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Autore: _sverige_    23/10/2013    3 recensioni
Si crede che ogni persona sia affiancata da un angelo che guida le sue azioni e veglia su di lei, ma pochi sanno che vicino a quest’ultimo si trovi anche un diavolo, pronto a sussurrarti seducente nell'orecchio parole di tentazione. Perché ogni uomo essendo libero deve avere le stesse opportunità sia nel bene che nel male, poiché è lui a dover scegliere la propria strada.
Genere: Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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CAPITOLO VI    Bruises and pastries
 
-Ti dico che è questa- Lovino sbuffò per l’ennesima volta rafforzando la presa sul metallo ormai tipido sotto la sua pelle e muovendosi un po’ per guadagnare qualche centimetro in più. Il suo spazio vitale!
-Lovi, Daniel aveva detto di scender- Antonio dovette lanciarsi verso l’uscita pur di non perdere l’altro che, appena le porte si erano aperte, era schizzato fuori senza neanche lasciargli il tempo di finire la frase.
Il demone si guardò attorno confuso cercando di trovare l’italiano che sembrava svanito nel nulla. Con la coda dell’occhio scorse un guizzo verde scomparire dietro un angolo e deciso a non perderlo lo seguì senza esitazioni. Doveva ammettere che, se voleva, quell’angelo in cardigan sapeva senza dubbio come non farsi prendere: per stargli dietro aveva dovuto dare prova di tutta la sua abilità di corridore e ostacolista mentre sgusciava tra la variegata popolazione metropolitana beccandosi le occhiatacce dei controllori. Con uno slancio gli afferrò un braccio mettendo così fine a quell’insolito inseguimento.
-Che c’è?!- Lovino si voltò rosso in volto e con un leggero fiatone: non solo Antonio aveva faticato in quella corsa. Con un gesto secco del braccio si liberò della presa dell’altro visibilmente infastidito dalla situazione. Questa volta toccò al demone assumere un’espressione offesa e delusa che, secondo l’angelo, stonava terribilmente con la immagine sorridente a cui si stava abituando. Si sentì quasi in colpa nel vederla.
-Dove volevi andare?- perfino il suo tono di voce era più basso. Il diavolo alzò serio lo sguardo ad incontrare gli occhi dell’altro e Lovino si sentì improvvisamente inerme davanti a lui. Non riuscendo a sopportare la sensazione di debolezza che l’aveva invaso, l’angelo tentò di riacquistare il suo solito cipiglio insofferente.
-Fatti miei. E smettila di seguirmi-  cercò di sostenere lo sguardo di Antonio opponendosi all’istinto di abbassare il proprio.
-No- la risposta secca dello spagnolo lo fece sussultare: cosa voleva da lui? Fece per andarsene, ma le dita del demone si serrarono ferree attorno al suo polso. L’angelo sgranò gli occhi spaventato strattonando nervosamente il braccio, per poi afferrare la mano dell’altro nel tentativo di liberarsi da quella morsa che si faceva sempre più dolorosa.
Come se risvegliatosi da qualche stato di trans, il demone sciolse la presa, ritrovandosi a fissare un Lovino che, sconvolto, si teneva convulsamente il polso, la pelle chiara  marcata da visibili chiazze rosse. Si sentì morire dentro.
-L-Lovi io n-
-Non avvicinarti!- L’espressione dolorante e tradita con cui Lovino lo stava ora guardando gli arrivò come una pugnalata al petto. Lo vide allontanarsi per poi scomparire, quando salì le scale d’uscita, inghiottito dalla luce esterna.  Antonio si poggiò alla fredda parete di cemento sentendosi momentaneamente senza forze e si portò una mano al volto: cosa aveva fatto?
 
