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Autore: Shark Attack    25/10/2013    3 recensioni
Nehroi e Savannah sono due fratelli decisamente fuori dal normale e dalla legge sia del loro mondo sia del nostro. Lui ha la capacità di respingere la magia, lei è tra le più potenti creature esistenti ma il loro legame è indissolubile e lo pongono sempre al di sopra di ogni cosa.
I due fratelli sono reietti assoluti, senza famiglia né amicizie, ma non si lasciano scoraggiare facilmente dalle difficoltà che l'avere tutti contro comporta: hanno un'ardua missione da portare a termine e niente li fermerà... neanche quando vengono separati da una montagna invalicabile come la morte.
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Attenzione, in questo capitolo sono stati inseriti due capitoli. Scusate il disagio ^^"


2
Vedàsio



Percorse rapidamente tutto il secondo piano, dal suo ufficio posto accanto alla spaziosa camera elegantemente arredata fino alle imponenti scale e al corrimano lucido che accolse la sua irruenza come in un abbraccio di marmo. «Nekkis!», tuonò Silar mentre l'eco dei suoi passi pesanti rimbalzava tra gli scalini disturbando la quiete di tutta Tolakireth, nell'ala vecchia e in quella nuova.
Non ebbe neanche bisogno di fermare la sua marcia perché la porta della sala delle riunioni era già aperta; il Capo di Kyureth arrivò di fronte al gigantesco tavolo circondato da poltroncine rosse veloce come il vento freddo che mette a dura prova le cupole grandi quanto il cielo che proteggono le isole della sua città dai veleni della regione.
Aner Nekkis era chino su pile di fogli, alcuni perfettamente piegati e altri con le estremità arrotolate, tutti completamente ricoperti di scritte fitte e importanti. Inclinò lievemente la testa verso la porta quando Silar mise piede in quello che ancora non aveva il coraggio di chiamare “ufficio”, pallido sostituto dell'originale andato distrutto dal passaggio dei Fein Anis.
«Hai bisogno?», gli domandò educato senza realmente staccare gli occhi dalla distesa bianca e nera che aveva conquistato buona parte del tavolone.
Silar inspirò ed espirò pesantemente, visibilmente irritato, poi srotolò il messaggio che gli era appena arrivato da Bastreth. Lo guardò ancora un attimo, come se stesse controllando che l'immagine e l'annuncio che riportava non fossero cambiati in quel breve tragitto, poi lo avvicinò al viso del capo delle guardie tendendo nervosamente il braccio, facendoglielo sventolare di fronte agli occhi. «Spiegazioni», sibilò a denti stretti. «Ora.»
Nekkis ritrasse un poco la testa e batté le palpebre per il fastidio ma non ebbe alcun bisogno di leggere né di guardare realmente quel foglio per intuire di cosa stesse parlando il Capo. Afferrò il volantino con due dita e lo lanciò lontano da sé. «Non devo chiedere il permesso per fare il mio lavoro, soprattutto non a te», sospirò con voce ferma mentre il manifesto del ricercato si arrotolava di nuovo nell'angolo in cui era caduto, sotto la finestra.
Stava per tornare alla lettura dei rapporti che aveva sotto il naso quando la mano curata di Silar cadde pesantemente sul tavolo, sollevando parecchi fogli e facendo crollare una pila sulla destra della guardia. Aner li osservò cadere tutti, sollevando gli occhi grigi solo quando la cascata smise di tendere verso il pavimento. Il loro fruscio era il solo suono nella stanza, l'unico che osasse farsi spazio nella tensione creata tra i due.
«Perché diffondi allarmismo nella popolazione?», domandò Silar con finta diplomazia. La vena sulla tempia lo tradiva, come anche il respiro accelerato.
«Perché dovrei nascondere il pericolo, piuttosto?», rispose Nekkis con impertinenza mentre si sdraiava sullo schienale con stanchezza. Alzò lo sguardo verso il giovane Capo sorridendo sicuro di sé e delle sue scelte. «Un pericoloso fuorilegge tornerà a Ataklur a breve, è bene che tutti siano preparati.»
Silar si dondolò per un istante sul posto, poi scattò all'indietro e chiuse rapidamente la pesante porta di legno della stanza, isolando la loro chiacchierata al resto del mondo. Trascinò una poltroncina sul pavimento con la magia mentre i battenti si sigillavano tra loro, poi prese posto accanto al capo delle guardie e non smise neanche per un secondo di squadrarlo con serietà. «Non avevamo deciso che lui da solo non era una minaccia?»
Nekkis si grattò la nuca e fece una smorfia desolata. «Tu», sottolineò, «Avevi detto che era un pedone inutile, se non ricordo male.»
«Concordavi.»
«Diciamo che ho riesaminato la cronologia dei rapporti su di loro, anche quelli non ufficiali, e credo che non sia poi così innocuo...»
