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Autore: Dama Grigia    24/10/2013    2 recensioni
Chiude gli occhi, la signora Hudson, chiude gli occhi e riporta alla memoria la cena di Pasqua di tre esatti anni prima, quando John aveva rotto le uova per poi arrabbiarsi con Sherlock nel vedere l’ilarità malcelata negli occhi del consulente investigatore. Ed è in questo esatto momento, mentre cerca di ricordare quegli occhi, che realizza di non riuscirci. Il volto di Sherlock, che ormai non vede da più di un anno -Dio, è già passato così tanto da quella tragedia? Ma le ferite sono ancora così fresche, il suo cuore sanguina, sanguina…- non si definisce bene nella sua mente.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sig.ra Hudson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È tardo pomeriggio quando succede.

Martha Hudson siede di fronte al caminetto. Tra le mani ha un foglio di carta, presumibilmente non più pesante di un grammo o due, ma sono quei paroloni di cui è farcito a renderlo di piombo.
Chiude gli occhi, la signora Hudson, chiude gli occhi e riporta alla memoria la cena di Pasqua di tre esatti anni prima, quando John aveva rotto le uova per poi arrabbiarsi con Sherlock nel vedere l’ilarità malcelata negli occhi del consulente investigatore. Ed è in questo esatto momento, mentre cerca di ricordare quegli occhi, che realizza di non riuscirci. Il volto di Sherlock, che ormai non vede da più di un anno -Dio, è già passato così tanto da quella tragedia? Ma le ferite sono ancora così fresche, il suo cuore sanguina, sanguina…- non si definisce bene nella sua mente. 
I contorni confusi, i colori sfumati.
Ed il panico si impossessa di lei, paralizzandola per un attimo. Non si accorge di star piangendo finchè le sue lacrime non cadono sul foglio che tiene tra le mani, sbiadendo l’intestazione.

“Signora Hudson? Per l’amor del cielo, Signora Hudson, che le succede?”
L’ha sentita, è la voce di John, è accanto a lei. 
“Non me lo ricordo, John! Non mi ricordo il volto di Sherlock.”
Articola a fatica tra un singhiozzo e l’altro. Non vuole dimenticarlo, vorrebbe che ogni dettaglio di quel volto le restasse impresso nella mente per sempre, eppure sa che non sarà così e la cosa la spaventa, la distrugge.
“Si calmi adesso, per favore!”
Lo sente di nuovo, poi avverte il tocco delle sue mani sulle proprie guance, i pollici che corrono veloci ad asciugarle le lacrime. Il suo John, il suo dottore dallo sguardo buono.
“Venga, andiamo a vedere il suo album di foto, le tornerà subito tutto in mente.”
Le parole d’incoraggiamento che ha appena udito da John la rassicurano un po’. Dopo un paio di minuti è in camera sua, ed i suoi occhi ancora annebbiati dalle lacrime stanno percorrendo disperatamente quelle foto delle quali lei vuole assimilare indelebilmente ogni dettaglio.

Driiin.
La porta. Deve andare ad aprire, giusto? Giusto. Si sente confusa, così confusa. 
Apre il portone del 221B e l’uomo davanti a lei le sorride, salvo poi incupirsi e guardarla preoccupato.
“Signora Hudson, c’è qualcosa che non va?”
No. 
Non può essere lui.
 È impossibile. 
Non può essersi appena presentato alla porta.
“Sono solo un po’ confusa, John. Va tutto bene.”
Lo rassicura lei. Ma non va tutto bene. John era con lei fino a un attimo prima, doveva esserci, l’aveva sentito, l’aveva visto!
Si accorge di avere ancora il foglio tra le mani, e lo piega frettolosamente sperando che lui non l’abbia notato, che non abbia letto quelle tre parole che adesso sembrano voler gridare dalla cellulosa della carta la loro implacabile condanna.
Principio di Alzheimer. 
   
 
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