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Autore: Princess Kurenai    26/10/2013    0 recensioni
Anno 2016. Onibaba esce dalla Breccia e si fa strada verso Tokyo.
Coyote Tango, lo Jaeger assegnato alla protezione dello Shatterdome di Tokyo, rischia di cadere sotto l'attacco del Kaiju e solo l'intervento di Lucky Seven, guidato dai fratelli Hansen, riesce ad impedire la distruzione dello Jaeger e a contenere l'attacco, uccidendo Onibaba.
Al termine della missione, Hercules Hansen scopre di aver salvato una bambina, Mako Mori, una delle poche sopravvissute a quella strage.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altri, Chuck Hansen, Herc Hansen, Mako Mori
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Titolo: United we will never fall
Titolo del Capitolo: 1. Do the right thing
Fandom: Pacific Rim
Personaggi: Herc Hansen, Mako Mori, Chuck Hansen, Scott Hansen, Stacker Pentecost
Genere: Introspettivo, Malinconico
Rating: SAFE
Avvertimenti: What if? (E se...), Tematiche Delicate
Conteggio Parole: 3405
Note: 1. Post attacco di Onibaba su Tokyo. Mako è stata salvata non da Stacker, ma da Herc.
2. Ho volutamente ignorato le date che ci ha dato Trevis su Tumblr °A° Perché mentre la scrivevo utilizzavo come base per le età ed i fatti il Pacific Rim: Man, Machines & Monsters dove risulta che Mako è nata del 2003 così come Chuck.
3. Penso che ormai tutti lo sappiano, ma Scott Hansen è il fratello minore di Herc. Pilota con lui Lucky Seven. Per interpretarlo ho scelto Michael Fassbender perché… perché vogliamo negare che sembrino fratelli lui e Max Martini?!
4. Come sempre la dedico al mio amore<3
5. Betata da quell’angelo che è il mio amore<3



Lucky Seven era appena rientrato nello Shatterdome di Tokyo vittorioso e i suoi due piloti, i fratelli Hansen, vennero accolti dagli applausi e dai complimenti della troupe del loro Jaeger e da quelli del Reparto Tecnico.
Avevano fatto un lavoro egregio nel soccorrere Coyote Tango in quello scontro, cosa che Scott - tronfio d'orgoglio - non era stato in grado di non precisare.
Herc, al contrario, non era mai stato tipo da pavoneggiarsi come il fratello ed era riuscito solamente a sorridere davanti alle pacche che aveva ricevuto sulle spalle e a ringraziare tutti per i complimenti che continuavano a fargli.
Quando incrociò lo sguardo con quello del Marshall dello Shatterdome divenne però improvvisamente serio...
« Signore!», abbandonò il gruppo in festa per richiamare l'attenzione dell'uomo, raggiungendolo con non poca urgenza - venendo prontamente seguito da suo fratello, incuriosito dalla sua strana reazione.
« Signor Hansen», rispose l'uomo con un sorriso, « Mi permetta di fare i miei complimenti a lei e a suo fratello per l'esemplare riuscita della missione», si complimentò.
« Vi ringrazio, Marshall», assentì Herc, mostrando però nella sua voce una certa ansia, « Chiedo il permesso di porvi una domanda.»
« Permesso accordato.»
« Quella bambina, la superstite dell'attacco... Dove si trova?»
Scott, nel sentire quella domanda, fischiò alzando gli occhi al cielo.
« Abbiamo provveduto a portarla nell'infermeria dello Shatterdome, signor Hansen», rispose il Marshall, « Come da protocollo lo staff la sta sottoponendo a degli accertamenti medici riguardanti possibili contagi del Kaiju Blue.»
« Non ne è entrata in contatto.», rispose Herc.
« Ma è stata pericolosamente vicina al Kaiju.», tagliò corto l'altro ed il maggiore degli Hansen non poté non annuire preoccupato.
Era solo una bambina, si disse. Forse poco più piccola del suo Chuck e aveva vissuto un'esperienza che non augurava a nessuno... un'esperienza alla quale pochi sarebbero sopravvissuti.
In quell’istante gli fu quasi naturale pensare alla sua defunta moglie Angela, e al fatto che lei non era sopravvissuta all’attacco di Scissure, il Kaiju che aveva attaccato Sydney qualche anno prima - Herc non era riuscito a salvarla, era quella la verità.