L’angelo si sedette su un muretto poco distate dalla stazione puntellando i piedi sul cestino metallico che aveva di fronte. Non riusciva neanche lui a capire cosa stava provando in quel momento: di certo c’era rabbia, rabbia per essere stato trattato in quel modo, poi c’era paura, il timore per quell’Antonio così diverso dal ragazzo spensierato che aveva conosciuto nei giorni precedenti, e infine c’era delusione: aveva provato a dare per una volta un po’ di fiducia e quello era stato il risultato. Si sentì uno stupido.
Non sapeva quanto tempo fosse rimasto lì fuori, potevano essere passati pochi minuti quanto un’ora, e sinceramente non gliene importava comunque un granché. All’improvviso percepì una presenza metterglisi affianco, ma immaginando già chi fosse preferì continuare a fissare il marciapiede lastricato. Stettero così, i gomiti che si sfioravano, per vari secondi, avvolti in un silenzio assordante.
-Lovino io… mi dispiace- l’angelo non mostrò nessuna reazione, quasi come se le parole non fossero gli mai arrivate. Antonio allungò una mano verso l’altro fermandosi poi a mezz’aria. Dopo qualche attimo di esitazione ritirò il braccio per poi abbandonarlo con un lieve sospiro lungo il fianco.
-Ti prego, credimi. Non volevo farlo, non so cosa mi sia preso- la voce si fece sempre più flebile, fino a quasi scomparire sovrastato dal vivace caos della città. –Ti prego…-
L’italiano alzò lentamente gli occhi da terra e li posò sull’altro, ma nessuna emozione sembrava animare il suo viso. Vide che lo sguardo triste del demone era puntato sul suo polso e istintivamente srotolò la manica andando così a nascondere la pelle segnata. Gli occhi dei due si incontrarono. Subito quelli di Antonio cercarono di fuggire vergognosi a quelli dell’angelo che tentava di intercettarli. Capendo che non avrebbe ottenuto niente andando avanti così, Lovino afferrò l’altro per le spalle costringendolo a voltarsi. Non l’aveva perdonato, ma allo stesso tempo non riusciva a sopportare quella versione di Antonio: rilassò un po’ il viso e una leggera increspatura comparì sulle sue labbra.
 
-E… adesso?- Antonio, nuovamente all’interno della stazione, stava seguendo timidamente l’italiano a qualche passo di distanza. Lovino si guardò attorno attento, fermandosi vicino a una gigantografia della rete metropolitana londinese e assumendo un’aria pensosa.
-Dobbiamo trovare la linea gialla-
Vedendo tutta la sicurezza dell’altro e spaventato dalla possibile reazione che avrebbe potuto avere, il demone esitò un poco prima di aprire bocca sperando di non doversene pentire.
-Veramente Lovino- cominciò piano -quella sarebbe la linea di Daniel-
Alla faccia confusa dell’italiano provò a spiegarsi meglio.
-Vedi- si avvicinò al cartellone e con l’indice tracciò il percorso della linea giallo paglierino –questa è la fermata dove scende Daniel per andare all’università-. Picchiettò un paio di volte sulla superficie liscia indicando la piccola icona accompagnata dalla scritta “Moorgate”, poi indietreggiò di un passo e prese a scrutare concentrato il disegno che quelle righe colorate intrecciavano davanti ai sui occhi.
-Mmm, allora… da dove siamo adesso dovremmo riprendere la linea verde fino a South Kenequalcosa, poi salire nella blu e arrivare  a Piccadilly Circus… credo. Il resto ce lo dobbiamo fare a piedi- Si voltò verso Lovino che lo fissava a braccia incrociate e con un sopracciglio alzato.
-Sicuro?- Si vedeva benissimo che non era convinto. Al demone non rimase che abbozzare uno dei sui soliti  sorrisi per poi chiocciare un allegro e disarmante –No!- e avviarsi verso la fermata.
 
-Ehi Lovi…-
Antonio doveva ammettere che in quel momento si stava divertendo moltissimo, soprattutto vedendo la faccia dell’altro che, a pochi centimetri, cercando di mantenere la sua compostezza se ne usciva ogni tanto con delle smorfie secondo la sua opinione a dir poco fantastiche.
-Non trovi che tutto questo sia estremamente romantico?- il demone non riuscì a trattenersi dal scoppiare a ridere davanti all’espressione omicida che l’angelo aveva assunto. Mollò la presa sul palo sopra le loro teste per poi premersi entrambe le mani sulla bocca nel tentativo di riguadagnare un po’ di contegno. Esattamente in quell’istante la metro cominciò a frenare facendo sobbalzare i vagoni e con essi tutti i passeggeri al loro interno. Antonio stava già sperimentando l’ebbrezza della caduta libera che Lovino lo acciuffò al volo.
-Tieniti coglione!- Per tutta risposta lo spagnolo lo fissò per qualche secondo negli occhi, per  poi gonfiare le guance ormai porpora e ricominciare a ridere. L’italiano provò l’improvviso quanto invitante impulso di prendere quella stupida faccia sorridente e spalmarla contro il finestrino,  poco importava dei testimoni: probabilmente avrebbe fatto un favore anche a loro. Il dover restare in piedi, costretto in posizioni da far invidia a un contorsionista, schiacciato da estranei sudaticci e in compagnia di quell’essere bipolare e pericolosamente dannoso per la sua persona e la sua sanità mentale: l’apoteosi del romanticismo.
Lovino fu davvero grato al piccolo monitor nero del quale la carrozza era fornita quando vide scorrere su esso il nome della sua fermata in cubitali lettere gialle, anche se effettivamente quello schermetto non aveva nessun merito. Le porte aperte gli apparvero come la cosa più meravigliosa che l’uomo avesse mai inventato e, con grande soddisfazione e un gran respiro, varcò la soglia, girandosi subito dopo per controllare che l’altro l’avesse seguito.
 
