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Autore: telesette    24/10/2013    1 recensioni
Sori non disse nulla, gli occhi fissi verso il basso e l'espressione assente, tuttavia lo stesso Mitamura non poté fare a meno di notare l'evidente tristezza nel suo sguardo...
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti, Yu Hazuki/Mila Hazuki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mentre le Seven Fighters giocavano i loro disastrosi primi due set, Sori era rimasta in ospedale a vegliare sul povero Mitamura. Questi giaceva ancora in un letto, completamente privo di sensi, e gli unici segni di vita in lui erano visibili solo attraverso le apparecchiature che registravano le pulsioni e il suo lieve battito cardiaco.

- Mister - mormorò Sori con voce tremante. - Se lei non dovesse svegliarsi, se lei non... Oh, se solo non fossi stata così stupida!

Stringendo la mano inerte di Mitamura tra le proprie, Sori sentiva che avrebbe potuto piangere per lui, anche senza avere più una sola lacrima in corpo.
Non poteva vederlo così.
Era una sofferenza immane, tanto da desiderare che la macchina avesse investito lei al suo posto, e tuttavia non si poteva cambiare ciò che era accaduto.
Che Mitamura non potesse risponderle, né tantomeno vedere la disperazione negli occhi di lei, per Sori era peggio che se l'avessero trafitta al petto. Il volto dell'allenatore, rigido e inespressivo come una fredda maschera avente i suoi stessi lineamenti, era la prova di come egli fosse cieco e sordo al pianto della ragazza.
Dani Mitamura non poteva né vedere né sentire.
Il suo sonno somigliava molto a quello del classico incantesimo, come nelle favole, solo che nella realtà non era sufficiente un bacio per ridestarlo. Da che era rimasta sola con lui nella stanza, quasi nell'ingenua speranza di vederlo aprire gli occhi, Sori aveva sfiorato più volte le sue labbra con le proprie.
Il suo amore era tutto ciò che poteva offrirgli, oltre alle lacrime, eppure non bastava a compiere il miracolo.
Certo però, anche se in modo diverso, Sori non era l'unica a soffrire per quella situazione.
Dalla voce della radio accesa, collegata in diretta con la cronaca sportiva, era possibile constatare come l'intera squadra delle Seven Fighters stesse vivendo in modo evidente quel tragico momento.
La crisi che vedeva coinvolte Mila e le altre gettò Sori maggiormente nello sconforto.
Il suo istinto di giocatrice le rimproverava dentro di non essere accanto alle sue compagne, così come la mente e il cuore le rammentavano tristemente di non poter essere per loro di alcun aiuto.
Non poteva essere di aiuto per nessuno, né per l'uomo che amava né per le altre persone a lei care.

- E' difficile assistere ad un incontro del genere, senza chiedersi che fine abbia fatto lo spirito combattivo delle protagoniste - esclamò la voce del telecronista, commentando amaramente lo svolgimento del primo set. - La squadra delle Seven Fighters ci sembra irriconoscibile, rispetto alle ultime partite giocate: la Hazuki appare molto provata, tanto da non riuscire ad opporre il suo solito gioco con le avversarie molto più motivate, e anche le sue compagne non riescono a rimontare in alcun modo lo svantaggio che vede le Orient dominare questo primo set per 10 a 3...
- Mila, ragazze - gemette Sori sconvolta. - Vi prego, perdonatemi se potete!
- Formidabile la schiacciata della Takami, che coglie di sorpresa la Yamakawa; il primo set si chiude dunque in favore delle Orient, col punteggio di 15 a 3; la possibilità di una rimonta delle Seven Fighters, specie considerato il grave incidente occorso all'allenatore Mitamura, ci appare molto improbabile!