«Per questo credi anche che tornerà qui tra qualche giorno?»
La guardia fece spallucce. «Rimane pur sempre una creatura magica, sei settimane tra gli umani stanno per scadere.»
Silar stese due dita verso il manifesto arrotolato nell'angolino e questo venne sollevato in aria, fluttuando sopra le loro teste fino a raggiungere le sue mani. Lo srotolò di nuovo e fissò il contenuto per la terza volta in quella mattinata caotica. Nehroi Krajal Junior squadrava l'osservatore con l'espressione dura e al tempo stesso beffarda che i disegnatori della divisione di identificatori del corpo delle guardie erano riusciti a catturare negli anni; sopra i ricci ribelli e sotto le larghe spalle c'era il messaggio di avvertimento e la taglia in Stelle che Nekkis aveva deciso.
«Hai pure abbassato la ricompensa», mormorò Silar con vago disappunto. «Se è tanto una minaccia, perché...»
«Non lo è», lo interruppe Nekkis sottraendogli il manifesto. «Te l'ho detto, ho fatto i compiti a casa.»
Si allungò sul tavolo, sporgendosi per recuperare un piccolo plico di fogli legati tra loro con uno spago e un fiocco malandato, poi tornò a sedere e lo soppesò, indeciso se sciogliere il nodo e porgere il tutto al Capo oppure no. «Ricordi... il Giorno Nero?»
Silar annuì serio. «Sai che non mi piace chiamarlo così», commentò.
«No, giusto. In effetti gli storici hanno sempre una visione distorta della realtà quando non sono presenti e devono comunque dare nomi a fatti importanti... immagino che per la scomparsa di tuo nonno vorrai chiamarlo il Giorno Bianco o qualcosa di più appropriato, giusto? Io lo chiamo l'Esplosione. Molte cose sono esplose quel giorno... tra cui la porta della biblioteca al quarto piano, ricordi?»
Nekkis strinse le dita attorno al plico di fogli e sospirò brevemente. «Questo è un manoscritto, una copia del volume che hanno rubato i Fein Anis, l'unica che sono riuscito a recuperare in tutta Ataklur dopo lunghe ricerche e un lavoro decisamente impegnativo. Gli archivisti dovrebbero tenere più in ordine quel posto.»
«Ti lamenti sempre del lavoro degli altri o è solo un'occasionale luna storta?», domandò Silar con un vago sorrisetto. Scosse la testa e tese la mano verso il manoscritto. «Cosa hanno trafugato, quindi? L'hai letto?», domandò tornando serio.
Nekkis annuì. «E non ti piacerà sapere di che parla. O meglio, ti stupirà.»
Passò le dita sul nodo dello spago ma non lo sciolse. «In realtà credo sia inattuabile e ho passato fin troppo tempo a chiedermi che senso avesse avuto trafugarlo...»
Silar sbuffò e gli strappò il manoscritto dalle dita, togliendo lo spago in meno di un secondo. Scorse rapidamente il primo foglio, una specie di noiosa introduzione, poi lo voltò e lesse il titolo. I suoi occhi si spalancarono per un momento. “Vedàsio” era scritto a chiare e grandi lettere in cima al primo capitolo della leggenda dimenticata. Il giovane Capo sussurrò il nome di quel protagonista mitologico, tra i primi che la popolazione dei jiin creò per narrare le regole del loro nuovo mondo dopo che il Creatore divise Ataklur dal mondo degli umani, e l'antichità di quella storia che neanche suo nonno ricordava in ogni dettaglio lo travolse con la potenza dei secoli passati.
«Non è la più popolare delle storie», commentò piccato mentre sfogliava quasi con reverenza quelle pagine preziose.
Nekkis tamburellò le dita sul tavolo producendo un fastidioso ticchettio che si diffuse nella stanza silenziosa assieme al frusciare delle pagine. «Probabilmente neanche la metà della metà della popolazione conosce quel nome, ma in qualche modo i Fein Anis sì. Da quando ho rispolverato le mie conoscenze su questa leggenda non ho fatto altro che chiedermi cosa volessero farsene quei due disgraziati... da non dormirci la notte, credimi. Ho iniziato a lavorare alle connessioni possibili tra tutti i pezzi del puzzle che Savannah e Nehroi mi avevano gettato sul tavolo, ma per settimane non sono neanche riuscito ad intravedere il disegno generale. Non aveva alcun senso.
Poi è arrivata la notizia del loro ritorno e ho focalizzato le mie energie sulla loro ricerca, incrementando il sistema di rilevatori in tutto il regno e smuovendo ogni uomo a disposizione. Volevo avere un faccia a faccia con loro, non hai idea di quanto fremessi per poterli incontrare di nuovo e spremerli fino in fondo per capire come ragionassero i loro cervellini malati. Dopo di che mi è stato riferito che stavano entrando nel deserto e... beh, non potevo crederci. Era il passo più ovvio che potessero fare, per non dire il più pericoloso e anche stupido: con tutte le guardie di Ataklur sulle loro tracce dove sono andati? A casa, assurdo. Non potevo crederci, non potevo credere ai rapporti che mi inviavano i comandanti. Poi è andata com'è andata e hanno lasciato andare Nehroi, ma le domande non hanno lasciato me.»
