jace però sapeva che
era tutta scena; a Isabelle non piaceva leggere.
«Sarebbe uno strano
quadretto. Intendo… Magnus e Silente a fare una partita ad un qualche strambo
gioco da tavola magico. Tipo Risiko con i carri armati che si sparano davvero a
vicenda».
«Cosa diavolo è
Risiko?», chiese Isabelle quasi infastidita.
«Un gioco da tavola
dei mondani».
«E da quando tu sei
un appassionato?».
«Non è colpa mia,
questo è l’influsso negativo di quel Lewis».
«Simon? Ma lui non
era più un tipo da videogames?».
«Che differenza fa? Mi
immagino Silente con una specie di vestaglia da notte color porpora e Magnus
con uno dei suoi soliti completi imbarazzanti che cercano di distruggersi a
vicenda».
Alec si mosse a
disagio sulla sedia.
«Ma sì… se si tratta
di un gioco non sarà nulla di importante», sentenziò infine Isabelle.
NOTE:
Ed eccoci arrivati al
terzo capitolo! Allora… cosa ne pensate? Le cose cominciano a farsi un po’ più
complicate e nei prossimi capitoli vedremo come si svilupperà la trama.
Se passaste a
lasciare un commento per sapere cosa ne pensate mi farebbe piacere e per eventuali
dubbi/domande, potete scrivermi sia qui che su facebook; il mio nome è Clira
Efp!
Alla settimana
prossima!