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Autore: Linny    13/04/2008    4 recensioni
Ogni sera andava a rifugiarsi sulla riva di quel lago illuminata dai tenui raggi argentati della luna. Fu proprio in una di quelle sere che per la prima volta vide un ANBU. Ricordava ancora l’emozione che la percorse nel momento in cui aveva fissato i suoi occhi su quella maschera simile ad un gatto. Aveva otto anni e per la prima volta sorrise meravigliata.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 1
Capitolo 1
Matrimonio
+++Decisioni di un padre+++

Era l’alba, ed una ragazza dai lunghi capelli neri con riflessi bluastri legati con un nastro bianco, canticchiava una vecchia canzone che quando era bambina l’aveva sempre accompagnata prima di dormire. Adorava quella canzone. Adorava le sue parole così cariche di buoni sentimenti e di speranza. L’adorava perché era sempre stata sua madre a cantargliela.
L’unico attimo in cui le dimostrava amore era quando dalle labbra rosse le usciva quella melodia.
Senza accorgersene ne era arrivata al termine, sorrise osservando i timidi raggi del sole andare a riflettere nel lago che si estendeva a pochi passi da lei. Quello era l’attimo della giornata che amava maggiormente e che odiava con altrettanto impegno.

In quel momento non esisteva la Foglia, nessun Sasuke da cercare per farlo rinsavire o da combattere, nessun Orochimaro da uccidere. Nulla. Esisteva solo lei.

Ed era felice di poter vedere l’inizio di un nuovo giorno, ma altresì era triste per ciò che sarebbe accaduto: come tutti i giorni doveva rientrare nella dimora del suo clan e seguirne le leggi. Avrebbe dovuto sentire in ripetizione quanto inutile ella era.
Eppure nel suo sangue scorreva il sangue di uno dei più nobili clan di Konoha. La ragazza sospirò tristemente e si guardò i piedi che non volevano muoversi, poi quasi potesse vedere al di sotto di quella bianca sabbia sorrise immaginando ciò che vi era seppellito, il suo segreto, il loro segreto.

-Hinata-sama- mormorò una voce scocciata alle sue spalle.

Un brivido l’attraversò, conosceva fin troppo bene quella voce. Ed il fatto che lui fosse venuto fin lì a cercarla voleva dire solo una cosa: suo padre si era accorto della sua assenza. Hinata si voltò sconvolta.

-Neji…- sussurrò con gli occhi che le si riempivano di lacrime.
-Muoviti- ordinò atono il ragazzo –Tuo padre ti vuole-.

Ed un nuovo tremore la percosse. Possibile che mai una volta le cose potessero andare bene? Perché era nata in quella famiglia? Perché era la primogenita della casata principale degli Hyuuga? Nessuno poteva risponderle. E se anche l’avessero fatto non potevano dire altro che quello era il volere del destino.

-Nii-san?- domandò guardandolo negli occhi –Tu sai cosa vuole?- chiese ancora nel vano tentativo di scoprire cosa sarebbe accaduto.
-No- rispose gelido il ninja –E non mi importa- aggiunse con un ghigno prima di voltarsi ed allontanarsi.

Hinata sospirò ed iniziò a dirigersi verso la residenza principale degli Hyuuga, ma improvvisamente si fermò per tornare a guardare quel punto in cui nove anni prima aveva sotterrato una scatola. Sorrise timidamente e tornò a correre verso casa.

Nella stanza regnava il silenzio da troppi minuti, constatò Hinata seduta compostamente sul tatami con il capo chinato.
Suo padre Hiashi Hyuuga continuava a camminare avanti ed indietro nervosamente finché non si fermò e colpì con rabbia il volto della figlia con il suo bastone. La ragazza si ritrovò a terra in lacrime, tremante si portò una mano sulla guancia, il punto che era stato maggiormente colpito.

-Dove ti trovavi? Perché non eri in camera tua?- sbottò l’uomo stringendo saldamente tra le mani il bastone.
-Io…io…stavo facendo una passeggiata- riuscì a mormorare la diciasettenne.
-Sei una stupida inutile creatura!- ringhiò infuriato il padre ignorando il dolore della giovane –Alle prime luci dell’alba! Cosa ti passa nella testa?-.

In quel momento nella stanza si poteva sentire solo il singhiozzio di Hinata durante il suo tentativo di rimettersi nella posizione precedente.

–Sei capace solo di portare vergogna sulla nostra antica casata! Se solo Hanabi fosse nata prima di te…- sospirò il capo clan portandosi una mano sulla fronte corrugata.

Hinata spalancò gli occhi per poi abbassarli mestamente. Ecco le parole che tanto odiava. Hanabi. Neji. Erano loro i pupilli della casata. Nonostante le missioni che aveva portato a termine. Nonostante tutto l’impegno che ci metteva. Nonostante le nuove tecniche apprese. Erano loro i prediletti. Allora cosa ci faceva lei lì?

-Mi dispiace- sussurrò la piccola Hyuuga senza essere ascoltata.
-Ma ora tutto questo finirà- disse con una strana luce negli occhi Hiashi mettendosi alla stessa altezza della figlia per poi prenderle il mento con la mano destra per fissarla meglio –La vergogna terminerà e tu farai unicamente quello che dovresti essere in grado di fare: generare un erede di sangue puro-.

Il cuore della ragazza salto un battito. Un erede? Doveva sposarsi? Un mare di domande, di incertezze ed una grande paura si impossessò di lei. Non voleva! Non poteva! Non prima di averlo rivisto!

-Tra un mese sposerai Neji, cosicché lui possa prendere le redini della casata senza alcun ostacolo- annunciò lasciando andare il viso della figlia.

No! Non voglio! Gridò agitata nella mente. Perché le parole non le uscivano dalla bocca? Non voglio! Nii-san aiutami! Ma lui non poteva aiutarla. Perché quel nii-san a cui stava facendo disperatamente appello era sparito dal villaggio nove anni prima senza più tornare.

-Puoi andare ora- concesse Hiashi.

Hinata si alzò in piedi e senza inchinarsi, senza salutare aprì la porta e si scaraventò fuori da quella stanza dove le mancava l’aria. Iniziò a correre sempre più veloce. Conosceva quella casa come le sue tasche. Non rallentò nemmeno quando la madre la rimproverò, nemmeno alla voce della sorellina che le gridava di fermarsi.
Corse via da quella villa, con le lacrime che ormai scendevano copiose dagli occhi. Tornò nell’unico luogo di Konoha in cui si sentiva libera ed in pace: al lago.

Gli ultimi metri li fece barcollando ed asciugandosi le lacrime con il lembo del giubbotto grigio.
Cadde in ginocchio maledicendo la sua dinastia, e sé stessa. Si, si odiava per non essere in grado di prendere la sua vita tra le mani. Per non sapersi opporre alla sua famiglia. Eppure non era questo che lui le aveva insegnato.

Nii-san! Iniziò a scavare con le mani nel punto in cui pressoché doveva essere nascosto il suo regalo. Spostando la sabbia pregò di riuscire a trovarlo. Le mani iniziavano a farle male, ed dai polpastrelli graffiati inizia a colare qualche riga di sangue quando toccò qualcosa di massiccio. Un raggiante sorriso le increspò le labbra. L’aveva trovato! Scavò attorno all’involucro di legno e quando ebbe finito lo tirò fuori dalla buca.
Ricordava il giorno in cui l’aveva ricevuto come se fosse stato ieri. Era stata una gioia immensa. Qualcuno si era ricordato la data del suo compleanno. Qualcuno che non aveva alcun obbligo nei suoi confronti.
   
 
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