Nekkis spostò rumorosamente indietro la poltroncina e si alzò in piedi, intrecciando le mani dietro la schiena ed incurvandosi un poco verso il pavimento, come se volesse contare le piastrelle. Silar lo seguì con lo sguardo smettendo di sfogliare il manoscritto.
«Ne sei ossessionato», commentò prestando attenzione per la prima volta ai fogli che stava leggendo il capo delle guardie prima che lo interrompesse. Non c'era pagina che non riportasse almeno una volta il nome di uno o di entrambi i fratello Krajal.
«Vedàsio è il personaggio che gli antichi jiin hanno inventato per spiegare Mjoklur», proseguì Nekkis mentre lasciava vagare lo sguardo tra i quadri appesi sulle pareti, soffocandole. «In pratica muore e si ritrova nel Regno dei Morti, lontano dall'amata. Cerca di uscirne, fa per tornare indietro ma tutto ciò che riesce ad ottenere è una visione grama della vita che prosegue senza di lui, perché non fa più parte dei Vivi.»
Silar ridacchiò e valutò l'altezza del manoscritto che aveva appena posato sul tavolo. «Hai decisamente il dono della sintesi», notò ironico.
La guardia fu tentato di alzare gli occhi al cielo ma evitò; si grattò invece la barba ispida che risaltava i tratti squadrati del viso e ridacchiò a sua volta. «Non avevo capito che volessi rimanere qui fino al calar del sole.»
«Scusami, continua.»
Nekkis si fermò di fronte ad un quadro quasi completamente nero, probabilmente l'interno di una grotta non meglio identificata. «Mi ero chiesto: hanno sempre evitato la scuola come la peste e ora, tutto ad un tratto, vogliono acculturarsi? Poi ho iniziato a guardare il disegno dall'alto, come si dice spesso, e ho notato qualcosa di... particolare. I pezzi iniziavano ad avere qualcosa che li faceva avvicinare l'uno all'altro... non dico che combaciassero ma almeno iniziavano a sembrare dello stesso puzzle.»
Spostò lo sguardo alla destra di quella grotta anonima e i suoi occhi incrociarono le vette altissime di Lagireth, in uno scorcio molto artistico catturato al tramonto. Il cielo rosa e arancione spezzava le cime acuminate delle montagne come uno squarcio coloratissimo, quasi fluorescente.
«Anche se Savannah ormai è morta, credo che neanche Nehroi sia da sottovalutare. Quel libro potrebbe avergli dato lo spunto per riportarla indietro.»
Silar scattò in piedi come una molla, rovesciando la poltroncina all'indietro; smise per qualche secondo di respirare, mentre i suoi occhi saettavano verso la guardia che gli dava le spalle e che sorrideva nell'ombra. «Hai prove di ciò che dici?», domandò con anomala serenità, come se volesse sfidare Heim in diplomazia.
Nekkis sollevò le spalle desolato. «È un caso che abbiano trafugato il libro proprio il giorno dopo aver avuto conferma che i loro genitori erano morti e non solo “altrove”? Probabilmente il piano iniziale era rivolto a loro.»
«E quindi adesso pensi che Nehroi riciclerà il progetto per la sorella», concluse Silar rilassando un poco la fronte. L'idea era assurda ma, in qualche malsano modo, non troppo impossibile.
Nekkis si voltò verso il Capo e lo squadrò interessato. «Non sei molto sconvolto o sbaglio?», domandò attento. «E perché prima eri così arrabbiato con me per il manifesto? Sei interessato al ragazzo?»
Silar inclinò la testa su un lato e sorrise, il suo solito sorriso che poteva voler dire tutto o anche niente. «Nehroi è un brehkisth, ricordalo. E il mio interesse era solo per Decra, non voglio che abbia altre complicazioni dopo l'ultimo attacco.»
Nekkis sbuffò scocciato. «Quella donna si è scordata come si fa il Capo», sibilò con irritazione. «Non dovresti preoccuparti per lei, se è troppo sentimentale verso i fuorilegge è un problema suo!»
«Sai che Olus è sempre dalla sua parte, mi fa pressione perché non le creiamo altri problemi. Se succede qualcosa a Nehroi andrà ancora in depressione, lui se la prenderà con me perché non ti ho detto nulla, Heim ricomincerà a dire che è già stato punito e che merita di essere lasciato tranquillo e alla fine tu dovrai fare i conti con tutti quanti. Dopo la spaccatura con Chawia non possiamo permetterci di essere divisi, lo sai bene.»
