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Autore: ViBurdock    24/10/2013    0 recensioni
Anne è una ragazza come tutte le altre. Vive a Londra con la sua sorellina e ha una vita normale, o almeno così crede fino a quando sua sorella non viene ammazzata e lei è costretta a rifugiarsi dal famoso Sherlock Holmes, che, dopo essere ritornato dal mondo dei morti, è tornato a vivere a Bakerstreet da solo. Ma dietro la storia di Anne, si nasconde un'oscuro passato e un segreto che porterà alla sua distruzione. Sherlock sarà improvvisamente costretto a farsi delle domande sul suo conto: chi è veramente quella ragazza? E perchè ha così tanta paura di lasciare Bakerstreet?
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Piano di Jim

Anne quella notte dormì sul divano, accoccolata sotto una coperta pesante e con la testa su un cuscino morbido. A lei non dispiaceva per niente quel posto così bello e caldo, poiché si trovava vicino al fuoco e non rischiava di prendere freddo. Sherlock, però, a stento chiuse gli occhi e rimase ad osservarla quasi fino a mattina. Tenne acceso il fuoco, poiché dopotutto era inverno e l'appartamento era fredda. Mentre la fissava, si chiedeva che cosa Moriarty le avrebbe fatto e tra quanto. Dubitava fosse completamente al sicuro con lui e sapeva che c'era l'enorme possibilità che tutto questo facesse parte di un piano più grande. Per adesso sembrava che suo fratello la stesse usando come una pedina. Lui le aveva detto di andare lì e lei ci era andata. Ma perché proprio lì? Che cosa c'entrava lui con la sorella di Moriarty? Almeno che non li volesse fare fuori tutti e due e subito. Ma non aveva senso. Intanto, però pensava anche ad un altro fatto importante. L'arrivo di questa ragazza gli aveva suscitato dentro qualcosa che aveva provato soltanto una volta in vita sua. Emozioni. Quelle cose stupide ed odiose che erano soltanto presenti dal lato dei perdenti. Li aveva provati con Irene Adler. Si era lasciato andare, aveva pensato che magari, alla fine, non sarebbe stato così male. Eppure, lei lo aveva tradito e lui era diventato più freddo del solito. Non lo avrebbe mai ammesso, ma il tradimento di Irene l'aveva ferito. Quando pensava di aver finalmente trovato qualcuno alla sua altezza, con una mente brillante e che, magari, poteva amare, era stato ferito. L'amore non faceva altro che portare guai. Con Adler aveva abbassato la guardia e facendo questo aveva dato incoscientemente le informazioni volute a Moriarty. Era tutti colpa dei sentimenti, dell'amore... Eppure... Anche Anne era brillante, anche lei era alla sua altezza. Magari lei non lo avrebbe tradito, magari l'amore non era così male come sembrava, magari, con il suo aiuto, anche lui avrebbe potuto amare. Sherlock l'aveva capito ormai. Anne non era sociopatico come lei credeva. A lei importava dei sentimenti altrui e li sapeva addirittura identificare e provare. No, non era un sociopatico. Aveva le ovvie caratteristiche di un prodigio. Sì, la ragazza era un prodigio, eppure non sospettava di esserlo. Eppure, se avesse letto meglio la definizione di sociopatico, l'avrebbe capito. 
Sherlock aveva capito subito che era un prodigio da come provava tristezza per la madre e la sorella, dolore per il fratello e amore per il padre. Un sociopatico li evitava queste emozioni e tendeva a chiudersi in se stesso. Lei invece era un libro aperto, almeno in certi versi. Si avvicinò a lei istintivamente e le fissò il volto. Non aveva mai conosciuto nessuno come lei. I prodigi erano rari e le loro menti altrettanto. Sherlock non era mai stato attratto dagli aspetti fisici delle donne o dall'eleganza, ma per l'intelletto provava puro desiderio. E lui desiderava ardentemente il suo cervello. Si chinò alla sua altezza e avvicinò la mano alla sua guancia. Voleva provare contatto fisico con lei, soltanto per un secondo. Voleva conoscere l'emozione che si provava ad accarezzare la pelle di qualcuno. Sfiorò la guancia con le punta delle dita, ma poi si allontanò subito. Provò rimorso nell'aver lasciato che la curiosità per l'amore prendesse il sopravvento di nuovo. Non doveva abbandonarsi a queste follie che lui nemmeno riusciva a provare. La ragazza non significava nulla per lui. 
Quando si risedette, però, tremava.
La mattina, Anne si svegliò presto e chiese a Sherlock se poteva farsi una doccia. Lui rispose con un "sì" secco e non disse altro, ma lei aveva l'impressione che all'improvviso l'aria fosse diventata gelida. 
In quel preciso momento entrò John con un sacchetto di carta in mano e un caffè.
"È l'ultima volta che ti porto la colazione alle cinque del mattino, capito?"
"Grazie, ti dispiacerebbe fare anche la spesa? Perfetto."
L'uomo prese il caffè e il sacchetto e si sedette.
"La spesa... Sherlock, quando ti decidi a tornare al mondo dei vivi? Così potrai andare tu a fare la tua 
stramaledetta spesa e Mary non si arrabbierà più con me.."
"Uh, noioso."
"Può essere noioso quanto vuoi, ma io nemmeno vivo qui e soltanto perchè sono l'unico amico che hai non vuol dire che io debba costantemente fare tutto per te."
"Ricordati le uova."
John prese un bel respiro e si massaggiò le tempia. 
