Dedico questo capitolo a Neko483 e a MariaMirella ... grazie per il vostro supporto e le vostre parole!
A presto
Irene
Godric’s Flash-back
https://www.youtube.com/watch?v=rlud7K-Hi28
“Ho viaggiato molto figlio mio …
eppure per quante cose abbia scoperto sulla straordinaria natura di Sara, non
sono riuscito a sapere poi molto dei poteri appartenenti alle sue radici
materne”
“Che significa?” domandò curioso
“Quando quell’ebrea, Sarah, si
presentò da noi non ebbi modo di informarmi a dovere sulla natura della nostra
piccola. Stava morendo, ricordi?”
Annuì e rimase in silenzio lasciandomi
proseguire
“Mi disse che sapeva poco o niente
della natura del padre”
“E’ vero, anche noi abbiamo scoperto
di lui solo grazie alle tue ricerche e ai tuoi viaggi” concordò interrompendomi
“Già, eppure quella donna aveva strane
capacità. Mi disse di discendere da stregoni della Transilvania rivelandomi
poi, che anche la famiglia di Saphira, madre biologica di Sara, lo era”
“Non capisco, padre. Stregoni? Che
poteri hanno?” domandò un poco confuso e preoccupato
“Non saprei dirlo di preciso e questo
mi impensierisce non poco. Una strana ombra di mistero ammanta, da sempre, le
origini e i poteri di questa gente. Vengono chiamati i conoscitori della
Transilvania e si dice abbiano particolari capacità. Se queste siano innate o dovute
ad accordi o patti stipulati con creature buone od oscure non saprei dirlo. Non
essendomi mai spinto così vicino quelle terre non posso né voglio azzardare
ipotesi. So di per certo che quell’ebrea aveva praticato un qualche tipo di
incantesimo su Sara, in modo da non poterle nuocere toccandola. L’incantesimo si
è dissolto poco dopo la morte dell’ebrea, eppure ti posso garantire che ne ho
percepito l’essenza ed è stato … bizzarro”
“Mhm… se così fosse Sara sarebbe un
bel miscuglio di capacità e potere” ragionò ad alta voce
“Hai perfettamente ragione e questo
non mi piace affatto. Potrebbe sviluppare capacità al di sopra del suo
controllo magari pericolose per se stessa e gli altri. Non mi piace! Non voglio
che sia in pericolo e ritengo che questi suoi poteri farebbero gola a molti,
incominciando dalla nostra stessa razza.”
“La proteggeremo” dichiarò risoluto e
sicuro di se “Non permetteremo a nessuno
di farle del male o a lei di nuocere a qualcuno”
“Questo è certo! Ma non possiamo neppure
starle con il fiato sul collo per sempre, Eric. Adesso è piccola e va bene,
tuttavia sta crescendo e, bene o male, tra qualche anno diventerà adulta. Non
so proprio come faremo a tenerla al sicuro. Il solo pensiero di saperla
indifesa o in pericolo, lo ammetto, mi riempie il petto di angoscia”
Lo vidi annuire in accordo alle mie
parole e ai miei sentimenti. Provava anche lui, ormai, un profondo affetto per
quella piccola umana e saperla al sicuro era diventato qualcosa di istintivo e
ad entrambi caro, lontanissimo dal solo senso di dovere che lo spingeva
all’inizio.
“E poi, lo vedi anche tu. Ogni giorno
che passa, diventa sempre più vivace ed indipendente. E’ così intelligente e
ricettiva da riempirmi d’orgoglio ma anche di pensieri circa il suo futuro. Sarà
difficile tenerla al sicuro senza soffocarla di attenzioni e responsabilità”
“Non per questo mi arrenderò” affermò
alzandosi in piedi “Magari litigheremo o discuteremo ma non per questo verrò
meno a quella che è la mia volontà di saperla felice e protetta”
Lo guardai e sorrisi in modo sincero.
Era in assoluto accordo con le mie intenzioni. Non ci saremmo arresi. Oramai
Sara apparteneva a noi, era nostra. La sua sicurezza coincideva con la nostra,
il suo benessere corrispondeva a quello di entrambi.