«Almeno Hartis mi appoggia», commentò Aner con blanda soddisfazione.
Silar scosse la testa e sorrise derisorio. «Hartis è pazza.»
Stavano per congedarsi, tornando ognuno al proprio lavoro con le proprie scartoffie da affrontare quando Silar si soffermò più del dovuto sulla soglia, pensieroso. «Posso avere il manoscritto?», domandò cortese.
Nekkis guardò il plico, di nuovo infiocchettato nello spago, ed alzò un sopracciglio. «Vuoi acculturarti su Mjoklur anche tu?»
Silar annuì brevemente mentre tirava le labbra in un sorriso malizioso che inquietò Nekkis.
«Sono solamente un tipo curioso, sai che mi piace sapere le cose.»
Il manoscritto iniziò a levitare verso il Capo e le sue dita bramose.
«C'è qualcosa che dovrei sapere anch'io?», domandò Nekkis corrugando un poco la fronte.
Il cigolio della porta rubò la sua risposta.


3
Fluo



La musica era ad un volume così alto che penetrava nei muri e si diffondeva anche all'esterno dell'edificio, un un soffuso e martellante ritmo che faceva tremare i vetri e scappare gli uccelli.
Ogni volta che una porta veniva aperta, torrenti di note elettroniche si riversavano all'esterno come se fossero state stipate troppo nella discoteca e non potessero far altro se non rotolare esauste fuori tra le auto e le nuvole di fumo dei clienti, addormentandosi sui parabrezza.
Nehroi si grattò il mento ed andò verso l'ingresso con passo deciso e baldanzoso, attento a non rovinare troppo le scarpe nella sporcizia che circondava l'intero isolato. Non aveva idea di quale guerra umana fosse appena finita o quale campionato di calcio fosse stato vinto, ma tutta la città era esultante e in festa; forse lo era l'intera nazione, ma al brehkisth non importava affatto.
Entrò ed iniziò subito la sua ricerca tra la folla, assottigliando gli occhi e cercando di non farsi distrarre dalla musica che gli trapanava i timpani.
«Due mojito», ordinò al barista con disinvoltura sovrastando senza problemi il frastuono. Ammiccò in direzione di un gruppo di ragazzine dall'altra parte del bancone e sorrise nel vederle agitarsi per così poco. «E offri un giro anche a loro», aggiunse. Sul suo petto un ciondolo dall'aria antica e rovinata brillava con i colori fluo della palla da discoteca che gli ruotava sopra la testa e il viso del barista venne illuminato di rimando.
Terminò rapidamente il drink e glielo porse con disinvoltura, come se lo stesse semplicemente appoggiando sul bancone e non lo stesse affatto vendendo, senza chiedere neanche un euro in cambio.
Nehroi afferrò i due bicchieri e si avvicinò al salottino privato della discoteca, il punto d'incontro per ottenere ciò che voleva.
«Ehi», disse al buttafuori che regolava l'ingresso alla stanzetta nascosta dalle tendine viola.
Continuò a camminare senza fermarsi ma l''uomo lo fermò prima che potesse mettere un piede oltre i veli.
«Solo ragazze o ragazzi accompagnati da ragazze», intimò con voce seria tanto seria da farlo sembrare un robot. Il cordoncino di plastica trasparente che gli sporgeva dall'orecchio confermava l'ipotesi, ma Nehroi non si lasciò spaventare.
«Una ragazza? Ma certo...»
Strinse i due bicchieri ed allargò un gomito come a voler fare un cenno a qualcuno, ma non toccò nessuno. «Annah?», disse voltandosi, ma si morse la lingua e le spalle tornarono a pesargli come macigni.
Socchiuse gli occhi, il respiro gli si mozzò per un attimo, poi mascherò la sua desolazione con un sorrisetto beffardo e tornò all'uomo. Si guardò attorno furtivo, poi si raddrizzò sulla schiena per esibire meglio il suo ciondolo. «La mia ragazza è già dentro», gli disse sicuro. «Fammi entrare.»
Il buttafuori alzò un sopracciglio e lo squadrò con aria sufficiente. Alzò gli occhi al cielo e fece per cacciarlo via, poi si bloccò per un attimo, come se avesse ricevuto un'illuminazione. Scostò le tendine invitandolo ad entrare un istante dopo.
Nehroi fece un ingresso spavaldo ed individuò subito chi stava cercando, l'unico motivo per cui era in quel locale. «Beatriz», la salutò mettendole il drink sotto al naso, rubandole un minuscolo sorriso. La donna aveva la pelle ambrata, una silouhette formosa e uno sguardo magnetico che da solo sarebbe bastato a definirla ammaliante. «Hola Nicolàs... mi hai fatto aspettare», disse sensuale.
Nehroi prese posto accanto a lei e le fece il baciamano con galanteria. La donna si sporse verso di lui e avvicinò le labbra rosse al suo orecchio, mentre controllava guardinga che nessuno li stesse osservando. «E il tuo amico?», domandò in un caldo sussurro.