Ripensò anche a quello che la donna era solita dirgli, lo definiva affetto dalla "sindrome dell'eroe". Forse scherzava, ma alla fin fine Herc doveva ammettere che non aveva tutti i torti... perché in quel momento non riusciva a togliersi dalla testa lo sguardo spaventato di quella bambina.
Quando l'aveva vista era rimasto senza parole, tant'è che era addirittura arrivato a disancorarsi per uscire fuori da Lucky e guardare con i suoi occhi l'esserino ai piedi dello Jaeger.
L'aveva vista lì ferma, mentre i soccorsi iniziavano ad arrivare, e pur da lontano Herc si era convinto che il terrore riflesso negli occhi della piccola fosse diventato lentamente carico di sollievo e gratitudine.
Si congedò dal Marshall, e seguito da suo fratello - che si accese la prima di una sicura serie di sigarette -, andò verso l'infermeria.
Doveva vedere con i suoi occhi le condizioni della bambina, che scorse subito una volta giunto a destinazione.
Era seduta sul lettino ancora stretta nel suo cappotto. Herc si trattenne dall'avvicinarsi - non era pronto ad affrontarla -, attirando invece l'attenzione di una delle donne dello staff medico.
« Signor Hansen», lo accolse subito l'infermiera, cordiale, scoccando però un'occhiata malevola a Scott e alla sua sigaretta, « posso esserle utile?»
Herc guardò ancora la bambina.
« Come sta?»
Anche la donna lanciò uno sguardo alla piccola prima di rispondere.
« Spaventata», ammise, « ma ci ha detto come si chiama e cosa è accaduto».
« I genitori?»
« Morti entrambi, signore».
« Ha... altri parenti in vita? Qualsiasi persona per...»
« Per evitare l'orfanotrofio?», concluse per lui la donna, senza nascondere un tono consapevole, « mi dispiace ma temo sarà quello il suo destino, signore».
Herc annuì abbassando il capo.
« La ringrazio».
« Vuole vederla?»
« No», scosse la testa, « dobbiamo andare a cambiarci», rispose anche se suonava più come una scusa che una reale necessità.
Aveva bisogno di pensare, cosa che risultò alquanto complicata vista la presenza di Scott, il quale prese la parola mentre lasciavano alle loro spalle l'infermeria.
« Vuoi accollarti un altro peso?», domandò.
« Peso?»
« Sì! La mocciosa! Conosco quello sguardo», dichiarò suo fratello iniziando una nuova sigaretta, « la scorsa volta hai preso quell'orribile cane...»
« Max non è orribile», ribatté Herc sulla difensiva, « e a Chuck piace tantissimo».
« E ora», riprese con più decisione Scott, « ti vuoi prendere anche la bambina».
« Non ho detto questo!»
« Non sia mai che Hercules Hansen perda l'occasione di salvare qualche povera anima», ironizzò Scott.
« Hai qualche problema?», chiese Herc, cercando di ignorare la veridicità delle parole del fratello.
Quella bambina era sola. Aveva perso entrambi i genitori e l'avrebbero mandata in uno dei tanti orfanotrofi ormai ultra popolati.
Quando l'aveva salvata si era come preso la responsabilità sulla sua vita... non voleva che finisse in un posto del genere.
« Dovresti prima pensare ad essere un buon padre per tuo figlio», aggiunse Scott.
« Voglio essere un buon padre e lo sarò», dichiarò Herc distogliendo lo sguardo ed incassando quella dolorosa affermazione.
I suoi rapporti con Chuck erano... peggiorati in quegli ultimi tempi. Erano diventati quasi nulli dopo la morte di Angela - suo figlio non lo perdonava per aver salvato lui e non la madre -, e sperava in ogni modo di 'farsi perdonare' e di fargli capire il perché delle sue azioni.
« Chuck ha perso sua madre e quella bambina mi ricorda mio figlio. Lei è rimasta senza entrambi i genitori», mormorò piano, più per se stesso che per suo fratello, « mandarla in un orfanotrofio sarebbe un trauma grande quanto quello che ha appena vissuto...»
« Stai paragonando quella mocciosa a quello che è successo ad Angela ?», sbottò irritato Scott, buttando la sigaretta per terra per schiacciarla poi con il piede. Sembrava stizzito oltre che vagamente ferito.
« Non è questo il punto… sai che non lo farei mai...»
