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Autore: Lil_chan    24/10/2013    4 recensioni
Sotto la pioggia battente, una sigaretta ormai spenta tra le labbra, uno sguardo che avrebbe incenerito anche i sassi, le mani frementi.
Primo tentativo di scrivere una storia sentimentale e malinconica sul passato di Gokudera.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti ^^ e ben trovati a questo nuovo capitolo.
Azione, azione, azione e tanta dolcezza e alla fine… uno spiraglio di luce, piccolo piccolo.
Questo credo sia stato il capitolo più difficile da scrivere finora, sia per la comparsa del famoso “padre”, sia per i numerosi cambi di scena che spero di non aver affrettato troppo.
Spero di aver messo su un buon seguito, nel caso contrario siete autorizzati a dirmene si tutti i colori.
Buona lettura minna-san!
A giovedì =)
 
P.S. immancabile ringraziamento alla mia adorata beta.
P.P.S. Purtroppo non sono riuscita a rispondere ai commenti del quarto capitolo, mi dispiace tantissimo e risponderò con quelli del quinto! Sappiate comunque che mi avete fatta commuovere e ho sorriso come un ebete per ore! Come sempre mille ringraziamenti a chi ha letto, commentato, aggiunto alle preferite/seguite, ci vediamo la settimana prossima :) 


 




TU-TUM  TU-TUM  TU-TUM
                                               TU-TUM  TU-TUM
                                                                             
 
L’esplosione arrivò improvvisa, inaspettata, traditrice. Nessuno avrebbe potuto evitarla, nessuno poté evitarla.  
Bianchi si alzò intontita, una mano sulla testa che aveva battuto contro la parete quando era stata sbalzata via.
Barcollando si appoggiò alla porta, dove poco prima stava anche Yamamoto, e cercò di vedere cosa fosse successo all’interno della stanza, tra il fumo che si diradava lentamente. Vagò con lo sguardo ancora leggermente offuscato, finché un raggio di luce illuminò lo studio facendola gelare sul posto: i mobili erano rotti e rovesciati, franati a terra come valanghe, il muro che dava all’esterno era squarciato, il lampadario era frantumato in mille pezzi.
Cercò di mantenere la calma e, ansimando, fece qualche passo avanti e notò  Tsuna alzarsi e togliersi il mantello del Primo e Reborn saltare giù dalle sue spalle. Gokudera giaceva a terra privo di conoscenza a pochi metri da loro padre, seduto contro la parete e incosciente.
- State bene? - Chiese la donna, sollevata, avvicinandosi al Decimo.
Reborn e Tsuna diedero uno sguardo alla stanza, in apparente tranquillità. Subito, il ragazzo impallidì e, con uno scatto, raggiunse il centro della stanza.
 
