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Autore: _Met_    25/10/2013    1 recensioni
[Questa fan-fiction partecipa al contest "Do you know where's insanity? Inside your head." indetto da Queen Of Hurts e K u r u m i, sul forum di efp].
{ Scritta a quattro mani con _mistakes }
«Gli adulti sono cattivi Tenma, quell’uomo …»
****
«Non lo chiamerò mai così. Lui non era un padre, era un mostro. Non ha mai avuto un briciolo di affetto verso di me, mi ha sempre guardato con disprezzo come se io fossi un errore, non lo chiamerò mai padre Tenma, scordati che io lo faccia.»
***
Difficile crescere.
Sopratutto quando si può contare soltanto su se stessi.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Midori Seto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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nick efp: Crazy Cherry / _mistakes
nick forum: _Met95_
titolo: Insanity
eventuale sottotitolo: //
rating: giallo
genere: Triste,Dark
personaggi: Midori Seto , Tenma Matsukaze
eventuale coppia: Midori X Tenma
pacchetto: Ocra
note: ringraziamo Lola e Fede per la proroga.
avvertimenti: AU
note d'autore: al fondo
 
 
La piccola Midori Seto vagava tra le bancarelle del mercato. Un forte odore di spezie inebriava l’aria. La piccola fu attratta da un medaglione argenteo che raffigurava una stella a cinque punte. Allungò la manina paffuta e prese furtivamente l’oggetto, cercando di non farsi vedere. Iniziò a correre, sapendo che quel che aveva fatto era sbagliato, ma non le importava. Sapeva già che delle guardie la stavano  inseguendo per portarla via in un qualche posto tetro e oscuro. Ma non riuscì nemmeno a superare il primo vicolo che qualcuno l’afferrò per un polso e la trascinò via con sé. La rossa iniziò a gridare ma subito le venne tappata la bocca da una manina piccola e abbronzata.
«Shh zitta. Così ci troveranno.» la rimproverò una vocetta stridula, che lei riconosce come quella di un bambino.
«Chi sei?» chiese curiosa la Seto.
«Tenma Matsukaze.» si presentò il bambino di un anno sì e no più di lei.
«E tu chi sei?» domandò questa volta il bimbo, Midori vide finalmente la faccia del suo interlocutore, che le mostrò il suo miglior sorriso.
Lei esitò, le avevano sempre insegnato a non fidarsi mai delle persone e a non parlare con gli sconosciuti, però qualcosa in quel bambino la convinceva a fidarsi. Forse il suo sorriso ingenuo...
«Midori Seto.» disse la rossa e gli porse la manina che il castano strinse con allegria.
«Come mai le guardie t’inseguivano?» chiese Matsukaze.
«Ho rubato questo.» la bimba mostrò il medaglione, e fece un piccolo ghigno soddisfatto.
Il castano indietreggiò leggermente impaurito.
«Ma sei pazza?»
Midori scosse il capo.
«No penso di essere semplicemente furba.» rispose.



 