“E per la storia dei nomi? Perché ha
tre nomi?” chiese sedendosi nuovamente
*** La conoscenza del nome è la conoscenza
autentica; pronunciare il nome equivale a plasmare un'immagine spirituale,
rivelare l'essenza di un essere. Nominando si crea. Chi conosce i veri nomi,
nascosti al profano, vive un possesso. [estratto dal libro "Il mondo magico dell'antico
Egitto" di Christian Jacq] ***
“Anticamente
si credeva che la scelta del nome dato ad un bambino o bambina incidesse su
quello che sarebbe stata la vita, le vittorie e le sofferenze future di questa
creatura. L’insieme di alcune vocali e consonanti dava vita a poteri mistici
legati ad invocazioni purtroppo ormai dimenticati. Quindi dare più e diversi
nomi al proprio figlio serviva a garantirgli una vita costellata di benessere,
ricchezze, fama o vittorie … a seconda del nome prescelto. Il nome, dunque, è un vero e proprio tesoro!
Andava difeso e tutelato pena la perdita dell'identità e del proprio potere.
Ora, secondo queste credenze era possibile controllare cose e persone grazie al
loro nome, grazie agli elementi mistici presenti in quei suoni e portatori di
energia. Pronunciando le parole rituali, si usavano i suoni come materia
animata, agendo sul mondo esterno ed eventualmente anche modificarlo. Nominare
significava evocare! Una credenza che è rimasta solo parzialmente in
alcune culture odierne e completamente scomparse in altre. Probabilmente la
natura del padre biologico di Sara era ancora ricca di questi pensieri ed ha
voluto salvaguardare la vita e il benessere futuro di sua figlia.”
“E Sara che altri nomi ha ricevuto? Te
li ha confidati l’ebrea?”
“Disse di aver scelto per lei tre nomi
mentre altri nomi segreti vennero scelti ed imposti a Sara dai genitori stessi.
Sara (principessa), Evie (che dà la vita) e
Jocelin (combattente, guerriera) sono tutti nomi di origine ebraica,
naturalmente. Presto dovremmo provvedere a fare per lei dei documenti”
“Naturalmente” annuì serio “So già a chi rivolgermi. Lascia che ci pensi
io”
“Siamo d’accordo, allora” annuì compiaciuto “Ora andiamo a riposare”
QUALCHE ANNO DOPO…
“Papi?”
“Dimmi Sara” risposi alzando gli occhi
dai documenti che stavo leggendo e voltandomi verso di lei
Era in piedi, vicino alla finestra,
con la schiena rivolta verso di me e lo sguardo verso l’esterno.
Avevo notato quanto spesso si
accostava a quella finestra ad osservare, per un tempo che a me pareva infinito,
il giardino e il cielo o qualsiasi altra elemento esterno catturasse il suo
sguardo e la sua attenzione.
“Cos’è quella cosa bianca? Quella che
cade dal cielo per posarsi in terra?”
Sorrisi nel sentire la sua domanda.
Aveva una proprietà di linguaggio che
lasciava me ed Eric sempre a bocca aperta. A volte, capitava che si
ingarbugliasse con le parole e andasse a formare frasi un poco strambe tuttavia
anche in quei casi, una luminosa curiosità negli occhi le animava il viso. E
così accadeva in quel momento, quando voltandosi finalmente verso di me, mi
permise di notarla.
“E’ neve Sara. L’hai già vista prima”
le risposi delicato
Sapevo già quale sarebbe stato il suo
prossimo quesito perciò adottai un tono pacato, gentile
“Si, so che si chiama neve papi. Quello
che voglio sapere è come si forma. Di cosa è fatta? E’ perché cade solo quando
fa tanto freddo e non c’è il sole? Perché in alcuni paesi si e in altri no?”
Un sentimento simile all’orgoglio e al
compiacimento mi riempì il petto, scaldandolo come solo lei sapeva fare. La sua
curiosità ed intelligenza mi affascinavano ed impaurivano assieme.
Di
questo passo fra qualche anno quante cose conoscerà?
“La neve è un fenomeno atmosferico,
Sara, come lo è la pioggia. E’ fatta di acqua ghiacciata ed è composta da piccolissimi
cristalli che si formano in cielo quando fa molto molto freddo.”
“E poi cade giù?”
“Esatto. Cade e si deposita al suolo,
proteggendolo dal freddo e dal gelo dell’inverno”
“Ma Eric mi ha detto che la neve
diventa ghiaccio” mi domandò ancora “Se
diventa ghiaccio non vuole proteggere la terra, giusto? La inganna e la prende
in giro perché lei cade dal cielo ma poi si ritrova a terra e la terra si
ritrova sotto di lei … quindi la neve dice le bugie, Vero papi?”
Sorrisi nell’ascoltare quel suo fiume
di parole. Mi alzai e le andai vicino. La presi in braccio ed insieme ci
accostammo alla finestra
“In alcuni casi è vero, Eric ti ha
detto la verità. La neve diventa ghiaccio quando le temperature sono molto
basse”
“Sono basse perché fa freddo? E sono
alte se fa caldo?”