Combattuta com'era, tra il senso di colpa e l'ansia per Mitamura, Sori strinse le dita di questi più intensamente. Il suo corpo era scosso dai singhiozzi, la mano che tremava incontrollabile, tuttavia di lì ad un istante accadde un vero e proprio miracolo.
Nel percepire quel lieve movimento delle dita dell'altro, Sori pensò dapprima ad un'allucinazione.
In realtà, seppur molto debole, il corpo di Mitamura stava dando segni inequivocabili di ripresa.
Da che era sprofondato nelle tenebre dell'incoscienza, l'uomo non sapeva né ricordava quasi nulla dell'accaduto. I suoi ricordi erano fermi ad un unico momento preciso: il bacio di Sori e il calore di lei che gli accendeva il petto.
Il resto, invece, era tutto molto confuso: la strada, l'incrocio, la macchina...
Mitamura rivide parte del proprio incidente, come al rallentatore, allorché le sue labbra mormorarono inconsciamente.

- Sori...

Fu così che la ragazza capì di non avere le traveggole.
Gli occhi di Mitamura erano aperti, seppur debolmente, e costui aveva appena pronunciato il suo nome.
Incapace di esprimere la propria felicità, Sori si lasciò andare a quelle che erano senza alcun dubbio lacrime di gioia.
Mitamura era chiaramente privo di lucidità, avvolto com'era dalle bende intorno alla testa, e anche così il suo primo pensiero andava a colei che teneva tuttora la sua mano tra le proprie.

- Sori - ripeté.
- Sì, Mister, sono qui - rispose lei, baciando più volte la punta delle sue dita.

Purtroppo non era tempo adatto per le effusioni.
Come il dottore e le infermiere si resero conto dell'avvenuto miracolo, infatti, la prima cosa che fecero fu di invitare gentilmente Sori ad abbandonare la stanza. Ovviamente lei esitò, incapace di staccarsi dalle sue dita, ma a quel punto fu proprio Mitamura a scuoterla con poco più che un sussurro.

- Sori... vin... ci...

Sori sbarrò gli occhi.

- Gioca... Vinci - ripeté l'altro, sorridendo stancamente, guardandola con la luce inconfondibile dell'amore negli occhi.

In quel momento Sori capì.
Sin da quando aveva iniziato a giocare da piccola, impegnandosi ed allenandosi per affinare le proprie abilità, anche Sori aveva consacrato tutta sé stessa alla pallavolo. Mitamura lo sapeva bene, sapeva che anche lei era determinata ad affermarsi in questo sport, tanto quanto lo era Mila.
Se il sentimento di Sori nei confronti di Mitamura era finito col diventare qualcos'altro, qualcosa di assai più profondo del semplice legame tra allenatore e giocatrice, la felicità della ragazza passava tuttora attraverso ciò che rifletteva quel candido specchio rotondo del pallone da pallavolo.
Ora, finalmente, Sori sapeva cosa doveva fare.
Doveva giocare, lottare, impegnarsi e vincere... ma non per sé stessa, bensì per entrambi.
Giocare col cuore, scendere in campo e riflettere nel gioco tutta la passione che provava, la stessa passione che le labbra di Mitamura le avevano acceso in corpo con quel primo bacio indescrivibile e meraviglioso.
Mitamura non la stava respingendo, anzi, era esattamente il contrario.
Ciò che Mitamura avrebbe voluto dirle suonava pressapoco come: "Gioca Sori, metticela tutta, vivi la felicità in campo come nella vita; anch'io ti amo e voglio che tu abbia tutte le gioie di questo mondo, senza rimpianti, è questo il mio più grande desiderio"...

- Sì, Mister - disse Sori decisa. - Giocherò e vincerò, farò del mio amore una marcia in più, giocherò con tutta me stessa!

Ciò detto, Sori corse via dall'ospedale, determinata a raggiungere lo stadio prima possibile.
Non era troppo tardi, la partita si stava svolgendo a pochi isolati di distanza, poteva ancora farcela.
Per ciò che provava adesso, niente e nessuno era più in grado di fermarla.

 

( continua )

   
 
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