«La festa non può iniziare senza di lui, giusto?»
Il brehkisth sorseggiò il suo drink e schioccò la lingua sul palato con soddisfazione. Fece per alzarsi, ma sfruttò il movimento solo per avvicinarsi a sua volta all'affascinante spagnola. «Chiama le tue ragazze», le disse.
Con un lieve movimento delle dita, lo schermo del cellulare della donna si illuminò e un messaggio venne mandato immediatamente. Beatriz sorrise nella luce ora verde della discoteca, con il ritmo della musica che le pulsava nel petto come un secondo cuore. Nehroi strinse le labbra, guardando con nervosismo la lancetta dei minuti che iniziava a fare troppi scatti in avanti, poi alzò gli occhi e finalmente vide il gruppetto di giovani clienti, portafogli in mano, pronte a sballare.
«Benissimo», disse tra sé e sé quando l'energumeno all'ingresso ebbe finito di farle entrare. Estrasse il suo cellulare e imitò la mossa di Beatriz, illuminando uno schermo simile.
«Scott?», disse una voce alle sue spalle, sbirciando sul display. Nehroi sussultò per un istante, ma collegò subito dopo a chi appartenesse ed alzò gli occhi al cielo.
«Un nome davvero innocente per uno che taglia droga ai disperati», proseguì l'altro con naturalezza.
«Fatti un giro», lo cacciò senza neanche voltarsi. Premette “Invia” senza curarsi della presenza alle sue spalle, rassicurando con qualche sguardo il suo giovane pubblico, strappando qualche sorriso.
«Non ti interessa sapere come ti ho trovato, stavolta?», proseguì l'uomo nell'ombra. «O come sono entrato in questo salottino senza accompagnatrice...»
Nehroi sbuffò e alzò una mano per scacciarlo come se fosse una mosca fastidiosa che lo distraeva con il suo inutile ronzio.
Sentì che l'uomo aveva alzato un braccio e qualcosa aveva fatto riflettere la luce rosa della palla della discoteca sui volti delle ragazze, trasformandoli da rasserenati a terrorizzati. Il brehkisth si voltò incuriosito e si ritrovò un distintivo della polizia, dorato e scintillante, a meno di tre centimetri dal naso. Ridacchiò e lo allontanò con la mano. «Ma dai, e questo da dove l'hai pescato?», lo derise spavaldo un attimo prima di preoccuparsi della reazione opposta che aveva avuto il suo gruppetto. Si alzò in piedi per cercare di sdrammatizzare e tranquillizzarle ma ormai il danno era fatto: ad una ad una le ragazze saettarono via dal privè e si dispersero inevitabilmente nella folla di umani che si muoveva a ritmo di musica elettronica. «È falso, non è un vero poliziotto!», urlò Nehroi cercando di farsi sentire dall'ultima ragazza del gruppo, Beatriz, un istante prima che sparisse con il disprezzo negli occhi. Lo lasciò solo al tavolo, due mojito intatti di fronte a sgabelli vuoti e ribaltati, con un damerino biondo come unica compagnia.
«Credevo avessi smesso di farmi da babysitter.»
Phil si guardò attorno soddisfatto e si strinse nelle spalle. «Diciamo che ormai mi viene naturale», si limitò a dire.
Ripose il falso distintivo nel taschino interno della giacca, poi spostò una sedia, una di quelle appena liberate dalle ragazze scappate, e vi si sedette sistemando con una mano la coda della giacca scura per non stropicciarla. Il brehkisth stava sudando freddo cercando le parole giuste per inviare un contro-ordine a Scott ed evitare che arrivasse in un privè deserto. «Te la farò pagare», sibilò velenoso mentre sudava freddo.
Phil lo guardò radioso, scoccandogli un sorriso contento che fece venire il mal di stomaco al ragazzo.
«Mi sento appagato, ho appena salvato una decina di fanciulle dall'oblio della polverina bianca e finalmente sono seduto di fronte a te», commentò l'umano senza smettere l'espressione serafica.
Nehroi lo squadrò e non riuscì a provare altro che odio e irritazione. Che diritto aveva Mayson di infiltrarsi così nella sua vita? Gli aveva detto addio due mesi prima, eppure da una decina di giorni che se lo ritrovava costantemente in mezzo ai piedi, partendo dal pianerottolo di casa sua fino al placcaggio in strada. Mercoledì gli aveva lanciato un cestino dell'immondizia addosso per imprimergli bene in testa il concetto ma a quanto pare non era bastato. «Cosa devo fare per farti capire che voglio essere lasciato in pace?», sputò nervoso raccogliendo il suo sgabello e pulendo la pelle nera prima di sedervici su.