Da quell’incontro passarono quattro anni e i due crearono un vero e proprio rapporto di amicizia. Per la ragazza Matsukaze era come un fratello maggiore sempre pronto a proteggerla, ma si sa le cose belle hanno sempre vita breve.
Era una fresca serata di maggio quando tutto accadde. Midori girava per la piazza, sul volto un cappuccio che la nascondeva da sguardi indiscreti. La piazza era addobbata per la festa che si sarebbe svolta quella notte. I suoi occhi color pece scrutavano la folla alla ricerca della sua vittima. La vittima che le aveva provocato sofferenza e dolore in tutti quegli anni. Suo padre. Suo padre che a cinque anni l’aveva abbandonata sotto a un ponte dopo la morte della madre. Dopo quella sera non l’aveva mai più rivisto e lei aveva dovuto cavarsela da sola per sopravvivere.
«Tornerò.» aveva promesso Midori a Tenma prima di sparire tra le ombre della notte.
Finalmente trovò la sua preda che in quel momento stava parlando con una ragazza. La Seto notò con immenso disprezzo che in tutti quegli anni non era cambiato di una virgola, solo qualche invisibile ruga sotto gli occhi gli segnava il volto. I capelli erano rimasti rossi, corti e in quel momento scompigliati dal vento primaverile, gli occhi color prato esprimevano gioia e affetto. Tutte cose che per lei non aveva mai provato.
Un ghigno compiaciuto le si dipinse in volto, finalmente avrebbe potuto vendicarsi, dalla manica destra fece scivolare un pugnale dalla lama argentea e il manico color sangue che strinse tra le dita affusolate. Con un gesto veloce la ragazza squarciò il petto dell’uomo. Un grido si distinse tra il trambusto della folla. Probabilmente la ragazza con cui stava parlando poco prima suo padre l’aveva solo visto cadere in quella pozza di sangue. Quando l’ urlo della donna le arrivò alle orecchie lei, però era già lontana. Solo che la Seto non sapeva che qualcuno la stava pedinando. La rossa svolto un angolo e qualcuno la prese per un polso sbattendola contro il muro. Midori stava per reagire già pronta con il pugnale, ma si fermò non appena incrocio gli occhi magnetici di Tenma.
«Perché?» gli chiese lui in tono furioso.
«Perché cosa?» domandò a sua volta la Seto.
«Perché hai ucciso quell’uomo?» il ragazzo era furente di rabbia, se c’era una cosa che proprio non riusciva a sopportare era vedere l’amica macchiarsi dei peggiori crimini.
La ragazza sospirò tristemente e puntò il suo sguardo verso l’alto.
«Era mio padre.» ammise infine dopo attimi di silenzio.
«Non mi hai risposto.» le fece notare il castano.
«Vuoi sapere il motivo del perché l’abbia ucciso…» disse con occhi vacui «Quell’uomo mi ha abbandonato quando avevo cinque anni sotto un ponte, sperava che io morissi, non gliene importava nulla di me, nulla.» continuò con le labbra che le tremavano un poco.
Prese un respiro e continuò.
«Gli adulti sono cattivi Tenma, quell’uomo …»
«Tuo padre.» la corresse lui leggermente contrariato, non riusciva a credere che la sua migliore provasse tanto odio per il genitore.
«Non lo chiamerò mai così. Lui non era un padre, era un mostro. Non ha mai avuto un briciolo di affetto verso di me, mi ha sempre guardato con disprezzo come se io fossi un errore, non lo chiamerò mai padre Tenma, scordati che io lo faccia.» disse Midori, alzando un poco la voce. Era la prima volta che capitava con Matsukaze.
«Comunque sai quanto me che gli adulti sono cattivi, non gli importa niente di noi. Sono crudeli e senza scrupoli. Guardaci … siamo due ragazzi rifiutati dai propri genitori, siamo due mocciosi abbandonati al proprio destino, non abbiamo nulla se non noi stessi.» disse con astio la rossa.
Matsukaze la guardò, le braccia incrociate al petto e lo sguardo che non esprimeva alcuna emozione.
Era la prima volta che la Seto lo vedeva in quello stato.
«Scusa.» proferì infine il castano. «Non lo sapevo e non avevo alcun diritto d’impicciarmi negli affari tuoi, scusa, io … non sapevo e non pensavo che provassi tutto quest’odio verso tuo padre.» la sua voce tremava ma non avrebbe pianto. Non poteva. Dunque strinse la ragazza in un abbraccio pieno di scuse e dispiacere. Gesto  che la ragazza ricambiò.



 