-E se chiamassimo Daniel?-
Considerando che i due stavano vagando per le strade da più di venti minuti ritrovandosi alla fine e per qualche incomprensibile motivo sempre davanti alla stessa cassetta delle lettere, quella poteva essere considerata una domanda lecita.
-Lo disturberemmo. E ce la posso fare benissimo da solo- svoltarono l’angolo. L’angelo si ritrovò a fissare per l’ennesima volta il cilindro rosso incriminato. Assottigliò lo sguardo e lo guardò truce.
-Chiediamo informazioni-.
Antonio non osò ribattere.
 
Dopo essersi fatti spiegare la strada –due volte- da un’arzilla vecchietta che tra l’altro si era anche offerta di accompagnarli, Lovino e Antonio ricominciarono la loro ricerca.
-Ehi Antonio- il diretto interessato si voltò incuriosito: l’angelo non aveva mai cominciato una conversazione di sua spontanea volontà. –Mi spieghi cosa ci fai anche tu qua. Intendo dire, di solito i demoni non compaiono solo ogni tanto? Non sono costretti a rimanere sempre con i loro protetti come gli angeli eppure tu sei sempre in mezzo alle palle. Cos’è ‘sta storia?-
Lo spagnolo, in un primo momento, rimase sorpreso per il tono quasi gentile con cui l’altro aveva iniziato il discorso, ma dovette ricredersi presto, ritrovandosi a ridacchiare sinceramente divertito dai quei modi così poco angelici che l’altro ostentava.
-Semplice: è il mio primo incarico e voglio fare bella figura. Esattamente come te-
-Potrei anche far finta di crederci se ci tieni. E adesso un’altra domanda: perché ci sei anche tu con me in questo momento?- I due, camminando uno affianco all’altro, continuarono a parlare senza però guardarsi e mantenendo lo sguardo fisso sulla via.
-Perché ieri Daniel parlava anche con me, quindi…-
Lo strano verso che Lovino emise in risposta -una via di mezzo tra uno sbuffo stizzito e il rumore di una paperella di gomma che viene calpestata- mise fine alla conversazione.
 