Phil fece spallucce e rilassò la postura allungando le gambe. «Sono qui per chiederti scusa», disse. La sua voce era ferma e decisa, ma a causa della musica a Nehroi suonò strana. Diversa da quella del solito Phil. «Non mi immischierò più, promesso. Volevo solo ricordarti che ormai sta per scadere il tuo tempo qui e...»
Sfiorò la tasca esterna della borsa da lavoro che aveva ai suoi piedi, la versione più pratica di una noiosa ventiquattr'ore. «Ho anche un'offerta di pace», disse sicuro.
«Io non tornerò mai più ad Ataklur.»
L'ex-consigliere saettò le iridi marroni in cerca di quelle del ragazzo e, quando le incrociò, deglutì preso alla sprovvista da quello sguardo chiaro e serio. L'impressione che Nehroi fosse invecchiato all'improvviso dopo la morte di Savannah si fece nuovamente largo in lui, facendolo sentire ingiustamente più giovane.
Gli schiamazzi della massa informe che dondolava cercando di seguire il ritmo martellante di un pezzo che non smetteva di ripetersi all'infinito gli fecero portare due dita alle tempie. Abbassò lo sguardo sul mojito poco distante da lui e lo afferrò, poi tolse la cannuccia e ne prese un lungo sorso.
«Sicuro?», gli domandò mentre asciugava la bocca con un dito. «Non dico che non capisca la tua scelta ma... se vuoi continuare ad usare oggettini magici come quella patacca che hai al collo...»
Nehroi corrugò la fronte e soffiò dal naso, divertito. «Patacca?», esclamò offeso. Afferrò il suo mojito e imitò l'umano senza battere ciglio, poi afferrò il suo prezioso con due dita e lo espose meglio sotto la luce bluastra della discoteca.
«Davvero? Credi che non funzioni, sapientone?», lo sfidò Nehroi emanando alcol tra loro.
Phil incrociò le braccia al petto e si scrocchiò il collo con tranquillità. «Obbligami», disse provocante, «Obbligami a fare qualcosa.»
Il brehkisth si appoggiò al tavolino con una mano e catalizzò la sua decisione in uno sguardo perforante che saettò dagli occhi smeraldini come un fulmine. «Vattene», disse deciso.
Phil non mosse un muscolo.
«Vattene», riprovò. «Sparisci, esci di qui, dileguati, torna da dove sei venuto! … non voglio vederti mai più», aggiunse infine, come se gli fosse appena venuto in mente un altro modo per esprimere il concetto.
Gli unici muscoli che l'umano mosse furono quelli del viso, contraendoli in un ghigno. «Stai perdendo la tua magia, genio», gli fece notare con superiorità. «Quel talismano adesso funziona quanto una collana per bambine, di quelle in plastica rosa che regalano con le bambole o con le riviste del cuore.»
Nehroi rimase di sale e borbottò qualcosa, perdendo colore sul viso. Le sue mani strinsero con forza il bordo del tavolino, come se gli fosse mancato il terreno sotto ai piedi e vi si stesse aggrappando temendo di cadere.
«Devi tornare indietro, o diventerai del tutto un umano.»
«Ma il barista prima... ha obbedito...»
Phil ridacchiò e si sdraiò sullo schienale con fare vittorioso e sicuro di sé. «Tranquillo, avrà modo di farti avere il conto da pagare... non è gente che scorda.»
«E il buttafuori del privè...»
«Quello l'ho dovuto pagare subito, e non è stato molto economico, ma dovevo osservarti meglio e senza insospettirti. Sai, tu puoi essere esperto quanto vuoi di oggetti magici e dintorni, ma... qui, nel mio mondo», indicò la tasca in cui aveva riposto il finto distintivo, «I veri talismani del potere sono altri.»
Il brehkisth si morse un labbro e staccò la presa, gettandosi contro lo schienale con forza. Incrociò le braccia al petto come l'umano, ma con più forza, come se non volesse più districarle.
«Io di là non ci torno», mugugnò.
Phil sospirò. «Okay.»
Nehroi voltò la testa con uno scatto e lo fissò stupito.
«Che c'è?», domandò l'altro.
«Ti arrendi così?»
L'umano fece spallucce e fece un cenno alla cameriera, indicando con un dito il suo bicchiere vuoto.
«Te l'ho detto, sono qui per chiederti scusa per averci provato. Se non vuoi, non vuoi. Mica posso trascinarti ad Ataklur come un bambino... anche se dovrei farlo, dato che sono il tuo babysitter, giusto?»
Nehroi ridacchiò e tornò a posare altrove il suo sguardo, senza mai soffermarsi su un punto preciso della discoteca. Si sentiva molto sollevato nel sapere che non sarebbe stato costretto a seguirlo da nessuna parte e che non avrebbe dovuto lottare per non farlo.
