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Autore: metaldolphin    23/10/2013    5 recensioni
Si dice che gli occhi siano lo specchio dell'anima, vero, Nami?
Cosa leggi in quelli di colui che hai vicino?
Genere: Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Occhi.
Occhi dall’iride così chiara da apparire bianca.
Occhi gelidi in cui la pupilla spicca nera ed indecifrabile.
Occhi che ricordano quelli dei fieri lupi polari dalla folta pelliccia chiara.
Occhi sembrano guardare senza vedere, mentre attorno ad essi l’aria si fa rossa del sangue dei nemici.
Occhi difficili da seguire, nell’azione fulminea, troppo veloce per essere seguita da altri occhi: i miei; così preoccupati, in questa battaglia, dove il divario tra cacciatori e prede è così assurdo da portare alla disperazione chiunque si fosse trovato al posto delle seconde.
Ovvero noi.
Siamo solo due e, come al solito, Zoro fa il grosso del lavoro, proteggendomi.
Due.
Contro quanti?
Cinquanta?
Cento?
Forse ancora di più, ma non ho paura.
Perché quegli occhi li sento addosso.
Perché, quegli occhi, sono aperti ed accessibili solo per me.
Sono l’unica a poter leggere dentro lo sguardo del Demone scatenato al mio fianco.
E so anche che, quello sguardo,è capace di portare il terrore nel profondo dell’anima, a chi osa sfidarlo o guardarlo abbeverare le sue spade col sangue dei nemici.
Però so pure che, quello sguardo, a me infonde sicurezza, perché non permetterà a nessuno di farmi del male: è una muta promessa fatta all’ombra di una bandana nera, quella che mi lanciano nell’affrontare il pericolo, e sorrido, perché ho la certezza che verrà mantenuta.
Perché coloro che non sono fuggiti davanti al suo nome, ben presto si trovano a colorare la polvere delle strade con il loro stesso sangue.
Non saprei se, ad essere incoscienti, siamo più noi, che ci aggiriamo con nonchalance per isole e mari, o coloro che cercano di prenderci ed intascare le cospicue taglie sulle nostre teste.
Se lo chiedessi a lui, non avrebbe dubbi e risponderebbe con un ghigno; lo guardo togliere la bandana nera dal capo, scoprendo i capelli dall’insolito colore, segno che la battaglia è conclusa e lui, unico vincitore, si erge sui nemici ormai inoffensivi ai suoi piedi.
Pulisce le katane, le rinfodera e le ferma in vita, assicurandole al suo haramaki.
E’ inevitabile che parte del rosso che indossa sia suo; un fastidio che non lo mette in pericolo di vita, ma sempre di ferite si tratta e la sua semplice maglia bianca si unisce al lungo elenco di sorelle, gettate per i troppi strappi e il troppo sangue raccolto.
I suoi occhi si abbassano su di me, illesa solo grazie a lui, preoccupati fino a che non gli faccio cenno che è tutto ok.
Più tardi, quegli stessi occhi mi osservano disinfettare e ricucire, alla luce della lampada, in cabina, socchiudendosi appena nei passaggi più dolorosi, accompagnati da una specie di ringhio selvatico.
Poi toccherà a me, guardarli chiudersi, mentre il Demone in essi, ormai sopito, lascerà il posto al riposo che troviamo l’una nelle braccia dell’altro, stringendoci ed amandoci nel rollio gentile della Merry in alto mare.
In antitesi alla velocità e alla rudezza mostrata in battaglia, quei momenti tra le lenzuola si rivelano sempre calmi e delicati, accuratamente divisi tra forza e potenza da quel corpo maestoso e sfregiato, che si muove su di me, appagandomi ed appagandosi di quell’amore che nessuno attribuirebbe mai a questo ragazzo dalla fama così oscura.
Ferma la mia testa tra le mani, cercando la mia lingua, assaggiandola, rincorrendola.
Passa la collo, scende sul seno, impaziente di liberarlo dai pochi tessuti che lo vestono e, una volta scoperti, li accarezza, li stuzzica, aumentando il suo impegno ai miei gemiti compiaciuti.
Una sua grande mano mi carezza sul ventre, a palma larga, esplorando la pelle, forse per accertarsi che io sia davvero incolume, che nessu’arma mi abbia sfiorata; quelle poche volte che è accaduto, la sua ira è esplosa, incontenibile, contro i nemici e se stesso, sentendosi in colpa per non avermi protetta sufficientemente.
Ma stasera non sarebbe accaduto: nemmeno un livido spicca sulla mia pelle chiara e possiamo continuare ad amarci, liberandoci degli ultimi indumenti per rivestirci soltanto l’uno dell’altra.
Il suo membro, ormai al culmine dell’erezione, sfiora contro la mia femminilità impaziente di accoglierlo. E quando mi accontenta, nel completamento di quell’unione perfetta, inarco la schiena ancor di più verso di lui, per sentirlo di più, per farlo più mio.
Prende a muoversi, su me ed in me, gli cingo il collo e lo guardo fisso negli occhi. Nel comune ansimare sul letto gualcito, provo a cercare se il Demone, che dicono abitare in lui, si manifesti e fisso le iridi del colore della neve, ricambiata dalle pupille di brace. Non scorgo nessuna entità malefica, nell’espressione dell’amore che così tanto somiglia al dolore, ma che dolore non è, mentre il ritmo degli affondi aumenta e i suoi occhi si chiudono all’approssimarsi dell’orgasmo che sta per arrivare; ma non lascia andare quelle briglie, fino a che non ha la certezza che anche io sia prossima a quella meta che raggiungiamo insieme.
Lasciamo andare un gemito soffocato, per non farci sentire da Rufy, Sanji ed Usopp, che dormono non troppo lontano nel compartimento maschile.
Come sempre, si rilassa, lasciandosi andare completamente su di me, dopo l’amore, aspettando che il respiro si calmi.
Passo una distratta mano sui suoi capelli, ancora lievemente umidi della doccia che ha lavato il sangue, il sudore e la polvere dello scontro. Lo vedo sorridere, quando si solleva per guardarmi negli occhi.
I suoi sembrano diversi, adesso, rispetto a qualche ora prima.
Hanno sempre il colore gelido della neve, come quello dei lupi dalla folta pelliccia.
Ma hanno un’espressione diversa, sono permeati dall’amore che ha per me.
Sono gli occhi di un Demone che ama.
   
 
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