“Precisamente” concordai baciandole la
testolina “In altri casi, la neve non
diventa ghiaccio e rimane soffice. Quindi il terreno la accoglie in modo da
proteggersi durante l’inverno”
“Come una coperta? Come quando voi mi
mettete molte coperte quando dormo e molti vestiti quando usciamo fuori? Per
proteggermi?”
“Esatto tesoro. E’ la stessa cosa. La
neve è come un’amica per la terra, non la vuole ingannare.”
“Ma, mah … Eric mi ha detto che tutti
dicono le bugie e tutti vogliono ingannare e che io devo stare attenta e fidarmi
solo di voi quindi io penso che se tutti dicono bugie anche la neve lo aveva
fatto. Io però non le dico le bugie e non li inganno a nessuno perché Eric mi
ha detto che io non lo devo fare e devo dire sempre la verità. Tu dici le bugie
papi? E prendi in giro a qualcuno e li inganni a nessuno?”
Sorrisi nel sentirla ingarbugliarsi
nelle sue stesse frasi. Scossi la testa e mi accigliai nel sentire che razza di
discorsi Eric le facesse.
Stavo per risponderle che non dico
bugie e che solo alcuni le dicono quando entrambi sentimmo la porta di casa
aprirsi. Era Eric che rientrava con la cena per Sara. Avrei dovuto fare una
bella chiacchierata con mio figlio a proposito di quello che era indicato dire
ad una bambina di appena pochi anni e del modo in cui dirglielo.
Sara volle essere rimessa a terra e si
fiondò nell’ingresso per andare ad accogliere e abbracciare il suo Eric, così
lentamente la seguì e la vidi sbracciarsi verso di lui mentre lui, posando la
spesa a terra, la ricambiava con un sorriso radioso.
LA PRIMA VOLTA IN CUI
SARA SI AMMALO’…
“Sara?” la chiamai a bassa voce entrando nella sua stanza
senza far altro rumore “Sara? Sveglia
dormigliona”
Era sepolta da un mare di coperte e nemmeno la testa ne
spuntava fuori. Sorrisi e mi avvicinai al suo letto, scostando un poco le tende
e aprendo un filo la finestra al fine di far entrare il profumo fresco della
notte.
“Sara?” la chiamai ancora, alzando un poco la voce e,
inginocchiandomi accanto al suo letto, scostai di poco le coperte che
l’avvolgevano.
Mi allarmai subito perché rimase rannicchiata su se stessa,
tremante. Solitamente al mattino era sempre arzilla e pimpante. Adorava fare
colazione con noi mentre la sera faceva storie per andare a letto, volendo
rimanere alzata e giocare fino a tardi.
“Papi” gracchiò la sua vocina
Sgranai gli occhi quando notai il suo viso un poco rosso, gli
occhi semi-chiusi, la gola ed il collo gonfi. Le tastai subito la fronte e la guancia,
in una leggera carezza e capì cosa ci fosse di strano. Aveva la febbre.
SI ERA AMMALATA!
Per la prima volta stava male.
Per un momento mi feci prendere dalla rabbia.
Come era possibile che si fosse ammalata se sia io che Eric
eravamo così attenti e delicati con lei? Non usciva mai senza essere più che
coperta e riparata, mangiava solo alimenti freschi e adatti alla sua età.
Usavamo modi e tocchi delicati nel prenderla in braccio, lavarla e badare a
lei.
Come era stato possibile?
La sentì mugolare piano e stendersi un poco verso di me, in
cerca di un abbraccio. E solo quello riportò la mia mente alla giusta
razionalità.
“Papi” continuava a chiamarmi lei strofinandosi il visino e
allungandomi le braccia.
Sorrisi benevolo e l’accolsi al mio petto. La sentì
rabbrividire, la temperatura del suo corpo era superiore al normale e a
contatto con la mia, fredda e morta, le diede fastidio.
“Papi” mugugnò ancora tossicchiando leggermente “Ho freddo”
La sua vocina, di solito acuta e allegra, era spenta e molto
bassa. Stava proprio male.
Presi una coperta di lana pesante e l’avvolsi attorno a lei.
La tenni stretta al mio petto e scesi velocemente di sotto, in cucina. Eric era
seduto al tavolo a leggere il giornale e sollevò la testa non appena mi vide
entrare nella stanza.
“Sara è malata” annunciai con voce tesa guardandolo fisso
negli occhi
“Cosa?” esclamò precipitandosi verso di noi.