« Perché sei così buono? Dovresti smetterla di fare il buon samaritano!», tagliò corto l'altro, aumentando il passo per superarlo, mentre Herc, al contrario, continuò a camminare lentamente.
In realtà, lui non si sentiva per niente 'buono' come lo descriveva Scott.
Aveva scelto l'esercito, dedicando sempre poco tempo alla sua famiglia, poi erano arrivati i Kaiju e le cose erano peggiorate. Alla fine erano state la perdita di Angela ed il rifiuto di Chuck nei suoi confronti a fargli aprire gli occhi.
In quel momento il suo unico desiderio era riuscire a diventare un uomo ed un padre migliore.
Si cambiò pensieroso, ed una volta indossati i suoi abiti civili si diresse verso i suoi appartamenti.
Sperava di trovarvi Chuck e di tentare magari un piccolo approccio con lui per ricucire il rapporto che si stava lentamente distruggendo, ma sfortunatamente nella camera non trovò né il figlio né il piccolo cane che aveva salvato qualche tempo prima - e che era diventato il migliore amico di Chuck.
Forse aveva portato Max a fare una passeggiata, forse proprio per evitare Herc ed il suo ritorno dalla missione.
Sospirò e, lasciando alle sue spalle la stanza, riprese a camminare con la testa altrove ritrovandosi ben presto sulla strada dell'infermeria.
Sapeva che quello era l'ultimo posto nel quale doveva trovarsi, ma rimase ugualmente fermo sulla porta ad osservare la bambina che, al contrario della prima visita, sembrò notare la sua presenza.
Ne incrociò gli occhi, ancora arrossati per il pianto, e trovò impossibile non avvicinarsi.
« E-ehi», la salutò imbarazzato senza però ricevere una risposta, « Parli inglese?», le chiese allora, afferrando una sedia e prendendo posto accanto a lei.
Non era certo di poter comunicare con lei ma avrebbe ugualmente fatto un tentativo.
La osservò da capo a piedi. Sapeva che non aveva riportato ferite, ma il poterlo constatare di persona lo rassicurò non poco.
La bambina annuì leggermente dopo qualche momento di incertezza, stringendo le mani su una piccola scarpa rossa - la sua gemella era ancora sul suo piede.
« Io sono Hercules Hansen», riprese Herc, « Ero su quello Jaeger. Lucky Seven. Ricordi?»
La piccola mosse ancora il capo. Non parlava, sembrava quasi studiarlo.
« Vuoi dirmi come ti chiami?»
Inizialmente la bambina esitò poi, abbassando lo sguardo, aprì finalmente bocca.
« M-mi chiamo Mako, s-signore. Mako Mori», rispose.
« Uhm... hajimemashite», non era molto portato per il giapponese ma aveva imparato qualcosa per il suo nuovo lavoro, e si ritrovò quasi a sperare che quel suo piccolo sforzo facesse piacere alla bambina - comprese di aver fatto centro quando vide un minuscolo sorriso spuntare sulle sue labbra.
« Come stai?»
Mako abbassò di nuovo il capo senza rispondere ed Herc si diede dello stupido, era ovvio il suo stato d'animo. Chiederlo la aiutava solo a riportare alla luce quello che le era accaduto.
« E... quanti anni hai?»
La bambina rialzò lo sguardo.
« U-undici, signore».
« Chiamami Herc», ribatté l'uomo, mandando la sua mente al figlio che in quel momento stava sicuramente vagando per lo Shatterdome.
Non poté fare a meno di pensare a cosa sarebbe accaduto se Chuck si fosse trovato in quella stessa situazione. Chi si sarebbe preso cura di suo figlio?
Scott?
No, impossibile. Voleva bene a suo fratello ma non era... affidabile.
« C-cosa mi s-succederà?», quella domanda arrivò inaspettata alle orecchie di Herc, riscuotendolo dai suoi pensieri.
« Cosa ti...», ripeté bloccandosi.
Non sapeva se dirle la verità o nasconderla. Era complicato.
« M-mi manderanno in u-un... o-orfanotrofio?», chiese ancora la bambina, e l'uomo non poté non sospirare.
« Temo di sì», ammise sincero, cercando di non guardare la piccola negli occhi.
Come avrebbe potuto sopportarlo?
Aveva perso i suoi genitori, un Kaiju le aveva dato la caccia e si sarebbe ritrovata in un orfanotrofio.
Era ingiusto.
Desiderava fare qualcosa, sentiva di doverlo fare.
