Urto
le tue rapsodie regresse,
il tuo incesto di vertebre
in un amplesso di passi
genuflessi
agli specchi dislocati
dei tuoi cimiteri nomadi
che fluttuano.
Un alito crocefisso
dalle tue lingue nucleari
tace
nelle mandrie assopite
dei tuoi proiettili flessi,
ad incastro
nelle notti pleonastiche
che calcano il tuo specchio
inerte.
Un muraglia di carta,
fossili sui vuoti
come coltelli
sulle pieghe dell'ansia
di un'autoerotismo senile,
conati sui polpastrelli
mai amplificati
senza corde
in una cornice di motori
che galleggiano,
un amplesso gastroenterico
che non ti muove
nel suo divenire enumerato
di labbra sincopate.
La tua saliva claudicante,
le tue narici irrisolte:
gli ipotalami caduti
in un mausoleo di calli ossidati.
Il passato è nel fuoco,
torchiato sui culi,
un'agenda alle caviglie
che mira avanti;
questo futuro avvizzisce
ed io migro altrove
perché
nel domani
io non sono mai nata.