Sara continuava a lamentarsi leggermente, forse poco
cosciente ed obnubilata dalla febbre.
“Che cos’ha? E’ ferita? Cosa si è fatta? E’ caduta?” domandò agitato
prendendo quel piccolo e delicato fagotto dalle mie braccia e portandoselo al
petto
“Sara? Piccola mia … che cos’hai?” le domandò in tono gentile
Sorrisi a quella scena. Non lo avevo mai sentito rivolgersi a
lei a quel modo e con quel tono dolce. Sembrava preoccupato e forse lo era. Era
insolito per lui mostrarsi in modo così chiaro, mostrare quel che provava così
apertamente.
Forse Sara stava
cambiando anche lui come aveva fatto con me?
“Credo abbia la febbre. E molto alta” risposi io per lei
“E com’è successo? Ha preso freddo? Come la curiamo? Non
credo sarà sufficiente il nostro sangue come due anni fa” ragionò lui
allontanandosi da me per andare a sedersi in salotto davanti al camino acceso.
Fuori faceva molto freddo, eravamo in pieno inverno e
portarla da un dottore con quel tempo e con il rischio che il suo tocco potesse
farle male, era impensabile.
“Non ci resta che chiamare la Dr.ssa Ludwing e vedere se sia
possibile farla venire a casa” ragionai nella mia mente
“Godric? Come agiamo?” mi domandò Eric
dal salotto “E’ davvero molto calda … la
sua pelle scotta!” continuò sempre più allarmato
Lo misi a parte dei miei piani e preso
il mio cellulare composi in fretta il numero di quella particolare vampira.
Ero al telefono in attesa di prendere
la linea quando sentì le voci di Eric e Sara, dal corridoio
“Vedrai che guarirai presto, Sara” la stava rassicurando lui
“Ho freddo” pronunciò lei tossendo
forte “Mi fa male la gola e le orecchie
… non sento bene”
La sua vocina suonava spenta e triste
persino a me, che ero a due stanze di distanze
“Lo so, tesoro… devi solo resistere”
la consolò dolce “Godric sta chiamando un dottore che ti guarirà prestissimo.
Starai bene”
“Papi?” domandò lei tossendo molto
forte “Dov’è papi?” chiese mettendosi a
piangere
“E’ qui, Sara… no, non piangere.
Starai bene, vedrai” lo sentì ripeterle con tono angosciato
“Sto male” rispose invece lei “Voglio papi”
Lo sentì spostarsi con la poltrona,
forse per avvicinarsi di più al calore del caminetto acceso.
“Non ti vado bene io?” le domandò lui
“Abbraccio” piagnucolò lei capricciosa
“Vieni” lo sentì soffiarle
all’orecchio con tono accorato “Adesso
siamo più vicini al fuoco” continuò lui
“Hai ancora freddo?”
“Tu … sei freddo” gracchiò lei con voce
bassa
“Lo so” rispose lui con voce tesa,
quasi malinconica “E in questo momento
non sai cosa darei per non esserlo affatto … non per te”
“Ti voglio bene” borbottò lei
sbadigliando e accoccolandosi meglio al suo petto
“Anche io, tesoro … tanto … più di
quanto tu possa immaginare” le sussurrò all’orecchio, a bassissima voce
Sorrisi raggiante a quelle parole e
senza fare alcun rumore, senza farmi sentire da Eric, mi allontanai per
prendere accordi con la Ludwing.
Un’oretta dopo, la dottoressa era china sul minuscolo e febbricitante
corpo di Sara, intenta a farle un’accurata visita medica. Non fu delicata, nel
trattare con lei, e un paio di volte dovetti reprimere l’impulso di farla
volare fuori dalla finestra.
L’esito?
Sara aveva una leggera otite, febbre alta e gola infiammata.
Ci diede le dovute medicine solo dietro il pagamento di uno stratosferico compenso.
Pagammo senza nemmeno pensarci dopodiché prese i suoi strumenti, un leggero
cappotto (giusto per apparenza) e con naso all’insù uscì da casa nostra.
SARA E LA BELLEZZA…
Avevo appena finito di farle il bagno, quindi la stavo
asciugando delicatamente con un morbido asciugamano quando lei districandosi a
forza dal telo, incatenò il suo sguardo azzurrissimo al mio.
“Papi, io sono bella?” domandò secca
Rimasi un poco perplesso da quella domanda, chiedendole poi la
ragione di quel quesito
“Tutti mi dicono che sono una bellissima bambina … ma io non
so cosa significa essere bellissima. Io sono bella?”