« Andrà tutto bene», tentò di poi tranquillizzarla, carezzandole i capelli.
Mako però continuò a non parlare, stringendo la scarpetta rossa come se fosse il suo tesoro più grande.
« Te lo prometto, Mako», aggiunse qualche momento dopo senza però riuscire a confortarla per davvero.
Era impossibile riuscire a rassicurarla in una situazione simile. Non aveva alcuna certezza, solo parole e vane promesse... e Mako aveva bisogno di qualche sicurezza, che lui tuttavia non poteva dargli.
« Io... credo di dover andare», mormorò Herc alzandosi, cercando di portare via con sé lo sconforto.
Mako sollevò il capo, seguendolo con lo sguardo senza però fiatare.
« A... a presto», la salutò Herc facendo un passo indietro.
Era intenzionato a risolvere quella situazione, a trovare una soluzione affinché la sua promessa diventasse qualcosa di più che delle semplici parole.
Andò verso la porta venendo però fermato dalla bambina che decise di rompere quel silenzio.
« S-signore?», lo richiamò piano, costringendolo a fermarsi, « T-tornerà a... a trovarmi?», chiese.
Herc le sorrise, preoccupato e al tempo stesso intenerito da quella domanda.
« Certo. Tornerò il prima possibile», rispose e Mako, stringendo le labbra, annuì permettendogli di andare via.
Nei giorni successivi, Herc fece di tutto pur di mantenere quella promessa.
Più Chuck rifiutava i suoi approcci più lui si rifugiava da quella bambina, con la quale aveva anche iniziato a parlare giapponese e a farsi correggere da lei per la sua pronuncia.
Era ovviamente preoccupato per l'atteggiamento del figlio - non sapeva come comportarsi con lui -, ma sapeva che anche Mako aveva bisogno di lui.
Non aveva ancora trovato una soluzione a quella situazione e più il tempo scorreva, più sentiva la premura di agire.
Mancava poco al suo ritorno a Sydney e quello significava abbandonare la bambina al suo destino.
Sospirò piano, passandosi una mano sul viso ed ignorando totalmente il suo pranzo così come Chuck - che dava da mangiare a Max da sotto il tavolo - ignorava lui.
Lanciò un'occhiata al ragazzino. Sorrideva divertito mentre giocava con il cane ed era rassicurante vederlo di nuovo ridere.
« Diventerà grasso se continui così», lo avvertì di punto in bianco, attirando su di sé lo sguardo di Chuck.
« Non è vero!», ribatté il piccolo, lasciando che il cane gli pulisse con la lingua le dita sporche prima di prenderlo in braccio.
Max guaì felice per le sue attenzioni, leccandogli la faccia e muovendo la piccola coda velocemente.
« Diventerete tutti e due grassi», ghignò Herc cercando ancora una volta di creare almeno un dialogo.
« Stronzate!», esclamò Chuck con le orecchie improvvisamente rosse.
« Sai, ho delle foto che-»
« Zitto, vecchio!», il viso del ragazzo bruciava per l'imbarazzo.
« Scherzavo, Chuck», ridacchiò Herc, ignorando quel 'vecchio' che ormai stava diventando un'abitudine per suo figlio.
Chuck lo fissò truce, ma quella che doveva sembrare la sua espressione arrabbiata agli occhi di Herc lo faceva apparire come un adorabile gattino offeso.
Qualche anno prima, davanti a quell'espressione, Herc lo avrebbe abbracciato facendogli il solletico fino a far sparire quel broncio, ma quel ricordo ormai così lontano lo costrinse a smettere di sorridere.
« Senti...», esordi tornando serio ma Chuck, scuotendo il capo, si alzò.
« Andiamo Max!», sbottò prima di darsi alla fuga, lasciando Herc con quel "mi dispiace" che non gli permetteva mai di dire.
L'uomo sospirò di nuovo, chiedendosi per l'ennesima volta come avrebbe dovuto agire con suo figlio.
« Non ti parla ancora, Herc?»
Herc annuì senza alzare lo sguardo, riconoscendo quella voce anche senza cercarne il viso.
« Già», annuì, « Tamsin come sta?», domandò poi, decidendo di mettere da parte i suoi problemi e di guardare finalmente in volto il suo amico e collega Stacker Pentecost.
Apparve stanco ai suoi occhi, ed Herc sapeva che Stack aveva tutte le ragioni per esserlo.