La cameriera arrivò al loro tavolino con passi rapidi e fluidi e portò via i due bicchieri, sostituendoli con altri pieni. La luce fluorescente rosa illuminò la sua targhetta e il nome abbagliò Nehroi per un attimo, ma non riuscì a leggere nulla. La donna era tanto concentrata nel non far cadere i bicchieri da avere una strana smorfia sul viso e non degnò i due uomini neanche di uno sguardo prima di sparire, lasciando il brehkisth lievemente piccato.
«Sai, pensavo di arruolarmi», esordì dopo un po', mentre pugnalava il ghiaccio con la cannuccia.
Phil gli lanciò un'occhiata allibita da sopra il lime che spuntava dal suo bicchiere. Si schiarì la voce con un colpetto di tosse che mascherava lo sbigottimento. «Nell'esercito?»
Nehroi annuì e bevve un sorso.
«Per poterti sfogare e appagare il senso di vendetta e frustrazione, autorizzato ad usare armi di ogni genere e ad uccidere?»
Nehroi si strozzò e lo guardò offeso, ma Phil aveva un'espressione troppo seria per poter stare scherzando.
«Tu non vuoi servire il tuo paese», si limitò a dire l'umano. «Non ce l'hai neanche, un paese, inutile fingere. Vuoi solamente violenza gratuita, forse anche uno scopo.»
«E se fosse?», abbaiò il brehkisth irritato.
«Niente. Anzi, sai che ti dico? Penso sia un'ottima idea, ti terrà occupato ed è sicuramente formativa e utile... sì, va bene», risolse infine appoggiando il bicchiere sul tavolo. «Ti aiuterò.»
Nehroi tirò le labbra in un breve e pallido sorriso, annuendo per la vittoria.
«Un brindisi?», propose Phil.
Il brehkisth alzò gli occhi al cielo ed evitò di guardarlo. «Non brinderò mai con te», soffiò nervosamente.
Dopo mezzo secondo di stacco, nell'aria calda e caotica del locale si diffusero le prime note di un pezzo che al ragazzo piaceva molto. Molti lo ballavano senza capire cosa significasse realmente, anche perché la musica rubava molte parole al cantante, ma niente era nascosto a chi poteva capire magicamente comprendere ogni lingua umana. Nehroi iniziò a dondolare lievemente la testa avanti e indietro, tenendo il tempo. Ascoltò le parole e si sorprese nel non riuscire più a coglierne il significato. Alzò lo sguardo verso Phil, intento ad asciugarsi con un fazzoletto qualche goccia di drink che gli era caduta sui pantaloni scuri, e improvvisamente si rese conto che aveva ragione: la magia stava svanendo in lui.
«Cosa?», domandò l'umano non appena si accorse che lo stava osservando.
Nehroi scosse la testa. «Niente», liquidò rapido.
«Una cosa da chiedere ce l'ho io, se non ti dispiace», proseguì Phil prendendo la palla al balzo. «Puoi spiegarmi esattamente che lavoro stavi facendo prima?»
Nehroi scosse la testa e ridacchiò. «Pagavo le bollette», rispose prontamente. Prese la sua fetta di lime e la lanciò contro il muro, seguendone la scia lasciata fino al pavimento.
«Intermediario dello spacciatore?», ipotizzò Phil per nulla disturbato da quell'attività. «Una cosa del tipo che tu metti la faccia al posto suo e lo fai venire solo quando è sicuro che ci sia un affare in porto?»
Nehroi si sporse rapidamente sul tavolo, accorciando in un istante la distanza tra loro. «Si può sapere che vuoi da me?», ringhiò il ragazzo a muso duro. «Sto solamente cercando di andare avanti, perché ti interessa tanto quello che faccio?»
Phil alzò una mano e fece cenno alla cameriera di prima di portare altri due bicchieri. «Non è che mi interessi perché sono impiccione o che non abbia altro da fare», rispose nel frattempo.
Nehroi fece una smorfia. «Nessuno potrebbe mai pensarlo... mai...»
«Spiritoso. Non posso essere solamente un amico che si preoccupa per te?»
I bicchieri fecero un sonoro “tonk” quando vennero posati sul tavolino, facendo tintinnare il ghiaccio in quelli vuoti. Phil infilò due dita nell'altra tasca interna della giacca e ne estrasse un rotolino di banconote. Iniziò a contarle senza problemi, poi pagò la cameriera donandole anche un occhiolino e sollevò il suo bicchiere tentando di nuovo un brindisi. «A te che vai avanti», disse quasi beffardo. Nehroi lo guardò truce.
Phil annuì comprensivo. «E a me che ti lascerò in pace, giusto», aggiunse. «Non mi concedi neanche questo?»
E finalmente, dopo vari secondi di indecisione, anche sul viso del brehkisth venne tirato un sorriso, un'espressione sul confine del beffardo e dello strafottente. Sollevò il suo bicchiere, gli fece toccare quello dell'umano e poi altro alcol iniziò a fluire nelle sue vene.