TU-TUM              TUM
 
La prima cosa che aveva avvertito era stato un gran mal di testa, seguito dalle vertigini provocate dal tentativo di alzarsi, e in secondo luogo un vociare che piano  percepiva sempre più chiaramente.
Si mise in piedi a fatica, portò una mano sulla nuca e camminò verso sua sorella ancora china a terra.
Fece uno, due, tre passi malfermi fino ad arrivarle alle spalle e smise di respirare. In piena apnea si lasciò cadere a terra, in ginocchio, solo quando Reborn lo schiaffeggiò e lo percosse per farlo rinsavire dallo shock riprese a respirare, o meglio, a rantolare.
Ma non sentì nulla se non il suo cuore battere furiosamente, non vide nulla all’infuori di Yamamoto, ferito all’addome, immerso in una pozza di sangue.
I suoi compagni si muovevano intorno a lui.
- Dino sta arrivando! -
- Tieni premuto qui! –
- Ha il battito debole, -
Gokudera rimase fermo, immobile, inerme, finché non sentì alle sue spalle un rumore e un leggero lamento.
Con uno scatto felino si avventò su suo padre, che si era appena ripreso, e in preda alla furia iniziò a tempestarlo di pugni, urlando e colpendo sempre più forte.
Si fermò a un tratto con il pugno a mezz’aria, ansimante, gli occhi di quell’uomo che non era più niente per lui – che non lo era mai stato veramente – puntati addosso.
- Hai rovinato il mio passato e ti sei preso il mio futuro. Non ne posso più, basta. Che cosa vuoi ancora da me? – Domandò, allo stremo delle forze.
Il ragazzo si voltò, non si aspettava una risposta e, a dirla tutta, non ne voleva nemmeno sentire una, ma fu bloccato dalla mano dell’uomo che lo afferrò. L’argenteo si liberò con uno strattone e lo fissò. Non c’era più nulla di quell’uomo che conservava nei suoi ricordi.
Non c’era più nulla di quel Capofamiglia austero e orgoglioso che era un tempo. Non c’era più “l’Asso” che durante molte battaglie era stato decisivo per raggiungere la vittoria. Perché prima era questo, un Boss potente e spietato, ora ombra di se stesso.
- Tu non mi puoi lasciare. Io ho fatto tutto questo per te. Lavina, - e fu come se una scossa elettrica attraversasse il corpo di Gokudera.
- Adesso che anche Hayato è un sicario, non c’è più nulla che ci impedisca di andarcene. Si occuperà lui di tutto. Faremo così, - Ripeté, in maniera quasi convulsa. – noi ce ne andremo e tu guarirai. Tutti lo accetteranno e noi spariremo. Hayato è un bravo bambino, hai visto? Farebbe qualsiasi cosa pur di renderci felici. Starà bene al mio posto, non pensi? –
Si alzò reggendosi su un fianco. Si tamponò la ferita con la mano, ma i fiotti di sangue continuavano a sgorgare impetuosi, strappandogli piccole smorfie sul volto.
- E’ tutto per noi. Abbiamo tempo. E per questo, vero? – Il suo sguardo si perse, per un istante, nel vuoto. – Dimmi che è per questo che te ne sei andata. Non volevi che me ne andassi ma adesso non c'è più nessun ostacolo, adesso Hayato è qui. C’è lui. Lavina, hai capito?
L’Asso cadde, ultima carta di un castello ormai crollato. Se svenuto o morto non fu Gokudera a verificarlo. Rimase immobile fissando la parete, svuotato da qualunque energia e pensiero.
Fu solo quando i Cavallone e i Vongola fecero irruzione che si riscosse e spaventato si inginocchiò vicino a Yamamoto. Gli strinse forte la mano e non la lasciò nemmeno mentre lo trasportavano all’ospedale del quartier generale Vongola. Si separarono solo al momento in cui dovettero operare il moro e lui, scosso dal crollo mentale e dalle forti emozioni, si lasciò scivolare lungo la parete della sala d’attesa sedendosi e non muovendosi più. Tsuna gli si mise di fianco poco dopo, titubante sul parlargli o meno, ma fu l’altro a interrompere il silenzio.
- Sono stato io a ferire in quel modo Yamamoto. – Non esitò nemmeno un attimo, non era una domanda la sua.  – E ho anche attaccato voi, Decimo. -
Il giovane Boss non poté fare altro che annuire.
- Mio… quell’uomo mi ha… mi ha iniettato qualcosa. Dopo che sono entrato, ho… abbassato la guardia e lui mi ha infilato una siringa nel collo- si massaggiò li dove l’ago lo aveva punto.
- Ho dei flash, delle visioni a intermittenza. Vedo lei chiamarmi e Reborn colpirmi. Yamamoto che si mette in mezzo e poi… poi… la mia… mano che afferra… la dinamite e…-
Nella sua mente, riviveva quei momenti infernali. Le sue bombe erano esplose provocando una violenta deflagrazione vicino a Yamamoto immobilizzandolo per qualche secondo, tempo sufficiente a che un detrito lo colpisse.
- Non si è difeso. Quell’idiota non si è difeso, - Sussurrò a un tratto – Poteva colpirmi, poteva mettermi fuori gioco in un lampo, ma si è lasciato colpire. Si è praticamente lasciato ammazzare. -
L’irrazionalità del pensiero lo fece ridere da piano sempre più forte.
 – Tipico di quell’idiota, - E continuò a ridere, isterico, mentre Tsuna semplicemente chiudeva gli occhi di fronte al dolore di Gokudera.
 

- Mh, sì, ha usato quel tipo particolare di fiamma. -
- Intendi forse dire…? -
- Sì. – Annuì. - Il padre di Gokudera era famoso per la capacità molto rara della sua volontà. Bastava entrarne anche solo leggermente in contatto che si finiva subito sotto il suo controllo. Capisci bene che anche se temporaneamente, gli effetti erano comunque incredibilmente pericolosi. Lo chiamavano Asso perché riusciva a ribaltare in un attimo le sorti di un’intera battaglia. -
- Le conseguenze erano devastanti anche per lui però. Il Nono mi ha parlato di un effetto collaterale. -
- La sua mente col passare del tempo ha iniziato a cedere. Il suo controllo non era come quello di Mukuro, in cui la mente dell’ospite veniva sottomessa e addormentata. Nel controllo usato dall’Asso, le due menti convivono insieme in uno stesso corpo, in lotta continua per la supremazia. Gokudera ha detto di avere sentito che qualcosa gli veniva iniettato e di avere dei flash dello scontro. Questo vuol dire che è stato costretto a immettere le sue fiamme in un modo non consono. È molto debole rispetto al passato e molto più instabile-
- Spero che vada tutto bene, sai, sono preoccupato… -
- Non devi. In questi anni hai temprato un’ottima Famiglia. Non sarà certo questo a fermarci. -
 