Durante l'attacco di Onibaba la sua co-pilota era collassata e lui era stato costretto a guidare lo Jaeger - Coyote Tango - da solo fino all'arrivo di Lucky che per sua fortuna si trovava in quello stesso Shatterdome.
« Male», rispose sincero, « è stata portata subito in un centro specializzato qui a Tokyo, ma in settimana verrà condotta altrove», spiegò.
Herc annuì seriamente dispiaciuto per quanto era accaduto alla coppia di piloti. Tamsin e Stacker erano tra i migliori e assistere a simili avvenimenti era doloroso per chiunque.
« Mi dispiace».
« Se non fosse stato per te e tuo fratello, non ce l'avrei fatta», ammise l'uomo, « devo ringraziarvi».
« Dovere», tagliò corto Herc, giocando distrattamente con la forchetta, senza però essere realmente interessato al cibo.
« E la bambina?»
L'australiano si bloccò, guardando Stacker come per volergli chiedere cosa sapesse della piccola Mako.
« Andiamo Herc. Lo sanno tutti che passi le giornate con lei», spiegò l'uomo, « certi hanno anche fatto delle stupide scommesse su come andrà a finire».
Rimase quasi a bocca aperta per quella notizia, stupito da come le cose si stessero evolvendo.
« Ovvero?»
« Dicono che vuoi adottarla».
Herc guardò il suo piatto rimanendo in silenzio.
Adottarla? Sarebbe stata la soluzione perfetta, quella che avrebbe impedito a Mako di finire in un orfanotrofio.
Le avrebbe dato una casa ed una piccola famiglia, le avrebbe dato tutto quello che aveva perso a causa di quel Kaiju... ma Chuck? Come avrebbe reagito? E Mako? Avrebbe accettato una situazione simile?
Era troppo complicato.
« Ci avevi già pensato?», chiese Stacker.
« In realtà no. Ci sono troppi fattori... e Chuck, non so come la prenderebbe».
L'inglese annuì consapevole.
« Sono certo che farai la cosa giusta, Herc», lo rassicurò prima di congedarsi e di lasciare l'altro solo con i suoi pensieri e dubbi.
Sapeva di dover agire in fretta, prima di abbandonare Tokyo e prima che dimettessero Mako - le analisi richiedevano sfortunatamente del tempo. Si era quindi ritrovato a passare ore e ore a pensare a come comportarsi, cosa dire e non.
Era quasi arrivato a prepararsi un discorso da fare alla bambina nel quale le avrebbe introdotto la sua idea, ma quando si presentò di nuovo in infermeria tutto sembrò svanire.
Mako, come ogni volta, lo attendeva silenziosa. Giorno dopo giorno sembrava sempre più calma anche se spesso i suoi occhi si riempivano ancora di lacrime.
Appariva quasi diversa con i nuovi abiti che le avevano dato - una semplice salopette blu scura con una maglietta bianca sotto -, ma l'australiano rivedeva ancora quella piccola bambina terrorizzata, soprattutto quando le sue mani cercavano le sue scarpette rosse.
Solo qualche giorno prima Mako gli aveva detto che cosa rappresentavano per lei: erano un regalo, l'ultimo che le avevano fatto i suoi genitori prima dell'attacco.
Erano importanti e lei non era intenzionata a lasciarle.
« Herc-san!», esclamò subito la piccola, accogliendolo con un sorriso.
L'uomo ricambiò il saluto ed il sorriso, carezzandole poi il capo con dolcezza - gli mancava rivolgere simili tenerezze a suo figlio, era certo che Chuck lo avrebbe preso quasi a pugni se solo avesse osato trattarlo in quel modo.
« Come stai?», le chiese.
« Io... bene».
Herc sapeva però che si trattava di una bugia.
« Mako», la riprese con voce ferma ma calma.
« Hanno…», la bambina esitò, come se stesse cercando le parole giuste, « parlato dell'orfanotrofio e... e di Sydney...»
« Già...», assenti l'uomo ben consapevole di quanto stava per accadere, « Devo tornare Sydney», dichiarò, confermando le paure della piccola che abbassò il capo, piegata da quella nuova consapevolezza.
« Capisco…», mormorò ed Herc, silenzioso, si permise di osservarla ancora per qualche attimo prima di prendere un bel respiro.
« Hai mai visto Sydney?», domandò.
Mako, sempre con la testa bassa, fece segno di no scuotendo il capo.