La cameriera accorse a passi rapidi poco dopo, cercando di non dare nell'occhio. Il brehkisth stava iniziando a dondolare pericolosamente sul suo sgabello e Phil lo sorreggeva tenendogli le spalle come se lo stesse abbracciando. «Finalmente», disse la ragazza quando arrivò. Il suo viso si stropicciò in una smorfia addolorata e Phil si voltò apprensivo verso di lei, posandole una mano sulla spalla. Le lanciò un'occhiata apprensiva ma lei scosse la testa e strinse i denti.
Phil annuì rincuorato e soddisfatto. «Questa è la mia Jenna».
Si posizionarono uno alla sua destra e l'altra alla sua sinistra, mettendosi un braccio sulle spalle per cercare di tenerlo in piedi. Non era facile per nessuno dei due: come se non bastasse la mole di Nehroi, Jenna doveva fare i conti con la maledizione che le bruciava il corpo e Phil doveva fare attenzione a non far cadere la sua preziosa valigetta.
Lo trascinarono fuori dal locale passando da un'uscita di servizio della postazione degli alcolici, accompagnati solo dalla musica che sembrava voler fuggire con loro non appena la porta si aprì.
Una ventata d'aria fresca li fece rabbrividire ma non rallentare.
«Poi mi dirai perché questo maciste che stiamo... ma non potevi chiedere aiuto allo zio?», protestò la donna non appena si rese conto di quanto fosse lontana la macchina. «Dannazione, la sua maledizione è davvero...»
«Chi mai avrebbe creduto che un omone barbuto come lui fosse un cameriere adatto per l'affollatissima discoteca?», rispose Phil ignorando la seconda parte delle lamentele della cugina, sovrastandole. «Avrebbe buttato a terra tutti dopo tre passi, non credi?»
Il fuoristrada grigio svettava tra le altre macchine parcheggiate, ad una ventina di metri da loro, ma a Jenna sembrava lontana chilometri. Sbuffò e strinse ancora di più i denti.
«Te l'avevo detto che non sarebbe crollato in fretta», disse Phil tutto ad un tratto, rompendo il rumore attutito della discoteca che stavano aggirando.
«Tranquillo, l'importante è che ti sei affidato alla persona giusta. Quando ha lanciato il lime ho temuto che avesse capito la differenza di drink ma... nessuno può resistere ad una barista professionista come me!»
L'umano ridacchiò e si fermò un istante per sistemarsi meglio il braccio di Nehroi dietro il collo. «Soprattutto se è anche una jiin.»
Il portellone del bagagliaio si alzò automaticamente come ordinato dal telecomando stretto nella mano di Phil e un ampio spazio accolse il corpo privo di sensi di Nehroi. Un po' per la stanchezza, un po' per la fretta e un po' per l'esasperazione per il contatto con la maledizione, l'operazione sembrò più un lancio sgraziato che il deposito di una persona, ma nessuno dei due ci fece caso.
Jenna saettò a diversi metri di distanza non appena ebbe sciolto la presa sul brehkisth e si piegò sulle ginocchia a riprendere fiato. «Sei stata bravissima», si congratulò Phil una volta chiuso il bagagliaio. «Per quel che vale, più brava di tutti i Capi messi assieme.»
Jenna si asciugò la fronte col dorso della mano e sorrise. «Ci mancherebbe. E ora muoviti, non vedo l'ora di vedere quel fuorilegge assicurato alla giustizia di Ataklur.»


*°*°*°*


Quanto tempo, nè? ^^ Per scrivere questa intrusione in discoteca mi sono ispirata principalmente grazie ad una canzone che ho piazzato nelle mie orecchie a ripetizione, del cui testo mi sono anche innamorata. Trovo che sia adatto per il nostro Neh, che dite? --> Wake me up
In realtà non ero sicura di voler aggiungere anche il pezzo iniziale tra Silar e Nekkis ma, secondo il motto "se non ora, quando?", non sapevo dove altro infilarlo visto che è precedente al ritorno di Nehroi ad Ataklur (un grandiooooso ritorno, ve lo concedo xD) !
Quante cose sono successe in questo capitolo? Troppe! Ovvio! Non aggiornando per un mese intero e avendo nel frattempo illuminazioni a tutto spiano! In realtà, come per gli altri capitoli da qui al nonmiricordoquale, era già stato scritto ma per metà.
Tutta la cosa delle ragazze nel privè era un dubbio grande quanto una casa, immaginavo la scena ma non sapevo come metterla per iscritto. Poi mi sono immaginata Phil detective e bam! Ecco la svolta.
Ah, scommetto che nessuno si ricordava già più della cugina barista di Phil... sì, sì, adesso direte che no, ma certo che ve la ricordate... ma io so che non è vero ^.-

Che altro dire? Di cose ne ho già dette parecchie io, quindi a voi la parola! :D
Ciao!

Shark
   
 
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