Tenma sorrise compiaciuto mentre contemplava il lavoro appena svolto. Il corpo inerme e privo di vita di un uomo sulla trentina d’anni giaceva ai suoi piedi. Il cielo iniziò a scurirsi e il castano decise che era meglio tornare a casa.
Quando varcò la porta di casa che i due avevano comprato da poco lavorando,era un piccolo appartamento con un salotto, una stanza da letto, un piccolo cucinino e un minuscolo bagno - ad attenderlo c’era Midori comodamente seduta su una poltrona con le braccia conserte. La rossa lo fulminò con lo sguardo trasmettendo con quel semplice gesto tutta la rabbia e la preoccupazione che aveva provato. Il senso di colpa pervase il castano... odiava mentire alla sua migliore amica, ma dopotutto era stata lei a fargli aprire gli occhi sul mondo degli adulti. Non aveva mai parlato con nessuno degli omicidi che aveva commesso, mai. Nemmeno con lei.
«Dove sei stato?» ruppe il silenzio lei.
«In giro.» rispose il castano.
«A fare cosa?» domandò la rossa.
«Niente di cui preoccuparsi.» disse il castano.
Il castano sbadigliò e si diresse verso la stanza da letto.
«Io vado a dormire … tu resti ancora alzata?» chiese Matsukaze.
La ragazza emise un grugnito, segno che non le importava quello che faceva il ragazzo e che lei sarebbe rimasta sveglia. La Seto si sedette sulla poltrona e rifletté a lungo sul comportamento di Tenma. Era dalla sera in cui aveva ucciso suo padre che il castano si comportava in modo strano. Lei quasi non riusciva più a riconoscere il bimbo allegro e spensierato che l’aveva salvata dalle guardie all’età di cinque anni.
Persa nei suoi ricordi la ragazza si addormentò sulla poltrona. La mattina dopo si svegliò avvolta da una calda coperta color muschio. Non erano nemmeno le sei del mattino, segno che il castano era ancora a casa e che a breve sarebbe uscito. Si alzò e buttò malamente la coperta sulla poltrona.
Dopo aver fatto colazione, la ragazza si avviò verso la panetteria in cui lavorava. La sera però la Midori non rincasò come da programma, ma decise di seguire il castano e di scoprire il perché di quei suoi comportamenti strani. Era sera, e finalmente la rosa dopo aver girato in lungo e in largo, trovò il ragazzo. Ma la scena che vide la sconvolse più del previsto.
Lei credeva semplicemente che Tenma stesse fuori la sera per ubriacarsi o fare baldoria - il che era anche improbabile -. Il suo migliore amico era un assassino.
Giù al mercato aveva sentito di povere donne rimaste vedove perché il marito era stato ucciso a tradimento, ma non avrebbe mai e mai pensato che l’assassino fosse lui. E ora era lì che guardava con disgusto il suo migliore amico che squartava il petto di quel povero uomo. Che magari aveva anche una famiglia, una moglie e dei bambini. No, non poteva sopportare di vedere oltre. La sera successiva avrebbe fatto ragionare Tenma costi quel che costi e lei non avrebbe più assistito ad altri omicidi. La sera successiva la Seto seguì Matsukaze ma questa volta non avrebbe assistito a un altro omicidio.
Il ragazzo aveva inchiodato la sua vittima al muro. Lui aveva sollevato il coltello e stava per farlo ricadere sulla gola della sua vittima quando Midori gli inchiodò la manica della giacca al muro. Egli si voltò nella direzione da cui veniva il pugnale. I suoi occhi color argento luccicavano di una scintilla di pura pazzia. Luccichio che si estinse non appena incrociò lo sguardo della sua amica.
«Perché?» domandò calma.
«Me l’hai detto tu che gli adulti sono cattivi.» rispose Tenma con fare quasi innocente.
«Sì ma non ti ho detto che andavano uccisi.» ribatté la Seto.
«Tu non capisci.» sussurrò lui mentre si rannicchiava a terra ed estraeva il pugnale dal muro.
Midori lanciò uno sguardo alla vittima in segno di scuse e che era meglio se tornava a casa.
«Tenma va tutto bene?» gli chiese piano, avvicinandosi.
«No!» Il suo tono si era fatto improvvisamente furioso.
Dalla tasca della giacca estrasse una pistola che puntò verso l’uomo che stava ancora fuggendo dal vicolo. Stava per premere il grilletto quando la Seto lo fermò afferrandogli il polso.
«Tenma basta.» gli intimò lei con la voce che tremava leggermente.
Matsukaze la guardò con occhi vuoti e inespressivi.
«Ti prego lascia la pistola...» supplicò lei. Il timore e la tristezza erano dipinti sul suo volto.
Il ragazzo obbedì e lascio cadere la pistola al suolo che emise un suono sordo e metallico. Lui prese la ragazza e la strinse a se iniziando a piangere.
«Cos’ho fatto Midori - chan?» chiese disperato lui.
«Andrà tutto bene...» chiese semplicemente lei mentre gli accarezzava i capelli castani.
Il ragazzo sciolse l’abbraccio, e la ragazza vide che gli occhi color argento di Tenma erano gonfi a causa del pianto.
«Andiamo a casa.» ordinò dolcemente lei.