« Ti... piacerebbe venire a vederla?», chiese ancora Herc, « Non è più come un tempo ma è sempre bella».
La bambina, stupita da quella domanda, sollevò la testa per guardarlo con gli occhi sgranati, carichi di lacrime. Era confusa e sembrava non capire il significato di quelle parole.
« Ti piacerebbe vivere... con me e mio figlio? A-abbiamo anche un cane. Si chiama Max, te le avevo già detto no?»
« Che… significa?»
« Significa vivere insieme».
« Non... non andrei in un o-orfanotrofio?», chiese incerta.
« Non lo permetterei mai, Mako», rispose Herc prima di ritrovarsi la bambina in lacrime tra le sue braccia ed il cuore pieno della consapevolezza di aver fatto la cosa giusta.

 

Come Herc ben sapeva, l'adozione non era semplice come stilare un rapporto militare - o almeno come poteva esserlo per lui -, ma dopo aver parlato con il Marshall delle sue intenzioni, e venendo inoltre supportato dallo staff medico e da Stacker, era stato solamente in grado di stupirsi dinnanzi alla velocità con la quale avevano accettato la sua richiesta.
Nel giro di poco le pratiche erano state avviate dai legali della PPDC senza far gravare su di lui troppi pesi se non quello mediatico, l’unica conseguenza ed ‘arma’ utilizzata dai vertici della PPDC.
Hercules Hansen era l'eroe che aveva salvato una bambina dall'orfanotrofio.
Un esempio per tutti, un invito alla popolazione mondiale ad adottare le piccole vittime dei Kaiju.
Avrebbe dovuto sostenere delle interviste su quell'argomento, incoraggiare le persone a seguire la sua stessa strada… si trattava di un compito noioso oltre che gravoso, ma decise di non pensarci.
La manina di Mako, stretta sulla sua, era ciò che voleva. Lo faceva sentire bene... anche se sapeva di dover affrontare ancora l'ostacolo più grande: Chuck.
Ovviamente suo figlio era a conoscenza delle sue intenzioni - lo aveva messo subito al corrente -, ma al posto di insultarlo e di fare qualsiasi altra cosa, se ne era andato con Max, ignorandolo. Ed Herc avrebbe preferito di gran lunga essere preso a pugni dal ragazzino piuttosto che dover sopportare quel silenzio.
C'era anche da dire che Scott lo aveva avvertito. Gli aveva detto, testuali parole: « Ti stai mettendo nella merda con tuo figlio, Herc. Sarai nella merda fino al collo», ma come era ovvio Herc aveva fatto di testa sua.
Perché era la cosa giusta da fare, su quello non aveva dubbi.
Tuttavia, quando si trovò davanti alla camera dello Shatterdome che stavano per abbandonare, tutte le sue sicurezze vennero meno.
Sospirò e chiudendo gli occhi si preparò ad affrontare Chuck e a presentargli Mako: aprì la porta lentamente e davanti ai suoi occhi si presentò un’anonima camera ormai sgombra e con alcuni bagagli disposti contro il muro, pronti per essere portati via. Chuck, invece, era seduto sul letto con Max accoccolato sulle cosce.
Lo guardò per qualche istante, poi decise di fare la prima mossa.
« Ehi ragazzo», lo chiamò. Sapeva che suo figlio aveva notato la sua presenza, ma non dava segno di voler parlare con lui.
« Lei è Mako Mori. Verrà a stare con noi», continuò mentre la bambina, intimidita, si nascondeva dietro le sue gambe.
Chuck, sempre silenzioso, si voltò solo per un istante rivolgendo a Mako un breve sguardo che celava una certa curiosità - non l'aveva mai vista anche se Herc aveva cercato più volte di invitarlo a presentarsi con lui in infermeria.
« Mako, lui è mio figlio, Chuck. Mentre il cane è Max», proseguì l’australiano abbassando lo sguardo sulla bambina che annuì mormorando un basso "piacere" che forse solo lui fu in grado di sentire.
Le cose non stavano andando bene, quello era fin troppo chiaro.
Mako era timida e Chuck non parlava e lo ignorava.
Avere un figlio poteva essere complicato, e averne due diventava doppiamente difficile... ma poteva farcela.
Si batteva senza paura contro i Kaiju dentro dei robot giganti e non poteva affrontare due bambini?
Era fuori discussione, poi lui era un Hansen e gli Hansen non si arrendevano mai.

   
 
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