I medici uscirono qualche ora dopo, stanchi, ma fiduciosi. L’intervento era riuscito, le condizioni non erano troppo gravi nonostante l’importante perdita di sangue. Gli organi non erano stati lesionati e l’unico problema era stata la lacerazione dell’addome, pulita e ricucita immediatamente; ora Yamamoto era sedato e sistemato in una camera, monitorato costantemente. Fu permesso in via eccezionale ai quattro di stare nella stanza dello spadaccino fino al suo risveglio che sarebbe dovuto avvenire da li a qualche ora.
Rimasero tutti in silenzio - chi in piedi in un angolo, chi seduto, chi alla finestra - con unica compagnia il bip ripetuto dei macchinari.
Bianchi si mise dopo un po’ di fianco al fratello e gli afferrò la mano stringendola forte: era un modo che da piccoli usavano per far sentire la propria presenza all’altro, come fosse una rassicurazione. Sentì una leggera risposta e sorridendo fissò davanti a lei il volto pallido del Guardiano della Pioggia, fiduciosa in una sua totale ripresa.
Erano passate circa due ore, ancora nessun segno di ripresa. L’unico ad accorgersi d qualcosa per primo fu Tsuna, seduto sul divanetto, che guardò un momento il letto e sorrise. Con molta calma si caricò Reborn in spalla e con una scusa a dir poco ridicola - Una voglia improvvisa di torta alla panna -  si trascinò dietro Bianchi e uscì. Gokudera si trovò solo senza quasi rendersene conto, tanta era stata la velocità di dileguamento  del Boss.
Anche se di spalle riuscì comunque a sentirli, gli occhi nocciola che lo fissavano senza tregua. Strinse i pugni e vietò a se stesso fughe e colpi di testa e soprattutto di non ricambiare lo sguardo penetrante dell’altro per nessun motivo al mondo.
Ma nonostante i suoi proposti non seppe resistere alla sua voce fioca.
- Non stare li, avvicinati! -
L’argenteo obbedì, a ogni passo il sangue pulsava più forte nelle vene e le gambe sembravano voler cedere.
- Guardami. -
Sollevò leggermente lo sguardo, mordendosi le labbra, ma non poté reggere a lungo. Con un sospiro, Yamamoto sollevò le braccia combattendo contro qualunque dolore e fatica, in un tacito invito a nascondersi nel suo abbraccio. Il dinamitardo però si sedette solo sul letto.

- Perché non lo hai fatto? - Chiese, il pavimento che in quel momento era l’unica cosa che riusciva a guardare – Perché non mi hai colpito? -
Il moro fece forza per sollevarsi, poggiandosi ai cuscini in modo da risultare quasi seduto. Non disse nulla, rimase in un ostinato mutismo, lo sguardo tagliente puntato addosso all’altro.
- Avresti dovuto fermarmi. Non importa che cosa sarebbe stato di me. - si strinse tra le braccia – Dovevi fermarmi, non saresti dovuto far ferire. Non lo sopporto. Sei un idiota , uno stupidissimo idiota senza cervello. -
Il Guardiano della Pioggia si raddolcì, intenerito nel vedere quanto l’italiano fosse preoccupato e quanto si sentisse in colpa.
- Hai finito?- chiese sicuro di provocare qualche sua reazione.
- Finito? Ma hai capito quello che ho detto?! Potevi morire! Ti ho colpito con le bombe e hai un buco nel petto! E togliti quello stupido sorrisetto idiota dalla faccia! - era la prima volta dopo un’eternità che reagiva a quel modo, come se non fosse successo nulla.
Yamamoto allargò il sorriso, prese Gokudera per il collo della maglia e se lo tirò addosso baciandolo. Lo tenne stretto per un tempo che parve infinito, ridacchiando, accarezzandogli i capelli, baciandolo sul viso e sul collo. Gli fece sentire i battiti furiosi nel petto, la felicità di averlo di nuovo al suo fianco. Riversò in quelle azioni tutto ciò che gli avrebbe voluto far sapere, ma che per il momento era giusto tenere nascosto.
- Credo tu sappia perché non ho fatto niente. Non ci sarei riuscito, non avrei mai potuto farti del male. Quante volte devo ripetertelo? Sei la persona più importante per me. Non potrei ferirti nemmeno volendo, nemmeno fra cent’anni. Sei il mio bene più prezioso. -
Il Guardiano della Tempesta si strinse ancora più forte, il battito accelerato. Decise di arrendersi, di abbandonare tutte le armi e le difese create negli anni, di scoprire per una volta quello che aveva nel cuore.
 

“Cuore dilaniato da un amore insano.
Cuore obliato per non sentire il dolore.
Cuore inanimato da combattente solitario.
Cuore bruciato.
Cuore.
Che chiedeva solo una goccia di Pioggia per guarire e sperare nel futuro.”

 
- Yamamoto, ascolteresti la mia storia? -
   
 
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