 

Midori tremò, non dal freddo come spesso le capitava, ma dalla paura. Tenma stava avendo una delle sue solite crisi, e questa volta era la peggiore che gli era capitata.
Era notte, e lui si era alzato dal letto, e aveva incominciato a urlare, non parole connesse ma faceva urli quasi isterici. La rossa si alzò, impaurita. Fino ad ora aveva fatto finta di dormire, ma non riusciva più a sopportare quel angoscia che si stava facendo strada in lei, così si alzò e notò che il ragazzo dai capelli castani in cucina stava impugnando un coltello.
La Seto corse in bagno, cercando di richiudersi a chiave, senza molto successo. Matsukaze entrò, visto che era più forte di lei, e le prese le mani per fermala, visto che si dimenava.
«Tenma, smettila, ti prego!» lui non accennava a fermarsi.
«Ti prego, smettila... ti amo, ti prego.» singhiozzò pesantemente, per poi tuffarsi sulle labbra del ragazzo, che ricambiò. Il coltello cadde per terra, provocando un forte tintinnio.
Ma dopo neanche un secondo Midori era distesa a terra, col coltello in pancia, che sgranava gli occhi dalla sorpresa, e sospirava affannosamente.
«Mai fidarsi di nessuno, Midori-chan.» ghignò.
Dopo qualche ora si sentirono le sirene della polizia, ed era ufficiale. Tenma Matsukaze sarebbe stato rinchiuso in un manicomio, e tutti avrebbero saputo che era stato lui a commettere tutti i delitti in città.
Nonostante tutto, gli uscì solo una lacrima, pensando a quello che aveva fatto, e si sentiva un dannato mostro.



 

Non sapeva neanche lui da quanto tempo era in quel posto. Forse giorni, o mesi, o addirittura anni, ma sapeva soltanto che non ci avrebbe voluto passare la vita lì dentro.
Tutto monotono, troppo, per lui. Era avvolto da uno di quei classici camici bianchi, con dietro i ferretti, che gli impedivano di utilizzare delle mani. Ma Tenma era diventato furbo, nonostante il suo aspetto che diceva il contrario, e aveva imparato varie cose.
Si tolse quel camice, e guardò la telecamera che era fissata sull’angolo, e sorrise.
La stanza era tutta bianca, quasi fatta di gomma, per le persone come... lui.
Così prese il ferretto, e, con decisione se lo passò varie volte sulle vene, mordendosi le labbra.
Era solo un dolore che sarebbe sparito dopo qualche minuto, doveva sopportare. E in quel momento pensò a tutte le persone che aveva ucciso, e il dolore che avevano provato. Forse alcune erano morte subito, e non avevano sentito niente, e altre invece erano morte in qualche ora, soffrendo atrocemente. Ma a lui non importava di aver ucciso tutta quella gente, solo ora, sul punto di morte, si pentiva del fatto di aver ucciso la sua amata Midori, e gli aveva anche sorriso, prima di chiudere gli occhi per sempre.
«Ci rivedremo, Midori-chan.» chiuse gli occhi, buttandosi sul pavimento, aspettando la sua morte.
Un uomo fissò i piccoli televisori disposti tutti ad accanto, che monitoravano tutte le stanze in cui erano presenti le persone chiuse nel manicomio.
Guardò il monitor, dove vi era scritto sotto "Tenma Matsukaze", e sgranò gli occhi, accorgendosi che era a terra, in una pozza di sangue.
«Veloci, andate subito nella stanza di Tenma Matsukaze, il numero centouno, veloci!» varie persone corsero verso quella che il castano chiamava - sì, chiamava - cella, e videro che era morto.
«Eppure io sono qui, solo. E Midori mi aveva promesso che mi sarebbe stata sempre accanto.» bisbigliò il ragazzo, guardandosi i polsi, guariti. Era solo, nell’oscurità.
 
 
 
Angolo Autrici
Allura iniziamo con il ringraziare Lola e Fede per averci dato qualche giorno in più-
Secondo ci scusiamo per eventuali errori o sviste.
Terzo personalmente devo dire che mi sono divertita molto ad immaginarmi Tenma pazzo, è una versione un po’ diversa da quella originale.
Condivido con Met dicendo che mi è piaciuto pensare a Tenma, visto che lui non è un tipo cattivo...
Speriamo vi sia piaciuta.
Uno stra mega abbraccio ciliegioso (?)
Cherry e Mistakes.
   
 
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