"E va bene! Ma questa è l'ultima volta, capito? Non lo faccio più dopo questo, ti dovrai arrangiare!"
In quel momento entrò Anne, un pò sconfortata e quando vide John esultò.
"Ah! Meno male che è qui! Potrebbe farmi un favore? Sarò lieta di pagarla per il suo tempo."
"Che cosa posso fare per lei?"
"Beh, visto che sembra che non andrò da nessuna parte per un pò dato dal fatto che se metto piede fuori sono morta, mi servono dei vestiti. Potrebbe andare a casa mia, prendere tutto quello che vede nell'armadio, gettarlo in un sacchetto e portarmelo? La pagherò se mi porta anche la carta che ho lasciato sul comodino. E se può dire a mio padre che sto bene, sarebbe magnifico."
"Sì, sì, certo. Lo farò e grazie per avermelo chiesto con dolcezza, al contrario di un altro."
Anne gli scrisse l'indirizzo su un foglio e glielo consegnò. John lo prese ed uscì. Durante la sua mancanza, la ragazza osservò attentamente Sherlock, poiché sembrava diverso, anche se leggermente. Dopo un quarto d'ora disse:"Lei soffre di solitudine."
"Cosa?"
"È così ed è per questo che il suo amico è sempre qui. Lei si sente solo."
"Non sia ridicola."
"Invece sì, signor Holmes. Lei soffre di solitudine."
Lui la fissò, offeso, ma dentro di sé si sentiva allarmato. Eppure, in quel momento, lei riuscì a spiegargli molte cose che non si spiegava prima. Ovvero, la curiosità per l'amore e il fatto che odiasse quella casa senza John o perché odiava Mary. Era la solitudine, probabilmente. Adesso doveva trovare un altro modo per soffocare quest'ennesimo sentimento inutile e devastante. 
Sherlock ed Anne continuarono a parlare per un pò, ma il primo continuava a sentirsi in completo disagio. Le emozioni suscitate da Irene ritornavano discutendo con lei. Certo, non diceva le stesse cose e non era la stessa persona, ma l'ammirava, forse anche più di Irene. Intanto, anche Anne stava avendo delle strane emozioni. Amava decifrare i caratteri delle persone e lui era misterioso e indecifrabile, almeno per alcune persone. In più, era attratta da lui. Dai suoi occhi azzurri, dal suo volto affascinante, dai suoi capelli neri e riccioli e dalla sua voce profonda. Non aveva mai pensato alla possibilità che lui potesse avere una mente così brillante e che potesse essere così attraente. Ovviamente, il fatto che lo trovasse attraente non voleva dire nulla e lei lo sapeva. 
Dopo quaranta minuti, John tornò e bastò ad Anne dargli un'occhiata per capire che qualcosa non andava, ma non solo lei se ne rese conto.
"Cosa c'è?"
"Avete acceso di recente la tv?"
"Noioso."
Anne gli guardò le mani e vide che aveva soltanto un sacchetto ed era quello della spesa.
"Strano che lei sia tornato dopo soltanto quaranta minuti. Non è passato a casa mia?" 
"Non ho potuto, ma non si preoccupi, sono sicuro che Mary le presterà qualche vestito per aiutarla. Guardate..."
Le porse un giornale e sulla prima pagina, in lettere cubitali c'era scritto: 'Ragazza Uccisa Dalla Sorella Fuori Londra'
Il sangue di Anne gelò. Aprì alla seconda pagina e lesse ad alta voce:
"Marie Jane Moriarty è stata trovata morta a pochi passi dalla sua porta di casa ieri mattina alle 9. La ragazzina, di appena sedici anni, era uscita a ballare con sua sorella. Due testimoni dicono di aver visto sua sorella Anne Karen Moriarty scappare dalla scena del crimine due notti fa. I due l'hanno inseguita per un paio di chilometri e hanno cercato di fermarla, ma la ragazza, con incredibile forza, è riuscita a metterli al tappeto con poche mosse. Si sospetta problemi psicologici. Il padre, Edward Moriarty, ha commentato: "Anni fa, ho perso un figlio per problemi psicologici. Non ho mai pensato che avrei perso mia figlia per lo stesso motivo. E non solo... Anche mia figlia... Mia figlia più giovane, per colpa di sua sorella. Proprio come ho perso mia moglie per colpa di mio figlio."
In questo preciso momento, la polizia sta lavorando duro per trovare la ragazza. Se la vedete vi preghiamo di contattare subito qualcuno delle forze dell'ordine."
Anne rimase in silenzio per un pò, lacrime agli occhi, mentre John stava in piedi provando pietà per lei e Sherlock fissava nel vuoto. All'improvviso, la ragazza gettò il giornale a terra e si alzò.
"Era questo il suo piano! Il suo stramaledetto piano fin dall'inizio!"
John fissò Sherlock.
"Non capisco. Che cosa era il suo piano?"
"Di distruggermi. Non ho più niente. Mio padre pensa che io sono una psicopatica, tutto il mondo pensa che io sia un'assassina. Non posso uscire perché se no mi arresteranno e Jim mi ucciderà. Non posso nemmeno tornare a casa e tutto per questo difetto mentale!"
Sherlock si alzò e si sedette vicino a lei, che stava avendo un break-down.
"I due uomini non stavano venendo a prendermi, erano lì per fare da finti testimoni. Erano solo attori. Voleva distruggermi e l'ha fatto. Adesso sono una ricercata."
 
  
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