Nonostante il fatto che avrebbero dovuto sapere dove andare sin dall’inizio grazie alla spiegazione dell’ungherese e che in aggiunta avevano anche chiesto indicazioni lungo la strada, per i due non fu così semplice trovare il “Five”: era in una piazzetta abbastanza nascosta rispetto alle vie principali, nella quale si arrivava passando sotto ad alti archi in muratura, e che  poteva passare facilmente inosservata se non si prestava attenzione. Davanti all’entrata, i tavolini metallici erano parzialmente coperti alla vista dei passanti da grandi vasi dove varie specie di piante e fiori erano stati mescolati sapientemente tra loro con il risultato di far sembrare il tutto un’estensione della parete ricoperta d’edera del porticato. A destra una piccola fioreria, probabilmente complice nella formazione di quell’angolo così suggestivo e particolare per una metropoli come Londra.
Decisero di entrare. Mentre si avvicinavano al locale, un profumo dolce e leggermente speziato arrivò alle loro narici sempre più forte fino a quando varcarono la soglia, dove furono letteralmente travolti dall’aroma di caffè e cannella. L’interno non aveva niente da invidiare all’esterno: non era molto grande, ma i colori caldi delle pareti e del legno, elemento caratteristico e ricorrente nell’intero arredamento del negozio, riprendevano quell’idea di riservatezza e calma data da quella specie di piccolo giardino che si incontrava entrando.
Antonio si avvicinò alla vetrinetta d’esposizione, piegandosi in avanti verso di essa con espressione estasiata mentre il suo sguardo vagava tra tutti quei dolci.
-Volete qualcosa?- un ragazzo biondo apparve d’un tratto dietro al bancone cogliendoli di sorpresa.
Antonio alzò lo sguardo su di lui abbandonando momentaneamente la contemplazione di torte e pasticcini, portandosi un braccio dietro la testa e sorridendo imbarazzato
-Non so proprio cosa scegliere… Tu cosa mi consiglieresti?-
-Dipende da cosa ti piace, ma se ti interessa in cucina hanno appena sfornato una teglia di Danish. Diciamo che sono delle specie di brioche arrotolate a cui vengono aggiunti altri ingredienti. Adesso dovrebbero essere pronte quelle all’uvetta: se vuoi provare quelle… o ci son-
Antonio lo interruppe esibendo un largo sorriso –No no, mi fido: prendo allora una…- si bloccò non ricordando già più il nome del dolce –…una girella all’uvetta-
Lovino, rimasto nel frattempo in disparte, era concentrato sul cameriere che stava servendo lo spagnolo, incuriosito da questo: osservandolo aveva notato che durante l’intero discorso non aveva mai cambiato espressione, mantenendone una neutra e distaccata, e che, nonostante questo, riusciva comunque a trasmettere e far capire quanto amasse quello che stava facendo.
-E per te?- Il ragazzo aveva ora lo sguardo puntato sull’angelo.
 L’italiano si avvicinò a sua volta alla vetrinetta e dopo una breve occhiata optò per un semplice toast. Vide il biondo raccogliere uno dei panini con un paio pinze metalliche per poi sparire in cucina dopo averli invitati ad accomodarsi. Ricomparve tenendo in mano due piattini fumanti, uno contenente l’ordine di Lovino e l’altro con una Danish pastry riccamente glassata di bianco per Antonio.
Ora che gli era vicino, l’angelo riuscì a guardare meglio il cameriere: stimò che doveva essere più basso di lui di almeno cinque centimetri. I capelli estremamente chiari e lisci erano parzialmente raccolti da un fermaglio dalla particolare forma a croce e gli occhi, di un peculiare blu quasi tendente al viola, spiccavano sulla pelle diafana. Probabilmente era originario del Nord Europa. Sovrappensiero, prese a mangiare il proprio toast, imitando lo spagnolo che aveva intanto già quasi finito il suo dolce.
 
-Scusami- Lovino si rivolse al giovane che ora gli stava porgendo il resto –un nostro amico ci ha detto che cercate dei camerieri e ci chiedevano se il lavoro è già stato preso-.
Il ragazzo si fermò a squadrarli per un attimo per poi rispondere che nessuno era ancora stato assunto.
-Ah, ok grazie...- ficcò lo scontrino e le monetine in tasca- E quando potremmo trovare il proprietario?-
In quel momento il discorso fatto dall’ungherese il giorno prima riaffiorò nella sua mente: “So che il bar vicino a dove lavoro cerca dei nuovi camerieri. Ho sentito che gli ultimi si sono licenziati  perché dicevano di aver visto cose strane e che il capo era fuori. Potreste vedere là secondo me”. Chissà com’era questo tipo se era riuscito a far fuggire degli impiegati…
La voce bassa del biondo lo risvegliò dai suoi pensieri. Guardò confuso la mano che l’altro gli stava porgendo.
- Lukas Bondevik, co-propietario del Five-
Lovino impiegò qualche secondo a elaborare quelle informazioni, per poi arrossire di colpo e ricambiare al saluto con un balbettante “Piacere”. Non che Antonio fosse messo molto meglio: se ne stava impalato a bocca aperta alle spalle dell’angelo senza riuscire a capacitarsi di come quel ragazzino efebico potesse in realtà essere il boss.
Davanti a loro Lukas, mantenendo la solita espressione, si limitò ad un neutro:
-Ci vediamo domani alle sette meno dieci per una prova. Siate puntuali-
 
 
 
Ho sonno, ma sinceramente sono felice che il capitolo sia finito anche se non ne sono soddisfatta. Pensare che all’inizio la litigata tra Lovino e Antonio non era neanche prevista… E compare anche uno dei miei personaggi preferiti! Va beh, lasciate un commentino per farmi sapere la vostra opinione e le vostre critiche. A presto (non ci credo neanch’io…)
 Sve
  
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