“Sei molto più che bella, Sara. Ai miei occhi sei una
creatura stupenda” le risposi infilandole la biancheria
“E stupenda è più di bella?”
“Oh si.”
“E io posso essere bella, bellissima e stupenda?”
Scoppiai a ridere e prima di risponderle finì di infilarle il
pigiamino. “Credo di si, che tu possa
essere tutte queste cose”
“Perché?” domandò lei colpita
“Tu non lo sei?”
“Vedi Sara, la bellezza è qualcosa di tremendamente
soggettivo. E’ un insieme di elementi differenti a fare di una persona una
bellezza. Tuttavia è un aggettivo che può essere applicato non solo alle
persone ma anche agli animali, alle cose e all’ambiente”
“Non ho capito, papi” rispose giustamente confusa lei
“Non importa, capirai quando sarai più grande” risposi
prendendola in braccio ed uscendo dal bagno, diretti verso la sua cameretta
“Ma come faccio ad essere bellissima e stupenda se non
capisco quando e come succede?”
“Non è una cosa che puoi manovrare o modificare a tuo
piacimento, Sara” risposi con indulgenza
“Sono le altre persone che decidono se sei bellissima. Non sei tu che
decidi di essere stupenda” chiarì cercando di farle capire meglio il concetto
“Ma … ma quindi io non sono bella, bellissima e stupenda? Prima
mi hai detto di si!” piagnucolò quasi spaventata all’idea di non esserlo
più “Io vogliarò sempre essere
bellissima. Come faccio, se lo decidono gli altri? Devo leggerlo nella loro
mente?”
“Si dice vorrò sempre essere bellissima … e poi ti ho già
spiegato che non puoi usare i tuoi poteri sempre ed in presenza degli altri,
non sarebbe giusto lo sai” la redarguì serio
“Ascolta, il concetto di bellezza è molto difficile da
capire, alcune persone nemmeno da adulti vi riescono. Per farti capire meglio
pensa al cartone Bambi… ti piace Bambi, vero?”
“Oh, si” gli occhi le si illuminarono “Mi piacciono tanto quegli animali, i Bambi,
sono così bellissimi e il loro pelo è così morbido” il tono era trasognante
Sorrisi divertito ed entrando in camera, dove ci aspettava
Eric, continuai “Ecco, il punto è
proprio questo. A te i Bambi piacciono molto e li trovi bellissimi. Ad Eric ad
esempio, i Bambi non piacciono”
Lei si girò colpita e curiosa verso Eric, domandandogli
“Perché i Bambi non ti piacciono? E gli altri animaletti ti piacciono?” domandò
saltandogli in braccio
“Solo le pulci mi piacciono” le rispose lui con un sorriso
ironico
“Le pulci? Sono animali? E come sono fatti?” domandò ancora
con la sua solita vocina acuta
“Sono animali molto piccoli, Sara” le risposi scostando le coperte del suo letto
e prendendola dalle braccia di Eric, ve la posai sopra “Ora dormi. Buona notte”
“Papi?” domandò lei sbadigliando “Domani mi compri un libro
sugli animali? Così li imparo tutti e scelgo quelli che voglierò che sono
bellissimi e quelli che mi piacciono e conoscio anche quella pulci che
piacciono ad Eric?”
I suoi occhietti erano ormai quasi del tutto chiusi quando le
risposi con un “Certo, tesoro” per poi baciarla amorevolmente sulla guancia
Ritornai al presente, lontano da quei ricordi passati, solo
quando finalmente arrivai a destinazione. Ancora poche centinaia di metri e
sarei arrivato al rifugio di Eric.
La sua abitazione non era isolata ma non era neppure situata
nell’affollatissimo centro urbano, era un buon compromesso. Stabile e sicura,
dotata di un ottimo sistema di sicurezza e di un seminterrato assolutamente
invisibile all’esterno e impenetrabile.
Ero a pochi passi dalla porta quando fui respinto indietro da
una forte energia. Mi impediva di entrare. Riprovai nuovamente ma fui respinto
ancora, questa volta con più forza. Mi guardai intorno e non scorsi nessuno.
Feci in giro della casa e notai l’assenza di suoni ed odori provenienti dall’interno.
Mi accigliai e velocemente ritornai all’entrata.
Allungai una mano, davanti a me, riuscendo a sentire e
percepire materialmente quell’energia. Era trasparente ma esattamente come uno
scudo proteggeva la casa e chiunque vi fosse dentro.
“E’ molto simile alla sensazione che provai quando entrai in
diretto contatto con quell’ebrea…” sussurrai a me stesso sgranando gli occhi